AMARGINE

Sanremo, fascismo e felicità

Io di mettermi qui come Laocoonte a eccepire sulla Sacra Kermesse non ho granché voglia. L’ho fatto per tanti anni e l’unico risultato che ho ottenuto è quello di essere guardato come hater e snob e radical-chic, per non parlare della generale fama di noioso che viene tributata a Laocoonte (…che poi se non avesse fatto tanta scena, i suoi figli oggi sarebbero vivi, no?).
Quindi, quest’anno non attacca.
Se la gente si diverte, per me va bene.
Se fa le interazioni con i tweet coi giochi di parole ghignosi e i post goliardoni e le freddure deliziose, per me va bene.
Se tira su due lire parlandone, per me va bene.
Io lo trovo incredibilmente bolso e scemo, e credetemi, non ho grosse pretese.
(anche se ho aperto citando Laocoonte) (ma è perché da bambino avevo visto la sua foto di quella sua statua sul libro Grandi miti e leggende dell’Enciclopedia Disney) (la statua non so di chi sia e dove sia)
Quindi non ho nulla da eccepire, non più.
Durante la settimana di Sanremo me ne sto in un angolo, cercando di non dare fastidio a quel 20% di italiani che va in fregola completa per la Sacra Kermesse, e diventano un filettino aggressivi se gli si guasta la festa.

(sì, ho scritto 20%)
(perché tutti scrivono degli ascolti record, del 65%)
(nessuno scrive che 10 milioni di spettatori significano anche 50 milioni di persone che non lo hanno guardato)
(perché 358 giorni l’anno, mediapeople tranchant mi spiegano che la tv non la guarda più nessuno)
(ma 7 giorni l’anno la tv ritorna a essere quello che è sempre stato: la mamma buona e bella di tutti noi italiani)

Già che ne sto parlando. Ho trovato fantastica la controprogrammazione dei network rivali.
Per dare meno fastidio possibile, la principale rete di Mediaset ha trasmesso un cinepanettone del 2020 (Vacanze su Marte, credo non lo abbia voluto guardare nemmeno Neri Parenti mentre lo girava), e il sabato sera il cinepanettone del 2016 (Poveri ma ricchi, sempre Christian De Sica ma senza Boldi – con Enrico Brignano, che per me è sostanzialmente uno che mi assilla con un detersivo su YouTube). RaiTre ha addirittura approfittato per dimostrare a Ignazio La Russa che è politicamente equilibrata: nella stessa settimana, una serata per ricordare Wojtyla e una per ricordare le foibe. La serie A ha spostato partite come Roma-Inter e Milan-Napoli in giorni e orari che non dessero fastidio, proponendo venerdì sera Salernitana-Empoli e sabato sera Sassuolo-Torino.

In ogni caso, ho promesso che non avrei eccepito sulla Sacra Kermesse. Quindi passo ai dati.
I dati danno, intanto, la vittoria complessiva a Warner Music Italy con otto canzoncine in top 10. Nel giro di un anno e mezzo, la terza major, quella sfigata che arrancava inseguendo le altre due, ha accettato la sovranità dell’algoritmo e i suoi nerd hanno risposto con un’analisi dei dati di livello superiore: i nerd responsabili delle fortune di Universal e Sony sono rimasti travolti. I primi sono riusciti a mettere in top 10 due dei loro artisti pieni di arte, i secondi, nessuno.

La prima artista Sony è al n.12 (Sandrina Amoroso), Universal porta a casa un n.3 (Tuta Gold di Mahmood) e il n.9 (Emma Maroon). Per il resto, Warner Music sfiora l’en plein al traino di Geolier, n.1 con I p’me, tu p’te (…sì, sembra un intercalare di Abatantuono in Eccezzziunale Veramente) e Annalisa con Sinceramente (n.2). A scortarli, Angelina Mango (n.4), Irama (n.5), Gazzelle (n.6), The Kolors (n.7), Loredana Berté (n.8), Mr. Rain (n.10).
Poi a quanto vedo, Warner ha mandato un sacco di gente in Liguria: ci sono anche Ghali (n.11) e Rose Villain (n.14) e poi Clara e Il Tre più giù.
Ma d’altra parte, se ho capito bene, quest’anno ci sono quindicimila concorrenti, quindi ce n’è per tutti. Amadeus è sempre stato il più attento discepolo di Vittorio Salvetti, patron del Festivalbar, che raccomandava: una fetta di provola non si nega a nessuno. Anche ai fans, impegnatissimi ad affermare sui social che X è un grosso sì e siamo tutti d’accordo, e Y è una dea pazzesca e siamo tutti d’accordo.

