AMARGINE

Saranno oggi con noi: la strada, i finocchi, le droghe – TheClassifica 11/22

In realtà oggi esce Fabri Fibra. E andrà al n.1 con Caos, e con i suoi singoli farà saltare un po’ dei pezzi che grazie alla Sacra Kermesse da sei settimane si sono accampati in top 10, con i Brividi di Blanco & Mahmood ben saldi in testa. Dalla Amadeus Music Week a oggi, si sono concessi una settimana in vetta ciascuno Rkomi, Blanco, Elisa, Irama, Bresh (che ha spezzato il dominio dei sanremesi), e poi, approfittando anche del momento di stasi, quello che è stato in questa settimana
Il numero uno. Ovvero, Paky, con il suo album di debutto Salvatore. Lui non si chiama né Paky né Salvatore, bensì Vincenzo Mattera, ha 22 anni, è nato a Secondigliano ma cresciuto a Rozzano – e già questa doppietta lo mette in pole position, come fai a non fare il rapper con queste credenziali?
(anche se c’è un titolo non cliccate qui, avevo fretta di trovare una foto) (ammetto che mi piaceva che ci fosse la scritta RedBull, questo brand vicino ai giovani, più che un brand un assessore)
Come due terzi dei giovani di Rozzano (un tempo Rozzangeles, oggi Rozzi in contrasto con Ciny), Paky è sotto contratto con la multinazionale Universal; finora non ha mai messo un singolo da solo in top ten, ha un n.9 con Marracash e un n.10 con Shiva. Anche Bresh è andato al n.1 degli album senza impattare in modo significativo nella classifica dei singoli, il che potrebbe (o non potrebbe) significare un po’ di cose:
1) che qualche copia fisica ha aiutato (in particolare per Bresh i vinili);
2) che la concorrenza nel comparto degli album in questo momento non è feroce;
3) che forse la presa dei quattordicenni maschi sulle piattaforme di streaming si sta allentando, forse i teenager sono più occupati a rapinarsi tra di loro che a obbedire all’algoritmo.
Nella Mia Umile Opinione, Paky ha un buon flow rognoso e ostile anche se non originalissimo, però quanto alle basi non le ascolto nemmeno più, tanto mi sono convinto che le fa tutte un tipo di Gallarate con otto app incrociate che rimescolano gli stessi tum tum e plin plin che sentiamo da dieci anni. Io da Paky ovviamente non mi aspetto niente: ancorché maschio, non ho quattordici anni. Nell’immaginario generazionale generico, uno come me è solito ascoltare gli AC/DC sulla sua Dacia Duster, il SUV familiare iconico che mi accompagna in tutte le mie avventure, in attesa della mia sciallosa pensione. Uno come me, così bene inquadrato e garantito a danno delle generazioni future, cos’ha da dire a Paky? Niente. Infatti non è a lui che rivolgo i pensierini di questa rubrica, ma a quelli più grandi di lui che mi fanno lo spiegone del perché Paky sia Majakovskij. Procedo con la prima diapositiva:
 
Ne prendo tre, ma presumo ce ne siano altri; ognuno mette il proprio tocco – quelli che vanno con lui per fare lo spiegone della strada, quelli che mi coinvolgono anche se mi credevo assolto, quelli che c’è un po’ di Rimbaud in chiunque e noi siamo pagati per trovarlo. Ho omesso i nomi degli autori intanto perché in mezzo c’è un amico o quasi (…con amici come me, chi ha bisogno di nemici), e poi perché il problema è diffuso, è questo morbo che ha portato all’agiografia incondizionata di qualunque imbecille avesse i suoi quindici minuti – poi la realtà ti dice che i tuoi giovani meravigliosi non reggono una ciabattata da 30 metri di un faticatore macedone. Perché dopo aver preso visione del pensoso incantamento della pensosa critica, ecco la seconda diapositiva, con testi di Paky presi da Salvatore con la prima pescata.
 
