Un mese fa. Questo Paese era tutto kermesse, kermesse, kermesse. Un mese fa ognuno proclamava il suo Vero Vincitore, e ognuno di noi 750.000 ispirati critici si produceva in delicati, innamoratissimi articoli di impietosa pesantezza sulla straordinarietà assoluta ed epocale del suo bambolino preferito. E non sarò io a negare la bellezza inaudita delle canzoncine della kermesse, forgiate in vampe di magnificenza. Bravo Diodato, bravo Achille Lauro, bravo TZN, brava Elettraelettraelettra Lamborghini, bravo Bugo, brava Levante e brava Elodie e brava Tosca (le metto assieme perché secondo me sono piaciute alle stesse persone) bravi i Ricchi & Poveri, bravo Morganetto, bravi tutti. E un mese fa, il sole splendeva sui cantantei della kermesse che andavano tutti bravamente, ognuno a modo suo: chi vendendo i dischi, chi allietando dalle radio (ho sentito passare per ben due volte Rita Pavone), chi impazzando nei meme, chi volando nello streaming, chi caragnando nelle peggiori trasmissioni tv del pianeta… Quand’ecco.
Quand’ecco. In questo momento il tempo della musica si è come fermato, aggrappato a quella kermesse come l’Overlook Hotel di The Shining è rimasto aggrappato a una vecchia festa. Non sta quasi uscendo niente, i tour sono rimandati, i firmacopie pure, l’unica possibilità è andare in televisione, i più big da MariaDeFilippi, i più nicchiosi dalla Bignardi, i più disperati da Chiambretti. La cosa migliore sarebbe trovare modo di apparire in Montalbano (anche solo come vittime di un’ammazzatina). Spero ovviamente – giacché faccio pur parte di quelli che vivono delle briciole dell’indotto – che il comparto delle canzoncine si riesca a riprendere da questa voragine che si va aprendo e che, non c’è bisogno che ve lo dica, tirerà dentro un po’ tutti. Eccetto i servizi fondamentali: Netflix, Amazon e i Nutella Biscuits.
Se non che. Io posso anche sperare all’impazzata, ma il comparto delle canzoncine è un po’ particolare. Pochi hanno diritto a una finestra lunga. Quando il treno passa, lo devi prendere, perché quello dopo, vattelapesca quando passa, e in un attimo non si è più i preferitissimi dei media versipelle e del pubblico banderuolo, che si annoiano e hanno bisogno di nuovi stimoli. Pensate per esempio alla sfiga dei Pinguini Tattici Nucleari. Un percorso praticamente perfetto, forse avrebbero persino potuto vincere la kermesse se la venerabile SalaStampa non avesse dovuto compattarsi su Diodato per impedire che il POPOLO si facesse male eleggendo Gabbani. Bòn, sarà per un’altra volta, si sono presi le loro soddisfazioni. Tutto bene salvo il piccolo errore tattico (nucleare) di pubblicare l’album lo stesso giorno della compilation ufficiale, che grazie alle nuove regole di quest’anno che hanno unificato le due diverse charts, soffia il n.1 ai Pinguini; è solo un titolino, però era una cosa da raccontare ai nipoti. Bòn, sarà per un’altra volta. In fondo, c’è un tour nei palasport: Unipol Arena, Pala AlpiTour, Mandela Forum, Palazzetto a Roma, due date al Forum di Assago, una delle quali già sold out. Ma di nuovo: bòn, sarà per un’altro bòn, e buon bòn, siate bòn, speriamo in bòn.
Il numero uno. In tutto questo, Ghali che entra sia al n.1 dei presunti album che dei sedicenti singoli finisce pure lui per ricordare la kermesse, e un’entrata in scena tra le migliori della storia del Festival. Peccato sia andata praticamente persa per l’orario – saranno state le 7 del mattino – e per la difficoltà di emergere in quel caleidoscopio di furibonda meraviglia che sono state le canzoni in gara in questa edizione. Ma tra i milioni di artisti che hanno partecipato a Sanremo2020, il Ghalifo è stato Nella Mia Umile Opinione quello più mainstream di tutti. E col coraggio di esserlo: con lo schioccante “Bell’atmosfera” di Good times, con lo studiatissimo gancio (“Ma non è cool”) di Boogieman, e naturalmente con la carezzina al POPOLO di Cara Italia. Per forza di cose, l’album DNA è un’altra faccenda: è molto pop, ma con una certa prudenza. Anzi, forse Ghali visto che la sua street cred era andata in ghalando perché il mondo adulto lo stava accettando volentieri, ha cercato di contenere questa sua propensione. D’altronde il flop del paciugoso singolo Turbococco è stato uno dei più istruttivi della storia del rap italiano: i 13enni vanno trattati come se avessero 4 anni di più, non 4 anni di meno. DNA è un buon album pop, e Ghali è una popstar perfettamente credibile e pronta per la mengonizzazione – ovvero, qui per giocare con noi per sempre, per sempre, per sempre. Ma se devo dirvi la verità
(devo?)
personalmente trovo che almeno metà dei quindici pezzi di DNA siano bellocci come Ghali – ma senza anima. Per fare un esempio: Fallito, il pezzo conclusivo, è un buon pezzo. Sì. Ma non posso fare a meno di notare che avrebbe potuto scriverlo qualunque rapper. Prendete il testo e mettetelo in bocca a qualcun altro, scegliete chi volete: gli starà addosso, né largo né stretto né corto. Anzi, è già successo: negli ultimi cinque anni qualunque rapper della penisola ha scritto il suo Fallito, il suo pezzo su come la fama e la celebrità sì, okay, figata raga – però alla fine, meh. Fallito potrebbe averla scritta, con le proprie personali varianti, Gué o Gemitaiz o Rkomi o Fibra (…dieci anni fa) o altri cento colleghi. L’unica invenzione che poteva essere interessante era quella del mostro che sta sotto il suo letto. Il problema è che non riesco a credere che Ghali abbia paura di qualcosa che non sia la rovinosa caduta dalle scale del successo.
