AMARGINE

TheClassifica 42 – And after all, we’re only ordinary bands

Io tendenzialmente disapprovo i critici, invariabilmente più giovani di me (ogni giorno ne nasce uno) che esprimono in modo aggressivo e comicamente brutale il loro fastidio. Capisco che l’aria che tira è quella lì, c’è questa sensazione di imminente dies irae, un anelito di Grande Vendetta nell’aria, a liberare le frustrazioni personali di natura politica e, soprattutto, musicale.
Oh, non intendo negare di aver scritto anch’io più di una recensione intingendo la clava nell’inchiostro. Tra me e me, provo a giustificarmi dicendomi che erano altri tempi. Che era un rischio che ci prendevamo in pochi. Che comunque, io il rischio del querelone lo conoscevo, eppure, baldo – e anche un po’ bracco – lo fronteggiavo lo stesso, firmandomi col mio peculiare cognome e non con uno pseudonimo.
(sto forse elemosinando rispetto?) (beh, sì) (ma è abbastanza incidentale) (ora vedrete cosa intendo dire veramente con questo assolo di trombone)
Disapprovo il disprezzo critico per vari motivi. Perché è un modo di rivelare la propria infinita impotenza. Perché è la confessione che di quell’impotenza non ci si è ancora fatti una ragione. Perché quel che ottieni è raccattare l’entusiasmo cruento degli hater – senza avergli detto nulla di nuovo. Perché parli da omone – ma prova a dirglielo in faccia, a Coso, che il suo disco è così brutto che meriterebbe che tu lo colpissi con un armadillo. Okay. Forza, fatti invitare a una conferenza stampa, o vai alla Feltrinelli dove sta firmando i cd, e colpiscilo. Con un armadillo.

Ma poi. Ma a parte questo. Ma soprattutto. Ma il punto, mi dico con l’occhio socchiuso dell’uomo caduto in una tinozza di saggezza, il punto è che non dovremmo disapprovare niente. Nemmeno Federico Zampaglione o Biagio Antonacci. Anzi, nello scrivere di dischi dovremmo essere glaciali, diventare laconici, serafici, botanici; chiederci il perché di Zampaglione e il perché di Antonacci, e dare qualche risposta. A scrivere “fa schifo” a mo’ di sfogo son buoni tutti.
Ed ecco – ora arriviamo ai Dear Jack, attuali n.1 in classifica (dopo l’ingresso al n.2 in TheClassifica 41), avendo spodestato Cesare Cremonini (…spodestato da un tot di gente, visto che si ritrova al n.4). Non hanno un sito internet, non c’è su di loro una pagina di Wikipedia, e al momento le informazioni “istituzionali” su di loro sono prezioso tesoro del sito Mariadefilippi.Mediaset.it.
Che già a vederlo scritto così, mi sento a disagio come se avessi scritto Azatoth.Ctulhu.org.
E il profilo della band, esplicitamente indicata come scrigno per il gioiello Alessio Bernabei, 20enne di Tarquinia, informa che Alessio

Ha lavorato come barista, parrucchiere e idraulico.
Non piace alle persone invidiose e sofisticate.
Coglie l’attimo. È distratto con la testa tra le nuvole, ma è determinato sincero e romantico. Una cosa che lo fa piangere è proprio l’amore.

…Uh? Avete letto anche voi quello che ho letto io? Permettetemi di pigiare il replay.

Non piace alle persone invidiose e sofisticate.

Bene. Mi chiedo se questo cambi le carte in tavola, ora. 
Tutti i miei buoni propositi, ed eccomi a tu per tu con uno che vuol essere SICURO di irritarmi. Prima con le sue canzonette, ovviamente spacciate da Rtl 102,5 (la radio per very normal people – non per noi pretenziosi “sofisticati”) (…sofisticato A ME, che possiedo un 45 giri dei Fat Boys pagato coi miei soldi prima che Alessio nascesse in Tarquinia). Poi sentenziando un apartheid tra chi lo ama e chi lo invidia. La mia prima reazione è stata scomposta. Sull’onda del porcodìghel ho colto l’attimo e mi sono prodotto in una tirata di gelido fiele travagliesco completo di insulti creativi – e non solo ad Alessio e Maria, ma anche al produttore dei Jack, Kekko dei Modà, il Re Letame del pop italiano.