La pistola Glock, il suo fra’ a terra morto sulla strada, il giubbotto Blauer, l’auto tedesca che va sulla strada, i chili, gli altri rapper in ginocchio sulla strada, la Vuitton, le guardie per strada, le giovani femmine che smaniano per lui perché è tutto maschio: sempre le solite robe come se fosse diventata una trasmissione del pomeriggio. Davvero è tutto qui quello che puoi raccontarmi? Quello che hanno già raccontato tutti gli altri, con le stesse identiche parole? Dicono che sì, bisogna fare così perché sai, è il rap game – ed è l’alibi che da dieci anni difende sciatteria e mancanza di idee, e questo ennesimo fumetto sottopulp per 14enni maschi – e a suo modo è inevitabile, è una necessità fisiologica di molti 14enni maschi almeno quanto bullizzare gli sfigati, ma TU non elevarlo ad arte eccelsa o urgenza comunicativa, non farmi questi trucchi da imbonitore, non dire a ME e non dire a LUI (a Paky o al suo fanboy, che è lo stesso) che questa serie di cliché rap è quasi magia, Johnny. Perché Paky ha trovato, e sono felice per lui, il suo modo di fare “Money, money su di me, money sul mio polso” mentre qualche giovane femmina ispirata dalla sua arte “Scuote, scuote sul mio pesce, vuole fare un porno, sai che c’ho il flow più grosso, eh, e posso metterlo a posto”. Il problema non è LUI, il problema sei TU che finisci per credere a quello che stai scrivendo, quando lo fai, lo facciamo per la carezzina della multinazionale, dei brand, e dei trenta fan che ritwittano il tuo pezzo. Il problema è abbassare l’asticella così tanto che quando arrivano i Pinguini Tattici sembrano gli Area, il problema è lavorare per affossare tutto a un livello così deficiente da far sembrare me e te degli intellettuali – ma credimi, se lo fossimo, staremmo parlando d’altro. Se fossimo persone intelligenti, la lobotomizzazione dei nostri simili la metteremmo in atto dalla tv, e non dalle nostre marginali testatine.
 
Resto della top 10. Si scambiano secondo e terzo posto Irama e Rkomi, mentre Blanco è sempre quarto. L’ex capolista Bresh si accomoda al n.5, pressoché stazionari Marracash (n.6), Cesare Cremonini (n.7), Elisa (n.8 e unica FEMMINA tra i primi dieci); rientrano nella parte alta Sick Luke (n.9) e i Maneskin al n.10, con Teatro d’ira vol. 1, uscito esattamente un anno fa.
Altri argomenti di conversazione. So di causarvi una dolorosa fitta annunciandovi che è già uscito dalla top ten Tommaso Paradiso (n.19), così come Dargen D’Amico e Ariete (che d’altra parte è FEMMINA, cosa pretendeva). Primo album non ITALIANO e seconda migliore nuova uscita della settimana, al n.20, Impera dei metalloni svedesi Ghost. Esce di classifica dopo una settimana l’ultimo album dei Marillion, e dopo due settimane quello dei Tears For Fears. Onore delle armi a Harry Styles, il cui Fine line è rimasto in classifica più di due anni, ovvero 117 settimane. Vi informo altresì che quarantacinque album su cento in classifica sono distribuiti da Universal, e ventotto da Sony. Poi passo ai
Lungodegenti. Non aggiornavo da un po’ la lista degli album in classifica da più di cento settimane, eccoli: orfani di Harry Styles ma anche di qualcun altro che non ricordo (il penultimo di Elisa, forse) sono diminuiti: soltanto nove. Li metto anche in ordine e in un drammatico font Haettenschweiler.
Sedicenti singoli. Come ventilato pocanzi, la top ten è ancora un banchetto per la Sacra Kermesse, ma direi per l’ultima volta: dite ciaociao a questi accattivanti motivetti, oggi arriva Fibra e si porterà il suo Caos. Sarete d’accordo che il colore acconcio è il fucsia e il font raccomandabile è Kristen ITC.
Detto questo, passiamo senza ulteriore indugio ai
Pinfloi. Non so se dipenda dal fatto che Roger Waters potrebbe averne detta una delle sue sulla Russia in Ucraina (non so ma immagino, mica può starsi zitto una volta: quando mai) ma sta di fatto che The dark side of the moon scende dal n.64 al n.70, e The wall continua a marcare visita, prolungando la sua assenza dalla classifica. Provo a dirmi che Nevermind dei Nirvana, che sale al n.81, è una specie di farmaco equivalente – ma sappiamo che non è vero.
Bene. Grazie di aver letto fin qui, a presto. Sì, lo so, non dovrei aspettare il venerdì per pontificare, che saliamo tutti sulla nostra Dacia Duster per andare a fare il weekend. Ci provo.