AMARGINE

TheClassifica 18 – Par Elisa

Chissà cosa, esattamente, è andato storto con Elisa. Sapete, non so nemmeno come descrivervi il senso di sgomento che provo per la povera cosa che è L’anima vola – che già il titolo, la dice lunga su quanto sia minimo il suo sforzo artistico. Pure, il disco è al n.1. E allora su, mettetevi lì accanto al fuoco e prendete qualche castagna mentre vi racconto storie di taaanto tempo fa.

La prima volta che ho visto Elisa, presentata una quindicina di anni fa al Locale Precedentemente Noto Come Propaganda a Milano, ero pressoché agli inizi della mia impagabile (nel senso dei pagamenti) carriera di giornalista musicale: lei apparve a qualche centinaio di addetti ai lavori seduta a un piano elettrico, mentre suonava le prime note di A feast for me. Tempo due minuti e io e la altrettanto giovane collega al mio fianco ci guardammo e dicemmo: “Beh”. Tenete conto che all’epoca Sanremo lo vinceva Annalisa Minetti, oppure Anna Oxa. E lì c’era questa ragazza impacciata, legnosa, non bella (ma non sembrava rilevante, a quell’epoca) che cantava in inglese, che aveva evidentemente ascoltato sia Alanis Morissette che Tori Amos, e che zia Caterina Caselli guardava dalla prima fila con occhio compiaciuto ai limiti del lubrico.

Mi ricordo anche la prima volta che la intervistai e mi disse che Sanremo lei lo avrebbe bruciato, era la morte della musica.

Da allora ha vinto Sanremo, ha fatto i duetti più convenienti possibili (Sangiorgi, Ligabue) (presenti anche qui, nell’anima che vola), ha lasciato perdere l’inglese e ha cantato un pezzo miserabilissimo nel Django Unchained di Tarantino. Nelle foto sembra bella. Ha figliato, e come sempre succede nella canzone italiana, fa pagare questa tassa agli ascoltatori più volte nel disco, in particolare in A modo tuo, E scopro cos’è la felicità, Non fa niente ormai. Non è diventata simpatica o disinvolta – non che sia un male, eh. Che poi l’aria austera agli italiani piace un casino, se appari divertito non puoi essere realmente un artista, devi essere un pagliaccio sguaiato. Se vuoi parlare dell’ANIMA devi fare la faccia di Renato Zero mentre mostra che lo strazio lo strazia (…e succedesse davvero, Giudaiscariota). In generale si è adagiata su questa immagine di sciampista celtica che ne fa un prodotto per chi ritiene di possedere orecchie più educate rispetto agli abitanti del Pausinistan. Ma alla fine sia lei, sia la Diva Pausina, sia Giorgia, sono le tre facce del fallimento del pop italiano anni 90. Nessuna di loro ha mantenuto quel che prometteva.

Oh, hanno avuto successo, questo lo sa anche uno scemo. Hanno inciso alcuni brani di ottimo livello, il più alto dei quali è nella mia umile opinione Gocce di memoria di Giorgia. Ma il loro perdurante successo è oggi garantito dal gradimento – pubblico e mediatico – dei personaggi che incarnano e dalla lealtà della loro fan base che non da dischi memorabili, passati alla historia. E tutte loro suonano musicalmente immerse in un’epoca che riecheggia di Patto Segni e Rete di Leoluca Orlando, di CCD e Rifondazione Comunista. Soprattutto negli arrangiamenti le Defilippine, per le quali non ho un’oncia di simpatia, le fanno sembrare vecchie matrone – e poi, perlomeno le Amiche di Maria i loro molesti rancorini nelle canzoni ce li buttano veramente, si sente che li hanno vissuti davvero. Ma mi riprometto di tornare sull’argomento quando entrerà in classifica l’album di Giorgia; nell’attesa però affermo strombazzante che i testi della musica pop italiana sono vicinissimi al livello zero, quello sotto al quale ci sono solo i Modà. Il livello rispetto al quale Biagiantonacci è il figlio ispiratissimo delle Muse e ha ragione Max Pezzali a pretendere di essere acclamato come un dio delle città, di fronte a una Elisa che scrive “L’Anima vola, mica si perde. L’Anima vola, non si nasconde. L’anima vola, cosa le serve. L’anima vola, mica si spegne”. E MiticoLiga rincara la dose facendole cantare: “Sarà difficile chiederti scusa per un mondo che è quel che è; io nel mio piccolo tento qualcosa ma cambiarlo è difficile. Sarà difficile dire tanti auguri a te, a ogni compleanno vai un po’ più via da me”. E alè, già che ci siamo facciamo la foto che fingiamo di tenere su la torre di Pisa. E Tiziano? Il reuccio Tiziano Ferro? Oh, a lui la maternità di Elisa ispira l’astrusa originalità che segue: “Tu sei l’attesa. Sei la sorpresa. Tu sei una sfida. Sei arrivata per cambiare tutta una vita”. Credetemi, vorrei averli tra le mani, mondo canedalmata, i kritiketti che ridevano di Ti amo di Umberto Tozzi e del torreggiante guerriero di carta igienica.