(…vedete il livello travaglioso cui ero arrivato) (sapete, quei fastidiosi nomignoli che lui snocciola tutto compiaciuto)

Poi però ho cancellato tutto. Perché il gioco ormai è smaccato, e non bisogna cascarci. Sì, è questo il giochino: Us and Them.
(The Dark Side of the Moon è al n.72) (The Wall, rientra al n.97)

Parlando di radio, qualche giorno fa ho sentito Nicola Savino che imitava Renato Zero. E faceva notare che da sempre durante i concerti Renatone si infervora in geremiadi contro “Loro”. Tipo: “Perché noi ciabbiamo le emozziòni, ciabbiamo le speranze, mentre LORO”. Al che la spalla (Linus): “Loro chi?” “LORO”.

Ma torniamo ai Dear Jack. E di loro diciamo che sono in gara ad Amici, e se tutto va come deve andare, vinceranno – altrimenti vorrà dire che la giuria è invidiosa e sofisticata (…e non lo è di certo). Quello che si è insediato al primo posto è il loro primo minialbum, Domani è un altro film. Otto brani di rock melodico perfettamente sovrapponibili ai Modà, con testi in cui abbondano gli immancabili riferimenti negramarini ai grandi temi che da sempre turbano l’umanità:
IL SOLE
“Il tuo sorriso luminoso come il sole” (Anima gemella)
“Il sole muore all’orizzonte e buca il mare” (Irresistibile)
LA PIOGGIA
“La pioggia è uno stato d’animo che mi prende quando non sei qui vicino a me” (La pioggia è uno stato d’animo)
“Fuori ancora piove la mia mente adesso naviga verso nuove realtà” (Anima gemella)
IL VENTO
“Il vento bacia già i tuoi occhi e ti accarezza corpo e anima, corpo e anima, anima” (La pioggia è uno stato d’animo)
“Le parole cambiano è l’immagine di questo vento gelido” (Una lacrima)
“Il presente è come un vento è la vita sfugge via fra le dita” (Irresistibile)
“Non posso più buttare il tempo in questa stanza senza vento” (Domani è un altro film)
Quanto all’amore, mi preme informarvi che “L’amore è come un fiore nel cemento” (Esisti solo tu)
Bene, io ve li ho presentati come sono, i Dear Jack: senza scriverne con spocchiosa sofisticheria, ma con la speranza che questi squarci di poesia tratti dai loro testi vi abbiano colpiti – da qualche parte. En passant, sapete perché si chiamano Dear Jack? Per “la passione comune per” (…no, non Jack Daniels) (né Bauer) (né Nicholson) (né the Ripper) “…per Jack Skeleton, protagonista di Nightmare before Christmas di Tim Burton”.
Sapete chi dava la voce a Jack Skeleton, vero? Renato Zero.

(dai, fatemi l’applauso, qui, uno di quelli da pubblico beneducato di Che tempo che fa) 

Comunque, un’ultima considerazione. Esiste, Nella Mia Umile Opinione, un filone malato e svenevole che collega tra loro parecchi gruppi degli ultimi 15 anni e fa sì che i complessini, le band, chiamateli come volete, che non sono MAI stati il pane di questo Belpaese, si affermino finalmente e riempiano le arene con un genere che deve tantissimo alla Canzonissima degli anni 70, melodismi e vibratoni tra Massimo Ranieri e Mino Reitano. E Nella Mia Umile Opinione i primi a recuperare con profitto questi manierismi inamidati sono stati Le Vibrazioni, seguiti da Negramaro, Modà e ora Dear Jack. E dico questo per far notare che vi lamentavate quando la band n.1 erano i Litfiba.
Beh, continuate pure a lamentarvi, kidz. Siete così indie, quando vi lamentate 🙂

E ora passiamo al n.2, che è più morto che vivo: Michael Jackson. Il postumo Xscape, io lo trovo allarmante. Non perché non si fanno dischi postumi, eccetera – no, è che a me il disco di Pharrell è piaciuto, e Bruno Mars lo trovo sottovalutato, ho un piccolo debole per i piacioni che salgono sul palco e fanno semplice intrattenimento vecchio stile senza avvolgermi nelle spire del loro ego (sì, Kanye West, certo che sto parlando con te – come del resto il tuo ego ti ha immediatamente suggerito mentre mi leggevi). Ma che gli scarti di Jacko di trent’anni fa possano giocarsela con quello che Pharrell e Bruno Mars e tre quarti delle star della black music fanno oggi, questo non è per niente confortante, no?