La seconda cosa da dire è che Spotify ci dice che Sanremo 2024 è la playlist più ascoltata nel mondo. Può darsi, tanto i dati li hanno solo loro – e comunque, credo sia la dimostrazione che una massa minoritaria ma compatta può impattare in modo decisivo su uno scenario frammentato.
Ehi, come il Fascismo.

A proposito di Partito Fascista, quest’anno è il centenario di una delle sue invenzioni più gustose: il Listone del 1924 – la lista elettorale “al di fuori, al di sopra, e contro i partiti”, che venne liberamente votata in un clima di intimidazione, pestaggi, censure e (a mali estremi) soppressione fisica della vita dell’avversario.
Naturalmente non sto dicendo che Spotify costringa con la forza i suoi elettori a fare quello che vuole – che poi, si sa, “Gli italiani non sono stupidi, pensano con la propria testa”, come dice sempre con fare grave Ignazio La Russa.
Però è interessante il fatto che esista una classifica ufficiale che esprime un mercato discografico, e che questo mercato discografico risponda esattamente come impone la piattaforma più diffusa. L’ordine della playlist spotifona ha determinato quello della classifica ufficiale FIMI. Chi è stato relegato agli ultimi posti, è stato ascoltato meno – ha venduto meno, si sarebbe detto una volta. Sarebbe interessante quindi capire come viene stabilito l’ordine di apparizione nella playlist, visto che essere messi al n.15 o al n.19 fa la differenza, anche per le tasche dei cantanti oltre che per le industrie dei suonini.
(…poi personalmente ritengo che essere collocati nel Listone dopo il n.28 de Il Volo sia stata una sentenza di morte per Renga & Nek, n.70, e Maninni, n.88, che guardacaso hanno avuto gli ascolti più bassi – certo, poi non è detto che la gente sia corsa a cambiare playlist proprio in quel momento, io di sicuro mi sarei annoiato già prima) (e comunque, che importa: diventa un’altra occasione per fare battute superghignose su Renga & Nek e su Maninni, chiunque sia)

Ciò detto, se stasera guarderete la Sacra Kermesse buon per voi, e per la minoranza un po’ infoiata, della quale fa parte il 99% dei mediapeople italiani, il che ci dice un po’ di cose su di loro. Voi no, siete il pubblico, avete sempre ragione. E qualcuno lavora per fare in modo che scegliate quello che non sapete di desiderare. Io non so cosa farò stasera. Alla peggio, c’è sempre Sassuolo-Torino.

 

 

3 Risposte a “Sanremo, fascismo e felicità”

  1. Laocoonte va bene, ma l’Enciclopedia Disney è aperta sul _Mercurio e Argo_ di Velázquez; posto che Argo sei tu, risolvi per le altre mitiche figurine: 1. Io, tramutata in giovenca. 2. Mercurio, con la spada e la siringa. 3. Giove mandante assente.

    1. Mi scuso per questo inganno, ma la verità è che non ho più in casa quel volume, quindi ho preso una foto da ebay per descrivere il tipo di pubblicazione, per chiarire che comunque non era la Treccani.

  2. il Laocoonte che abbiamo nei Musei Vaticani è una copia romana di un originale greco in bronzo della scuola di Rodi, quella della Nìke di Samotracia per intenderci. vado a memoria, ma è facilmente verificabile, immagino. gli autori non li ricordo, credo fossero più d’uno.

    il Sanremo di quest’anno è una copia di tutti gli altri, come sempre.
    Ma insomma, manco a spenderci più fiato di tanto.
    Mungeranno questa vacca finché non ci sarà più una singola goccia di latte.
    Manco a farne una scelta identitaria forte, quella di guardarlo o no, ecco.
    Bisogna tenere duro finché non passerà questa mania della pace, per parafrasare il generale in Full Metal Jacket.
    Tanto il gioco è truccato. Non solo Sanremo.
    Più in generale il gioco della musica.
    E anche quello della democrazia, penso. Ma forse è solo un brutto sogno.

    P.S. Comunque, la summenzionata statua è stata ritrovata durante degli scavi a Colle Oppio.
    Forse per chi non è di Roma l’informazione potrà passare sotto silenzio, ma è chiaramente un tentativo di collocazione filogovernativa molto ben mascherato. Non me l’aspettavo da Lei, Madeddu.

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