AMARGINE

Il Vocabolario di X Factor. Nuova edizione – 2018

L’anno scorso il pezzo sul lessico di XFactor era stato più variegato. E buffo, credo. Quest’anno è più preciso, e dettagliato. Ci sono meno espressioni, ma inequivocabili. Anche perché nel PERCORSO che lo sta portando a diventare il Sanremo delle nuove generazioni, XFactor proprio come il Festival si va compiacendo di una sua noia rituale, di una ripetitività soporifera e rassicurante ma presentata con toni drammatici! Stacchi musicali eroici! Elogi galattici! Inquadrature epiche! A incorniciare nel modo più fragoroso possibile il nulla. Un trucco POTENTE e risaputo che porta sempre più spettatori, anche se inizia ad allontanare qualche giudice (almeno la metà è ai saluti; quanto al presentatore non si capisce bene, per quanto Alessandro Cattelan dia sempre più l’impressione di quello che durante le esibizioni legge i tweet sull’Inter). Ironicamente, mentre tutto è enfatizzato verso (presunti) estremi di spettacolarità in una roboante e continua autocelebrazione, i giudici sono sempre più cauti, frenati dal timore di attirarsi le vampate di indignazione dei “team” di amici e parenti sempre più visibili in platea, o delle tifoserie sui social (Maionchi: “Mi sei piaciuta più altre volte ma questo è un mio pensiero personale che conta quello che conta cioè nulla”; Fedez: “Dico quello che penso, il mio parere soggettivo – mi hai convinto di più in altre occasioni”). D’altro canto bastano quindici isterici dotati di pollici perché le homepage testimonino una “rivolta del web”… Ma d’accordo, veniamo al lessico:

