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Noyz Narcos, questo rap kriminale – TheClassifica 03/22

“I said-a hip, hop, the hippie. The hippie to the hip hip hop-a you don’t stop the rock it to the bang-bang boogie, say up jump the boogie to the rhythm of the boogie, the beat”.

…Non so perché, ma ancor oggi mi sembra uno dei discorsi più sensati della Storia della musica insieme a “A-wop-bop-a-loo-mop-a-lop-bam-boom”. Ci trovo molta più verità che in “Mi trovi ancora tutto il giorno in quella piazza / Anche se ho dischi d’oro appesi dentro casa / Digli alla tua troia di restare calma (Zitta) / Mio fratello mette benzo nella Fanta / Che ti piaccia o non ti piaccia faccio questa vita e non mi fotte di quell’altra / La mia penna mette soldi nella banca / Voglio una barca di soldi e di bamba / Questo ghiaccio al collo fa sentire freddo / Questa gente intorno vuole il mio rispetto / Tre pasticche spero che facciano effetto”. Questo era il giovane Ketama 126, che non è al

Numero Uno. E nel contempo lo è, visto che questo era il suo featuring in Volante 4, inclusa in Virus, album in vetta alla classifica dei presunti album, di Noyz Narcos. Che si chiama Emanuele Frasca, ed è nato a Roma il 15 dicembre 1979. Cioè, poche settimane dopo l’uscita di Rapper’s Delight dei SugarHill Gang, cioè la canzone che avete ascoltato all’inizio di questo articolino. Il che significa che è nato mentre la cometa del rap, quella simpatica musica da ballare, splendéa su Betlemme. Ma significa anche che lui e il rap sono coetanei, via: hanno entrambi 42 anni e qualcosa. Anche se non fa i numeri dei suoi coetanei MiticoMarra e Gué (Pequeno), Noyz gode di un rispetto immenso tra i teenager. Anzi, penso – ma dovrebbe dirlo lui – che sia più amato dalla generazione di cui è zio, che non da quella di cui è bro e fra e homie. Negli anni ha accumulato rezpekt e anche (non guasta), la simpatia che si tributa ai trucidi romani.

Questa parola, “Trucido”. Ricorda qualcosa, vero? Io non sono un esperto di film poliziotteschi anni 70, se ne incrocio qualcuno sui cari vecchi canali del DigitaleTerrestre lo tengo in sottofondo mentre faccio altro, giusto per vedere ogni tanto una Lancia Fulvia che parcheggia in piena piazza Duomo a Milano, o qualcuno che entra in un bar davanti al Colosseo e in un attimo si trova seminascosto da un immenso portacenere di plastica con scritto PEJO. Gli anni hanno reso mainstream la venerazione per quel genere e le sue regole, che se ho capito bene Tomas Milian fece un po’ saltare quando il suo Trucido (quello dei film di Umberto Lenzi, the King Of Poliziottesco) virò verso un “doppio” comico, Nico Giraldi (nei film dell’ineffabile Bruno Corbucci).

Perché vi sto dicendo questo. Credo che il genere (rap italiano) oscilli costantemente tra un pubblico che vuole ridere di certo trucidismo, quello che invece ne esige la credibilità gangsta, e quello che un po’ l’uno un po’ l’altro, a seconda di cosa dice il branco. In Virus, l’ex componente del TruceKlan (truce, trucido, devo essere proprio didascalico?) ci circonda spianandoci contro sedici brani pieni di crimine e orgoglio e droga e pistole, dando per scontato (proprio come avveniva nella maggior parte dei poliziotteschi) che il pubblico abbia proprie valutazioni su cosa stia dietro a quel monno ‘nfame. Quando invece, spesso il genere spazza via ogni domanda, e si instrada verso meccanismi basici e non troppo acuti. Un grosso criminale che ho frequentato per un po’ (privilegi di quartiere) mi diceva “La cosa che tutti invidiano di noi delinquenti, è l’idea di andare contro le regole e farla franca. Ma alla lunga sono altri quelli che la fanno franca, non i delinquenti. Sono il più intelligente che ho conosciuto, e alla fine gli sbirri mi hanno sempre fregato. Figurati te”.

