Uh! Da cosa comincio? Da Suor Cristina? Da Francesco Renga e Pharrell, da Le Luci Della Centrale Elettrica e gli Afterhours? Che tavola imbandita!, grazie Signore. Toh, già che Ti sto parlando, sbrighiamo subito Suor Cristina.
È facile oggi dire: “Prima o poi ci saremmo arrivati”. Invece da Fra Cionfoli in poi, passando per Padre Alfonso Maria Parente (indagato per truffa e poi sparito) a Fratello Metallo, l’appartenenza al Culto non implica la folgorazione. Anzi. Tutto parte dal tristo precedente di Suor Sorriso/The Singing Nun. Io e (la maggior parte di) voi ce la siamo persa, ma tra il 1962 e 1963 andò al n.1 ovunque (Usa compresi, Usa compresi) con Dominique, con cui vezzeggiava San Domenico (se guardate American Horror Story, la conoscete). Ma è una storia abbastanza brutta, quella della prima suorina superstar, Jeanine Deckers (belga come Stromae, n. 3) meteora mondiale, illo tempore interpretata al cinema da Debbie Reynolds e riproposta in Italia da Orietta Berti. È stata rimossa dai revival, dai Techetecheté, dalle Storiesiamonoi, dai vari taratapunzi sui fantastici anni Sessanta. E dire che come Elvis e i Beatles si esibì all’Ed Sullivan Show. Combatté i suoi anni Sessanta, e non vinse una Madonna. Ovviamente non vide una lira di tutti i dischi venduti, nemmeno di royalties: se li presero la congregazione e il produttore (…non è affascinante?). In rotta con la Superiora, che le ordinava di rimuovere ogni accenno di malinconia dalle canzoni, nel 1966 si spretò, ma continuò a vivere vita monacale come una normale suora, insieme alla sua amica del cuore (come una normale suora) (ehm). Incise dischi di canzoni religiose a suo nome. Nessuno li comprò.
Con fantastica goffaggine cercò di rappresentare un punto di riferimento religioso avanguardista, vedi la canzone pro-contraccezione intitolata Glory Be to God for the Golden Pill. Aprì una fondazione per aiutare bambini autistici, ma ecco che, 15 anni dopo il suo successo, il governo belga le chiese un botto di soldi di tasse arretrate sui dischi venduti. L’Ordine rimbalzò beatamente ogni addebito. Suor Sorriso tentò allora la carta della disperazione: un remix dance di Dominique. Ignorata dal pubblico, esaurita, depressa, incise un brano intitolato Sister Smile is Dead. Poi, non sapendo più a che santo votarsi, decise di andare al Creatore: il suo ultimo sister act fu di suicidarsi assieme alla sua compagna, nel marzo 1985. In effetti, ricorre il 29ennale della scomparsa. Chissà se qualche giornale lo ricorderà, voi cosa dite?
Quindi, che Dio la mandi buona a Suor Cristina Scuccia, scartata da Amici e X Factor, coltivata da Claudia Koll, adottata da J-Ax. Il che va a dimostrare che le vie del Signore, eccetera.
Ma a proposito di “diavolo e acquasanta” (cfr. J-Ax). Questa settimana la classifica ripropone magicamente l’antinomia della settimana scorsa, canto e controcanto, tesi e antitesi, ma con diversi interpreti, persino più interessanti rispetto al confronto Pharrell-Brondi, scesi al n.5 e al n.7. Stavolta il n.1 e il n.2 sono occupati da gente che viene dallo stesso boschetto della nostra fantasia: il rock italiano degli anni Ottanta e Novanta. Francesco Renga e Afterhours.
Tanto tempo fa, uno cantava il rock un po’ pane e salame dei Timoria, i colori che esplodono (e in effetti nessuno si è mai fatto male); gli altri promettevano che non si sarebbe usciti vivi da nulla: dal male di miele, dal pensiero superficiale, dalla Padania, dall’estate, da quello che non c’è, dalla gioventù di oggi, dal sabato dei milanesi – avete richieste?
