AMARGINE

TheClassifica 77 – Generazione LauraPausini

Uno, ex Foglio, ora in area Sole24Ore, che piazza un mirato citazionismo tranchant: “It’s islam, stupid”.
Un altro, sempre sotto il Sole – però la radio, che piace molto a sinistra – che twitta che i cristiani non hanno mai sparato a nessuno.
Uno sull’Unità – uno importante, che aveva un ruolo grosso nel partito – che scrive che Emergency è un’organizzazione di appoggio ai terroristi.
Quel giornale là, sempre fresco come la menta piperita, che titola Bastardi Islamici. E il governatore della regione più industriosa e illuminata eccetera, uno indagato per aver fatto avere incarichi pubblici all’amante, che retwitta: “Sintesi perfetta”.
Giletti che dice che abbiamo perso la nostra identità.
Giletti.
I moderati che, dolenti, chiedono scusa alla Fallaci (sì, scusa). Gli orgogliorabbiosi che tuonano che certo che aveva ragione lei, è ora che tutti difendiamo la nostra civiltà sparando e bombardando – civilmente (come si è sempre fatto). Beninteso, quelli che vendono i suoi libri precisano che Oriana “era una di noi”. Quando si viene a sapere che è morta una ragazza italiana, anche lì saltano fuori quelli che “era una di noi”. “Okay, però anche una di noi”. Appaiono immancabili pagine su facebook: “Una di noi”. Quando si appura che sono morti un giornalista musicale, tre discografici e un addetto al merchandising, è ovvio che sono “Cinque di noi”. E il pubblico “potevamo essere noi”. Ma salve.
Liberation che parla di Generazione Bataclan. E quanto piace. Tanto che, a ruota, la Rai e Sky e La7 e LaStampa parlano di Generazione Bataclan, e un giornalista apre la immancabile pagina facebook. E parte subito, in un tripudio osannante, l’hashtag, l’HASHTAG.

Ebbene, magari qualcuno potrebbe trovare tutto questo sconsolante. Io invece sono ammirato e approvo: è la tattica migliore. Fargli capire che non è nemmeno il caso di venire da noi a farsi saltare.

E dove ci porta tutto questo? A Laura Pausini al numero uno.

(…e voi mi venite a dire che la classifica degli album venduti non rispecchia questo Paese)
(cosa volete che vi dica, allora probabilmente sono fortunato e continuo a pescare dei jolly)

“Si dice: hai voluto la bicicletta.
A me invece della bicicletta hanno dato una Ferrari. Ed è dura da guidare”.
(Pausa the Great and Terrible)

Del suo disco si è parlato poco, e c’è qualche motivo. La farò breve, perché forse sapete già cosa è successo – oppure essendo una cosa per addetti ai lavori non la trovate interessante (beati voi, che potete).
Trovandosi a Miami per fare da giudice in un talent a fianco di Ricky Martin e Alejandro Sanz, ha dovuto presentare il disco da laggiù. Così ha invitato in Florida un piccolo numero di Amici giornalisti. Alcuni di detti Amici, desiderosi di attenzione e ostentazione come chiunque, si sono selfati sul bordo della piscina dell’Hotel Delano (aka quello che costa un botto). I giornalisti non Amici non l’hanno presa bene. E l’hanno buttata in deontologia.
(“Deontologia”) (dovrebbe essere qualcosa di positivo, ma notate anche voi come nel nome ci sia qualcosa di bizzarro) (di dentistico, o paleontologico) (avete presente il finale di Jurassic Park, quando arriva il deonte)
Sta di fatto che in un ambientino afflitto da dolori deontologici, i giornali degli Amici hanno virato verso una certa freddezza per dimostrare imparzialità. Altri, notando un po’ di nanismo, si sono improvvisati giganti. Un colossale peracottaro desideroso di attenzione e ostentazione come chiunque, ha scritto una recensione volgare quanto cretina; ed è vero che l’ha scritta sul giornale degli haters, ma è stato una sorta di segnale: del disco della Pausini e della sua evoluzione come artista si è parlato molto poco. Anche stavolta. Con buona pace di un album in cui sono coinvolti Jovanotti, Antonacci, Sangiorgi e Agliardi.

