AMARGINE

L’Estate 2023 spiegata a chi non ha chiesto spiegazioni

Qui non si fa a tempo a sentenziare che gli altri popoli non hanno la smania delle hit estive, che Lana Del Rey va al n.1 in Germania con Summertime.
A dire il vero, Lanona è ospite, anzi featuring del maschione berlinese Kontra K. In pratica è un’Elodie di lusso per un rapper locale.
La cosa interessante non è che di questa canzone in Italia non si sappia niente, ma è che la pagina Wikipedia della Lana, tanto quella italiana che quella anglicana, non ne facciano menzione. Quella italiana non include nemmeno (per ora) il pezzo nella pagina a parte dedicata solo alla sua discografia, facendo somigliare tutta l’operazione a quelle pubblicità girate dalle star del cinema mondiale negli angoli reietti dell’Impero (tipo da noi) con la clausola che non se ne faccia parola sui media americoinglesi.

Ma non è di questo che volevo parlarvi.
Volevo parlare dei 50 anni del rap, della sonora polemica innescata da Samuele Bersani, di Ultimo, di editoria, del basso dei Righeira.

Comincio dall’ultimo. Secondo la ricostruzione che appare nel saggio Oh, oh, oh, oh, oh del relativamente saggio Fabio De Luca, “il basso dei Righeira”, citato in ItaloDisco, la più azzeccatissima delle Azzeccatissime Hit da Spiaggia del 2023, NON è un basso ma una tastiera – perlomeno nella celebrata Vamos a la playa. La cosa interessante è che nel pezzo dei The Kolors dopo le parole “Mi parte il basso dei Righeira”, non arriva un basso, ma proprio una tastiera, col riff di Vamos a la playa, e ok, anche se non esegue note basse, a suo modo è la verità, perché nel 1983 i Fratelli La Bionda usarono una tastiera anche per i bassi del brano seminale e visionario e iconico.

Ma non è di questo che volevo parlarvi.

Però, a proposito. Ho letto molte spiegazioni sul successo di ItaloDisco, inaspettato ritorno in auge dei TheKolors (inaspettato ma non immotivato, visto che fa parte di un’offensiva estiva della nuova Warner che li ha da poco ingaggiati). Ho letto molte parole sul #genere, l’Ital(o)Disco. E molte parole sulle citazioni nei suoni e nelle liriche (Festivalbar, Giorgio Moroder, i Righeira). O sulla popolarità del verso “Questa non è Ibiza”. Qualcuno ha fatto notare la trasversalità generazionale (rimarcata con l’espediente anche un po’ feroce dei boomer, quelli over 60 secondo l’accezione americana, che ballano nel video). Nessuno che avanzi l’ipotesi che a dare una spintina in più al pezzo per farlo prevalere sugli altri prodotti dei fabbricanti di hit da spiaggia, in un Paese da anni musicalmente autarchico, PATRIOTA e avvinghiato alle proprie neghittose radici, sia stata semplicemente la parola “Italo”, dentro nel titalo. Naturalmente se la mia spiegazione non vi piace, potete rimanere con quelle più sofisticate.

Tanto, non è di questo che volevo parlarvi. Però visto che l’ho evocata, ecco

LA TOP TEN DELLE AZZECCATISSIME HIT DELL’ESTATE 2023.

Tutte fieramente ITALIANE, come detto. Come succede da anni. E non solo d’estate – però…
Un momento.
Scusate.
Vi ho mentito. Anche se non del tutto.
Quella sopra è la top ten della settimana in cui ItaloDisco è andata al n.1: dal 7 al 13 luglio. Settimana in cui si discuteva della famiglia LaRussa e di Filippo Facci, e il morto della settimana era Luisito Suarez (tanto per farvi fare mente local). La top ten della settimana scorsa, valida ancora qualche giorno, è questa qui sotto.

Quasi uguale, no? Otto pezzi su dieci. Solo una variazione nelle prime quattro, dall’inizio della stagione a ora che l’Estate sta finendo.
Nelle scorse settimane ho insistito un po’ ossessivamente su questa cosa della top ten bloccata. Ma non è che freghi molto a nessuno, e non picchierò la testa contro il muro per questo. Certo non è il tipo di cosa su cui fai uno di quegli articoli che tirano su tanti like compiaciuti. Ragion per cui, questo è il momento in cui a sorpresa inserisco in questo pezzo una barzelletta di Gino Bramieri.

“Giannino, non devi fare pipì nella piscina!” “Ma mamma, lo fanno tutti!” “Sì, ma non dal trampolino”.

