Rocco Hunt numero uno, 99 Posse numero due. Questo porta a tutta una serie di considerazioni sul nuovo e vecchio rap campano.
(no, la verità è che non me ne porta alcuna. Posso parlarvi di altro? Tipo di questo articolo di Slate) (ripreso dal Post) (in cui si smonta) (dopo un anno!) (Get lucky) (articolo che sta scatenando una piccola guerra tra geek e ‘gnoranti (per scelta o per forza) (quorum ego)
Ok, d’accordo. Stiamo in campano (ahaha). Dunque, Ruocc’ Hunt, poeta urbano (definizione sua). È forse il Gigetto D’Alessio del rap? Oppure, altro paragone che ho sentito, un pochino più pertinente per quel tanto di guaglionitudine ruffiana, il Nino D’Angelo della nostra epoca? Gosh, direi di no, anche al netto dell’epoca più scafata in cui viviamo, nella quale con ’Nu jeans e ’na maglietta non arrivi più da nessuna parte. Detto che non capisco bene perché il suo accento si DEVE sentire
(…ma poi, possibile che mentre io ero distratto gli accenti e i vernacoli stanno soccombendo alla lingua italiana? Ma che davero? Anvedi. Beh, daje regà)
e al netto dell’odore do’ café, ’o pisciaiuòl’ e ’o fruttaiuòl’, e al netto delle ospitate (Eros Ramazzotti e Noyz Narcos, Clementino e Tiromancino) (!), io con Rocky Pagliarulo da Salerno ci ho fatto due chiacchiere e ho, al netto, la netta sensazione che sia uno di quei 19enni che intanto vedono di conquistarsi il posto in prima squadra in questi tempi spietati e senza passare da Amici; poi, una volta messa su massa muscolare ed esperienza, potrebbe iniziare a fare il suo vero gioco. Oppure diventare un rappuso KissKiss, vai a sapere. Certo la cosa intrigante è questo reciproco endorsement tra lui e Roberto Saviano. Che tra un post che recita “Mai sazio, come la fiamma mi ardo e mi consumo” (Frederic Nietzsche) e un altro più selfioso (“Guardate! Insegno a Princeton!”), su Facebook ha fatte sue un paio di rime di Ruocc’. Il quale per contro ha scritto il pezzo che ha vinto Sanremo Giovani ispirato da un’inchiesta di Saviano sulla terra dei fuochi. Io però, non so perché, i giovani camorristi che nel famoso passaggio di Gomorra cantavano Gigetto D’Alessio, ecco, io me li vedo, a cantare ‘Nu juorno buono. Dammit, e dai e dai viene da cantarla anche a ME, pensando a mio zio ca se scet’ ’a matina e a Gennaro c’ha avuto ’o criaturo, e pensando che l’unione dei banalismi della terroneria e quelli dell’hip hop è potenzialmente tossica quanto l’unione di idrogeno e azoto. Ma magari no, dai. Speriamo in buon’.
Mentre invece. I 99 Posse. Con Curre curre guagliò 2.0.
Eh.
Bene, cominciamo col dire che c’è Clementino anche qui. Con lui, Ripetutamente diventa RipetuClemente.
(non guardatemi così. Non sto inventando)
E che Samuel dei Subsonica, dopo aver cantato in Voglio una pelle splendida 2.0 con gli Afterhours, canta anche Curre curre guagliò 2.0. Se festeggiate qualche ventennale, chiamate Samuel, lui c’è. E c’è anche il giro Primomaggio: Caparezza e Paolo Rossi (!), Enzo Avitabile e i mitici Bottari. I Punkreas e J-Ax.
