A volte gli déi si prodigano in piccole gentilezze per le quali è giusto ringraziare. Per esempio, quando ti risparmiano fatiche inutili. Avevo la lugubre certezza, in questa settimana, di ritrovarmi al n.1 in classifica uno di quei fenomeni musicali di cui non puoi parlar male. Che poi sono tre:
- Rap italiano, ivi compreso il più schifoso, bolso e cretinazzo. Perché non si può MAI mettere in discussione la sincerità delle major e di Gucci nel dar voce alla voglia di soldi e droga dei nostri giovani maschi – perché cioè raga le barre, la strada, etc;
- Indie pop, ivi compreso il più puccioso e orgogliosamente ebete. Perché c’è un bisogno diffuso e intergenerazionale di annoiare a morte la propria tl con le proprie emozioni scioccone;
- Sanremo, ivi compreso Sanremo. Perché la lebbra è bella quando la si può condividere e chiamare “immaginario nazionale”.
E invece, gli déi mi sono venuti incontro! Sapete, vestiti in modo classico (e d’altra parte), non al completo perchè alcuni non sono nemmeno così socievoli, però non mi lamento, c’erano Mercurio Apollo Venere e Minerva (coi loro nomi ITALIANI) (Giunone, Era altrove) (pare sia sempre impegnata a fare dei cameo in video portoricani per dare sui nervi al marito) e con un sorriso hanno seccamente precluso la vetta dei presunti album alla compilation Sanremo2021, greve di tutte le canzonucce deliziose e imperdibili della kermesse identitaria. Gli déi, con una risata omerica cui mi sono ovviamente unito, hanno favorito ben altra compilation – per quanto altrettanto madida di crudeltà, altrettanto televisiva, con target più giovane – e tuttavia, perfettamente criticabile dal sottoscritto senza beccarmi del reazionario, ovvero
Il numero uno. La compilation BRO di Amici di Maria, fin dal titolo perfidamente ammiccante e supergiovane, sale dal n.4 al n.1 uccellando il prodotto sanremese realizzato con il gotha dei nostri autori e spinto furiosamente da tutti i media, nonché da Spotify. Difficile dire cosa sia successo: ogni considerazione sul formato delle due compilation e sulla media numerica abbassata dai brani meno popolari è accettabile ma tutto sta a volerci credere; ci sta anche il fatto che la versione da edicola di Sorrisiecanzoni (incompleta ma non molto) falsi il conteggio reale, rendendo ogni mio discorso perfettamente inconsistente – ovviamente, non sarebbe niente di nuovo. Però ci troviamo davanti a questa situazione, e un numero uno va sempre preso sul serio, a costo di sminuire il Compagno Festival, utopia finale di tutta una generazione di appassionati di musica che oggi si trovano a difendere a spada tratta una settimana di umiliazione sonora. Forse, se vogliamo trovare una spiegazione, è nella differenza di investimento tra il pubblico 16enne di Maria e gli adulti che alla sarabanda italianissima chiedono soprattutto dei meme con i quali combattere la propria incessante lotta per l’approvazione dei propri simili sui social.
Intendiamoci, BRO fa uno schifo impressionante. Però osservare il nazismo all’opera è a suo modo un piccolo penoso privilegio, perché consente di capire ciò che ha capito. E gli undici brani dei concorrenti di Amici, a ‘sto giro emanano l’odore pestifero dei PRODUCERS, ebbene sì. Ne sono stati convocati uno squadrone, alcuni dei quali di altissimo rango, da Michele Canova Iorfida a Frenetik & Orang3, da Gorbaciof a Zef, e immancabilmente Dardust, l’uomo che ci ha permesso finalmente di ridimensionare Mozart e Beethoven. Il suono degli undici pezzi finiti nella compilation è urbano nella sua accezione più didascalica, ovvero canto lagnoso e batteria elettronica lenta e insignificante – ma è un fatto noto a tutti che basta camminare sul marciapiede di una città per sentire il suono di una TR-808. Le parole poi sono quasi sempre una orgogliosa ribellione contro ogni tentativo di superare la prima media. Certo, a questo punto,
