AMARGINE

Benvenuti alla rap machine (TheClassifica 2/2022)

Pre-tesa. Dopo un iniziale periodo di assestamento, nel quale MiticoMarra ha presidiato senza sforzo il suo trono, abbiamo il primo debutto in vetta di un album del 2022. È il tipo di disco che non so se inquadrare ad uso e consumo degli adulti o, viceversa, dei ragazzini. Perché non sono del tutto persuaso che essi medesimi saprebbero definire quello che stanno ascoltando – immancabilmente in loop – su Spotify. È una considerazione arrogante? Beh, lo è anche questa: “Nel 2016 ho cambiato la wave musicale e ora con questo disco sono pronto a fare lo stesso”. Perché invero, l’arroganza pertiene a ogni
Numero Uno. La frase di poc’anzi è di Sick Luke, il 27enne PRODUCER fattosi conoscere con i ritmini della Dark Polo Gang. È un rappante di seconda generazione, essendo figlio di Duke Montana – che temo sia un nome un po’ precluso a chi non è di Roma, nonpuoicapì. A differenza di Duke, Sick parla poco, si occupa soprattutto delle basi. E come fanno molti suoi colleghi PRODUCERS da qualche anno a questa parte, ha pubblicato un album che brulica di rappéri italiani (compreso il padre, per un duetto tipo quello tra Frank e Nancy Sinatra). Si badi: “In realtà tanti beat sono nati da un ragionamento: che sonorità mi servono, in questo album? Solo dopo pensavo a chi avrebbe potuto cantarci sopra. L’idea era fare tanta roba con tanti artisti, soprattutto con tanti artisti con cui non avevo mai lavorato: volevo che la gente sentisse cose molto diverse dallo stile classico che di solito associano a me, per dimostrare chi sono. Per quello ci sono 34 artisti e 17 brani” (intervista per Rollinstòn – concessa, ovviamente, a Marta Blumi Tripodi). Aggiungiamo che oltre al vertice dei presunti album, Luca Antonio Barker (Londra, 17 agosto 1994) occupa anche interamente il podio dei
Sedicenti singoli. Con Solite pare (con Tha Supreme & Sfera Ebbasta), Dream team (con Shiva feat. Capo Plaza, Tedua & Pyrex) (…Shiva è nel pezzo come gli altri tre, che però sono featurati) (un giorno mi farò rispiegare cosa diavolo significano queste distinzioni, perché me lo avevano spiegato ma era così entusiasmante che mi sono dimenticato subito. Nell’attesa, scusatemi) e, al terzo posto, Falena (con Franco 126, Coez & Ketama126). Pensate che il Sick Pubblico abbia mostrato lo stesso entusiasmo per tutti quanti i pezzi di X2? Oh, no. Intendiamoci, i 34 vips del raps sono tutti necessari e danno tutti lustro al presunto album, ma fatalmente qualcuno non è entrato in top 20. E vado crudelmente a elencare chi sono, disseminati dal n.23 al n.32, gli ospiti di Sick accolti con freddezza dai Sickers: Emis Killa & Side Baby, Gaia & Carl Brave, Jake La Furia, FabriFibra & Izi, Taxi B & Pyrex, Psicologi feat. Coco.
A parte queste piccole defaillance, X2 ha avuto un enorme successo come tutte le operazioni analoghe che lo hanno preceduto (per esempio gli album di Mace e Night Skinny), perché sono delle kermesse in cui un’intera scena sfila in parata dando al proprio target esattamente quello che vuole. L’80% delle rime è risibile e facilone, adatto ai fans venuti per vedere i loro supereroi sfilare sul red carpet sonoro di uno dei tanti ragazzi d’oro emersi nell’epoca dello switch-off dai dischi rotondi col buco a Spotify.
(ma su YouTube, dove la maggior parte degli italiani ascolta musica, la situazione è un po’ diversa) (per tenervi sulle spine, vi rivelerò solo alla fine chi primeggia veramente)
Ma dicevo. Le rime sono proprio poca cosa. Ed è voluto. Non lo dico con scherno o dispregio. Chi segue davvero il rap italiano attuale sa che sostanzialmente le cose stanno così. Personalmente non trovo questo scenario deprimente, né esaltante – no, lo trovo interessante.