(…dopo però uscitemi ‘sti like, bastardi)

Perché mi colpisce questa cosa della top ten rigidissima? E mi colpisce che colpisca solo me, colpito due volte ma non ancora affondato (se fossi un cacciatorpediniere, due quadrati, lo sarei – ma mi sento più incrociatore, e vi dico che ci incroceremo prima o poi).
Perché non capisco se è il grande pubblico ad adeguarsi sempre di più all’industria musicale e alle sue piccole miserie trionfanti, oppure se non è tutta colpa sua, perché l’estate viene algoritmata da un sensore che percepisce che la temperatura sale di 4-5 gradi, e da quel momento in poi i cittadini rimettono volentieri ogni decisione nelle mani del Governo, e alla fine i sondaggi di opinione confermano che siamo entusiasti di decreti e canzoni, di Sorrisi & Meloni.

Ma a proposito dell’industria. E di editoria. E dei 50 anni del rap, di Samuele Bersani, di J-Ax e Frankie Hi-Nrg, di Ultimo.

No, prima un’altra cosa.
So che c’è un momento, ogni volta che parlo di classifiche, in cui qualcuno, leggendo, è percorso da fremiti, ma anche da fermenti. Ah, i fermenti! Le scene vitalissime. Le nicchie abitatissime. Chi non le adora? Io, ecco io sbuffo spesso in direzione delle classifiche dell’industria discografica, e ripeto come un disco rotto (ma non un gran disco, lo ammetto) che vanno un’altra volta ritarate. Per vari motivi (per esempio, il peso esagerato del vinile) ma soprattutto perché le tendenze mainstream di Spotify, Amazon, Apple andrebbero ponderate con la piattaforma di streaming dominante in tutto il mondo e quindi persino in Italia, ovvero YouTube, rispetto alla quale le altre sono dei trampolini. Vero che la top ten di YouTube non è molto diversissima, ed è un tantino meno ipergiovane quindi attenua un tantino la figosità del marketing, però guardacaso spinge un tantino più in alto le donne e ridimensiona un tantino gli idolini dei quindicenni maschi.

Ma non è questo che volevo dire. È che mentre scrivo sento arrivare (di nuovo) l’obiezione che le classifiche non sono rappresentative dei gusti degli ITALIANI. Madredediòs, che maledizione, scrivere due righe e già pensare a come schivare quattro righe di obiezioni – la cosa mi prenderebbe otto righe.
E non è di questo che volevo parlare.

(forse potrei limitarmi a due domande per anticipare gli obiettori)
(1. “Se le classifiche FIMI non sono pienamente rappresentative – ed è così, l’ho scritto io medesimo – c’è invero qualche strumento più rappresentativo?”)
(pausa prima della seconda domanda. Che è)
(2. “…Dici sul serio?”)

Ed è qui che potrei parlare di Ultimo. Perché Ultimo? Non per un motivo particolare, non lui nel dettaglio. Ma perché è citato come esempio di una certa situazione in un eccellente articolo di Guia Soncini, seguito ogni volta dalla caustica aggiunta “Chiunque egli sia”, sull’editoria. Ed è qui che potrei parlare dell’editoria. E del cinema. E dell’industria dell’intrattenimento. E di noi mediapeople. E dei 50 anni del rap.

Ma sono stato già abbastanza lungo. E ultimamente ho raccolto una quantità feroce di “troppo lungo”, “oh cos’è, la Bibbia” “ma per favore ‘sti pipponi” per un pezzo su un argomento molto MOLTO meno concettuoso, quindi non ripeterò questo errore, e tutto quello su cui ho minacciato di pontificare, apparirà in un altro articolo, a breve.

(piccolo elenco di album che promisero un sequel ma buggerarono i fans: George Michael: Listen without prejudice vol. 1; The Traveling Wilburys: Vol. 1; David Bowie: 1. Outside, e Maneskin: Teatro d’Ira vol. 1) (e aggiungo come bonus track Sting: Jeremiah Blues part 1) (aveva un testo davvero peculiare, sembrava scritto da Pete Sinfield dei King Crimson)

Bene. Grazie per aver letto fin qui. Non ho parlato di tutto quello di cui avevo promesso di parlare. Però datemene atto, ho citato nello stesso pezzo The Kolors e King Crimson, Maneskin e Gino Bramieri, Traveling Wilburys e Righeira, La Russa e Lana Del Rey, Sting e Ultimo. Chiunque egli sia.

(continua)
(probabilmente)

2 Risposte a “L’Estate 2023 spiegata a chi non ha chiesto spiegazioni”

  1. C’è anche “The story of the Clash Vol.1” : )

    Non ti angustiare Paolo, è anche colpa del caldo se ti senti così secondo me. Capisco bene però che il tuo mestiere da un po’ sembra essere quello di commentatore di incidenti stradali (e di chi rallenta per guardarli). Lì appollajato su un guard rail da cui ti sbracci forsennato e da cui non riesci a staccarti.

    All my love

    1. Grazie (…credo). Intanto con la raccolta dei Clash mi hai fatto venire in mente un’altra raccolta: Original Musiquarium vol. 1 di Stevie Wonder. Un vol. 2 ci sarebbe stato benissimo, lo avrebbe tenuto in piedi da sola “I just called to say I love you”. Ma forse erano finiti i pesci. Colpa del caldo anche lì. 🙂

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