AMARGINE

Sotto l’abete il diabete ovvero: Pinguini Tattici Nucleari – TheClassifica 50/2022

Intro. L’atmosfera è di anarchia. Non c’è più nessun rispetto, e nessuna garanzia. Da quando Senna non corre più. Soddisfatti o no, qua non rimborsano mai. Da quando Baggio non segna più. Ed agli appelli alla calma in TV, adesso chi ci crede più. Perché quando hai dato troppo devi andare e fare posto. I treni frenano, le serie iniziano. Si rincorrono i ricordi, come cani nel cortile. Figli di una vecchia canzone. Figli della polvere raggrumata sotto i banchi. Sempre il sogno nel cervello di una moto per cavallo. La gente ci amava, e questo è l’importante. Regalammo cioccolata e sigarette vere. Ne restan due, scegli quella che vuoi. A volte serve un motivo. Un motivo. Il profumo delle Wilson da tennis nuove. Delle Superga al mare. Delle docce all’aperto a Fregene. Di Simone e Cristina che si vogliono bene. Tiriamo fuori tutti i tuoi cd? Ok, so già che metterai su i Doors. Oh, no.

Entro. Sono anni che questa rubrica inizia dal n.1. All’inizio era per dimostrare che ogni numero uno in classifica, chiunque fosse, era fondamentalmente come Berlusconi.

(e viceversa)

Poi, per dimostrare che era come Renzi. Poi come Salvini. Ma guardiamoci in faccia: questo culto del leader, così impregnato di mascolinità tossica, ha ancora senso? Allineiamoci al Governo attuale e pensiamo ai meno fortunati.

Gli esclusi. In realtà è un espediente perché molto spesso il numero uno, e il prolungato pontificare sui motivi del suo numerounato, non interessa minimamente ai miei lettori, che si imbattono in una prolisseide su Lazza o Ernia e transfugano altrove – così il Caro Leader della settimana da oggi verrà accomodato in fondo, appena prima dei Pinfloi – così vi costringo a non cambiare canale

(perché lo so che è un attimo che passate a leggere Soundwall, versipelle e sicofanti)

E in questo modo invece, ha! Partiamo col botto. Giacché dopo il traguardo forse inarrivabile per chiunque delle 300 settimane, il segnetto ÷ di Ed Sheeran ha lasciato la classifica italiana dei presunti album! Tutto per fare dispetto all’autore di questa rubrica, che lo aspettava al traguardo dei sei anni per un articolo esasperato, teso a collocare album al centro del crollo della Civiltà Occidentale e del suo concetto di Arte. Aargh! Pure questa mi hai fatto, maledetto Sheeran.

Peraltro, nella caduta il segnetto trascina con sé anche 20 di Capo Plaza, che esce dalla top 100 dopo 241 settimane ininterrotte. Che sono tantine anche loro: erano quattro anni e mezzo, dall’aprile 2018 che il popolo, nessuno escluso, continuava ad ascoltare i suoi pezzi. Inutile che vi dica che sto parlando di Tesla, di Nike Boy, di Vabbene, di J$ JP: “Fumo non ne fumo, tu non sei nessuno, bro. Se vuoi le risposte, vieni e ti spieghiamo, ehi: Jeans stretti, joint pieni, jeans stretti, joint pieni, Jeans stretti (Ehi), joint pieni (Oh), la tua pussy mi chiama da ieri”. È un pezzo che, come dice anche l’autorevole The Guardian, fra 30 anni significherà ancora moltissimo per noi giovani, che lo ascolteremo nelle nostre camerette per far impazzire i nostri genitori. Scivola fuori dalla classifica anche Obe di Mace, che nel suo piccolo era quasi arrivato a entrare nel club delle 100 settimane consecutive fra i cento presunti album più ascoltati dagli ITALIANI, invece si ferma a 95, e lo accompagna Madame della omonima mademoiselle, che era in classifica da Sanremo 2021 (90 settimane). Il massimo lungodegente, con 214 settimane di permanenza continuata, è ora Playlist di Salmo, che trovate al n.71.

