(intro che va per conto suo)
“Boom di ascolti per @NicoSavi e @GialappasB !!!! Il #DopoFestival ottiene: 1°Parte:2.596.000 43,08% 2°Parte:1.336.000 35,47%”
Avete capito cosa significa? Due milioni e mezzo di persone all’una di notte, per uno show che non so quanti di noi guarderebbero se solo la Rai chiedesse 3 euro di pay per view.
Però c’è una considerazione che va al di là dello hype spaventoso, indotto dai media (social e no) (che poi, anche quelli nonsocial sono diventati social) (e si vede) (sta di fatto che tra social e nonsocial siamo il popolo più mediatizzato del mondo, e confutatemi se siete capaci).
Una considerazione su: quanti italiani sono svegli all’una di notte di un martedì allo scopo di ridere di una boiata. Di sentir rafforzare la propria certezza che è una boiata.
Apparentemente non siamo un popolo che deve svegliarsi presto per andare a lavorare. E va beh, due più due lo sapete fare sicuramente meglio di me, io in matematica alla maturità ho incassato uno splendente “dal 3 al 4”. E pensate se non avessi copiato.
…Fine dell’intro. Andiamo al temino del giorno.
(snobbery and decay)
Sono due anni che non lo guardo. E sono sicuro che non mi sto perdendo niente.
So che questa frase, di per sé, scatena dinamiche già viste, già (parzialmente) digerite. Mi si nota di più se non lo guardo?
(risposta: no) (fidatevi)
Sono snob? Sono uno che se la mena troppo? Sono un ipocrita che sputa nel piatto mainstream dove mangia (…sempre meno, comunque. E poi non è ‘sto gran mangiare: se ci sputo rischio di insaporirlo). Sono ridicolo perché l’ho sempre guardato e ne ho sempre scritto e parlato? Sono patetico perché in fin dei conti ne sto parlando, in questo momento – e pure io, per qualche motivo malsano, qualche giorno fa ho ritenuto di informare chi magari mi segue perché ogni tanto scrivo di musica e si aspetterebbe una posizione se non una partecipazione alla grande sagra pop? Sono un fallito&invidioso di chi riesce a usarlo per farci dei soldi? Ho finito le battute?
Probabilmente sì, tutto questo c’è.
Ma nemmeno tanto. Come spettatore, non ha veramente più niente da darmi, anche a sforzarmi. Ha saltato lo squalo da anni.
E no, non lo fa, “il giro”. Non lo fa mai. Non può.
Dal punto di vista lavorativo invece, se voglio un osservatorio sul pop, mi è più utile NON guardarlo per non farmi trarre in inganno: le canzoni che passano da Sanremo vendono persino meno di quanto pensate. Forse quest’anno andranno un po’ meglio, ma io le classifiche le guardo ogni settimana, e negli ultimi cinque anni il verdetto non è contestabile. Da anni le canzoni del Festival fanno schifo a tutti, anche quelli che sul momento twittano centoquaranta cuori, e finiscono nelle analisi dei socialometri, illudendo magari qualche discografico (perché si spacciano per cinici ma sono boccaloni da giocodelletrecarte). Sanremo non è quello che dice il luogo comune, una vetrina per le canzoni: ce ne saranno se va bene cinque che a fine anno compariranno – e in basso – tra i 100 singoli dell’anno, e anche tre quarti degli album non vanno da nessuna parte. L’anno scorso l’album che è andato meglio è stato quello di Ezio Bosso che non era nemmeno in gara. A riprova che se è una vetrina, lo è per i personaggi. Potrebbero andare lì e stare zitti, gesticolare, gonfiare dei palloncini. L’obiettivo che il Festival consegue meglio è ricordare al pubblico – alto o basso – l’esistenza di certi artisti, da Ron a Michele Bravi a Keanu Reeves. In fondo è come la Premier League: chi riesce a passarci, anche se fa schifo, solo per la fatidica esposizione si è guadagnato un po’ di attenzione da RDS, mille tweet, un pezzino su Vanity Fair, un anno di stipendio al Milan.
Comunque in definitiva, sia per un marginale addetto ai lavori che per uno vicino alla vipness, aggregarsi a Sanremo è una scelta strategica, come decidere se e come mettere il proprio stand a una expo o un salone di qualcosa: è una fiera dello spettacolo, con tutto il carrozzone di operatori che cercano la visibilità e le pubbliche relazioni, magari con qualche bonus finale in più per chi va fisicamente al lunapark – alcool, sesso, selfie, RT, apparizioni da qualche parte – a seconda delle carenze di cui si soffre, ovviamente.
