Perfetto di Eros Ramazzotti è al n.1 in una classifica degli album che vede italiani fino al n.18.
A me Ramazzotti è blandamente simpatico. Ci sono due o tre sue canzoni che io trovo semplicemente superiori – non sono recentissime, devo dire. Invero non posso dire di conoscerlo, ci ho giusto chiacchierato una volta, per un’intervista che poi non fu mai pubblicata (LOL), poi ho presenziato a un paio di sue conferenze stampa. Penso che sia esattamente quello che sembra. Non è un mostro di comunicativa, non ha insospettabili profondità, una sensibilità tormentata. Per me Eros Ramazzotti, riguardo a ciò che fa, la pensa come i piloti di Formula Uno, o come i pugili, ovvero: se voi volete vederci uno spettacolo, padronissimi – ma loro non lo fanno per divertimento. Lo fanno perché sanno a quale gioco possono vincere. La loro determinazione schiaccerà sempre la nostra.
Non ho trovato molte recensioni o articoli su Perfetto di Eros Ramazzotti, probabilmente destinato a vendere parecchio all’estero come gli altri suoi album.
Eppure mai, MAI aveva pubblicato un disco altrettanto d’auteur, così griffato nelle firme dei brani, come vedremo (tra un attimo) (non andate via!).
Eppure c’erano giornalisti in quantità Jovanottiana, alla presentazione del disco, a Milano (tantissimi stranieri, anche). Era in un’ottima location per i selfie. Un livetweeting di prestigio.
Però c’è il fatto che Ramazzotti è l’altra faccia di Jovanotti.
(…nessuno ha mai fatto troppo caso al fatto che i due nomi si somiglino così tanto)
Nessun giornalista darebbe un gomito per essere suo amico. A lui, nessuno supplica soltanto un retweet – e lui sarà salvato. In compenso nessuno lo attacca direttamente. Anzi, hanno un tantinello paura di lui. Lo si disprezza in segreto, ma non lo si discute mai. Si evita non dico di affrontare, ma anche solo di sfiorare ciò che fa, con un astuto alibi: “A che servirebbe?”
Recensirlo? In fondo, perché disturbarsi: i suoi dischi, da una ventina d’anni, non contengono nulla che possa illuminare intellettualmente una conversazione. Non è in perenne cambiamento come l’altro, quello col nome che gli somiglia: è in perenne perfezionamento di un’idea pop sempre uguale. Non rischia niente? Se ne può discutere.
Ramazzotti, da che faccio questo lavoro, guarda i giornalisti musicali con un sorriso di divertita superiorità. Non penso che abbia questo atteggiamento con nessun’altra categoria, ce l’ha solo coi giornalisti. Ci guarda come si guardano i gattini. Pensa che siamo adorabilmente buffi. Lui vende milioni di dischi in tutto il mondo da trent’anni, e noi pensiamo di sapere come funziona la musica meglio di lui.
Perché molti di noi hanno questa strana convinzione (o illusione) che la musica vada “avanti” – salvo revival e citazionismi continuativi e incessanti – in quanto ARTE.
E sapete perché deve andare avanti, cambiare? “Per rispecchiare i tempi che cambiano”.
Ora, io sono convinto di una cosa: chi vende i dischi, qui ed ora, rispecchia i tempi che cambiano. Non vagabonderei da anni ramingo attorno alle classifiche di vendita/streaming se non ne fossi stolidamente persuaso. La sua musica può farvi schifo, ma quando uno vende milioni di dischi nel mondo, qualcosa sta ben rispecchiando. La sua musica vi fa accapponare i denti? Amen. Lui (a differenza di un Renato Zero, che si crede realmente un artista tutto fremente) non ha niente da obiettare. Quello che Èrose non vi concederà mai, però, è un senso di superiorità morale. Perché a puro rigor di logica, proiettare la propria remota purezza in qualche artista depresso e suicida o in qualche band orgogliosamente sgangherata e perdente, non dovrebbe dare una superiorità morale su chi ascolta Ramazzotti.