Una cosa le riconosco: non ha mai cercato il successo per il successo – o eventualmente, è stata zia Caterina a imporle di cercarlo. Credo sinceramente che volesse fare la sua musica. Ora come ora però la sua musica è una fuffa tristina dove lei cerca il punto migliore per prolungare le sue laconiche vocali. Ma naturalmente, a molta gente questa sembra intensa poesia, e chi sono io per discutere la loro lacrima.

Oltre a Elisa, ci sono altre due nuove entrate in top ten, una delle quali si prende il secondo posto. Sono i Pearl Jam. Il che mi fa pentire di aver scagliato tante righe contro Elisa. Sarò breve: il disco della backing band di Eddie Vedder è un disco di rock mainstream, buono per dondolare il testone mentre guidate ascoltando Virgin Radio. Non posso dire che sia un brutto disco. Fa il suo mestiere. Posso però dire che il mio amico Jeremy avrebbe aperto il fuoco davanti a tanto imbolsimento, benedetto dalla maggioranza dei fan.

E in tema di imbolsimento, dopo Alessandra Amoroso, terza (lascia il n.1 dopo tre settimane), e prima di ScriviVecchioni che scende dal n.2 al n.5

(a proposito) (anche ScriviVecchioni scrisse una canzone per la figlia) (e sapete come la chiamò?) (“Figlia”) (…Gesùequilibrista, glielo dovevano dare davvero il Nobel, sapete)

dicevo: a proposito di imbolsimento, al n.4 c’è la terza nuova entrata di cui vi dicevo, New di Paul McCartney. Album che prova una volta per tutte che quell’uomo contiene più musica di tutte le edizioni mondiali di X Factor. Ne contiene pure troppa, e questo è il suo problema. Come scegli, come li selezioni tutti quei ritmi, tutte quelle melodie, tutti quegli strumenti e atmosfere possibile (a tratti la butta in elettronica pesante alla Fireman e non è affatto male, in altre parti è acustico e scarno, altrove è psichedelico manco gli fosse ripartito quello sgangherato pullmino che sapete. E in alcuni pezzi fa il Beatle in modo così esagerato che gli eredi di Michael Jackson gli chiederanno soldi). Con tutte queste opzioni non è un caso se ogni tanto lo riprende il vezzo di ribaltare la canzone mentre la canta, come faceva coi Wings (prototipi: Live and let die o Uncle Albert). In certi momenti è stucchevole, in altri è più avanti di gente che ha metà dei suoi anni. Che so, i Modà, che sono al sesto posto. Seguiti da Jovanotti, Luca Carboni, Miley Cyrus ed Emma. Decima.

Escono invece dalla top ten Gianni Morandi, Sting e Negrita. Entra al n.28 John Newman, cosa che mi sorprende un filo. Sale eroicamente dal n.76 al 67 il nuovo disco di Alex Britti. Non pubblicava nulla da quattro anni. Lo avevate notato? Ecco, lui Sanremo lo ha quasi vinto dieci anni fa, con 7000 caffé. Arrivò secondo. Ne abbiamo viste di cose curiose, nevvero? Come il Patto Segni.

3 Risposte a “TheClassifica 18 – Par Elisa”

  1. Da lettore silenzioso (lurker, in gergo)… dieci minuti di standing ovation per “in generale si è adagiata su questa immagine di sciampista celtica che ne fa un prodotto per chi ritiene di possedere orecchie più educate rispetto agli abitanti del Pausinistan” e complimenti per il quadro generale della musica italianofona.

  2. Beh, però se riesci in qualche modo a dare un’ascoltata al disco di McCartney potresti ricrederti.

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