Cerchiamo di capirci. O capiamo se cercarci. La mia obiezione sul gangsterismo (anche sonoro, tra l’altro) di Virus non ha motivazioni sociali o educative (e dai, su). Perciò, prima che lo faccia qualcuno nei commenti, rievochiamo tutti Hey Joe di Jimi Hendrix e Midnight Rambler dei Rolling Stones, nelle quali il punto di vista del killer è trattato con grandissimo rispetto – e quindi vedi che anche il rock eccetera. Però amici, sedici pezzi sono un’altra cosa, significano che al n.1 in Italia c’è un disco che gira (…scusate l’espressione inappropriata) attorno a un mondo che sembra reale, potrebbe esserlo, ma forse invece è una fantasia di Noyz (che tanto per dire, continua a raccontare Roma ma sta a Milano da anni). Perciò lungi da me pontificare sulla cattiva influenza del gangsterismo senza limitismo – anche perché ogni volta temo che si affaccino quei miei coetanei il cui argomento migliore è “IO ho passato anni giocando a videogiochi in cui massacravo degli zombie, sono forse diventato un massacratore, IO?”

(forse un massacratore no)

(ma forse uno zombie, sì)

No, rimango sul piano della critica. Adagiato sul piano, come Michelle Pfeiffer (…tipica pupa da gangster, tra l’altro) (americani, perché per gli italiani meglio una più mammina). E su questo piano, io obietto: il limite di ogni qualsivoglia Romanzo Criminale, e a un certo punto la cosa ha tormentato anche gli autori dei Sopranos o di Breaking Bad, è l’ammirazione degli spettatori per il fuorilegge, che obnubila la loro visuale, gli falsa il senso dell’opera. E spesso contagia anche chi racconta.

Rispetto ai dischi recenti di MiticoMarra e Gué (Pequeno), Virus di Noyz Narcos è una dichiarazione di adesione compiaciuta a un mondo primitivo e maschione che a tratti sembra immaginario. Tutti i critici e ascoltatori lodano il suo crudo realismo – tra una citazione e l’altra di film, il che è un indizio sospetto

(en passant, apprendo da Noyz che qualcuno a Roma ha rubato il Rolex dal cadavere di James Gandolfini) (in effetti molti paramedici hanno belle occasioni ed essendo un po’ santi un po’ gangsta ne approfittano, so di cosa parlo)

ma alla fine, come molti film di genere, nei suoi sedici (16) pezzi si concentra sulle scene pulp e non dice perché, non dice chi, non dice cosa. Cioè, ‘a realtà non viene spiegata, e non ha alternative: è così ebbasta. Però no, non so se basta. Non so nemmeno se è del tutto realtà. Però come tutti i Romanzi Criminali, dà l’occasione a noi maschi di sentirci superduri, che è sempre meglio che intellettuali (…almeno credo. Credo che non mi classificherei granché bene in nessuno dei due campionati) e alle donne riserva particine di marginali bamboline silenziose e decorative alla Agostina Belli. Restando negli anni 70 e 80, credo che all’epoca vendessero parecchio i fumetti alla Kriminal. Non aveva l’eleganza di Diabolik, non faceva ridere come Alan Ford. Probabilmente chi lo leggeva non se ne vantava, se non con gli amici manzi. Uno dei suoi autori (forse Magnus) sul sito UbcFumetti.com ha rivendicato: “Kriminal rappresenta colui che dell’ordine si fa beffa, che irrompe con i sentimenti negativi ma tuttavia più notabili della sua natura umana in una società putrida e stagnante, ammalata di perbenismo e, sconvolgendo tutto con un’azione delittuosa, si pone sì al di fuori della legge, ma afferma anche il suo diritto di scelta”. Visto? Anche Kriminal aveva il suo alibi. Beh, oggi in ogni caso i fumetti come Kriminal non esistono più. In compenso esiste un rap alla Kriminal. Ma mi viene naturale chiedermi quanto sia fumettoso.