C’è sempre quello che dice “Sì però che snobismo, sono, cioè, zio, canzoni”. C’è sempre, SEMPRE quello che lo dice – ed è mio triste destino lasciarglielo dire senza eseguirgli in faccia una versione da virtuoso di Tiger Rag con tutti gli strumenti sostituiti da schiaffi di intensità variabile. La risposta è: NO. Non lo sono. Non sono canzoni, intendo. Non sono pensate per piacere a chi ascolta musica: sono un pretesto per tenere lì per mesi i fighettini di quest’anno, ma in realtà come nel Grande BRO e nell’Isola dei BROmosi, sono la scusa per vederli dimenare come marionette e dimenticarne il 95% già a settembre. A Maria e al suo pubblico, e a centinaia di laureati che scrivono per siti di gossip e tv, interessa principalmente che si tocchino e pasticcino e frughino davanti a tutti. Se poi qualcuno ascolta pure le canzoni, ben venga. Ai ragazzi sta benissimo, hanno capito di essere in Black Mirror e scodinzolano, questo è molto più di quanto riceverebbero studiando Omero e i suoi déi. Poi, per quanto poco possa valere la pena, anche il critico più idiota – e io ho tutte le carte in regola per la carica – non può non cogliere al volo gli ingredienti ricorrenti del brodo di BRO: maschietti semi-maledetti, bimbe docili che li assecondano, perdita della verginità (quasi sempre di lei, perché lui è un piccolo ITALIANO vero e già a 5 anni è femminaro), addii melodrammatici alla stazione (dopo la perdita della verginità), i soliti riferimenti a nuvole e meteo, un italiano vezzosamente fracassato in stile Achille Lauro, Madame o Carl Brave. Ma quella di BRO è una narrazione sentimentale che dietro la patina di modernità linguistica, studiata con i rivenditori di occhialetti brutti e di camiciole aberranti, ha semplicemente disinnescato l’autorappresentazione femminile (i tempi di Emma e Sandrina) e aumentato il carico di sensualità rispetto all’epoca in cui la compilation si chiamava SCIALLA e consentiva a Federica Camba e Daniele Coro di fondare un nuovo genere, il Neomelenso Defilippico, che come il Jack Torrance di Shining ha vibrato un colpo d’ascia al petto di quel che rimaneva del pop nobile italiano.
DI COSA STIAMO PARLANDO?
- Aka 7even: “Hai la faccia gialla tipo yellow. Penso troppo. Ho il mio swag, bro. Volo RedBull. Ho una vista sul tuo fondoschiena, yeah, baby è un panorama sulla scena – yeah, muovilo come in una favela, yeah, mentre fai la scema”.
- Deddy: “Leggo il tuo nome sui biglietti di un treno. Proprio quando non mi cerchi ti cerco. Le stagioni mi prendono in giro. Poi tutto un casino. Sembra sempre inverno. Mentre il sole scappa via io ti aspetto”.
- Esa Abrate: “E ti cercavo tra le nuvole, ti immaginavo qui accanto a me. E sognavo la tua pelle liscia sotto le mie dita, quella risata troppo buffa, la mia preferita. Vorrei tornare a quella notte, accarezzarti mille volte; vorrei tornare alla stazione mano nella mano, guardarti poi dal finestrino mentre mi allontano”.
- Leonardo Lamacchia: “Il natale e l’estate, il ristorante cinese. Il natale e l’estate, i vocali di notte. La paura di stare bene, i segreti che ogni volta non diciamo a nessuno”.
- Raffaele Renda: “A volte non riesco a stare solo e i pensieri si rincorrono nel vuoto. Ora li tengo in disparte in una scatola a parte. Come i vecchi vestiti che non voglio più addosso”.
- Tancredi: “Andiamo a Las Vegas negli hotel a 5 star, senza money ma magari beviamo un po’ e ci sposiamo anche per sbaglio. Chissà se a Las Vegas poi ci prendono per due star senza money magari li facciamo là e ci compriamo un Caravaggio. Io sono ancora quello che fuma e non parla, tu sei rimasta un’altra volta fuori casa. Ti ho raccolto dalla strada una collana. Spero che ti piaccia veramente”.
- Sangiovanni: “Mmi fai thernare bbbimboh. Come quando ammàmma mi dava il baccìno prima di andare al letttho. Non ho paura di nnnnulla ma Cupido mi aspetah per farmi uno scherzo di mmerta, lantciarmi una frecia sul peccio! E sarai per sempre la mia lady, rararara, perché entri in puncia di piedi, rararara, e la mia vicia è irregolare come le rockstah, dammi il tuo cuore baby, farò di ce una donna, basciami sulla boca con il rosseccio rosa, per la tua prima volcia”.
