L’elefante nella stanza. Per qualche motivo che ormai oggi non saprei spiegare, ho visto Michele Bravi dal vivo mentre vinceva XFactor quando lo ha vinto. E in quel momento ho pensato che fosse il tipo di artista che solo la tv poteva consacrare. In quel periodo, poi, era strano sentire una voce così, era la fase delle supervoci muscolari, mentre lui, come se presagisse le vocette da regazzino piccato che hanno portato oro e platino nelle praterie indie, pigolava flebile i pezzi scritti per lui da TZN Ferro, Federico Zampaglione, Giorgia. Oggi che tutti i giovani cantanti maschi sono tenuti a segnalare la propria sensibilità caragnando, mi fa meno effetto. Ma avrei dovuto riconoscergli questa sintonia con una frontiera artistica che si stava ergendo ingobbita. Invece, col tempo non ho quasi più pensato a lui, se non come #argomento. E intendo dire, come argomento per qualche tesi capace di spiegare il funzionamento dei talent. Per quello – e non come argomento di conversazione per l’incrocio tra tragedia e celebrità, un mix di ingredienti formidabile per qualsiasi media, sociale o asociale. A quello non ho proprio pensato, neanche quando a metà dell’anno scorso Bravi è stato l’unico concorrente di Amici Speciali a non aver mai partecipato al talent di Maria, ed è difficile credere che il suo invito sia incidentale. È certamente stato dettato dall’istinto carnivoro delle belve defilippiche. Sicché, sarebbe realistico tenere conto di questa tragedia (…non la partecipazione ad Amici) (l’incidente mortale che presumo sappiate) per valutare il suo disco, che questa settimana è
Il numero uno. Mi pare di capire, da questa rigorosa rassegna di recensioni citata da Wikipedia, che la maggior parte dei miei pregiati colleghi abbia ritenuto di far rientrare l’incidente nel giudizio. Ci sta, non discuto.
Alla fine, la parola “dolore” ricorre nei titoli come una spezia cui si è fatta l’abitudine. Penso che sia giusto. Ma ascoltando il disco, mi pare quasi di fargli un torto. Intendiamoci, a me La geografia del buio non piace, ma questo è il mio gusto personale e non è interessante. Perché credo che come disco abbia un suo spessore, una sua verità a prescindere dalla tragedia in sé. Continuo a soffrire il protagonismo dello strazio nella vocalità di Bravi, e come questo sia quasi cinicamente evidenziato dalla produzione, messo al centro del disco e di ogni canzone (tranne l’ultima, strumentale). Ma è anche vero che questo è il disco di una persona in una stanza buia dalla quale non sa come uscire, ed è legittimo che suoni come suona, anche se questo va (Nella Mia Umile Opinione) a scapito di testi e linee melodiche che provano davvero a scavare un po’, più di quanto succeda a migliaia di poeti urban là fuori, e sicuramente più di quanto si fossero adagiati a fare autori come Cheope Rapetti, Federica Camba, Federica Abbate che hanno scritto queste canzoni. Sapete, forse questo potrebbe persino essere quel disco sull’angoscia del 2020 che tutti sembravano chiedere ad artisti di pedigree più pregiato – se provassimo a separarlo dall’incidente.
Ma possiamo farlo? E può farlo, Michele Bravi?
Temo che lui non lo possa fare, quindi forse non lo possiamo fare nemmeno noi. Di conseguenza, questo disco rientra in una narrazione, rientra in un contesto, rientra in un’elaborazione. In quella geografia lì.
Ed è tutto molto doloroso.
Resto della top ten. La geografia del buio detronizza Plaza di Capo Plaza (attuale n.2), mentre il terzo posto del podio spetta a una donna (!) ed è la nota ospite televisiva Ornella Vanoni col suo album Unica. Sferoso Famoso scende dal podio (uh-oh) mentre i Pinguini Tattici Nucleari mantengono due album tra i primi dieci (n.5 e n.10). Al n.6 c’è Gemelli di Ernia che non molla la presa, così come il mixtape Bloody Vinyl al n.7. Debutta al n.8 Mario Biondi, e al n.9 The Weeknd è al momento l’unico straniero che siamo disposti a tollerare.
Sedicenti singoli. Precipitano fuori dalla top 20 con sorprendente rapidità i singoli di Capo Plaza entrati in top 10 sfondando la porta la settimana scorsa; solo Non fare così rimane aggrappata con i denti al n.6 Al n.1 permane La canzone nostra di Mace, Salmo & Blanco, altro ramoscello d’ulivo che il rap italiano getta verso il mondo rancidone di Canzonissima e degli anni 70 della musica leggera. Al n. 2 Scooby Doo dei Pinguini Tattici Nucleari, che a un anno dal loro Sanremo si ritrovano due album ma anche due singoli in top ten (l’altro è Ferma a guardare, con Ernia, al n.4). Mi sovviene che i PNT non sono MAI stati al n.1 in un anno, cosa che ha precluso il mio pontificare su di loro, se ne staranno rammaricando selvaggiamente. Chiude il podio Venere e Marte di Takagi, Ketra, Mengoni e Frah Quintale, che ha il merito di rispettare le premesse di insulsaggine di cotanta joint-venture.
Altri argomenti di conversazione. Il buon Samuel, new entry al n.6 la settimana scorsa, precipita al n.73 – chissà se è stato il passaparola. Esce completamente dalla classifica dopo una sola settimana il singolo Lo vas a olvidar di Billie Eilish e Rosalia, come a suggerire un grosso NO da parte dei loro pubblici. Al contrario, bivaccano nella classifica degli album da più di 100 settimane Re Mida di Lazza (101), PostPunk di Gazzelle (114), Playlist di Salmo (117), Diari aperti/Segreti svelati di Elisa (119), Pianeti (153) e Peter Pan (156) di Ultimo, che fa tre anni di permanenza. Aggiunge un’altra tacca al suo tacchimetro Ed Sheeran, il cui segnetto ÷ arriva a 205 settimane di presenza continuata. Ecco: a questo punto, per anni ho scritto che sì, Ed Sheeran e il suo penultimo puccioso disco è un sacco che sta tra i piedi ma che un disco era presente ancora da più tempo!, ed era, rullo di rullanti, The dark side of the moon dei
Pinfloi. E invece non solo quei tempi sono passati, ma non è nemmeno rientrato in classifica. Come se non bastasse, anche The wall (a proposito di gente che non riesce a uscire da una stanza) sembra sul punto di crollare: è sceso dal n. 59 al n.83. Non so a cosa si debba questo allarmante calo nella depressione del pubblico.
Ma mi sa che vado a comprarlo.
Ciao Paolo,lavoro in un negozio di dischi ed ho notato che entrambi i titoli in vinile dei Pinfloi sono in ristampa. Penso che il calo di vendite sia da attribuire a questo oltre che al ritrovato buonumore per il governo Draghi.