Record. Wow. Urrà. In Italia, nessuno prima di ieri aveva mai piazzato tutte le tracce del proprio album davanti a ogni altro singolo in circolazione. Non che la concorrenza in questo periodo sia indomita. Ma in fondo tutti ci aspettavamo che X2VR di Sferoso Famoso fosse il prodotto perfetto per questi tempi. Perché nel disco non c’è niente di nuovo e Sferoso non ha niente da dire che non abbia già detto. Ed è questo il suo segreto.
Come i loro genitori stravedono per politici che ripetono ossessivamente pochi concetti di banalità infinita, i pischelli che stravedono per questo 30enne vedono in lui il supereroe che non gli chiede alcuno sforzo di comprensione. Ancora più dei suoi dischi precedenti, X2VR (“Per davvero” in sintesi) è perfetto per i consumatori per i quali è stato pensato, i 13-19enni, la massa tenuta sotto doppio controllo segreto dal music business dei numeri e del marketing.
È perfetto, dal punto di vista sonoro, per venir fuori da un’armata di telefoni: ripetitivo, tutto uguale, ritmicamente moscissimo perché l’antica scuola italiana della sprezzatura ci insegna da secoli che i fighi coltivano una raffinata pallosità: le basi dei favolosi Charlie Charles e Drillionaire sono leeeente, e pensate per il deliquio di nerd brufolosi che impazziscono di gioia per l’audacia epocale di un bzz-ka-pum alternato a un bzzz-ta-pam.
È perfetto per i featuring che può sfoggiare, quelli che portano più numeri proprio come un commissario tecnico convoca i giocatori più forti della nazione (nessuno straniero: ai ragazzini non interessano, là fuori non c’è nessun mondo). Marracash, Elodie, Geolier, Shiva, SimbaLaRue, Tedua, Lazza, BabyGang, Paky, Guè (Pequeno), ThaSup(reme), Anna (Pepe). X2VR sarebbe totalmente inascoltabile e piatto se non fosse per i suoi ospiti d’onore. Lui li ringrazia facendo escludere i loro nomi dalla classifica FIMI dei singoli – ed è la prima volta in quindici anni che vedo sparire i featuring, proprio l’arte professata senza risparmio da Sferoso.
Eppure, come Mike Bongiorno, Sferoso è titolare dello show, ne è al centro ma nel contempo è puramente presentatore e spalla di quelli con qualcosa da dire, che lo aiutano a vendere questa specie di ennesimo docudrama sonoro che lui dedica a se stesso e che senza le celebrities delle charts italiane sarebbe piatto, insipido, lento, prevedibile – mentre grazie a loro ha qualche picco di interesse, proprio come un programma di Canale 5: un prodotto perfetto per milioni di adulti ITALIANI che hanno smesso di chiedere qualcosa di più. Perché dovrebbero? In fondo è loro diritto avere qualcosa di perfettamente bolso che nessuno si azzardi più a discutere, come i programmi per famiglie di Piersilvio Berlusconi.
E analogamente, chi ha mai realmente discusso Sfera Ebbasta?
Non voglio invocare una qualche codardia diffusa tra gli addetti ai lavori. (…per stavolta, dai). Sinceramente, non penso che a prevenire critiche a Sferone sia la normale prassi di tenersi buona la strapotente accoppiata Universal-Goigest o la sana precauzione di non attirarsi addosso un milione di dodicenni offesissimi. No, è che ormai questo è quello che ha preso il posto del mainstream musicale, e le regole sono chiare: dato il successo quantitativo come obiettivo del (rap) game, la presa Sferica sul target consumante è quasi totale, incontestabile, indiscutibile. Negli ultimi tre anni ha smesso di pubblicare canzoni da solo eppure il suo nome è stato in grado di mandare al n.1 praticamente chiunque gli chiedesse anche solo otto puerilissime barre – forse pagandolo per il disturbo, forse no. Avanzare obiezioni sarebbe come eccepire davanti a un produttore di rubinetti che vende il quadruplo dei rubinetti degli altri, facendo felici gli acquirenti. Non ha senso – a meno che non si introducano concetti che a Sferoso sono del tutto indifferenti come musica o (LOL) arte.
E non sarebbe giusto.
In un mondo di chewing-gum sonoro, Sferoso fa un chewing-gum ineccepibile.
E la cosa affascinante è che il sapore non lo mette lui, se lo fa prestare.
…
(procedo ora a fare esempi, alcuni dei quali includono coetanei di Sferoso, nel penoso tentativo di dimostrare ai miei coetanei giovanilisti che non ho pregiudizi generazionali)
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– Quando ospita Elodie, lui bofonchia le abituali rime pallose in cui cambia solo la fuoriserie con cui far sognare i pischelli, poi lei impenna con una frase totalmente Elodiesca: “Quando scopiamo ti amo per davvero”.