Che disco ha fatto Renga? Il disco di pop italiano più smaccato, defilippiano che si possa fare nel 2014. Contiene Giuliano dei Negramaro, Kekko dei Modà, Alessandra Amoroso di Amici (n.6), Elisa di Elisa (n.12), le canzoni con dentro le nuvole, il vento, la vocalità stirata come i grissini, i testi esasperanti che l’amore è una roba bella ma complicata, detto in modo da farci notare quanto Elisa, Kekko Silvestre e Negramaro e Sandrina Amoroso siano di fatto così vicini tra loro, così livellati verso i cumulinembi, con le loro canzoni di vapore acqueo.
Sapete che disco hanno fatto gli Afterhours? Si sono celebrati: in occasione del 17ennale del loro disco più ineffabile, hanno inciso una versione deluxe di Hai paura del buio?
(…sono anni che rispondo: NO)
È un modo sensato per farsi (finalmente) passare dalle radio – grazie per esempio a Samuel dei Subsonica ospite in una inappuntabile Voglio una pelle splendida. Trovo un po’ ghignoso Finardi che mugola “Lasciami leccawwre l’adrewnaliinaw” perchè è esattamente ciò che merita quel pezzo. Ma qui mi si impone un momento di autoanalisi.
(se volete potete uscire un attimo, e tornare quando parliamo di morti e di Pink Floyd, di scarpe e navi e ceralacca, di cavoli e di re)
Dacché la scorsa settimana ho tirato in ballo Manuel Agnelli per il suo ruolo centrale di depressore del rock italiano, più d’un amico (almeno due) mi ha fatto notare come l’attenzione dell’ambientino è andata tutta agli Afterhours, e non al n.1 Renga, quasivincitore di Sanremo. Che lo si dà per perso, irriso come traditore o nemmeno considerato, perché pesca in un pubblico completamente diverso. Quello che mica ci legge, noi critici di rango, giusto? Gli Afterhours sono un bersaglio più emblematico e ghiotto. V’è stato in particolare chi mi ha taggato sopra un articolo di Vice di un giovane che non conosco, che va col napalm sugli Afterhours.
Quasi a dire: “Vedi? Anche loro”.
Oppure a dire: “Vedi? Ecco cosa hai combinato”.
Oppure a dire: “Vedi? Sei stato superato a destra”
(o a sinistra) (è lo stesso, basta che ci sia posto) (cit.)
Non sarò certo io ad arrogarmi il diritto di esser l’unico ad accostarmi agli Afterhours con la clava.
(quantunque, sono l’unico che lo fa da quindici anni)
Però il massacro deliberato che Vice ha fatto degli Afterhours e dei loro ospiti, nessuno escluso (e questo, soprattutto, è sospetto. Quanto meno per motivi matematici), è un’operazione un po’ mesta. Non conosco la persona che ha scritto il pezzo, che peraltro non mi sembra sia scritto molto bene, onestamente. E’ una recensione virulenta ma traballona, annebbiata, con motivazioni flebili – non si prende lo stupido sbattimento analitico che mi prendo io
(per citare uno a caso)
pur di dimostrare che non sto totalmente vaniloquiando. Però è un articolo che svolge la sua funzione. Portare credibilità antagonista a Vice, connotarne il radicalismo amato da chi pensa fuori dal gregge. Voi capite che stiamo parlando di un format internazionale, di un’iniziativa editoriale in cui Murdoch ha messo 70 milioni di dollari (SETTANTA) solo sei mesi fa.
…Radio Alice, it ain’t.
Tuttavia ho trovato altre recensioni acidissime, e tutte su internet. Perché la depressione, la gente che sta male eccetera, ha fatto il giro, e gli Afterhours se la ritrovano inopinatamente contro. La biscia si rivolta al ciarlatano (cfr. Arrigo Sacchi). Però, ka-boom! È diventata puro sfogo pulsionale. E nella forma socialmediatica, sui siti/blog/commenti/tweet/younameit si sostanzia in uno sprezzo e uno scherno übersnob. Ma naturalmente, è anche un passaggio generazionale. Il tradizionale festone di legnate che tocca a chi è in giro da più di vent’anni. Vi viene in mente qualcuno che ne sia esente? Qualcuno che sia vivo, beninteso.
