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TheClassifica 37 – Tiromancino irrompe nelle charts. Dehehihohu

Siamo contenti, quando un artista lascia questa valle di lacrime? Per molti, non vi sto dicendo niente che non sapete, è un sì.
Siamo contenti, quando un artista è investito da uno sfacelo sentimentale? Beh, è brutto dirlo, ma ho la sensazione che dovremmo. Per fare in fretta, ricordate il disastro mondiale verificatosi quando Lennon e McCartney trovarono le compagne della loro vita.
Pensate, invece, se Jovanotti fosse un po’ in pena. Se Bruce Springsteen (detto il Boss) soffrisse per amore, se Bono fosse lacerato dal tormento. Oddio, a nessuno auguriamo quello che sta passando Mick Jagger, dai. Però Chris Martin e Guinea che si lasciano, a me sa di buona notizia. No? 
Se siete nuovi di questa stanzetta, è giusto che lo sappiate: dei Coldplay credo di aver già scritto tutto il bene che potevo. E non mi pare il caso di ripetermi, ché tempus fugit. Ma ragionando a ritroso, il novero delle critiche va da “Lui è uno sfigato” a “Sono i Radiohead alla vaniglia” a “Sono mosci”. Ecco, trovo un po’ irrilevanti (e mosce) tutte e tre. Fermo restando che alla fine si parla di inclinazioni personali per quel tipo di suoni, per quel tipo di canzoni scritte col pennarello, io personalmente trovo esplosiva, per esempio, la parte finale della canzone Amsterdam – è una specie di crollo al rallentatore stile Zabriskie Point, qualcosa che se avete avuto (poniamo, eh) degli irrisolti sentimentali, non c’è pezzo dei System of a Down che possa descriverne la violenza.
Sicché mi aspetto che, affranto, dia il meglio di sé nei prossimi mesi. Sì, ipotizzo di trarre giovamento dalle sue ambasce sentimentali. Che brutta cosa, da parte mia. Lo riconosco. Sta a vedere che è vero, che vogliamo vederli soffrire per noi, e con noi. Ma insomma, meglio loro che delle persone reali, no?

(…sono partito largo) (c’è un perché) (sto testando una mia convinzione) (sono convinto che parlerei di qualunque cosa, anche di un gossip, piuttosto che parlare di Roby Facchinetti, ancorché numero uno in classifica) (allargo l’inquadratura: sto cercando di dimostrare che tutti noi ballerini delle recensioni, ci tiriamo indietro quando siamo di fronte a qualcosa con cui non possiamo realmente relazionarci in termini di amore o di odio) (tipo Roby Facchinetti)

È il 2014 e il disco solista di Roby Facchinetti (Che vita la mia) succede a quello di Francesco Renga al n.1. Bene, io ho come l’impressione che Facchinetti e i Pooh siano qualcosa di fronte alla quale quella che siamo soliti chiamare critica musicale si è sempre scansata. Perché alla fine, i Pooh e i loro fan sono la prova che si può vivere benissimo senza critici musicali. Contro di loro e la loro storia non si è mai scatenata nemmeno una qualche ondata snobistica. Oh, portatemi pure i vostri argomenti. Si è provato un certo sdegno femminista per il fedifrago – autenticissimo – di Tanta voglia di lei. Si è ridacchiato di loro con Paolo Bitta, ma il Dio delle città di Valerio Negrini non era una brutta invenzione poetica. A un certo punto si è scoperto con un certo spiazzamento che dischi come Parsifal erano presi attentamente in considerazione da stimati critici stranieri, sorpresi da un classic pop che noi trovavamo saponoso. Ma in generale, nessuno ha mai realmente sparato addosso ai Pooh (e dire che il tempo per farlo non è mancato). Forse perché in loro, insieme alle mai negate ragioni del commercio, abbiamo tutti intravisto, con un certo disagio, le pose e pretese del rock, adattate al pubblico meno sofisticato. Quelli che noi gente di un certo livello, non si calcola – a differenza di quelli che abbiamo imparato a mettere nell’armadio dei giochi, il trash degli Albani e dei Pupi. E non c’era nemmeno un Riccardo Fogli da svillaneggiare.

Al n.2, il nonalbum di George Michael. Forse l’unico motivo per pubblicarlo è per rimetterne in circolo nome e canzoni. È da non credere che uno come lui abbia pubblicato, in carriera, quattro veri dischi (solisti). È fermo dal 2004. Da Shoot the dog e Freeek. Aveva 40 anni. Qualcosa è andato davvero storto.
Se vi sto intristendo, corro al n.6, bypassando Renga, MiticoLiga, Stromae. Ed ecco, vi presento Gionny Scandal. Lui sì, che vi intristirà. Gionny, o Gionata, cioè Jonathan Ruggeri, è probabilmente il più bersagliato dalla sfiga tra i giovani rapper. Orfano di madre dalla nascita, poi orfano di padre, e infine orfano anche della nonna che lo ha cresciuto. Capite che non è facile dire che le sue rime sono tremende. Però posso dire che dietro, non ha nessuna piovra discografica (…forse i discografici, che sono scaramantici, hanno paura di avvicinarlo), e che entra in classifica meglio di Tiromancino, soltanto n.8

(chi ha sghignazzato?) (vè che ci sento) (avanti, chi era che ghignava?) (okay: sono stato io)

e del più o meno collega più o meno più famoso, Deleterio.
Al n.10, resiste imperturbabile un disco di quasi trent’anni fa di un defunto. Non so cosa pensare, qui Dallamericaruso rischia di diventare un caso. La cosa sta andando oltre l’andamento in classifica dei dischi evergreen o raccolte, che sono sempre una percentuale abbastanza alta ma che si situa sotto le prime venti posizioni della top 100, a meno che non ci siano ricorrenze particolari – e quella legata a Dalla, è passata da mo’. Oltretutto si tratta di un live, e gli italiani odiano i live, perlomeno da quando esistono i compact disc (mentre poco prima, album come il Concert in Central Park di Simon & Garfunkel venivano scaricati nei negozi col badile) (forse la cosa aveva a che fare col blocco dei concerti degli anni 70).
Lasciano invece la top ten Afterhours (subito, praticamente. Scendono al n.11), Alessandra Amoroso (n.12), Arisa (n.15), Le Luci della Centrale Elettrica (n.23) e Levante (n.39).
Skrillex entra al n.30. Dente rientra al n.99 (era già uscito). Lana Del Rey sale dal n.36 al n.32, nella sua 112ma settimana in classifica, e io mi sentirei di porgervi la stessa domanda che pose tanti anni fa Johnny Rotten al pubblico, a San Francisco: avete la sensazione di essere stati presi in giro? Mi ci metto anch’io. Perché voglio saperlo, chi cavolo è che ogni settimana compra quaranta dischi di Lana Del Rey per tenerla in classifica?

The Dark Side of the Moon sale al n. 46. Nevermind dei Nirvana prende la rincorsa, in vista del ventennale, e sale dal n. 96 al 59. Siamo contenti, quando un musicista lascia questa valle di lacrime?