AMARGINE

Tiziano, non siamo i tuoi analisti – TheClassifica n.48

Entrata in scena. Forse qualcuno di voi vive a Milano. Sapete una cosa che succedeva 50 anni fa a Milano? Scoppiavano bombe ovunque. Nel 1969 furono una ventina, in ogni zona della città. A volte facendo diversi feriti, a volte la strage veniva evitata per puro miracolo. Perché sto parlando dei mesi PRIMA di dicembre. È difficile individuare una logica ovvia. Scoppiarono in sezioni del PCI, caserme, la Fiera di Milano, il deposito dischi della RCA in piazzale Biancamano, l’ufficio cambi della Stazione Centrale, una galleria d’arte, una concessionaria Citroen, la biblioteca Ambrosiana, l’Assolombarda, il Palazzo di Giustizia. La routine era fatta di dimostrazioni, scioperi, incidenti – il 12 novembre l’agente Annarumma fu ucciso a sprangate in via Larga.
Ma leggendo i giornali, pare che a un certo punto la gente non fosse più particolarmente turbata. In fondo, piano piano ci si abitua a tutto. Se ho capito bene, cominciò ad agitarsi veramente soltanto dopo il pomeriggio del 12 dicembre, 7 kg di tritolo in una banca, 17 morti. Una sola vera condanna, quella di Carlo Digilio detto “zio Otto”, che ha beneficiato della prescrizione. Le sue testimonianze sugli altri autori della strage sono state ritenute inattendibili a causa di un ictus che lo colpì in carcere. È morto a Bergamo nel 2005.
Perché vi dico questo?
Non so. Immagino che i paragoni siano stupidi e superficiali. O magari no. Forse, semplicemente, sto buttando un po’ di tarocchi sul tavolo. Non siate timidi, interpretate pure.
Nel 1969 su RaiUno (aka “Il Primo Canale”) c’era Canzonissima, la guardavano tra i 18 e 20 milioni di spettatori. Magari non i giovani, che ascoltavano soprattutto musica straniera. Non starò a ricordarvi chi c’era in giro, nel 1969. Ad ogni buon conto, a un certo punto i cantanti iniziarono a rifiutarsi di fare i gioppini. Battisti fece cancellare l’ospitata, Ornella Vanoni se ne andò, Patty Pravo rilasciò dichiarazioni nauseate. Non è che potessero permettersi di andare in mille altre trasmissioni, non c’era nient’altro. C’era UN solo altro canale, che trasmetteva in penombra, lo chiamavano Il Secondo.
Perché vi dico questo?
Non so. Forse per buttare altri tarocchi, perché fatico più del solito a contestualizzare il