Va detto però che anche se lo avesse prodotto Daniel Lanois, l’attenzione come artista ormai Laura Pausini l’ha persa da tempo, e su questa cosa farebbe bene a ragionare.

“Il nuovo arrangiamento de La solitudine è stato fatto da Ennio Morricone.
Il Maestro mi ha sorpreso, dicendomi “Ah, la conosco, è quella del Marco”.
(conferenza stampa 2013)

Curiosamente, Simili, per quanto il titolo abbia generato tra i giornalisti (quelli rimasti in Italia) la facile gag “Ma anche tutti gli altri dischi, erano SIMILI – ahaha”, è forse il suo album migliore insieme a quello di debutto.
Ciò potrebbe a sua volta generare tra voi la ancora più facile gag “Non ci voleva poi molto”.
E spezza il mio cuore già esulcerato ammettere che non avete tutti i torti. La Pausa avrebbe dovuto essere Mina, ma non è successo. O meglio: lo è stata, anzi forse è salita dove Mina non è mai stata: i Grammys, San Siro, Miami. Ma senza realmente prendersi la sua epoca sulle spalle come ha fatto Anna Mazzini da Cremona. “La tengo como todas”, la famosa frase detta in accappatoio e null’altro, è emblematica. Perché è una frase riduttiva. Sì, hai voluto dire “Sono una come voi”. Ma lo hai detto nel modo sbagliato: se posso osare, nessuna donna ce l’ha come un’altra donna. Ma al di là dell’individualità negata, stai ribadendo anche il più annoso dei tuoi problemi: un approccio vocale terribilmente esente da sessualità. La sua voce è tuttora quella di una ragazza che alza il volume per farsi sentire.

“Ogni tanto mi viene da cantare con altri stili, ma non è quello il mio istinto, non sono una cantautrice e non parlo come un autore colto. Canto come magno. E siccome magno tanto, canto pop”.
(Conferenza stampa 2013)

È stata importante, lo è tuttora; ha una dimensione internazionale cospicua. Ma nonostante la determinazione, la potenza vocale, i collaboratori, la personalità, la carica personale (se ci si mette, molti di voi non lo crederanno, è simpatica – ancorché dotata di quella logorrea romagnola che non fa prigionieri), e Armani e i Grammy e San Siro e Miami, quel salto di qualità non è mai avvenuto. Mi dispiace veramente. E non capisco cosa avessero quelle della generazione precedente – da Mina a Loredana Berté passando per Vanoni, Pravo e forse, per qualche anno, Rettore – per salire lassù e scandire i loro decenni non con il personaggio, ma con le loro canzoni. Se per milioni di persone Laura Pausini è ancora quella del treno delle 7 e del banco vuoto, qualcosa non ha funzionato: è come se Gianna Nannini fosse sempre stata quella di America. Mi chiedo perché per i maschi questa involuzione non si sia verificata: in fondo, dagli anni 90 a oggi un bel po’ di cantori del loro tempo li abbiamo avuti: sempre e comunque Jovanotti, MiticoLiga, Pezzali (e Repetto, e Repetto!), gli Articolo 31, Tiziano Ferro, Fibra, Giuliano Sangiorgi, temo anche l’esecrando Coso dei Modà, ma anche Bianconi dei Baustelle (e mi fermo perché non ho tempo e ce n’è una caterva, ma se volete propormi nomi, io li aggiungo).

Viceversa, lei, Giorgia, Irene Grandi, Carmen Consoli, Elisa, ma – mi voglio rovinare – pure Anna Tatangelo, che aveva le credenziali trashone, non sono riuscite a scalare la montagna. Un po’ come le attrici di Hollywood degli ultimi vent’anni: non reggono il confronto con la leva calcistica delle Katharine Hepburn e delle Bette Davis.
Non so quanto sia colpa loro o colpa del pubblico, però. Perché in fondo ci hanno provato. Chi più, chi meno. Io non credo che si possa dire che La Pausa non ci ha provato. Per quanto poteva. Perché la verità è che in lei come in Antonacci c’è l’intima convinzione che alla working class non gli si debba complicare la vita.
(Jovanotti e Ferro, per dire, questa paura non l’hanno mai avuta) (Pezzali a un certo punto l’ha avuta – e infatti, ha iniziato a perdere consistenza)
E comunque, oh. La ragazza che strigliò Pavarotti. La prima donna italiana a riempire gli stadi.
I Grammy.
Miami.
…Laura, una di noi.