E’ un po’ desolante, ma forse sbaglio io. Quello che arriva a me, dell’intera operazione, è il certificato di morte per un gruppo che è stato davvero importante. Morte non necessariamente per suicidio. Sì, lo so, voi direte che Zulu di qua, Meg di là, eccetera eccetera. Ma per me li ha fatti fuori il loro pubblico. Mi spiego: il disco precedente, quello della reunion, due anni fa è andato solo al n.13 in classifica. Se questo disco ora va al n.2, però, vuol dire che un pubblico per i 99 Posse c’è ancora. Solo che li vuole incatenati al 1993. Ed era così già nel 1996 quando è entrata Meg, per quanto nella mia umile opinione Non c’è tempo fosse uno dei pezzi più belli degli anni Novanta; è stato così quando nel 2000 hanno fatto il più impeccabile e coerente degli inni antagonisti, L’anguilla. Ma erano già schifati, venduti, vecchi bleah. In realtà mi sa che c’è qualcosa, da quelle parti
(leggi: all’ala sinistra estrema militante)
che è veramente imploso tanti anni fa. E ho l’impressione che sia successo con Genova, la Diaz e Carlo Giuliani. Troppa roba. Meglio tornare a tempi più lineari, giusto? Scommetto che metà degli acquirenti sono ragazzi che sognano il 1993.
Voglio dire, Paolo Rossi. Plz.
Corrocorro anch’io, perché la classifica di questa settimana ha un sacco di cose peculiari. Quattro new entries ai primi quattro posti, non ricordo nulla di simile in tanti anni, cari nipotini. Al n.3 c’è Shakira, che io amo tanto di vero amore – un po’ meno, dopo aver visto la Rihannata del singolo (tutta la mia riprovazione è in un articolino apposito sempre su questo sito qui). Al n.4, c’è lei, The Giusy, che io amo tanto di vero amore anche lei, ma che si conferma tartassata dalla sfiga: esce proprio nella settimana in cui escono Shakira e Ruocc’. Non poteva andare al n.1 mai.
I primi cinque della settimana scorsa scalano a occupare le posizioni successive: Stromae al quinto posto, MiticoLiga al n6, Francesco Renga al n.7, Roby Facchinetti dalla vetta al n.8, George Michael dal n.2 al n.9, infine Pharrell Williams, con un disco che in tempi più fortunati avrebbe messo le ali e sarebbe volato fuori dai negozi tipo frisbee, è decimo, e gli va già bene.
Al n.11 un’altra new entry, Johnny Cash, ovviamente popolarissimo in Italia da quando è morto.
Escono dalla top ten Tiromancino (dal n.8 al n.19), Gionny Scandal (dal n.6 al n.23), Deleterio (dal n.9 al n.50).
Mi fermerei a dire due cose su Federico Zampaglione. Lo farei, davvero – e non sarebbero cose crudeli o rancorose o vendicative, approfittando di questo mezzo flop, per ghignare della sua persona pensando alla volta che i suoi quattro avvocati mi chiesero 200mila euro per averlo indispettito, diversi anni fa. Credetemi, per me il fatto che il suo disco venda così poco è quasi un problema. Perché a sentirlo, è un disco di onesto pop italiano, più dignitoso (anche se ampiamente defilippiano) di altre robe miserande da lui pubblicate, che pure hanno venduto di più. C’è un solo motivo per cui un disco come questo oggi non si vende, ed è che chi lo pubblica non è più vendibile come personaggio. Voi direte: nessuna meraviglia. Però a suo modo, Zampaglione ha lo stesso problema dei 99 Posse. Imprigionati nella descrizione di un attimo – sempre quello – il tiempo è finito, non c’è nessuna vida que vendrà.
E non mi fermo qui! Alzo il tiro: David Bowie, Paul McCartney, Neil Young, gli stessi Depeche Mode. I loro ultimi dischi, li hanno sentiti solo i fan irriducibili. Forse a furia di celebrare i morti, siamo offesi con quelli che si sono permessi di rimanere vivi. Come si permettono? Perché fanno altri dischi? Dai, su. Rimettiamo su Heroes, compriamo quella palla di autobiografia che è Waging heavy peace (in italiano, Il sogno di un hippie). Ascoltare Le Noise? Prendere in considerazione The Next Day? Impossibile: sono sottratti al meme.