SPACCARE (I CULI)
Vincitore dell’edizione passata, proprio come capita alla maggior parte dei vincitori del programma è caduto in disgrazia; il timore sicuramente immodesto è che il pezzo di aMargine dell’anno scorso, ripreso dal POTENTE Aldo Grasso sul Corriere della Sera, abbia dato un contributo in tal senso. La ricerca di un sostituto è tra un nugolo di candidati deboli, non tutti preparati a raccogliere l’eredità di un partito allo sbando. E sono:
1) MANGIARSI IL PALCO
Ma non convince nemmeno il principale utilizzatore Manuel Agnelli, che a un certo punto fa notare a Luna che non deve mangiarlo, perché è duro da digerire. Hi hi.
2) SUPER
Anche in questo caso è Agnelli, visibilmente orfano dei culi spaccati, che lo caldeggia: “Martina è supersincera” “Il pezzo è superpotente, Caparezza è supercreativo”, al che Mara Maionchi, contagiata, ammette che “il brano è supernergetico”. Malauguratamente queste correnti danno vita a scissioni interne, quindi si presentano
2.1) POTENTE
“Hai fatto una roba potente” (Guenzi) “Mi piace questa base potente” (Fedez) “Il passaggio dall’infanzia all’età adulta è una cosa potente” (Agnelli) “Sei molto potente” (Maionchi)
2.2) ENERGIA
“La sua energia che deriva dal fatto che ha bisogno della musica per uscire da se stessa” (Agnelli) “Ha tanta energia, bella energia” (Maionchi) “Se l’energia di Luna vi è arrivata, votatela” (Cattelan). Ma l’erede più accreditato di SPACCARE I CULI è probabilmente
3) FIGATA
Ispirato, come il Governo, dalla nostalgia per gli anni 80 (“Vai così che è una figata”, Jovanotti), è usato con tono laconico (per CREDIBILITA’) da Manuel Agnelli, con la cognizione di causa del benestante da parte di Fedez, e con espressione rapita da Guenzi (invece è un po’ disdegnato da Mara Maionchi); è un termine-chiave perché come la fatina Trilli lascia un po’ della sua figheria nei dintorni e fa apparire una FIGATA il contenitore della figata stessa. Nel daily del 10 dicembre, Fedez lo ripete due volte di fila e la regia esultante ripropone il frammento – identico – cinque secondi dopo, in modo che anche lo spettatore più sfigato sentendo a raffica “Figata figata figata figata” galvanizzi la sua esistenza.
IL PERCORSO
Un vecchio amico, presente in tutte le edizioni e in tutti i commenti dei giudici in modalità sempre più liriche, il suo obiettivo è essere COERENTE. Tanto che ormai pare inevitabile che, forte del favore di cui gode, esca dal gruppo, e intraprenda la carriera solista per primo come sempre capita a quello più furbo nella boy-band – insomma che segua un proprio PERCORSO incamminandosi su se stesso.
PARTICOLARE
Anche se può capitare che Agnelli indichi in Martina “il talento più originale, particolare di questa edizione” e arrivi a formulare una frase di ricchezza assoluta come “C’è degli attimi in cui lì oltre che essere speciale e particolare è anche molto intensa”, il particolarismo è un maionchismo per eccellenza, mutuato da decenni da “addetta ai lavori” nelle case discografiche dove l’aggettivo è usato in modo copioso (PARTICOLARE notato con sagacia da Fabri Fibra anni fa, nel brano Solo una botta: “Mi piace questo Fabri Fibra, è particolare”).
A FUOCO
Beh, caspita, bisogna essere a fuoco. In caso contrario, accade una cosa terribile: non si è a fuoco. Espressione usata soprattutto da Fedez. E del tutto gratuitamente, annotiamo che tra i tanti prodotti che reclamizza (ai quali si è recentemente aggiunto un figlio) c’è un telefono con quattro obiettivi.
MUSICA
No.
ROMPICOGLIONI
Altro maionchismo, declinabile in modalità ostile (“Che cazzo vuoi, ma che rompicoglioni” al collega a fianco) (risate di approvazione del pubblico ogni volta che la nonna dice le parolacce) o come encomio (in un daily, a un placido e semiaddormentato Anastasio regala senza un vero perché “Mi piaci, sei un rompicoglioni” e ne gongola soddisfatta). In generale Mara Maionchi considera il mondo diviso tra rompicoglioni e rompicoglioni; i primi le piacciono, i secondi meno. A proposito di MONDO,
RAP
Per una consuetudine iniziata anni addietro con Morgan ICS, nella maggior parte dei casi chi lo propone è tacciato di essere un genio che, facendoci entrare nel suo MONDO (come fa notare il prof. Michele Boroni) è destinato a scuotere la nazione fin nelle fondamenta. I rapper sono anche goffamente favoriti dal regolamento, potendo di fatto infilare dei propri testi inediti (il proprio MONDO) nei brani, cosa che a tutte le altre categorie è preclusa – beh, possono sempre pattinare. Le necessità di una facciata ipergiovane gradita in primo luogo agli sponsor tendono tuttavia a cozzare con i gusti dei giudici e quelli dello zoccolo duro e maggiorenne degli spettatori, producendo perciò delle forme ibride di rapper sofferentissimi per i quali SANREMO ha preparato il terreno con la consacrazione del giovane Ultimo.
MUSICA (di nuovo)
Quest’anno è meglio, i ragazzi mediamente erano più bravi. Le scelte musicali però erano tiepidissime: ci hanno risparmiato Hallelujah, ma solo per tirare fuori dal cilindro Stairway to heaven e Another brick in the wall – ma per piacere, su. Detto ciò, questo non è un articolo che parla di musica, ma uno sciabordìo sul linguaggio. E a proposito di chi fa più linguaggio che musica,
LODO S’IMBRODO
Il giudice subentrante è stato l’unica novità di questa edizione, più delle coreografie – che per far dimenticare il kitschissimo Tommassini hanno “saltato lo squalo” quasi subito, facendo pattinare Martina Attili mentre cantava. Da quel momento in poi, costringere i poveri ragazzi, pronti a tutto come i concorrenti di The Running Man (Stephen King feat. Arnold Schwarzenegger) a cantare coi piedi a mollo o tra ballerine svolazzanti è stato solo un generoso tentativo di far sembrare tutto una FIGATA. In ogni caso il PERCORSO scelto da Lodo Guenzi per risultare PARTICOLARE consiste nella sua determinazione nel dire ovvietà lancinanti con la pura estasi dipinta in faccia. Consapevole di piacere per l’aria da cucciolotto giocherellone, che enfatizza sfoggiando tutte le magliette del marketing de Lo Stato Sociale (“Voglio le coccole” “Voglio mettere la testa a posto” “Voglio una dieta mediterranea” “Voglio diventare grande”) e a riempire chiunque di gentilezze sconclusionate (“Bowland, voglio solo dirvi grazie per le persone che siete” “Vedere una persona di 21 anni che riesce a sostenere pensieri sull’assoluto, l’ho trovato molto toccante” “Hai scelto un pezzo importante per te e in questa scelta sono con te”) non ha mai puntato sull’ironia strafottente ostentata dalla band di cui fa parte, optando viceversa per un revival del primo Fabio Volo: “Quando sai chi sei puoi fare qualsiasi cosa e andare ovunque”, “Non è importante raggiungere le vette, ma il PERCORSO”. D’altra parte, Guenzi ha anche ipotizzato, e questa è un’assoluta svolta, che l’X Factor, il Graal della trasmissione, sia “l’assoluta coscienza di ciò che si è”. Molto zen, ma ci dà un buon pretesto per concludere con
L’X FACTOR DI X FACTOR
Era un po’ che si notava, ma mai come quest’anno il fattore X su cui gli autori puntano è una piattezza sanguinaria, una banalità incandescente, impiattata come se fosse una FIGATA. A tratti il montaggio (uno degli strumenti che vengono usati in modo più orgoglione) lo fa in modo smaccato. Proprio come i calciatori e gli allenatori davanti a intervistatori che pendono dalle loro labbra, i giudici e i ragazzi vengono messi davanti a un microfono per comunicarci, con stacchi rapidissimi e musica terribilmente ansiogena, le frasi più insignificanti della storia della televisione. Nella penultima puntata, questo crescendo al cardiopalma ci ha regalato: “Ora si fa dura” “D’altra parte è così” “Sarà la sfida delle sfide” “Non vogliamo mollare adesso” La concentrazione è fondamentale” “Ora è il momento di stringere i denti” “Vogliamo arrivare in finale” “Il cerchio si stringe” “Mi preparerò al meglio e cercherò di dare il massimo come ho sempre fatto”.
E questo incrocio col calcio alla fine ci rivela cosa significa davvero quella X.
X
Un pareggio.
Zero a zero.