(la VERITA’) (Nella Mia Umile Opinione)
Ma la verità è che Sanremo ha perso la preminenza nel grande universo nazionalpopolare italiano – per la banale ragione che oggi tutto è nazionalpopolare. Che lo voglia o no. Sì, ci siamo arrivati! Tutto quello che è nazionalpopolare contiene mille opportunità di coolness, è terreno di confronto per commenti, spunti sagaci, letture psicosociali, l’alto, il basso, l’ineluttabile ironia, l’ineluttabile polemica, bla, bla, bla. Oggi undici milioni di persone dicono la loro su Lady Ramazzotti o Michele Zarrillo, il vestito di Giorgia o lo sketch di Lucaepaolo o il tweet di Caterina Balivo (ripeto: Caterina Balivo). Ieri la dicevano sul referendum o sul rigore di Pellé, domani la diranno sul primo hashtag che passa. Alcune battute arrivano anche dalla (e sulla) mia TL, e sono piuttosto divertenti. Ma ci stiamo facendo un po’ tutti il callo alle battute definitive che fanno chiudere l’internet, no? La settimana prossima ne farete di altrettanto divertenti. E vi metterò i miei cuori.
Credo viceversa che l’unica cosa che rimane appunto unica, una quasi toccante esclusiva del Festival Senza La Canzone Italiana, sia il perenne dibattito che parte la settimana prima della kermesse. Che riporta alle prime parole che ho scritto nel temino. E al titolo, vivaddio (viva!).
Mi riferisco alla apparentemente sempiterna battaglia tra la tribù di chi lo guarda – che attacca preventivamente chi non lo guarda – e la tribù che no.
(sensazioni, sensazioni) (…deboli)
Ho la sensazione, avendo molti amici mediapeople oppure, in ogni caso, interessati alla società dello spettacolo, che i primi, gli entusiasti che attaccano i musoni, siano in maggioranza sugli snob che spocchieggiano e – come il sottoscritto – annunciano in pompa magna che non lo faranno.
Ho altresì la sensazione che noi che non lo guardiamo e voi che lo guardate non abbiamo molto da dirci. Eppure, evidentemente, vorremmo – o non passeremmo tutto quel tempo a cercare di dimostrarci che siamo nel giusto. Chi lo sa, forse Sanremo è come Berlusconi, come il Movimento 5 Stelle, come il PCI, quelle cose che acquistano consistenza grazie alla loro capacità di demarcare linee ideali tra Noi e Loro, e che la perdono quando questa linea non è più osservabile.
Ho anche la strana sensazione che verso metà settimana, gli entusiasti inizino a perdere colpi, ad accusare la fatica, abbassare per disperazione il livello delle battute – che sono la vera ragione di sopravvivenza di Sanremo, come degli altri megaspettacoli sempre più furbi e sempre meno belli, e lo scrivo sapendo che forse qualche mio amico che ci lavora ci rimarrà male, ma sono professionisti (e pur sempre amici), sanno benissimo che inserisco tutto questo Nella Mia Umile Opinione e che sono nell’invidiabile posizione di chi non conta veramente niente, può al massimo suscitare una blandissima irritazione passeggera. Se ne ho procurata una anche a voi, mi scuso ma garantisco: passa subito. E se viceversa speravate in qualche frecciata al vetriolo, mmh, non credo davvero ce ne sia penuria, troverete abbondanza di vocifuoridelcoro specializzate nel fastidio e ci guadagnano profumatamente (o puzzolentemente, a seconda dello snobismo olfattivo). Grazie per aver letto fin qui comunque, siete stati molto gentili. E se lo guardate, fate bene. Buon divertimento.
(anche se, guardiamoci in faccia) (metà di voi, stanotte alle due penserà: “…E pure ‘sto Sanremo, se lo semo –“ eccetera, eccetera)
Sinceramente delle frecciatine al vetriolo di chi è sempre orgogliosamente contro (si veda la foto a fianco nell’articolo) ne abbiamo già troppe, molto meglio chi dice come la pensa senza troppe sovrastrutture (“Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”). Grazie.
Però di Gabbani che cita Desmond Morris non ci dici proprio nulla? A me ricorda come capacità di mettere insieme l’alto e il basso il Battiato con Giusto Pio (R.I.P.), ma magari è solo colpa dell’età che avanza (la mia).
(a me il pezzo piace) (su questa cosa dell’alto e del basso segnalo questo articolo – non condivido proprio tutto perché in fondo, questo processo c’è sempre stato; però è scritto bene: http://24ilmagazine.ilsole24ore.com/2017/02/la-scimmia-nuda-balla/)
mah! io l’ho trovato un sanremo agonizzante. mi sono trovato stranamente a fare il tifo per Zarrillo (pensa un po’ te) e ad auspicare la vittoria di Paola Turci per meriti (!!!).
insomma si cercava un appiglio. Per quanto riguarda Gabbani (un grande) boh! la canzone mi sembra lungi dallo sfiorare una qualsiasi puzzetta battiatesca (sia dalla scriittura musicale che di stratificazione lirica). E’ un pezzo furbo “acchiappaclic” si direbbe oggi, un articolo di cui si legge solo il titolo, uno slogan.
una roba in linea coi tempi quindi. è normale che abbia vinto.
Ma tornerà una Cristina Donà. o sì che tornerà!