AMARGINE

Toni Negri, rockstar

(intervista per Rolling Stone, luglio 2007)

Era una gran bella giornata di aprile. Ed era bellissima anche la casa, in un calle nascosto dietro al punto più vistoso di Venezia (Rialto). Abbiamo parlato per due, quasi tre ore in una sala ampia ed elegante, con un che di rustico. E piena, inaspettatamente piena di cd. La stesura originale dell’intervista era decisamente lunga. Per contro il giornale, che già aveva rinviato la pubblicazione da maggio a luglio, decise di ridimensionare parecchio lo spazio; prese prudentemente le distanze nel titolo (“Il mondo ce lo invidia? Boh”) e molte cose, soprattutto quelle relative a ideologia e anni di piombo, vennero tagliate. Sono ovviamente da qualche parte, ma dove? Forse un giorno mi salteranno fuori. Per il momento, mi scuso ma questo è quanto.

FUN FACT personale: nella pagina successiva, fu pubblicata una delle innumerevoli interviste autodistruttive di questo medesimo intervistatore a Sinead O’Connor.

È stato il Cattivo Maestro, è sato il Nemico Numero Uno dello Stato Italiano, è stato un volto mostrato dai tg, è stato parlamentare poi transfuga o esule (secondo i punti di vista), è stato in galera, è stato odiato e discusso. In Europa e USA lo considerano uno dei politologi più importanti del mondo. qui se ne parla il meno possibile, ma i suoi estimatori sono tanti. Specie tra i giovani. Un po’ come 30 anni fa.

Un ex simpatizzante di Potere Operaio ha scritto: “il potere della sua parola era assoluto, i suoi discorsi come assoli di Eric Clapton.
Non so che dire. Fa effetto.

Un’altra ex militante parla invece della sua “incapacità di comunicazione, e atteggiamento di superiorità che mettevano in soggezione noi ragazzi”.
Mi dispiace. Una cosa condizionava molto il mio rapporto con la maggior parte di loro: ero più vecchio. È anche vero che venivo da un ambiente molto colto che non prendeva sul serio certi stati d’animo giovanili, che invece avevano il loro peso.

Il suo carisma di rockstar sembra inalterato: ho visto manifesti che annunciavano la sua presenza a un dibattito, il nome TONI NEGRI a caratteri cubitali. La sera, c’era ressa per sentirla parlare.
La nuova generazione cerca un confronto, a volte trovo migliaia di persone. Mi impressiona. I media non ne parlano, e passano sotto silenzio i miei libri. Credo mi siano ancora nemici. Capita, sa?

Lei fa ancora paura?
Forse a sinistra. Perché sono comunista e questo non gli va giù.

Qualcuno dice che con l’accusa di essere il Grande Cattivo lei ci abbia un po’ giocato.
Giocare??? Per una serie di accuse da cui sono stato scagionato, mi sono fatto 4 anni e mezzo di carcere preventivo, in attesa di un processo che forse si sarebbe fatto, ma chissà…. Poi altri 8 anni, per un totale di 25 tra carcere ed esilio. Giocarci?

Di alcune cose però si è assunto la responsabilità.
Un momento. Sono stato accusato di aver rapito e ucciso Moro, di esser stato il telefonista, di aver rapito e ucciso il mio migliore amico per trarne vantaggio finanziario. Poi di diciassette omicidi, dei quali ero innocente, come mi è stato riconosciuto. In un solo caso c’è una mia responsabilità: ho aiutato a scappare i ragazzi implicati in questa orribile vicenda. Dopo di che, se vogliamo dire che ho parlato di rivoluzione, che ho ragionato in termini marxiani e continuo a farlo, che ho condotto delle lotte e continuo a farlo, e non sono minimamente pentito, è un altro paio di maniche.

Ma tanti anni dopo, ci sono errori che ha dovuto ammettere, magari a fatica?
Il non aver capito pienamente il rapporto tra parola e azione. Infatti ho ammesso una partecipazione morale. Ma bisogna capire una cosa: la violenza all’interno del discorso politico di oggi è improponibile.