(non guardate me, scrivo da meno di vent’anni)
A un certo punto, diventa irrilevante quello che fanno. Devono pagare. Figuriamoci uno come MiticoLiga (n.4). La cosa per me affascinante è che MiticoLiga, sul quale io non credo di essere tacciabile di cuoriciosità, a ’sto giro ha tirato fuori una delle sue migliori canzoni proprio con la tecnica dei suoi detrattori. Quelli che scrivono di sé, di sé, di sé. Che, mi duole dirlo, è la cifra stilistica più diffusa tra i critici della nuova leva, una deriva rancida della scrittura di Guia Soncini. Voglio dire, iniziare una recensione parlando di cosa facevi a 12 anni, di cosa mangiavi a merenda quando nel 1997 per la prima volta hai sentito quel gruppo su Mtv, del tipo strano ma significativo che ti portò al tuo primo concerto, della fidanzata che ti lasciò con le parole di quella canzone. È pur vero che la gente si ferma a guardare, quando il critico 2.0 racconta i suoi ciaocrem o gli sgridi di papà, il divano di Aiazzone o il primo limone: la critica-selfie va in paradiso. Guardacaso lo fa mandando all’inferno un 50enne di Correggio che si racconta in Per sempre, ricordando il bambino più grande che lo mena, il padre che interviene a salvarlo – e lo condanna per sempre. Il babbo che lo fa guidare, la mamma che cucina cantando Sanremo. E la morte e il ricordo e il resto. Al netto dei consueti ligabuismi (cosa può mangiare, papàLiga, se non “la vita”?), si sta raccontando senza cantarsi addosso, è vissuto vero e non compiaciuto, ma soprattutto condivisibile su vasta scala. Per quanto sia in armi con lui e con il suo ufficio stampa, vi sfido a non riconoscerci un sentimento vero. E se non lo riconoscete oggi, un giorno succederà. Fidatevi.
Va beh, fatemi chiudere la top ten. Al n.8 Levante col suo primo disco; al 9 sale Dallamericaruso, al n.10 Arisa. Escono dalla prima decina Elisa, Mika (dal n.7 al n.21), Lea Michele (dal n.8 al n.27). Un po’ ovunque nella top cento, impennate e crolli particolarmente evidenti, non del tutto spiegabili (Lorde dal n.64 al 26, Jovanotti dal n.47 al 25, Pearl Jam dal 40 al 22); in compenso Gaga resta inchiodata misteriosamente al n.52. Poi, sempre per quei movimenti strani che io studio in modo insano alla John Nash,
(…inserire battuta su John Crosby) (ehi, Crosby è al n.69) (…David)
da punti diversi della classifica FIMI vanno a mettersi di punto in bianco in fila indiana ben quattro dischi sanremesi: dal n.81 al n.84, si tengono per mano Perturbazione, Zibba, Renzo Rubino e Antonella Ruggiero. Quante probabilità ci sono che questo succeda realmente? No, d’accordo, lasciamo stare.
Le nuove entrate, oltre a Renga Afterhours Levante, sono Primo & Tormento (n.14), Mostro (n.35), Bastille (rientrati al n.37 causa concerto), Management del Dolore Post-Operatorio (n.44), Elbow (n.61), Motorpsycho (n.63), Nada (n.74) e Joan As A Policewoman (n.79).
Pink Floyd report: The Dark Side of the Moon sale al n.51, The Wall si inerpica dal n.90 al n.73 (whew!), Wish You Were Here sale dal n.95 al 90.
I dischi di artisti defunti in classifica sono 10 su 100.
I dischi live sono 7.
Censura totale! Hai cancellato un mio commento di complimenti…
Mi spiace, non l’ho visto – c’erano lavori in corso sul sito 🙂
Grazie comunque
Sito molto simpatico 😀 e soprattutto particolare , mi piaceeee 😀