– Quando ospita Tedua, racconta (un’altra volta) la sua infelice storia familiare, ma in modo facile, per i più piccini – poi passa il microfono all’amico che rigira il tema con un piglio meno banale: “Ho un brivido lungo la schiena ora che Sfera è diventato pa’. Io a 29 anni ho conosciuto mio papà – non farlo mai (Cosa?) Tradirmi. Sai che effetto fa? (No) Mi chiamerai? (Quando?) Ma tanto ormai (Sono) Non sto più qua (Via)”.
– Quando ospita Geolier, Sferone si lancia in un Gomorrismo da fumetto, cita felice i soliti orologi, poi fa il faccino cattivo: “So che se si farà brutta poi tu chiamerai i cops, qua ti servono i cojones ma tu sei un maricón, te lo chiedo per favore – se ti togli da ‘ncoppa”
(…davvero, se ti togli da ’ncoppa. Capite, si napoletanizza perché ha lì Geolier, proprio come avrebbe fatto Mike Bongiorno)
A quel punto Geolier arriva e sentenzia: “Non ti salva un Rolex, qua ti salva un Kalash”. E poco più in là il pezzo viene chiuso da BabyGang e Simba La Rue a portare il carico di malavitismo di routine: “Non dichiararmi guerra se non hai armi / White coco, bandit la dettaglio tutta in grammi / Non impanicarti se giro coi ferri carichi”.
– Quando ospita Marracash, come ultimo e definitivo esempio, nel pezzo andato – come prevedibile – al n.1 tra i singoli (anche se prudentemente messo in fondo all’album per evitare di uccidere, al confronto, qualsiasi altro brano messo dopo), succede la stessa cosa. Anche in 15piani, come Leonard Zelig, Sferoso fa il suo massimo sforzo di avvicinarsi a chi sta presentando, perciò fa una cosa che fa raramente: cita un elemento di realtà (…non di marca), ovvero le case dell’Aler. Però il suo livello è: “Sopra ‘sti palazzi non si vede il sole, sotto ‘sti palazzi c’è l’ombra, e per ogni fra’ che va via, poi ce n’è almeno uno che torna”. (…avrete notato che nel niente, ci sono due parole-chiave: 1) palazzi 2) fra’) (ed è tutto quello che il suo pubblico vuole sentire, il resto è un riempitivo)
Al che entra Marra, e in un minuto tratteggia un mondo dettagliato come fosse il romanziere più veloce del mondo, correndo in equilibrio sulle parole:
“Ricordo di me a quindic’anni, quindici zarri, quindici scatti sul 15 che andava in centro, quindi a fare i danni
Quindici traumi, quindici punti sui fianchi, quattro presenti – su quindici banchi.
Quindici zaini, quindici pacchi, quindici sgrammi, quindi ci parti, poi da più grandi quindici ore con gli straordinari
Quindici giorni di ferie in due anni, quindici schiavi, quindici giorni, poi scappi
Quindi le basi, quindi ci sudi agli spasmi, quindici sudici stracci, quindici arresti, tre mesi fa scarsi
Quindici anni davanti, quindici piani
Non ho vinto al lotto, però, dopo anni che lotto, tutto il lotto adesso è roba mia
Pure se li ho messi a posto, voglio chi mi è stato attorno al posto della nostalgia
Spendevamo all’anno, per vestirci in quattro, quanto sto pagando per la tintoria”.
E insomma, io non faccio una colpa a Sferoso di non avere lo sguardo del narratore. I suoi limiti sono enormissimi e non intende ritoccarli – ah, non sia mai che per qualche minuto, invece che guardare ossessivamente l’ora sui suoi cento Rolex apra un libro o guardi un film o ascolti i Pinfloi – ma essendo enormissimi anche i limiti (o le pretese) di chi lo ascolta, ha ragione lui. È circonvenzione di incapaci? No: sta vendendo le sue caramelle ai bambini, e dentro non ci sono nemmeno le droghette da fighetto che si vanta di assumere. Se ci fossero, sarebbero meno insapori.