3 Risposte a “Il Vocabolario di X Factor. Nuova edizione – 2018”

  1. Un articolo POTENTE che ben trova il suo spazio nel PERCORSO di terapia del degente “Musica in Italia”, al quale, l’obbligo di MANGIARSI IL PALCO ha costipato le viscere. Mette A FUOCO un X-FACTOR ROMPICOGLIONI, tale quale solo sarebbe il rotolamento inarrestabile verso il basso di una biglia da cento chili, su un piano inclinato d’acciaio che poggi, appunto, sui frangibili. In sintesi da giudice: una FIGATA.
    Applausi. È consolante sapersi compresi e in un certo senso difesi da buone penne. Poche ma buone.

  2. Di norma l’ho sempre seguito con piacere, ma quest’anno ho mollato dopo la prima serata perchè non ho trovato nulla di interessante in nessuna proposta e il giochino dei giudici è ormai logoro da tempo.
    Detto questo, mi rifaccio al paragrafo sul RAP chiedendoti perchè in cento anni di trasmissione a nessuno è mai venuto in mente che anche chi si presenta come cantautore ha magari un MONDO da farci esplorare. E, di conseguenza, chiedendoti perchè sia ormai canonizzato il fatto che non si possano fare cover RAP, ma si debba coverizzare (male) Guccini, De Andrè, De Gregori, persino Vasco o Cremonini. Cosa distingue l’intoccabilità di un testo?
    Credo sia una domanda interessante.

    1. Secondo me a xfactor i cantautori li vedono come a Verona vedono i non ariani. Credo che in parte sia l’onda lunga del trauma per l’invendibilità di Matteo Becucci (ma pure Giò Sada), e in parte perché Diesel e Dolce&Gabbana hanno bisogno di ribelli che si vestano bene. X Factor è una macchina da coolness, e in questo momento il cantautore è perdente. A meno che non sia indieperdente.

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