Al n.1 0+ di Benji & Fede.
Al n.2, Lady Gaga.
Forse state pensando che è tutto abbastanza simbolico. Sì, lo è.
Non avete mai sentito un pezzo di Benji & Fede? Non è mai arrivato in spiaggia come Rovazzi o Fedez, anche se dietro B&F c’è una major? No? Non importa. A ricompensarli c’è lei, la meritocrazia.
«In radio una canzone puoi anche “subirla”, in Rete devi andare a cercarla e cliccarci sopra. Da questo punto di vista Internet è molto meritocratico». (Benjamin Mascolo)
Lady Gaga è uno degli ultimi personaggi per i quali si potevano applicare gli strumenti precedenti. Intendo dire che si poteva parlare anche di musica. Oltre, naturalmente, a tutti i discorsi sulla comunicazione, il successo, il look, il ruolo della popstar, il corpo delle donne, bla, bla, blaaaa – mioddio. Di cosa non parlerebbe la gente pur di NON parlare di musica. Però, la musica c’era.
Benji & Fede, viceversa, fanno parte di un’altra fase. La tentazione, per molti di noi anziani (lo siete se avete più di 21 anni) è di ricondurli a cose già viste. Che so, le boy-band, i Blue, i Gazosa, i Tokyo Hotel, i Dear Jack. La cosa più facile è sentenziare che ogni generazione ha avuto la sua versione del prodotto teen-oriented. Invece no, sbaglierò, ma qui c’è qualcosa di diverso. Forse è solo una sensazione. Eppure gli altri li ho visti tutti, e anche quando ero parecchio fuori target, potevo essere d’accordo in linea di massima con il discorso che vi dicevo: aggiornamento di un modello esistente, ma sempre riconducibile a una certa idea della musica.
Qui, l’idea della musica, a mio modesto parere, è Maria De Filippi. Ovvero, andare sul palco, fare ogni singola mossa giusta, fare le facce giuste, usare sempre le stesse cinque note, le stesse venti parole. I loro testi fanno sembrare Nek un poeta crepuscolare – e Rocco Hunt pare Tupac. Ma non è (più) un fattore negativo. La personalità di B&F non è nella musica – è nei tweet, nei firmacopie, nel loro libro, nei selfie, nei loro rapporti con le fan. La musica è solo il pretesto per tutto questo, come in quelle sitcom coi teenager su Disney Channel o Boing o RaiGulp! Non è un’accusa. Semplicemente è così.
Cinque note, venti parole, faccine pucciose. Cinque note, venti parole, capelli deliziosi. Cinque note, venti parole, mossette, vestiti, sorrisi – sorrisi is magic, sorrisi forever.
E la cosa che a questo punto va detta, il cremoso paradosso, è che Maria De Filippi non c’entra niente. I due ragazzi si sono incontrati a Modena, hanno iniziato ad avere un loro piccolo seguito, alcuni discografici della Warner li hanno visti sul palco, e li hanno messi sotto contratto. No, Benji & Fede sono veri. Sono davvero così. Defilippiani senza passare della Defilippi.
«Io ho fiducia nei giovani. Ma i giovani non si interessano di politica perché questa politica non li rappresenta e non li coinvolge in alcun modo» (Benjiamin Mascolo)
Il successo di Benji & Fede ha molto più a che fare con YouTube e Twitter che non con Spotify, che è così banalmente legato alla sola musica. Non a caso su Spotify l’unico pezzo di B&F che va verso i due milioni di ascolti è il loro primo successo, Amore-Wi-Fi. Tutti gli altri pezzi hanno punteggi bassini, anche i duetti con Max Pezzali e Annalisa e Jasmine Thompson. Fa eccezione New York, ma qui c’è un motivo: il sodalizio con lo spagnolo Xriz, che è uno che mena di brutto. Su Spotify la sua Me enamore ha 13 milioni di ascolti, e ha altri cinque pezzi sopra i 3 milioni. Benji e Fede li ha praticamente trovati nell’ovetto Kinder – lo stesso confronto tra le facce, nel video di New York, è un po’ impietoso: Xriz ha l’aria di uno che in Narcos o Gomorra, finisce inscatolato da un autodemolitore – B&F sembrano gli amichetti della figlia dell’avvocato, di solito mostrati durante una festa mentre tentano di misurarsi con i coetanei già pregiudicati, per poi battere prudentemente in ritirata dopo il primo piano delle cicatrici dell’avversario.