Sedicenti singoli. La canzone regina delle nostre charts, che ormai da più di un mese dà voce a ciò che tutti noi abbiamo nel nostro grande cuore di ITALIANI (un cuore che non si arrende mai e ci permette di dare il meglio nelle difficoltà) è Bzrp Music Sessions, Vol. 52 di Bizarrap & Quevedo, che purtroppo non sono ITALIANI ma argentini (Bizarrap) e spagnoli (Quevedo), e dominano le charts 1) in ITALIA 2) in tutto il continente sudamericano 3) in Spagna e Portogallo. Poi, a parte noi latinos col sangue caliente e un pallone grande così, non sembrano interessare ad altre popolazioni. In USA sono stati al n.79, in Francia al n.158. Sul podio con loro ci sono Ricordi dei Pinguini Tattici Nucleari (n.2) e Non lo sai di Shiva (n.3). E questo potrebbe significare che è il momento di parlare dei Pinguini Carini e Coccolosi. Ma no, non ancora, ci sono degli importanti

Altri argomenti di conversazione. Bizarrap & Quevedo, con la loro etichetta indipendente distribuita da The Orchard, fa saltare un record storico, ovvero una top ten completamente distribuita dalla stessa major, cioè Sony Music. Dal n.2 al n.10 sono tutti loro. Peccato, ci erano andati vicini… Ma, oh, dimenticavo: dieci anni fa, The Orchard è stata acquistata da Sony. Eppure, mi spiace, ma nisba, non possiamo omologare il primato. Dovete altresì sapere, a proposito di primati, che Ti appartengo di Ambra Angiolini, grazie all’inevitabile pacchianata a X Factor, entra al n.83 in classifica. Brava Ambra, bravo Renga, bravo Allegri, brava Sky, bravi media e bravi anche noi pubblico meraviglioso e ironico: questo ottantatreesimo posto appartiene a tutti noi e al nostro cuore grandissimo, abnorme, ipertrofico, come avrete certamente letto sull’irreprensibile Guardian.

(questo ragguaglio su Ambra si deve a un mio amico che ha letto da qualche parte, forse l’impareggiabile Guardian, che Ti appartengo era n.1 su iTunes) (che può anche darsi) (come se iTunes contasse qualcosa)

Per quanto riguarda i presunti album: Universal mantiene il primato ma siamo vicinissimi a un sorpasso che non mi sarei mai aspettato un anno fa come nemmeno cinque o dieci anni fa: 38 album di Universal in classifica contro 36 di Sony (Warner arranca a 16: con Ed Sheeran e Capo Plaza sarebbero stati 18). Bisogna riconoscere che Sony ha risposto allo strapotere di Universal nel rap italiano e nelle lagne adolescenziali con una ingente campagna di rafforzamento nei comparti del rap italiano e delle lagne adolescenziali. In ogni caso, tra i dieci presunti album più ascoltati abbiamo due titoli natalizi (Michael Bublé e la Famiglia Bocelli, al n.9 e 10), la solita quantità di rapper italiani (n.8 ThaSupreme, n.7 Lazza, n.6 Ernia, n.5 Marracash col disco dell’anno scorso, n.2 Shiva), la venerata barba di Francesco Guccini al n.4 (da un mese!), la solita barba di Jovanotti con Il disco del sole. Come ha notato l’indispensabile Guardian, era dai tempi di Una tribù che balla che non debuttava in prima posizione. E invece non si avvicina nemmeno troppo a chi la occupa, ormai da quindici giorni. E ora sì, eccoci: doveva succedere, ci siamo arrivati, ai