Numero uno. Debutta in prima posizione Tiziano Ferro con Accetto miracoli. Tiziano Ferro è stato uno dei veri numeri uno di questo decennio. Quattro anni in classifica con la raccolta TZN. San Siro, tour tutti pieni e straricchi, ma lui sempre ammodo, riuscendo nella non indifferente impresa di non farsi mangiare vivo da questo Paese che brulica di Giorgie Meloni. Sempre sensibile, sempre introspettivo. Riflessivo. Autoanalitico terapeutico intimistico.
Però, oh, che diamine.
C’è un limite alla quantità di informazioni che io voglio sui motivi per cui Accetto miracoli suona come suona. A un certo punto, io voglio sentire la musica, e non leggere le interviste, non essere ragguagliato da esegesi e agiografie, non voglio unirmi ai suoi psicanalisti mediatici. Ascoltando solamente la musica, mi sono ritrovato con un disco che ricorda il traffico dei giorni di pioggia: languidamente sofferente, spesso sovrappensiero, dannatamente lento. Sì, viva le melodie, come lui non le fa nessuno – ma che ne è stato della prima popstar italiana moderna? Dell’uomo che sembrava cresciuto sulla East Coast invece che sul litorale di Latina? Dov’è il RHYTHM della società r&b? Oppure è passata la cosa per cui r’n’b consiste nel mugolare tantissimo? Con buona pace della produzione di Timbaland al posto di Canova, i pezzi uptempo sono pochissimi, e sono francamente dispiaciuto che uno di questi pochissimi sia dato in pasto a Jovanotti, che lo annega col suo eheeeeeeeee, sua cifra vocale riconoscibile che probabilmente rappresenta il suo compromesso tra cantabilità e vitalismo demente e ostentato. Jovanotti è l’altro polo del pop italiano rispetto a TZN, ormai fa di tutto quanto una caciaretta sovraccarica di ehehehe ragazzi facciamo festa nell’UNIVERSO – e non riesco nemmeno più a capire quanto questo sia volontario. Alla fine, forse è più fermo di Tizianino, ma non può ammetterlo.
Però pur faticando ad ascoltarlo non penso che Tiziano Ferro abbia sbagliato disco, anzi: penso che abbia lavorato per un disco a lungo termine. Ci vedo sempre meno soul, meno r’n’b, sempre meno di quel poco di EDM e persino ammiccamenti all’hip-hop che piazzava seminascosti nei primi album – e sempre più la stasi fremente di una Adele. Secondo me ha scommesso sulla mutazione dei gusti di chi (lo) ascolta, e ci sono ottime probabilità che vinca. Evviva.
Ma sentite questa. Esattamente cinque anni fa, nell’ultima settimana di novembre c’era in testa per l’appunto Tiziano Ferro, con TZN, la madre di tutti i long-seller italiani, e gli album in classifica da più di sei mesi erano 23; quelli da più di un anno, erano dodici.
Oggi, 42 album sono in classifica da più di sei mesi. Ventitre, da più di un anno. Sono tanti (sia i 23 che i 42 che i sei mesi). Viviamo, inaspettatamente, in un mondo di long-seller. Lo streaming ha raddoppiato la vita dei presunti album. Interessante, credo (…no?). C’è ricambio tra gli artisti, non c’è tra gli album. Lungi da me menarmela con gli album, sono dieci anni che nego la loro esistenza – lo faccio notare solo come dato per aiutarvi a capire quest’epoca, in pratica agito una lanterna davanti ai vostri nasi. Perché qualunque statistico dilettante potrebbe dedurre che siamo in presenza di un territorio anelastico, di tendenza del POPOLO (anche un POPOLO giovane e nonboomer e tutto scoppiettante di energie nuove, cool e ironiche) a fissarsi su un certo numero di artisti per un tempo prolungato. Ma a proposito di robe che si prolungano, chiudiamo e passiamo ad altro, cioè al

Resto della top 10. Il podio è tutto nuovo, e non era scontato: con ThaSupreme (n.4) e Marracash (n.5) ancora a rullo compressore nello streaming, come dimostra la classifica dei sedicenti singoli, bisognava venderne tanti di cd per arrivare al n.2 e n.3. Subito dietro a TZN entra MinaFossati, con un onorevole secondo posto che conferma che il pubblico preferisce sempre santamente #PRIMAGLIITALIANI davanti a questi stranieri ostrogoti che ci hanno rubato la Gioconda. Mi spiace ammettere che questo secondo posto mi risparmia l’imbarazzo di dilungarmi sull’album minatauro. La voce della signora (ma come ci riesce? O come ci riescono?) è sempre incredibile – ha 80 anni, raga. Però quando ho iniziato a sentire fioccare la carrettera, e le Indie Occidentali, e “Ho girato il mondo con la faccia da torero” e “C’è ancora speranza in questa terra civilizzata soprattutto dai poeti”, ho capito che avrei ascoltato questo disco un numero di volte inferiore ai suoi interpreti. È un disco pensato bene, lavorato bene, ma scritto male. Ho troppo rispetto per Ivano Fossati per non concludere che al momento della chiamata di Mina non fosse né pronto né ispirato; c’è qualche gioiellino, ma credo che anche i fossatiani più irriducibili lo identificheranno facilmente come mestiere. Mah, forse alla fine sono solo dispiaciuto che a differenza di Celentano, Fossati non si sia fatto disegnare in forma di papero.
Quanto ai Coldplay, leggo pareri entusiasti e stupiti, ma io non salirò sul loro carro – perché sono da sempre goffamente aggrappato al suo semiasse: in questo gruppo c’è più musica di quanta gli haters siano disposti ad ammettere, il punto interessante è che si erano presi visibilmente una pausa dalle cose che gli piacciono, pur di giocare secondo le regole della modernità. Ora sono abbastanza ricchi da poterla ignorare. Un giorno lo saremo anche noi. Ve lo prometto. Manca poco. Che ore sono?
Infine, detto di ThaSupreme e Marra, entrano nella prima diecina altri due album dello sciame di prestigiose nuove entrate: i Subsonica si prendono il n.6 e Robbie Williams il 10, mentre Leonard Cohen si contenta dell’11 e Van De Sfroos con il suo live del 16. Resistono all’assalto, dai numeri 7 al 9, Zucchero, Guccini e Il Volo. Un po’ anticoregime questa classifica, vero?

