AMARGINE

Il segreto ben custodito del rap contemporaneo – TheClassifica 41/52

“Most of this rap shit is appearances, right?” “Yeah. Appearances of money”.

(Lakeith Stanfield – Childish Gambino, Atlanta)

2.500 anni fa, quando nella Pitagora Gang si scoprì che il lato del quadrato e la diagonale erano incommensurabili tra loro, i bro ne furono presi malissimo e andarono in mille pare: i conti non tornavano più e qualche chico greco pensò di fare il furbo col cash. La gang cercò di custodire il segreto, ma (skrrt, skrrt) si sa come va (ah, ah), c’è sempre uno snitch – che per un po’ incassa, poi finisce in cassa.

Ogni tanto penso che la stessa cosa succeda col rap. Anche se da anni si sente raschiare il fondo del barile, non lo si può dire: tutti i numeri gli danno ragione, e poi il capolavoro del quarantenne king italiano dove lo metti, e quanto al rinnovamento tra le nuove leve c’è Lil Coso che è un genio, mica vorrai negare che Lil Coso e Lil Pagliaccio siano geni definitivi e iconici, maledetto hater che non capisci questa musica supernuova che si trascina da cinquant’anni, e che tanto per sbugiardarti ha puntualmente ripreso i vertici delle classifiche ITALIANE, sia tra i sedicenti singoli che tra i presunti album. Così, cominciamo da questi ultimi, perché posso fare un nome più conosciuto dal mio target.

Il numero uno. Aubrey Drake Graham da Toronto in arte Drake ce l’ha fatta: nonostante 170 milioni di dischi venduti nel mondo, il record di canzoni nella classifica USA per un artista solista (154), lo status di artista del decennio 2010-2020 per Billboard – ebbene, malgrado tutto questo non aveva mai avuto un album al n.1 in Italia. Con For All The Dogs si è finalmente regalato questa soddisfazione a una settimana dal suo 37mo compleanno: evidentemente ha raggiunto quella maturità che gli ITALIANI sanno apprezzare e premiare in ogni campo.

Fun Fact. For All The Dogs è un disco così noioso che se lo avesse inciso Fabrizio Moro, persino le sue fans lo inseguirebbero con dei trinciapollo. Drake si lagna per la bellezza di 23 brani e per la grande bellezza di 84 minuti. Ha impiegato 53 straordinari producers (cinquantatre) e presumo che almeno metà avessero il tocco di Mida che deve avere ogni producer che si rispetti, bro. Ha featurato un tot di featuring, nomi come il pupillo 21 Savage, la megastar del megamondo Bad Bunny, e poi Lil Yachty, J. Cole, SZA, Sexxy Red, cicabum cicabum cicabum.
E quindi se il disco è noioso, deduco, è perché ambisce ad esserlo. Credo valga per parecchio rap contemporaneo. Vuole rispondere con la noia della coolness a un’epoca isterica, forse nella speranza di narcotizzarne le derive psicotiche, così uncool. For All The Dogs è noioso da sentire, e pure da leggere – non lo salva qualche giochino di parole, non lo salva l’enorme interesse che abbiamo tutti per le angustie conscious (o pseudoconscious) di Drake, per le sue amarezze di megastar (comunque, sopravvissuta all’odio, tiene a precisare – forse i soldi guadagnati hanno aiutato), e non lo salvano le chiose che i fedeli esegeti di ogni cosa Drakusa rinvengono di rima in rima, tra un dissing a un qualche collega o a una vecchia fiamma, e altre vicende personali contorte quanto insulse che richiedono all’ascoltatore una conoscenza enciclopedica e aggiornata dei dettagli della sua vita paragonabile a quella che i media ITALIANI coltivano per Belen Rodriguez.

I numeri di For All The Dogs però sono abbastanza laconici: intanto, nessun singolo tra i primi 30: il primo tra loro – al n.38 – è quello in joint-venture con Bad Bunny. Poi, i primi nove brani sono tutti sopra i 15 milioni di ascolti, ma prima di arrivare al giro di boa iniziano progressivamente a calare tipo l’audience di Bruno Vespa a fine serata, fino agli ultimi due pezzi che sono sotto i 10 milioni. E questo fa pensare che anche i più ben disposti, dopo un po’, abbiano rivolto all’artista le sempiterne parole che gli 883 rivolsero a un collega: Non 6 Bob Dylan.