(certo, guardare video di gattini è di gran lunga più emozionante)
Questo disco non ha nulla da dire, se non monetizzare il consenso di cui gode il PRODUCER in un tributo a se stesso, nel quale tuttavia i 34 ospiti non possono permettersi di mancare: chi lo fa rischia di uscire dai riflettori perennemente accesi, e pochissimi si prendono questo rischio. È la Fear Of Missing Out dei rapper: bisogna produrre continuamente, perché ok, sono tutti megastar ma sono anche dei forzati della catena di montaggio come Chaplin in Tempi Moderni. Per dire: se avete la sensazione che Madame oltre a proporre il proprio materiale faccia un featuring ogni quindici giorni non siete lontanissimi dal vero. Come gli opinionisti di Lilli Gruber, non possono assentarsi un attimo per il terrore di essere sostituiti da una faccia nuova. D’altra parte, questo è il prodotto che sono. Lo streaming, come del resto suggerisce la parola, è un flusso che va alimentato continuamente. Sicché, dei 34 artisti che sfilano in X2 come in un Grande Fratello Vip o un’Isola Vip o Masterchef Vip, pochi dicono qualcosa di significativo: non serve nemmeno. Non è questo lo scopo del prodotto. Al massimo, c’è un po’ di competizione come tra gamers – del resto, i critici più seguiti del rap italiano valutano anche i videogames – isolando il momento, enfatizzando la performance: “Oooh, questo suonino, che carino! Oooh, questa rimetta, che bombetta!”. Ma non lo è. Non lo è affatto. Non è la musica né le rime, che conta: quello che viene inserito meccanicamente in queste tracce è al massimo un sistema di codici, di (ri)costruzione del mondo che li circonda secondo un qualche ordine – meglio di niente, in fondo, no? In questo, il rap è socialmente più interessante di quanto lo siano stati il rock e il pop: in effetti, forse andrebbe commentato dai sociologi, e non dai critici musicali, dai videogiocatori, da youtuber, da aspiranti influencer in transito da qualche testata triste. Ci vorrebbe qualcuno in grado di individuare meglio di un faceto lazzarone come il sottoscritto i collegamenti tra tante rime pallose quanto necessarie, e La Società dello Spettacolo di Guy Debord e in definitiva con Il Capitale di Marx. Perché il rap rappresenta (di qui il nome) l’arte che si adegua alla produzione, che a sua volta si concentra magnificamente sugli acquirenti (aka: utenti). E anche se il marketing è ancora così scemo da mettere nello stesso insieme gente di 20 anni e gente di 37 come se avessero qualcosa in comune (è il culto delle “generazioni”), raramente i teenager sono stati così analizzati, profilati, dissezionati come oggi: in effetti credo sia già pronta anche la loro autopsia. Là fuori non è diverso, a Milano diversi giovani rappisti di un certo successo hanno preso a rapinare (con una sola p) i loro coetanei come attività complementare.
È la giungla urban, gli animali più deboli vengono individuati e alleggeriti del loro denaro, oppure da stupendi brand coolissimi e app nuoviste, o in questo caso direttamente dai rapper – che saltano una fase e si sostituiscono ai discografici. Non ricordo se Marx avesse previsto questa fase. Avrei dovuto studiarlo davvero.
Comunque, siccome ogni volta sono tenuto a dimostrare che non parlo con l’acrimonia del vetusto rocker, vi sottopongo una carrellata di strofe che compaiono, sparse, in X2.
(le parti in grigino sono quelle che i contributor del sito Genius si sentono in dovere di spiegare. Le ho lasciate così. Inspiegate)
E con questo, il mio dovere penso di averlo fatto. Date un’occhiata, poi passiamo ad altro.
Resto della top 10. I primi dieci non sono tutti ITALIANI (c’è The Weeknd che debutta al n.4, risultato ragguardevole per uno che in tutto il mondo è primo) però finalmente sono di nuovo tutti maschi, giacché Adele è scesa dal n.8 al 14. Sul podio ci sono l’ex n.1 Marracash al secondo posto e la Grande Speranza Blanco al terzo; Gué (Pequeno), Rkomi e Fedez occupano la fascia centrale, e dal n.8 al 10 Marco Mengoni, Pinguini Tattici Nucleari e Ultimo riequilibrano il menu verso il pop.
Altri argomenti di conversazione. Toy, il postumo di David Bowie, entra al n.21 il cui Hunky Dory – per motivi di giubileo, direi – si insinua in classifica, cosa che non accadde quando uscì (…né da noi, né nella sua isoletta lassù) al n.79. Il reboot di Caparezza si ripresenta al n.29 e il Concerto per Franco Battiato al n.35. Non molti sommovimenti in classifica, eccetto uno che da due giorni è diventato blandamente ironico: la settimana scorsa The Joshua Tree era entrato al n.92. Escono di classifica Red di Taylor Swift dopo 8 settimane, stesso periodo concesso ai Silk Sonic (Bruno Mars, Anderson.Paak). Tolgono il disturbo insieme Christmas di Michael Bublé e Merry Christmas di Mariah Carey – dovremmo shipparli. E dopo 9 settimane, anche Il Volo sings Morricone tira giù la testa. Universal ci porta 45 dei 100 presunti album in classifica, Sony 25, Warner 19. Laddove nel mercato dei singoli, che – a margine – è quello che sempre di più toccherà seguire in attesa che lo streaming uccida definitivamente l’album, ci sono 61 singoli distribuiti da Universal, 24 da Sony, 10 da Warner. Ma nell’attesa, torniamo agli album, e precisamente ai
Lungodegenti. Stanno diminuendo. Un paio di mesi fa erano undici, ricordate?
(lo ricordate davvero?) (ma dai)
Oggi eccoli qui, gli album in classifica da più di due anni, oppure tre anni (Salmo), o quasi tre anni (Lazza) (che lo so che se lo incontrate per strada, manco lo riconoscete) o quasi CINQUE anni (il segnetto ÷ di Ed Sheeran, uscito nel marzo 2017). Come vedete, sono sempre più o meno nella parte centrale della classifica. Nel mezzo del mainstream.
Pinfloi. The dark side of the moon rimane tra i primi cinquanta, ma esce dai primi quarantanove (sì, è al n.50) (era una specie di arguzia per movimentare un po’ questa conclusione). Chi guadagna posizioni suggerendo facili collegamenti con il nuovo autoisolamento pandemico è ancora The Wall, che sale 14 gradini e si issa al n.68. E con questo, possiamo andare tutti a pattinare sul ghiaccio sottile della vita moderna. Grazie per aver letto fin qui, a presto.
Ma prima, un’ultima cosa. Ecco qui sotto il brano che è stato realmente il più ascoltato in Italia – su quella piattaforma tubolare che però non va d’accordo con la discografia mondiale. Sono loro. Piacciono a dei giovani che forse sono nella Generazione Z anche loro, ma è tutto molto uncool, vero? Ok, non diciamolo a nessuno.