(ora farò finta di sapere cos’è un meme)
(fatelo anche voi)
Non è l’arte, la questione. Non è la musica. Sono i frammenti di un discorso pop, che reggono la nostra baracca – mi sbilancio: in Italia più che altrove, perché siamo i sommi magistri della fuffa
(…lo dico ben consapevole che non dico in Austria ma persino in Francia, mi toccherebbe cercarmi un lavoro onesto)
E il discorso pop richiede il cliché, come elemento del linguaggio, come termine per costruire
(…cosa?)
Dio grazioso, non lo so. Non volevo nemmeno fare questo discorso su Zampaglione. Perché c’è una cosa che mi sta più a cuore. Ovvero: avete fatto caso che ho parlato di QUATTRO nuove entrate ai vertici della top ten? Avete fatto caso che ho citato TRE fuoriuscite dalla top ten?
Ecco, quello che succede è che Dallamericaruso di Lucio Dalla, che era al n.10, dopo un imprevedibile mese in top ten, è sparito. Puff, volatilizzato. Come se la beffa più grande che la classifica FIMI avesse mai fatto fosse convincerci che un grosso numero di italiani per un mese ha comprato un disco (dal vivo!) di ventisette anni fa.
Siccome a quel poco che si capisce, la FIMI fa la sua classifica dei dischi più venduti chiedendo i dati ad alcuni megastore tipo La Feltrinelli, corro (corro) (guagliò) a vedere la classifica dei cd più venduti nelle librerie Feltrinelli.
Prendiamo un bel cliché, rendiamo la pariglia all’establishment. Diciamo che l’acquirente-tipo della Feltrinelli è un elettore del PD o del M5S (ma nel qual caso, è entrato solo per comprare quaranta libri ChiareLettere, quarantuno dei quali scritti da Travaglio) (e il peggio è che ce li ha già tutti) (vuole regalarli: SVEGLIAAAA!!!1!1!!!), e percorriamo la top 100.
C’è Pharrell Williams al n.92
(…che vi dicevo?) (elettori del PD)
The Giusy al n19 DIETRO LANA DEL REY!!! N.15! AAAAAGH!!! CON UN DISCO DI DUE ANNI FA!! AAAAGH! SONO I COMUNISTI A COMPRARLO!!! ECCO CHI!!! ECCO DOVE!!
(in Italia Lanona è al numero 37)
Poi, sempre nei templi di Inge, interessante notare Luci Della Centrale Elettrica al n.10 (n.28 in Italia), Alberto Bertoli (figlio) al n.9, la colonna sonora de La Grande Bellezza al n.8
(per il pezzo di Venditti, spero)
Ruocc’ Hunt n.7, Levante n.6 (n.60 in Italia) e al n.2 i 99 Posse (eh, beh) ma al n.1 “il nuovo singolo di Anastacia Stupid little things, solo per la catena Feltrinelli in vendita in esclusiva”.
(sto cercando di immaginare il fervido braccio di ferro con la concorrenza per accaparrarsi l’esclusiva)
Ad ogni buon conto il nuovo singolo di Anastona costa tre euro e mezzo, quasi quanto Fleurs di CapireBattiato (n.54). Mi sembra sciocchino che la Inge lo classifichi con gli album pur di metterlo al n.1 ma chissenefrega – quello che importa è che Lucio Dalla non sta da nessuna parte. Sto dicendo che apparentemente la voglia di comprare Dallamericaruso è svanita nel nulla, desiderio caduco come pochi.
(scatta inevitabile il: “E io che sono qui a prendere ancora sul serio questa classifica” eccetera) (per gli amici: “E io che”)
Siccome l’ho tirata in lungo, sorvolo sulle altre cose ghignose: Sal Da Vinci che entra in classifica al n.22, Raphael Gualazzi che, forte dell’azzeccatissimo sodalizio con Bloody Beetroots, porta a casa un perentorio numero 40 (se la conosco, in questo momento la Caterina sta mangiando le pareti). Per solidarietà con Lucio Dalla, niente quota defunti. E per creare un pericoloso precedente, niente bollettino Pinfloi.