In tutto questo Gaga è numero 1 in Usa, quindi tutto bene, anche se la classifica Usa non è così diversa da quella italiana nel premiare la smania dei fan e dire la verità solo la settimana successiva (i precedenti numeri uno, i Kings Of Leon, sono subito scesi al n.20). E tuttavia, le sue 201mila copie sono un po’ lontane dal 2016 di Drake (1.04 milioni) e Beyonce (653mila). Siamo più in area Frank Ocean (276mila), Radiohead (173mila) e Blink 182 (172mila). Su Spotify, Gaga sta facendo più i numeri dell’ultimo di Britney Spears che quelli dell’ultimo di Rihanna. In effetti, anche compreso il traino di un singolo che funziona benissimo (Perfect illusion), sta facendo un decimo dei numeri di Anti di Rihanna. Che dire. Quello che desiderava, le si è ritorto contro. Voleva attirare l’attenzione come concept, poi essere approvata come artista. Nel disco ci sono Mark Ronson, Josh Homme, Beck, Father John Misty. Bene. Purtroppo, apparentemente, che Joanne sia un buon album, nel Game of Pop è irrilevante. Che un album sia un flop o faccia il botto, non dipende più dall’album – che diamine, non siamo più negli anni 90. No, perdinci – dipende dal prodotto Gaga, dal prodotto Beioncia, dal prodotto Miley, dal prodotto Benji&Fede. Ho la sensazione che stiamo per vedere qualcosa di simile in Italia nelle prossime settimane, ma non voglio tirarla a nessuno. E poi mi sbaglio spesso, comunque. Non vi preoccupate.
Resto della top 10. Al n.3 i Pooh, al n.4 Nek, al n.5 Il Volo. Michael Bublé, nuova entrata, è al n.6 e come tale si piazza davanti al precedente n.1, Emis Killa. Al n.8 entra Leonard Cohen, al n.9 regge benino Paolo Conte, al n.10 si rivedono i Coldplay. Escono dalla prima diecina con una certa sollecitudine GionnyScandal (n.11), Green Day (n.14), En?gma (n.18), Urban Strangers (n.24) (…a proposito di dui di giovani musicisti).
Altri dischi nuovi. Al n.15 i Korn, al n.17 Thegiornalisti con Completamente sold out (mmh, direi mica tanto) (hehe); Fausto Leali n.22, Ex-Otago n.23, David Crosby n.56 (Graham Nash era entrato al n.34). Al n.65 i Gemelli DiVersi, che sono rimasti in due, Thema e Strano. Non siete un po’ tristi per loro?
Altre flânerie. A quanto pare il premio Nobel Bob Dylan ha già soddisfatto in modo esauriente i pochi che avevano comprato i suoi dischi; ora ci sono due raccolte al n.53 e 61. MiticoVasco lotta come un leone e pur pencolando nelle posizioni più basse della top 100 si guadagna la 103ma settimana di permanenza in classifica: penso che il suo rifiuto di cedere il primato ai Modà possa e debba commuovere persino i più crostacei tra voi. Bon Iver esce di classifica dopo 3 settimane, Zen Circus dopo 4.
Miglior vita. Nella settimana precedente al 2 novembre, solo sei album di artisti o gruppi guidati da artisti che hanno abbandonato questa valle di sismi declassati; li guidano i Nomadi.
Pinfloi. Wish you were here rimane al n.1 dei vinili ma ora questo primato gli vale un n.48 complessivo e non più il n.22; flessione per The wall, che scende al n.86. The dark side of the moon esce di classifica, evidente segnale a favore del fronte del NO. E lo sapete, che è così.
Bisognerebbe però vedere se le tredicenni canticchiano i motivetti di B&F prima di decretarne l’assenza sul piano musicale. Perché anche i Bros (e qui dimostro la mia età) erano il trionfo del look e basta ai tempi del dominio di MTV, ma siamo sopravvissuti anche a loro. C’è da dire che, per controbilanciare, tra un singolo dei Bros e l’altro usciva un album degli U2 e dei Cure al loro zenith. Oggi siamo costretti a osannare Bon Iver.