Ma una volta riconosciuti i meriti dell’industriale Sfera, del suo entourage, della sua casa discografica e tutto il team che con gli occhi a dollaro incarta le sue blande caramelle, preparandosi a due date a San Siro la prossima estate, confesso una debolezza, un’insofferenza: è veramente faticoso dopo 40 anni di rap (…trap inclusa) sentire il reuccio del music business italiano caragnare come un Ultimo qualunque perché non lo capiamo e lo odiamo perché ha successo
(ma quando questi milionari del vittimismo dicono queste cose, non pensano mai che è proprio il contrario? Che amiamo tanta gente che ha successo, e anche senza un vero perché)
e sentirlo alternare le sue lacrime di cuoricione fragile a puntuali promemoria su quanto è ricchissimo e famosissimo e che belle macchinone guida e quante bitches può avere e umiliare (…ma come spiega nel disco, lo fa per tutti i ragazzi che hanno diritto a credere nel Miracolo Italiano, cioè LUI), affidare la propria cifra poetica a dettagli negramareschi sul meteo – la pioggia e il vento e il freddo e il cielo nero sant’Iddio – e infine rassicurare i piccoli telespettatori come ogni ospite di Maria De Filippi: “Mi ricordo da piccino mi prendevano in giro. Ora ho il rispetto di tutti, fra’, dovunque mi trovo. Perché sono ancora vero anche se sono famoso…”.
Che strazio, zio. Non vedo differenze con quei pubblicitari che dal 1988 riescono a farsi pagare dagli over 35 per l’ennesimo “Esci dal gregge! Compra questa grossa macchina grigia”. Ma d’altro canto, guardatevi intorno e contate quante ce ne sono.
Resto della top 10. La prima diecina dei presunti album è tutta ITALIANA: mentre Salmo & Noyz si accomodano al n.2 e Calcutta risale al n.3 grazie alla discesa di Guccini al n.6, i coreani (Jung Kook e Stray Kids) lasciano i piani alti. C’è ancora una femmina tra i primi dieci (Annalisa al n.8) ma vedremo di rimediare, dai. Completano il gruppo Tedua (n.4), Geolier (n.5), Lazza (n.7) e i Maneskin (n.9). Scende al n.11 MiticoVasco, perché scavalcato al n.10 dalla ristampa del primissimo XDVR di Sferoso, quello del 2015 poi addizionato di Marracash e Luché, nonché dell’iconico brano Ciny.
Altri argomenti di conversazione. Non c’è nessun’altra nuova uscita. La multinazionale molto enorme ha informato la multinazionale enorme e la multinazionale molto grande che avrebbe pubblicato il suo big shot, e quindi con la consueta cordialità le altre hanno girato al largo. Esce di classifica dopo 25 settimane una ex n.1, ovvero Effetto notte di Emis Killa. Dopo 16 settimane ci lascia la colonna sonora di Barbie, dopo 12 settimane saluta Miley Cyrus, dopo 8 settimane se ne va Doja Cat, tanto per mettere le femmine tutte insieme. Sono durati invece una settimana i vecchi live dei Dire Straits, il remaster di The Masterplan degli Oasis, e l’album di Nello Taver. Al contrario Playlist di Salmo, pur scendendo pericolosamente al n.91, batte anche questa settimana il record di permanenza continuata in classifica raggiungendo le 263 settimane di fila. Playlist guida un plotone ormai numerosissimo di presunti album che da due anni e più stazionano tra i cento più ascoltati dagli ITALIANI. E con la sola eccezione di After Hours di The Weeknd, sono tutti ITALIANI. Tre di essi sono di Sferoso Famoso.
Sedicenti singoli. Non so come Sferoso o la Universal abbiano convinto la FIMI a non citare i featuring dei brani di X2VR nella classifica settimanale (su Spotify ci sono regolarmente) e in che modo risarciranno gli interessati per questo piccolo atto di tracotanza del reuccio – mai vista prima d’ora una cosa simile. Ma tant’è, ci penso io a informarvi che al n.1 c’è (ah, sorpresa) il brano con Marracash (15piani), al n.2 quello con Gué (Pequeno) cioè VDLC, e al n.3 quello con Lazza e Shiva (G63). Appena sotto al podio c’è Elodie (Anche stasera, n.4), poi Geolier, BabyGang e SimbaLaRue (Calcolatrici, n.5), Anna (Ciao bella, n.6), poi Tedua (Momenti no, n.7). Per contro, è sopravvissuta una sola settimana in classifica (al n.52, se ricordo bene) Now and then dei Beatles – chiedi chi erano. Mentre ovviamente non c’è bisogno di chiedere chi erano i
Pinfloi. La recente invasione di Rolling Stones (ora n.37) e Beatles (n.42 la raccolta blu – “Quella con Hey Jude” e n.51 la raccolta rossa – “Quella con Yesterday”) ha causato un sussulto d’orgoglio a The Dark Side Of The Moon, che è risalito al n.29, davanti agli uni e agli altri. Nell’attesa che il Natale riporti in tutti i noi pessimismo, sfiducia negli altri e paranoia e in una parola, The Wall.
Che poi sono due parole.
Mentre “Grazie, a presto” sono tre.
Grazie, a presto.
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