…No, non resisto. 55, 69, 77. Do solo i numeri, i dischi abbinateli voi. Però vi lascio con un ultimo dubbio, che se la gioca con Dallamericaruso sparito e Lana Del Rey. E sarebbe: ma Atom Heart Mother, nessuno lo compra mai??? O Meddle! Il pifferaio al cancello eccetera! L’altro, quel disco tutto corettoso senza Roger Waters, comesichiamava, nemmeno quello? Sempre e solo, sempre e solo QUEI tre dischi?
E io che.
A Beatles come siamo messi? Disco rosso e disco blu, Sgt. Pepper, Abbey Road, l’album bianco? Ci sono tutti i monumenti dei Pinfloi in classifica e manco uno dei baronetti?
Cribbio, lo sapevo che non avrei dovuto controllare.
Beh, però neanche i Rolling Stones, via.
Mi sconfortano più i presenti che gli assenti nelle parti basse della classifica. Cioè, Legend di Bob Marley al 99. Nel 2014. Sarà lo stesso gruppo di invasati che tiene in classifica i pinfloi (li ricompra ogni settimana) dopo che i negozi hanno esaurito “My life in the bush of ghosts”.
Su questa cosa forse vale la pena di farci un pensiero e mezzo, comunque – se ci riesco. Ovvero: poniamo che metà degli acquirenti di Dark Side e The Wall eccetera siano dei brizzolati che avevano il vinile (o la cassetta!) e se lo sono ricomprato, magari nell’ennesima edizione deluxe.
Resta una metà di ragazzi che passano da questi dischi tipo rito di passaggio. Li prendono, o chi lo sa, magari li regalano al compagno di classe come regalo “sicuro”. Forse perché tanto hanno sentito parlare di questi famosi “album”, e due di questi tre (per quanto mi riguarda, Wish You Were Here non lo è, mi ha sempre lasciato freddissimo) sono percepiti come gli album più album del mondo. Più di Sgt. Pepper’s, evidentemente. Più del pure decantatissimo Exile on Main Street. Più di Led Zeppelin IV e The River e Never Mind the Bollocks e Thriller e Joshua Tree e (qualcuno mi fermi) il primo dei Doors e Appetite for Destruction e Achtung Baby e Ok Computer (…bene, basta).
Molto interessante, questo.
Credo ci sia tutta una serie di elementi che rendono i Pink Floyd intoccabili. E forse una di queste è il fatto che non abbiano un’immagine personale così forte da essere devastabile. Jagger che invecchia, McCartney che non è radical come Lennon, i Beatles da giovani che fanno i buffoni o sono comunque troppo evidentemente legati ai 60es, Springsteen che ha l’aria vecchia come papà, gli U2 che “si sono venduti” e poi sono ancora in giro e sono così uncool, Axl Rose che è bolso. I Pink Floyd sono una sorta di mistero misterioso. Cui si accede solo tramite l’album. Perché ho scritto tutto questo qui in un commento, dove lo vedrete in tre, invece che farne un articolo (pagato) per Rollingstòn, non lo so. Magari sono ancora in tempo.
Concordo: i Pink Floyd sono gli unici che riescono ad unire una popolarità ENORME all’essere considerati “ALTI”. Per ogni adolescente alla scoperta del rock sono una tappa necessaria.
Aggiungerei, tanto io non scrivo per Rolling Stone (a proposito, in Exile on Main Street non c’è nessuna canzone che tiri veramente – se ne lamentava anche Jagger – mentre con “Money” o “Another brick in the wall” vai sul sicuro…), il fenomeno della pseudoaudiofilia per darsi un tono, per cui musica ricercata come quella dei Pink non si può ascoltare su mp3 scaricato illegalmente ma devi ne-ces-sa-ria-men-te avere il CD, mentre Jimmy Page rende quasi di più in lo-fi.
Secondariamente, ho fatto un giro tra le charts di altri paesi e di Pink Floyd nei primi cento neanche l’ombra (mentre ho visto Mike Oldfield e Fleetwod Mac, per dire), quindi probabilmente stiamo parlando di fuffa…
Guarda qui per esempio: http://www.billboard.com/charts/billboard-200?order=timeon