I numeri uno. Potrei dire molte cose sui Pinguini Carini e Coccolosi e sul loro album Fake News. Potrei dire diverse cose su Alzano Lombardo (BG) dalla quale proviene Riccardo Zanotti, nato nel 1994 alla fine dell’estate: “Sono di settembre, come tutti i cuori grandi”, canta senza provare imbarazzo. Potrei dire delle cose sul fatto che Zanotti ha studiato a Londra, e non in un posto qualsiasi, ma alla Westminster University (può darsi che esista, qualcuno di voi può controllare sul Guardian? Se la cita, esiste), e secondo Wikipedia ha studiato nel corso di laurea in Commercial Music (sembra uno scherzo, e se lo fosse sarebbe anche blandamente ghignoso). Potrei far notare che dietro Salmo, come lungodegenza in classifica, ci sono Fuori dall’Hype (uscito nel 2019, attuale n.56) e un po’ dopo ma più in alto, Ahia! (uscito nel 2020, attuale n.16). Ma penso che dirò alcune cose su come i pezzi dei Pinguini Ciccini siano un continuo invito all’autoindulgenza per una generazione troppo vecchia per continuare ad ascoltare un rap sempre più infantile, e desiderosa di una propria versione SMART delle piccole malinconie carinecarine in cui ogni generazione ha fatto il suo bagnetto con le paperelle. Zanotti e i Pinguini sono invero una forma aggiornata e scaltra di una potente droga che negli anni è stata spacciata da predecessori capaci di molto meglio e di molto peggio, da Antonello Venditti a Tommaso Paradiso, da Max Pezzali a Cesare Cremonini, da Jovanotti a Ligabue. Sapendo di poter contare su un pubblico desideroso di uccidere i genitori boomer nella speranza di ereditarne il posto, i Pinguini Orobici Plastici si producono in un repertorio che ricucina parecchi elementi di dolceamarismo che ha già fruttato bei soldi durante negli anni di Happy Days e di Ralph Malph, dentro il Jolly Blue e il Bar Mario. Ma lo fanno con l’accortezza di sintonizzarlo sui ventiqualcosa e anche qualcosadipiùqualcosa, in un reboot a suo modo ineccepibile. Fanno uso per esempio di un namedropping accuratissimo, dal rock a qualche citazione coltina del tutto estemporanea e gratuita ad uso e consumo dei loro fans universitari (John Cage, Baudelaire, D’Annunzio). E parlando di cultura c’è, molto ben mascherata, anche quella rap: forse Zanotti a suo modo è un rapper mancato. Affiora tra gli effetti sonoro-comici (Ru-tu-tum, pamm… pamm… pamm) che sostituiscono la risata emessa da Gué Pequeno quando informa il pubblico che ne ha appena detta una fortissima, oppure nei giocherellini di parole alla Fedez (il padre che voleva un figlio notaio ma si ritrova un figlio no-tav, quelli che avevano la fede “e ora hanno una fedina, pum pum pum”). Per non parlare del suo grande compiacimento da vero rapper, disseminato in metà dei pezzi, per aver creduto nella ultima Grande Utopia e Religione rimasta, il Successo – ricordando più volte ai fans che sì, grazie di tutto, ma ora dovranno andare a sentirli allo stadio, e questo perché sono amabili scavezzacollo che garantiscono Non sono cool, anzi: giravano col Ducato Fiat con scritto Dentista Croazia, e in certe notti tra i sogni di rock’n’roll mangiavano il Camogli agli Autogrill. Incidentalmente, la componente plurale, con l’evidente lìder maximo che si fa scudo del cameratismo giocoso della band, ricorda 883, TheGiornalisti, Modà e Negramaro con le loro democrazie sbilanciate – perché si sa che se in un partito ci sono troppe correnti, finisce come i Litfiba. Ma tornando al successo, per quanto sia un pensiero che non esce mai dalla forma mentis alzanolombarda di Zanotti (ed è la cosa più contemporanea della sua poetica, per così dire: forse tra i suoi modelli solo MiticoLiga, cui stranamente somiglia moltissimo, ci dialogava così spesso) non deve allontanare il loro pubblico, anzi: “Oggi non voglio classifiche, numeri, ticketing, royalties, brand, mi vorrei illudere di essere lì a suonare solo per te” – e altre pucciosità da dermatite rivolte ai fans perché insistano nell’identificarsi nella pinguineria, altrimenti è tutto finito.

A volte e viene la tentazione di ascoltare Zanotti con carta e penna di fianco come molti colleghi fanno con gli album di Zucchero, per segnarsi le appropriazioni dell’usato sicuro (“Raccordi è l’anagramma del mio nome”, “Il mondo è un cinema all’aperto е i nostri passi sono lo show! Siamo lo show!”). Ma in realtà, persino questo fa parte del disegno, e portarci ad apprezzare tutti i trucchi che ha imparato sarebbe il coronamento per l’intensa ammirazione che ha per se stesso, che in effetti è la cosa più tangibile di una band genuina esattamente quanto un autogrill. E non è nemmeno un’accusa, perché lui è subito pronto a rimandarla al mittente: “A 27 puoi morire, o diventare un po’ più pop”. E poi, senza ritegno, come partorito da una stupida intelligenza artificiale, di quelle che stanno collaudando per darci canzoni che mescolano malinconia e na-na-na: “Ballo con la tua mancanza su una canzone dei Pink Floyd”. E qui, cosa può fare un povero ragazzo se non passare appunto ai

Pinfloi. Fareste bene a stare attenti, fareste bene a non piangere, fareste bene a non tenere il broncio e ora vi dico il perché: Santa e Claus sono in città. Sono in classifica entrambi, contemporaneamente come ai bei tempi: abbiamo dovuto aspettare un sacco di tempo, abbiamo dovuto farci forza mentre i bambini più grandi ci prendevano in giro, ma non abbiamo dubitato mai: eccoli lì, proprio per la puntata di Natale, The Dark Side Of The Moon al n.40, e The Wall al n.73. Stanno facendo una lista, la controlleranno due volte, e scopriranno chi è stato monello e chi è stato bravino. Perché The Dark Side Of The Moon e The Wall ci vedono mentre dormiamo, sanno quando siamo svegli, e sanno se siamo cattivi o buoni, e se siete haters paranoici e rancorosi avrete The Wall mentre se avete fiducia nella dolce redenzione di una gentile pazzia avrete The Dark Side Of The Moon. E non so voi, ma io già intravvedo una cover bianca sotto il mio alberino. Grazie per aver letto fin qui, e buon weekend.