Al n.3, forte del suo passaggio nella succitata Che tempo che fa, c’è Al monte di Mannarino, mesto punto di incontro tra Vinicio Capossela e la Bandabardò. Visto che ho espunto i testi dei Dear Jack, mi pare giusto farlo brevemente anche per Mannarone. Dal singolo Gli animali
“Nonno, posso farti una domanda sulla nostra vita di pesci del mare? Perché ogni tanto qualche nostro compagno scompare?” “Perché è stato preso dalla rete del pescatore” Ma ci sarà un modo per non farsi acchiappare” “Bisogna saper distinguere… la luce delle stelle… da quella delle lampare” (pausa) “Oooh-ooh-OOH!” (tatapum, tatapum, strombazzìn, strombazzòn). Gesu calante, me le tirate proprio fuori. All’interno dello stesso brano vale la pena segnalare la strofa “Cambiano i governi, ma non cambiano gli schiavi”. Mmh, forse parla di noi. Ma schiavi di chi? LORO!

Dopo Cremonini, al n.5, c’è Deborah Iurato, che come Dear Jack concorre ad Amici e come Dear Jack ha una canzone scritta da Bungaro e Chiodo – ma anche dalla sempre più giovanilista Fiorellona Mannoia. Al n.6 c’è il nuovo album dei Black Keys. A me non dispiace. Quello che penso è che
(dov’è la botte? Uh, eccola. Fatemela colpire un momento) 
Turn blue sia, evidentemente, un disco meno adesivo del precedente…
(e ora, fatemi prendere la mira, ché il cerchio si sa che è più complicato da colpire)
…però è un disco che potrebbe venir fuori nel medio termine.
Al n.7, Caparezza; n.8 Biagiantonacci; n.9 Anastacia, n.10 MiticoLiga. Lasciano la top ten Francesco Renga, Paolo Nutini, Giorgia, Ben Harper. Entra in classifica con un sorprendente n.22 Tori Amos, il che mi fa pensare che i dischi venduti in settimana siano complessivamente duecento, o duecentodue. Tanto che ci sono alcuni di quei rimbalzoni che mi piacciono tanto, tipo En?gma che sale dal n.98 al 43, la raccolta dei Guns’n’Roses dal 92 al 53, Sal Da Vinci che rientra dal nulla al n.60, Back in black dal 77 al 49. Però anche Lily Allen che tonfa dal 32 al 92. Che risultatino, alla seconda settimana.

Dead Poets’ Society: forse la miglior performance di quest’anno, con il 13% della classifica appannaggio di cantanti che non sono più tra noi – o gruppi il cui componente più in vista ha lasciato questa valle di risate. E badate, non ci sono dischi dei Nirvana in top 100. È un risultato portato a casa dai soli Michael Jackson, Johnny Cash (amatissimo in questo periodo) Janis Joplin, Elvis, Doors, Queen, Fabrizio De André, Miles Davis, Bob Marley.
Dei Pinfloi vi ho già detto. Quindi possiamo passare all’augurarci cordialmente un buon fine settimana. Chi pensate di votare, domenica? Oh, non importa. Tanto quello che a tutti noi preme è che non vincano loro.
Loro chi? LORO!

5 Risposte a “TheClassifica 42 – And after all, we’re only ordinary bands”

  1. Can’t wait per settimana prossima e l’analisi della #1 dei Coldplay.
    Per questa settimana per fortuna non sento nessun obbligo morale o lavorativo di ascoltare i cd degli “amici” e non posso commentare molto

  2. LEI (come poi LUI) riconduce i suoi esponenti al SUO sito. E vince.
    Perché loro ci mettono le facce pulite, LEI il format.
    Si chiama MERITOCRAZIA!

  3. E lo sai a cosa somiglia un po’ il disco dei Blecchìs? A un disco dei Pinflòi! Perciò sicuro che viene fuori alla distanza e tra 40 anni sarà ancora in TheClassifica. Scriverò Bungaro sulla scheda. Cià.

  4. Sbaglio o il 6 dei BK batte gli Arcade Fire di Orfeo Negro? Clamoroso cambio al vertice nel rarefatto mondo del rock che si porta?

    1. Però era novembre. Mi sono fatto ormai l’idea che dal n.3 in giù, le vendite dei dischi siano facilmente rappresentabili da una gaussiana che parte da settembre, arriva al picco il 18 dicembre, e poi collassa da febbraio. Quindi forse un n.8 a novembre vale un n.3 a maggio!

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