Cionondimeno, io credo che con Perfetto, Ramazzotti abbia messo in piedi un misconosciuto capolavoro di perfidia. Ha preso a scrivergli i testi Francesco Bianconi (Baustelle), Federico Zampaglione (Tiromancino), Pippo Rinaldi (Kaballà), Luigi De Crescenzo (Pacifico) e addirittura Giulio Rapetti (Mogol).
Ha oggettivamente ingaggiato mezza serie A.
Non ero alla presentazione di Perfetto, ma alcune foto prontamente livetwittate apparse in timeline durante l’evento mi hanno paffutamente colpito. C’era questa foto, in particolare, con Bianconi e Zampaglione che parevano lì, a cuccia, a fianco del padrone.
Ho cercato dichiarazioni di Bianconi
(quelle di Zampaglione non mi interessano minimamente, per quanto ancor oggi qualcuno sostenga che ha avuto una fase rilevante)
ma non ne ho trovate. In compenso ho ascoltato le canzoni e ho letto i testi. Ho la sensazione di esser stato uno dei pochi.
Ebbene, le canzoni sono per l’ennesima volta la summa della ramazzotteria: fatta eccezione per il tremendo country iniziale (forse da esportazione) di Alla fine del mondo, ogni pezzo è prevedibile come una patata Pringles. Qualità immensamente apprezzata 1) dai fan di Eros 2) dai fan delle patate Pringles. Che a volte eventualmente coincidono (ma non necessariamente, certo). I suoni sono rarissimamente in odore di pop contemporaneo, non c’è quasi nulla che suoni apertamente elettronico. Soprattutto chitarre. Arrangiamenti apertamente imparentati con quelli di Più bella cosa.
Quanto ai testi, sono atroci.
Salto quelli di Zampaglione perché sono del tutto ebeti – pertanto mi sento di poter dire che sta migliorando. Salto quello di Mogol, perché da decenni non mi aspetto più nulla da lui, penso che non sia nemmeno giusto – però già il fatto di essersi rivolto a lui, fa emergere il lato Ozymandias di Ramazzotti, il piano diabolico. Che culmina nell’arruolamento di Bianconi.
Ho provato anche ad ascoltare i pezzi da lui firmati immaginandoli declamati da lui, con la voce bassa di chi ragguaglia su uno sterminio. “Vedi amico caro, il grano d’estate è d’oro, l’uva maturerà, e a settembre si vendemmierà”.
…E ora voi potreste pensare: “Adesso però ci infila Manzoniquellovero, il capitalismo che ha i giorni contati – o perlomeno, forme di yè-yè”. No, amici. La chiude con “C’è un amore per ogni stagione, l’importante è viverlo perché il tempo non sente ragione, e passando lo ruberà”.
(“Ne volete ancora?” “Sìiiii!!!” “Ok. Ecco a voi Vivi e vai“)
“Tutto scorre, tutto è come la musica; è come il tempo, non si ferma mai. Vivi la vita, vivi e vai, figlio del futuro che presto arriverà: dimmi cosa vedi, dimmi cosa sarà. Figlio di domani io ti aspetto perché porterai nascendo un mondo nuovo per me. E giorno dopo giorno, il cambiamento fino a che non avrò capito questa vita cos’è”.
(“Ne volete ancora?” “NO!” “Ah, mi spiace. Questa è Buon Natale – se vuoi“)
“Dimmi perché è Natale ma pace non c’è. Buon Natale, ma il senso qual è? Due parole da dire perché è normale. Crescerà un enorme albero quando finirà questa follia un Natale verrà e per sempre ci cambierà… ci cambierà… ci cambierà”.