(ho sempre pensato che a volte, a sua volta, anche Bob Dylan si sarebbe giovato di questo giudizio) (ma non escludo che se lo dica da solo e se ne compiaccia pure)

Resto della top 10. L’ingresso di Drake al n.1 in ogni caso permette un altro giro di giostra: nemmeno Annalisa, dopo MiticoLiga e Il Tre e Coez & Frah Quintale, riesce a tenere per più di sette giorni il primato nella classifica dei presunti album: l’album della vamp savonese scende al n.3 sotto Tedua, perenne n.2 (evidentemente ha un gettito garantito, come chi affitta in nero agli studenti). Alle spalle di Geolier (n.4) entra un altro artista non ITALIANO, Roger Waters, con la versione redux di The dark side of the moon. Pensavate che facesse di meglio di un n.5, vero? Anche lui. E anch’io – certo che povero Roger, con tutto quello che poteva capitare a cavallo dell’uscita del disco, mica gli scoppia una guerra in cui è coinvolto il suo amico Israele? Comunque, appena lo ha sentito, la gente si è rifugiata nell’originale dei Pinfloi, che impenna dal n.79 al n.50. Ma a proposito di boomer: alle spalle di MiticoLiga, ingresso al n.7 per Tommasone Paradiso. Pensavate di più, vero? Anche lui. E anch’io. Però una soddisfazione se la toglie: con la sua entrata in top 10, estromette i Pinguini Piacioni (n.11), che in fondo sono una versione redux dei Thegiornalisti, nell’attesa che anche il loro frontman si senta artista illimitato e si metta in proprio. Veniamo ora ai

Sedicenti singoli. Cadillac di Boro, Artie 5ive e Andry The Hitmaker balza al n.1 (era al n.8): Nightmares di Bresh & Pinguini Coccolosi cede il primato e scende al n.2, un gradino sopra la più alta nuova entrata, e peraltro unica nuova entrata in top 30: la wondergirl Angelina Mango con Che t’o dico a fa’. Entrando entrando, però, spinge Ci pensiamo domani, singolo precedente di Mango Jr. (si può dire junior per le femmine? No, vero?), al n.11, peccato perché in quanto FEMMINA è stata vicina a un’impresa da gigantessa, due brani a suo esclusivo nome nella top 10 di questo Paese maschio e patriota.

I numeri uno. Federico Orecchia (Torino, 1996) in arte Boro (ma è l’Artista Precedentemente Noto Come Boro Boro), Ivan Arturo Barioli (Milano, 2000) in arte Artie 5ive e Andrea Moroni (Milano, 1995) in arte Andry The Hitmaker hanno finalmente riportato al n.1 un’automobile, era da qualche mese che non succedeva. Con loro, la Cadillac migliora e di molto i risultati ottenuti quando fu guidata da Achille Lauro (n.94) e da SLF, Mv Killa, Geolier & Tony Effe (n.92). Possiamo pertanto aggiornare il quadro delle preferenze degli ITALIANI in modo che i manager dei rapper capiscano dove indirizzare l’indomito afflato artistico dei loro protetti, ovviamente rispettando la loro giovane sensibilità di poeti oltre che di indefessi innovatori:

Lamborghini: n.1 per Gué featuring Sferoso Famoso, n.3 sempre per Gué Pequeno feat. Rose Vilain per Piango sulla Lambo, però niente ingresso in classifica per Lamborghini di Fabri Fibra, e neanche per le Lamborghini di Vegas Jones e Niko Pandetta feat. Side Baby. Fun fact: Lamborghini di Gué e Sferoso è stata prodotta da Andry The Hitmaker, producer col tocco da meccanico.
Tesla: n.1 per Capo Plaza feat. Sferoso Famoso e Drefgold.
Maserati: n.55 per Emis Killa. Buh.
Benz. Un buon n.6 per Gemitaiz. Ma è un titolo in rialzo.
Rolls Royce: n.4 per Achille Lauro. Col Bonus Sanremo.
Aston Martin: n.56 di Shiva. Ha voluto strafare, dai.
Ferrari: n.27 per Capo Plaza, ma n.1 per James Hype & Miggy Dela Rosa feat. Lazza (n.17 nella versione senza Lazza).
– La comparativa Bentley vs Cadillac di Salmo ha ottenuto un n.52.
– La generica Auto tedesca di Paky è arrivata al n.22.

No, non ho controllato l’andamento di canzoni intitolate come particolari modelli di macchina: va bene essere rimbambiti ma non sopravvalutatemi.
Invece, per un prospetto sui brani che i nostri artisti hanno dedicato a orologi Rolex, prometto che lo produrrò al momento giusto.
Per quanto riguarda invece eventuali brani ispirati in qualche modo da conflitti in corso, ecco l’elenco:

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(grazie per aver letto fin qui) (a presto)