Salvo da questa (snobistica) rassegna i due concorrenti già eliminati, nonché La libertad di Ibla perché c’è un limite persino al tempo che posso buttare, e infine Enula, il cui Auricolari è talmente pretenzioso che vedendo lo spezzone di trasmissione in cui Linus è chiamato a dare un giudizio, mi viene in mente il passaggio della sua autobiografia in cui è il 1987 e lui si sente “un pesce fuor d’acqua dovunque mi trovi, suonando musica che non mi appartiene e fingendo un entusiasmo che non ho”. Siccome un po’ di indulgenza nei confronti di qualcuno di questi ragazzi la si trova sempre, credo sia istintivo riservarla a chi prova qualcosa di diverso. Ma una cosa è certa: quando la musica aveva come prerequisito quello di essere bella, tutti noi sapevamo e sentivamo che era irrimediabilmente bella – a volte anche piaciona, ci mancherebbe, ma ti saltava addosso senza tanti complimenti e senza concettualismi su cosa debba fare una #musicaleggerissima. E a proposito,
SEDICENTI SINGOLI. So che alcuni perversi tra voi coltivano la torbida curiosità di sapere chi è stato premiato nell’immediato postkermesse, pertanto pur deplorando con vibrante indignazione, vi sottopongo la top 20 in modo da non perdere tempo nel copiare i nomi dei BIG. La performance è migliore di quella dell’anno scorso (9 singoli in top ten), e del resto erano settimane che i discografici bloccavano tutto per poter spianare la strada ai loro CAMPIONI della musica. Dal punto di vista statistico, trovo interessante il podio completamente portato a casa da Sony, che può consolarsi degli imbarazzi del proprio talent X Factor sfruttando il caro vecchio marcescibile format RAI, e mettendo in testa ben tre nomi che hanno spaccato ai tempi in cui il talent che spacca, spaccava. Gli imperatori della galassia, cioè Universal, entrano in top ten solo grazie a due rapper – e chissà se è un segnale che in quegli uffici così eleganti stanno da troppo tempo schifando quella roba che si fa con le note, sapete quella che piace ai boomer, cioè raga, zì – però li capisco, cercare di vendere musica a una generazione alla quale hai devastato le orecchie è una sorta di dilemma etico, e chi ha voglia di dilemmi etici, io no di certo, ho il mio swag, bro. Ma quando YouTube entrerà nelle charts a riequilibrare i rapporti interni, scopriremo tutti che in questo Paese il rap ha avuto un’occasione enorme che pochi hanno sfruttato per fare – non ridete – arte.
Resto della top ten. Torniamo ai presunti album, per segnalare che la ex n.1, cioè la Dark Edition di 17 di Emis Killa & Jake La Furia scende al n.9, mentre alle spalle della compilation Sanremo 2021 c’è l’album di Mace, che – fun fact – con la cara vecchia separazione tra compilation e album, oggi sarebbe n.1. Al n.4 c’è Capo Plaza ed entra al n.5 La Rappresentante Di Lista. Non è un’impresa fragorosa, è sostanzialmente l’unico album nuovo uscito dopo la Prestigiosa Vetrina. Comunque, è la prima volta che il la Rappresentante viene rappresentata in classifica in dieci anni di attività, e questo va a dimostrare che quando quelli della Sony scrivono sulla macchina di Amadeus con una chiave inglese “QUESTI VEDI DI METTERLI TRA I BIG, INUTILE VERME”, lo fanno perché colgono lo zeitgeist. Sempre in quota Sony, rientrano in top 10 Il ballo della vita dei vincitori Maneskin (n.6) e il repack di Feat di Francesca Michielin (n.7). Al n.8 c’è Gazzelle, e al n.10, in uno sforzo titanico per rimanere tra i primi dieci, Sferoso Famoso con l’album più venduto e importante degli ultimi millequattrocento anni.
Altri argomenti di conversazione. Escono dalla top 100 Positions di Ariana Grande (dopo 18 settimane), Reunion dei Ricchi & Poveri (dopo 1 settimana), Detroit Stories di Alice Cooper (altrettanto) e California di B3n, cioè il debutto solista di Benji l’ex socio di Fede; era entrato in classifica al n.5, ne è uscito sette giorni dopo. Non b3nissimo, B3n. Poi c’è una quantità ragguardevole di album in classifica da più di 100 settimane: si tratta di Fuori dall’hype dei Pinguini Tattici Nucleari (101 settimane), Billie Eilish con il suo unico disco (102), Re Mida di Lazza (106), Post Punk di Gazzelle (119), Salmo con Playlist Live (122), Diari aperti segreti svelati di Elisa (124), 20 di Capo Plaza (151) Ultimo con tutta la sua discografia ovvero Colpa delle favole (101) Pianeti (158) Peter Pan (161), e su tutti l’irresistibilimente fastidioso Segnetto ÷ di Ed Sheeran, uscito 210 settimane fa, e forse destinato, col piccolo aiuto della casa discografica che non aveva pensato a ristampare in tempo un disco che riusciva a vendere da più di quattro anni ininterrotti (…è un mestiere complicato, io ve lo dico sempre) a togliere il record ai
Pinfloi. The dark side of the moon scende al n.29, The wall scende al n.52, fluttuazione che ci sta. In ogni caso naturalmente tutti gli analisti aspettano il dato relativo al ritorno alla zona rossa. Per quanto mi riguarda, a questo punto vi devo le solite indicazioni di campo ideologiche – e mi sembra evidente che The wall è AstraZeneca, The dark side of the moon è Pfizer, e non c’è modo che riusciate a convincermi che Wish you were here non sia Sputnik.
Grazie per avere letto fin qui, a presto.
Applausi, però dal 8 al 10 non c’è il 9?
L’autore è mortificato, ma ha dovuto saltare la settimana 9 causa malattia.