(“Ne volete ancora?” “Sì!” “Non dite sciocchezze. Ora basta” “Whew”)
Siccome Francesco Bianconi è stato uno degli ultimi eroi del (si può dire?) rock alternativo italiano, vale la pena fare alcune ipotesi sulla banalità tracotante dei sei pezzi da lui firmati in Perfetto:
1) autoumiliazione compiaciuta e probabilmente polemica
2) ricerca di danaro grasso con cui farsi la villa come Zampaglione
3) boomerang, ovvero collaborazione partita con l’intento di fare l’album intellettuale di Eros (“Me Tarzan, tu Strehler”), ma poi inabissatasi di fronte alle esigenze globali o alla aperta perplessità del committente di fronte alle gnagnere sui mistici dell’occidente
4) impossibilità, per l’intellettuale contemporaneo, di confrontarsi realmente con quel pop che pure dice di venerare, e ansia di abbassarsi rasoterra per tema di non essere capito da un pubblico che presume rozzo e informe e al di là di ogni possibile redenzione (la Mossa Littizzetto)
5) abiura totale, sincera di ogni pretesa “alta” e riconoscimento della superiorità del Ramazzottimismo – e di Maria De Filippi.
La mia preferita è quest’ultima. Mi ricorda il finale di Fantozzi, quando il megadirettore galattico perdona il ragioniere che ha tirato il sasso dalla finestra, e lo gratifica facendolo nuotare nell’acquario. Ci vedo tutta la sottile, determinata perfidia di Ramazzotti, dedicata a tutti quelli che stanno aspettando.
Prima di concludere, vi sottopongo l’unico testo firmato da Pacifico, Tra vent’anni; non uno dei suoi migliori, ma gli basta appena un accenno di sforzo – ecco, anche se non lo trovate granché, magari capite meglio cosa intendo dire: che Eròsse, lo spazio per qualcosa di più denso lo concedeva pure, volendo:
“Ti vedo tra vent’anni. Tu non ti accorgi di me, ma passi davanti. Ti vedo tra vent’anni, che ascolti musica nuova. Che muove, che toglie dal mondo. Ti vedo tra vent’anni. Verrà una notte d’estate, preziosa e perfetta. E avrai vent’anni”.
Resto della classifica, brevemente che sono stato lungo. Al n.2 c’è Il Volo. Al n.3 il live di MiticoLiga. Seguono Jovanotti, Mario Biondi, J-Ax, Mengoni, Lorenzo Fragola, Tiziano Ferro, Venditti. Poi altri sette italiani fino a Eric Clapton, primo straniero, al n.18. Diciassette italiani nei primi diciassette. Rimarchevole. Mi chiedo in quale altro Paese succeda. Forse in Corea del Sud. Però devo dire che Snoop Dogg al n.31 mi stupisce quasi altrettanto.
Pinfloi. L’insulso The endless river staziona al n.37, secondo me a causa dei numerosi derelitti che lo acquistano in vinile (immagino che questo esprima educatamente quello che penso di quanti sbavano per il vinile); pare ne sia stato stampato un numero di copie inusualmente alto apposta per tentarli di continuo. Lieve oscillazione verso l’alto, al n.72, di The dark side of the moon. Non pervenuto The wall – perché in fin dei conti là fuori è una vera primavera. Climaticamente, dico.
Miglior vita. In top 100 solo otto album di artisti che ci hanno lasciati. Solo uno tra questi è di Pino Daniele. Avete già DIMENTICATO.
L’Eros che è in noi.
Quella generazione di mezzo come ponte ideale tra Mogol e Niccolò Agliardi.
io sono ancora inossidilbente legato alla trilogia cuori agitati-nuovi eroi-in certi momenti. e la difendo a denti stretti.
non ho ancora capito però se ci siano effettivamente dei meriti artistici nel primo eros (però quando gira “respiro nel blu” la lacrimucca si affaccia sempre) oppure se si tratti solamente di nostalgia canaglia. quella che ti prende proprio quando non vuoi.
se poi mi dici che “respiro nel blu” piace anche a te, allora mi sento meno solo. 😉