Ma basta con la Pausini! Manco fosse DeGregori. Il resto della top ten. Al n.2, DeGregoricantaDylan. Al n.3 risale Il Volo, prendendo il posto di Max Gazzé che scende al n.6. Tra i primi cinque vi segnalo anche i Negramaro e Gianna Nannini. Mi verrebbe da dire che la top 5 ha una larga maggioranza di enfatici. Chiudono la prima decina, Benji & Fede, Andrea Bocelli, la raccolta 1 dei Beatles, la raccolta TZN di Tiziano Ferro.

Escono dalla top ten. I 5 Seconds Of Summer, nonostante la (o a causa della) apparizione a X Factor e le interviste a 105 e Rtl 102,5, scendono al n.15. Umberto Tozzi declina dal n.9 al n.28. Ah, ditemi se non è fatto a capocchia, questo mondo

Entrate pure. Bob Dylan, con le Bootleg series 1965-1966 entra al n.11; Little Mix (continuano ad avere il loro little seguito, devo dire) entrano al n.20. Ellie Goulding al n.22. Romina Falconi al n.38, i Calibro 35 al n.65.

Sempre lì, lì nel mezzooo. X di Ed Sheeran compie 72 settimane, ma perde 14 posizioni ed è ora al n.59. Ariana Grande (60 settimane) scende dal n.43 al 49. Compie un anno la raccolta dei Modà, proprio mentre un altro album, anche scendendo dal n.65 a un non lontanissimo n.68, supera i dodici mesi di permanenza in top 100: The endless river dei…

Pinfloi. The dark side of the moon perde dieci posizioni e va al n.43 – e chi ti trova, al n.44, manco a farlo apposta, veh? The wall, che perde anch’esso terreno, dal n.38. Recessione anche per Wish you were here, dal n.47 al n.55. Come se non bastasse, a causa di un’evidente campagna denigratoria della quale sono probabilmente correo, la stupida raccolta A foot in the door scende dal n.88 al n.84. Meddle, pur contenendo il pezzo che fa tum-tutum-tutum-tutum-tutum, e pur costando 11 euro su Amazon, non conquista like né retweet né pageview, e dispero di vederlo anche solo al n.100, dove c’è invece Selena Gomez.

Miglior vita. Sette immortali in classifica, guidati da Amy Winehouse con Back to black, n.48. Da non confondere con Back in black degli AC/DC, n.87. Che comunque non rientra nella categoria, perché sì, Bon Scott è lassù anche lui, ma la voce degli AC/DC è Brian Johnson. E siate realistici, una volta.

Gosh. Dopo una sola settimana, i Def Leppard sono già usciti dalla classifica, e va beh. Permanenza di sole cinque settimane per In dream degli Editors. Ma è quasi oltraggioso vedere Cristina D’Avena uscire dalla top 100 dopo una settimana. Tra l’altro è sostanzialmente l’ultima rimasta della un tempo feconda scuderia RTI, che a suo tempo pubblicò Mina e Celentano, e convinse Mina e Celentano a incidere MinaCelentano. Ma d’altro canto erano anni in cui il discografico in questione comprava Gullit e Weah, e altre persone. Where have all the good times gone, Cristina.

3 Risposte a “TheClassifica 77 – Generazione LauraPausini”

  1. “Viceversa, lei, Giorgia, Irene Grandi, Carmen Consoli, Elisa, ma – mi voglio rovinare – pure Anna Tatangelo, che aveva le credenziali trashone, non sono riuscite a scalare la montagna.”

    Forse la faccio troppo semplice, ma a mio immodesto avviso, è per la mancanza di canzoni, di autori, che non hanno fornito benzina alle sunnominate. Voglio dire, Patty Pravo era bella, brava, sexy, ok, ma aveva un repertorio. A Mina quando andava male toccava cantare pezzi composti da professionisti di solidissimo mestiere come Canfora, Calvi, Zambrini, Martelli. Quando andava bene, Battisti, De André, ecc.
    Ecco, se poi ci mettiamo che quel poco di buono che viene prodotto dal cantautorame attuale viene tenuto ben stretto a sé dal cantautorame suddetto, ecco, tutto diventa ancora più complicato.

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