Altri argomenti di conversazione. An evening with Manuel Agnelli enters at n.52, just like the bus from Comasina to Niguarda (and back) (generally). Lindemann (dei Rammstein) entra al n.70. Quanto a Beck, non entra (…cosa vi posso dire?). Peraltro, ci sono addirittura TRE artisti stranieri tra i primi trenta: siamo INVASI. Abbiamo persino conservato in classifica Courage di Celine Dion (dal n.10 al n.71), mentre in USA, bang, dopo l’ingresso al n.1, sette giorni dopo è sparito. Ma pare che il tour sia già a 30 milioni di dollari in prevendita, quindi credo che il suo cuore andrà avanti. Per contro, gli album da più tempo in classifica sono ÷ di Ed Sheeran, da 143 settimane, Evolve degli Imagine Dragons (127) (ora state facendo caso a quanto piacciono gli Imagine Dragons?), Polaroid di Carl Brave x Franco 126 (126) (sono le settimane) ma soprattutto due dischi di un gruppo che cinquant’anni fa aveva già esuberato il cantante: The dark side of the moon è in classifica da tre anni e un mese, The wall da due anni e cinque settimane. Escono invece dalla classifica i Simply Red dopo due settimane, Kanye West dopo un mese, Gigi D’Alessio dopo 5 settimane, Notti brave di Carl Brave dopo 51, Supereroe di Emis Killa dopo 58 settimane, e Love dei Thegiornalisti dopo 61 settimane.

Sedicenti singoli. Qualcuno dei singoli di ThaSupreme arretra ma Blun7 a Swishland conserva il n.1, così come Dance monkey di Tones And I conserva il n.2; torna al n.3 Supreme di Marracash, Sfera Ebbasta e ThaSupreme. Mi sento tenuto a segnalarvi l’ingresso al n.11 di Enfasi della Sierra, i rappusi lanciati da X Factor, e al n.19 di Cornflakes di Eugenio Campagnez, in arte Cometez, il cantautorez indiez lanciato da Z Factor. Tiziano Ferro è al n.23 e al n.40.

Miglior Vita. Buon momento per i Viventi: solo sei album di artisti o gruppi guidati da artisti che hanno abbandonato questa valle di polemiche sui biscotti; alle spalle di Leonard Cohen si mette in evidenza Mango, la cui raccolta entra al n.20. Nevermind è al n.92: risale 7 posizioni, mentre XXXTentacion è un attimo fuori classifica. The old deads win.

Pinfloi. The wall ha una lieve oscillazione dal n.55 al 58, e si trova (suo malgrado) a superare di nuovo The dark side of the moon che scende paurosamente dal n.43 al 74, a testimoniare il momento di sconforto dei floydiani progressisti. Ma io qui e ora dico a tutti voi che verranno tempi migliori.
(in realtà non lo credo affatto) (però lo dico per educazione)

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