Oh, ma del resto anche gli altri, no? Bòn.
Resto della top ten. Il Fantadisco dei MeControTe lascia il n.1 a Ghali ma non se ne va lontano, e regge all’impatto di una grande sensazione mondiale come i sudcoreani BTS, al loro miglior risultato nel nostro Paese appassionatamente razzista e bargiggione. Strappa un n.4 Piero Pelù – quindi mi sa tanto che i Litfiba torneranno insieme. Al n.5 Ecceteraeccetera Lamborghini precede Ozzy Osbourne, il cui Ordinary man è al primo posto nella classifica dei vinili. Dal n.7 al 9 eccolo ancora qui, il podio di Sanremo, in ordine inverso: i Pinguini, Gabbani, Diodato. Al n.10, Marracash, che insieme ai MeControTe è l’unico residente nelle zone alte a non essere andato a quel Festival dell’Overlook Hotel. E me lo immagino, Marrajack, mentre si aggira, si guarda intorno sospettoso, poi siede al bar e inizia a discutere con Lloyd, che sembra l’unica Persona con cui avere una conversazione sensata. E il fatto che non esista, in fin dei conti, è accettabile.
Sedicenti singoli. Ghali al n.1 con Good times, inseguito da Ghali al n.2 con Boogieman (feat. Salmo) e da Diodato al n.3. Nella top ten ci sono solo due nomi che non sono apparsi al POPOLO nella kermesse, e sono il n.8 Mahmood (…lo dite voi o lo dico io?) (ditelo voi) e il n.10 The Weeknd, unico STRANIERO. L’altro featuring placcato in oro di Ghali, ovvero quello con ThaSupreme, è al n.6. Altri filamenti di DNA non sono entrati in top ten. E ora, so che di fronte a un.1 e un n.2 sembrerò veramente deficiente a dire che i pezzi di Ghali non stanno andando benone, però qualcuno deve pur annotare che un vero big del rap italiano (vedi Salmo, Marra, ThaSupreme, Sfera), si prende tutta la top ten – altrimenti non è un vero big del rap italiano. È un big di qualcos’altro. Ma questi sono
Altri argomenti di conversazione. Albano & Romina entrano al n.80 (…eh). Il ritorno di Pat Metheny si guadagna un n.14. Escono dalla top ten Justin Bieber che ha fatto appena in tempo a entrarci, J-Ax che c’è stato per cinque settimane e ThaSupreme che ci è stato quindici settimane (gosh). Sapete che l’album di Mina e Fossati, uscito quattordici settimane fa, è ancora in classifica? È al n.61. Non vi fa strano che qualcuno lo stia comprando ora? Non vorreste che un giornalista d’inchiesta andasse a intervistare quelli che ADESSO stanno comprando il disco di Mina e Fossati? Io me li figuro ascoltatori di RadioRai. Perlomeno finché non cominciano i programmi musicali (…quelli no) (non appena la voce di John Vignola azzarda un saluto, gli girano subito l’interruttore in faccia) (LOL, devo ricordarmi la prossima volta che lo vedo di farlo anch’io) (scusate, divagavo. Vi ho già detto che c’è un solo defunto in top 100? È il cantante dei Queen – avete presente, Mamaaaaa etc.) (è al n.98 con la Platinum Collection) (ok, ora ve l’ho detto) (quindi passiamo dai morti ai)
Lungodegenti. Compie due anni di permanenza Pianeti di Ultimo, che con Peter Pan fa ancora meglio: 107 settimane consecutive nella classifica dei presunti album. Sopra le cento settimane anche Rockstar di Sfera Ebbasta (110) e il disco col segnetto di Ed Sheeran (÷) che invece è apparso per la prima volta in classifica (e in questa rubrica) TRE anni fa. Eppure, anche questa settimana, l’album da più tempo in top 100 è dei
Pinfloi. Ed è The dark side of the moon, qui da 173 settimane, per di più in salita (dal n.70 al 66). A differenza di The wall che ha uno scivolone preoccupante, va giù al n.96 – perché del resto chi ha voglia di sentirsi promettere riduzione dei contatti umani e distanza dai propri simili quando questo sogno si sta inaspettatamente avverando?
no, caro doctror mad eddu, neanche il mostro sotto il letto é un’ invenzione del buon ghali, prima di lui i metallica, eminem, everlast ( in feat da santana ), rehxa e karizma – per dire i primi che mi vengono in mente – avevano già esplorato il lato oscuro del materasso.
Come ha gia’ fatto notare Fuffo, il mostro sotto al letto e’ stato abbondantemente evocato in passato da svariati titani del mondo della musica, ma in questo caso specifico mi pare ovvio che il riferimento diretto sia Eminem, il verso della canzone di Ghali e’ una traduzione letterale dell’incipit di “The Monster”: “I’m friend with the monster that’s under my bed”.