Resto della top 10. Scende dal primo al secondo posto Sick Luke mentre MiticoMarra scende al n.3. Blanco, Gué (Pequeno) e Rkomi galleggiano tra il n.4 e il n.6. Per un attimo qualcuno di noi (io) aveva avuto il dubbio che l’album della suprema Mara Sattei potesse salire perlomeno sul podio, ma essendo una FEMMINA in una top ten tutta ITALIANA, si deve accontentare del n.7. Chiusura tutta pop con Marco Mengoni, Fedez e Pinguini Tattici Nucleari, dei quali prima o poi sarà il caso di parlare. Quanto ai

Sedicenti singoli. Qui Noyz non sfonda: un solo singolo tra i primi dieci (al n.5), ed è quello che featura (ovviamente) Sferoso Famoso, Luché e Night Skinny. Al n.1 rimane Solite Pare di Sick Luke, che featura (ovviamente) Sferoso Famoso e ThaSupreme. Chissà, forse la vera missione di Sferoso nella vita, più che l’artista, è fare l’ospite. Al n.2 sale La Coda Del Diavolo di Rkomi & Elodie, risale al n.3 Love di Marracash & Gué (Pequeno). A proposito dei quali ho degli

Altri argomenti di conversazione. In classifica si trovano ora tre presunti album contenenti un pezzo intitolato Daytona: li dobbiamo a Noyz Narcos, Gué (Pequeno) feat. Marracash e Salmo. Secondo Spotify esistono mille pezzi che omaggiano questo prodotto pensato per chi ha soldi da buttare per uno stupido orologio. Non ve li elenco tutti, mi scuserete. Comunque complimenti al sig. Rolex, è capitato sul pianeta giusto. L’album Fallirò di gIANMARIA, finalista di XFactor, debutta al n.25 (sembrava una così buona idea, quel titolo). Estromesso dalla prima diecina l’unico non ITALIANO, cioè TheWeeknd che scende subito dal n.4 al n.14.

Lungodegenti. Gli stessi della settimana scorsa. Stavolta per fare prima elenco i loro autori a partire da quello con meno settimane consecutive di presenza: Harry Styles (110), Tha Supreme (114), Marracash (116), Pinguini Tattici Nucleari (146) Colpa delle favole di Ultimo (146 anche lui), Lazza (151), Salmo (167), il Segnetto ÷ di Ed Sheeran (255). Per farvi capire, quello messo peggio in classifica è il mio crapone preferito, Harry Styles, che ha perso UNA posizione: dal n.62 al 63, e chi li ammazza, ‘sti lungodegenti? Ma poi non è vero, perché poi ogni tanto escono di classifica persino i

Pinfloi. Son giorni di flessioni, per tenersi in esercizio: The dark side of the moon scende dal n.50 al n.52 mentre The wall passa dal n.68 al 69. L’Unità avrebbe titolato: “Il Muro tiene, per TDSOTM 100% di perdite in più”. E io ci credo, il murismo avanza, la vittoria è dietro l’angolo. Il problema è che ci sono più angoli che in un icosaedro – ma ce la faremo, amici. Grazie per aver letto fin qui. A presto.

4 Risposte a “Noyz Narcos, questo rap kriminale – TheClassifica 03/22”

  1. Mi sposto di campo (ma relativamente).
    La differenza tra le opere di Ellroy e quelle dei tantissimi emuli, è che Ellroy mostra l’orrore della realtà dove c’è il mito, gli altri fanno il contrario.

    1. Ottima osservazione. Ci sono dei momenti tra l’altro in cui nel disco (e includo anche i tanti – soliti – ospiti) raccontano “la truce realtà” con l’aria di averla tirata giù da un film (o al massimo, sentita mitizzata male da un amico), in modo troppo generico per essere mai stata osservata di persona.

  2. Ho idea che pensare che un rapper sia un vero G sia un pò come pensare che un musicista metal sia veramente satanista, lo è veramente solo una minoranza e solitamente sono i musicisti peggiori.
    Comunque non ti invidio, dover ascoltare sta roba per lavoro, eroe.

    1. Ahaha, è un paragone interessante – ma credo che pochissimi fans del metal lo pensassero. Mentre qui il rezpekt e la street cred e la strada e la droga e i bro e i fra e i bling e le ho sono la chiave di volta del tutto, se vengono messi in dubbio cosa rimane? Ah, già: le basi dei producers. 🙂

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