Non nei termini di allora, potremmo dire.
Negli anni 70 era diverso. Io credo che enunciare una teoria della resistenza allo Stato non sia perseguibile, e sia un’operazione da contestualizzare. Allora lo Stato era già fisicamente in guerra con un’ampia porzione della popolazione. Sono state in galera 65mila persone. Quando si pensa solo alle Brigate Rosse si sottovaluta, storicamente e numericamente la realtà di quel periodo.

Qual è l’atto più violento che lei ha mai compiuto?
Una volta ho schiaffeggiato mia moglie.

Beh. In effetti è un atto violento. E non contro un nemico astratto.
Sì, è vero… (tace a lungo, a disagio). Devo riconoscere che ho ancora i brividi a ripensarci. È una cosa per la quale probabilmente non si può mai chiedere realmente scusa. Di sicuro non ci si sente scusati mai.

Come ha vissuto il carcere?
La prigione è come la vivi. Può essere un luogo tremendo, così come – paradossalmente – un luogo di espansione, di umanità.

Lei chi ha odiato consapevolmente e appassionatamente?
Non ho odi, però… Ecco, considero miei nemici tutti gli stalinisti.

Come Berlusconi! Un altro trait d’union, oltre al tifo per il Milan.
Io sono diventato milanista con Nereo Rocco, stimavo molto la sua attenzione alla difesa… L’idea che il più debole si debba e possa difendere (sorride). Di Berlusconi ho apprezzato alcune cose. Per esempio lo slancio post-modernitario che ha portato nella vita politica italiana. Poi è stato assorbito.

In che modo?
È annegato nel pastone politico nazionale. Resta un nemico, ma è un nemico che non ha avuto un avversario capace di tenergli botta. Solo una sinistra che per collocarsi all’interno di un ordinamento capitalista ha fatto venir meno gli ideali, persino banali, di eguaglianza anche solo formale.

Ma davvero il comunismo è riproponibile?
Per forza di cose. In modo nuovo. In uno scenario di precariato imperante e povertà in aumento, chi non ce la fa sarà costretto a mettere delle cose in comune. Sta già succedendo.

Fa piacere sapere che l’utopia non dorme mai. Come anche la ruggine, diceva Neil Young. Parlando di musica, vedo che stava ascoltando i Sonic Youth, c’è il cd aperto. Poi, in alcuni articoli parla del rap francese, il suo libro Impero si apre con una citazione da Ani Di Franco…
La musica mi è sempre piaciuta. Molta classica ma non solo: il tango, i cantautori francesi.

I cantautori italiani degli anni 70?
Ho spesso avuto la sensazione che qualcuno flirtasse con la rivoluzione, ma soprattutto per darsi un tono. Preferirei non fare nomi, perché poi so come va a finire, si indignano e rispondono su altri giornali.

Qualche indizio?
Me ne vengono in mente tre, il cui cognome inizia con la lettera D.

Lei ha una casa molto bella.
Grazie.

È anche in una bella zona di Venezia.
Mi pare di capire dove vuole arrivare.

Non lo sto nascondendo molto, vero?
Ho guadagnato del denaro con i miei libri, le mie conferenze e lezioni. Non sono ricco di famiglia, quando ero ragazzo ero uno di quelli che andavano a scuola con i sandali di legno. Io l’odio di classe, espressione che non usa più, l’ho vissuto ma quando era l’odio dei benestanti per i poveri, dei ricchi per i contadini. Si parla molto della mia pensione da parlamentare, comprensibilmente. Non è una cifra sufficiente per vivere a Venezia. Sono poco meno di tremila euro. Credo me li toglieranno presto, potrei rifiutarli ma una parte di me li considera un piccolo indennizzo per quello che lo Stato mi ha inflitto. Aspetto che me li tolgano loro, ma sono curioso di vedere se lo tolgano anche ad altri che hanno fatto molta meno politica di me in questa nazione.

Già, questa nazione. Che idea ne ha?
Certe volte, pensando anche a Venezia che mi circonda, mi viene da dire: trasformiamo definitivamente questa penisola nel giardino d’Europa, in una specie di parco di divertimenti e storia e cultura. Dando le chiavi di casa a qualcun altro. L’Europa, la Nato, l’Unesco, la Germania o la Francia. È una specie di sconforto realista. Ma non si è comunisti se non si è idealisti. E se si è idealisti, si lotta per l’impossibile per sempre.

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