AMARGINE

TheClassifica 21 – Un certo Stan, una certa Todrara, un certo Bordone

Ma che è successo? Da dove sono ricomparsi tutti questi raggi di sole e vento e nuvole su fiori e lacrime, il vocabolario più dozzinale del canzonettiere, il frasario di chi non sa che dire e per togliersi d’imbarazzo parla del meteo? E’ una sensazione solo mia o il pop italiano ormai produce discorsi da ascensore? Al posto di Renato Zero ecco un’altra romana, Giorgia al n.1, con Senza paura. Va bene. La volete? Eccola qui, Giorgia, nel 2013: 

“Ogni fiore che nasce e ogni raggio di sole è per te”. “Così finisce questo inverno insieme a te: ti sento come il mare mosso”. “Ho visto un volo di gabbiani attraversare il mare – Aspetto il sole dell’anima che sa che non finisce”. “Cambia il cielo cambia la musica dell’anima ma tu resti qui con me”. “Aspetterò che pioverà prima di amarsi a fondo”. “Il confronto col tempo è un passo sulle nuvole. I baci che ti dò si aprono nel vento per te. Se il cielo è sempre il cielo e te sei sempre te per me”.

Rifiutandomi di citare i Modà, credo che i campionissimi del barometro siano i Negramaro, che con Sangiorgi è tutto un coprirsi da vento e pioggia e nuvole che straziano il sereno. Oh, lo so, lo so che i Beatles scrissero Rain e Bob Dylan cantò del vento che soffiava (con tutte le risposte) e gli diede pure dell’idiota. Il tempo, insegna il romanticismo, è il metaforone perfetto dei climi dell’anima. E a proposito di anima, notate come negli esempi citati Giorgina la tiri in ballo due volte: l’anima doveva essere anche nel titolo dell’album, “Ma ho saputo che lo stava per fare anche Elisa”. Ah, guarda. Comunque oggi la intervisto. Vi saprò dire.

Al n.2, intanto, uno dei miei più imprevisti dischi dell’anno: Marshall Mathers LP 2 di Eminem. Credetemi, lo abbiamo dato per superato troppo presto. Forse nemmeno per questioni musicali. Casomai perché l’impatto del suo personaggio era parso assorbito – e poi lui era così smaccatamente legato a un’altra epoca, no? Pre-social, pre-hype. Pre-Obama, pure. Invece, gesummaria, quanto è a fuoco anche solo col primo pezzo, Bad guy, la nuova Stan, con lo stalker che prima di ucciderlo si annuncia: “I am your lack of a conscience, I’m the ringing in your ears… I’m the bullies you hate, that you became – with every faggot you slaughtered, coming back on you every woman you insult”. Si mangia in un boccone l’hip(ster)-hop di quanti hanno dettato legge dopo di lui, a partire ovviamente da Kanye West: il suo non è un invito a guardare il trono, ma ad ascoltare. Per esempio ad ascoltare Rap god, clamorosa prova di strapotere vocale che costituirà il parametro con cui tutte le favelle veloci dovranno misurarsi in futuro. E basi vecchio stile, che non cedono mai ai moderni barocchismi o alle smanie dubstep di qualche suo collega in auge (anzi, abbondano i campionamenti dal rock più tardone). “Let’s take it back to straight hip-hop and start it from scratch”, dice in Berzerk. E io lo ringrazio per aver detto quello che penso da tempo, cioè che il rap dopo Eminem non si è evoluto quanto avrebbe potuto e dovuto: il genere ultrafico e ultracontemporaneo è in giro dal 1979, mica da ieri, ed è più bolso che scattante. Intendiamoci, che Eminem si collochi tra i conservatori del rap più che tra i progressisti, era più prevedibile di una giocata di Montolivo. Ma quello che deve far pensare è che non c’è in lui alcuna pretesa di fare della “art pop”, con tanti saluti alla signora Gaga. Non la considera quasi, anzi rimpiange – con ironia anagrafica – i buffoni di ieri: (“I’m all out of Backstreet Boys to call out and attack”).

(tutto questo solo per dimostrarvi che non parlo SEMPRE male della gente) (quanto poco sono divertenti le recensioni positive però, vero?)

Del resto della top ten ho un’opinione piuttosto sconsolante. Renato Zero, Fiorella Mannoia, Elisa, Claudio Baglioni, Emis Killa, Avril Lavigne (nuova entrata), Jake La Furia, Pearl Jam. Escono dalla diecina principale Jovanotti, Alessandra Amoroso e Arcade Fire (dal n.8 di ingresso al n.19) (direi pertanto che l’ipotesi che siano i nuovi U2 per il momento è accantonata) (o scongiurata, a seconda di quanto siate malevoli)

The Wall è stabile al n.24 ma The Dark Side of the Moon lo insidia da vicino al n.26; sale anche Wish you were here al n.30, davanti a Sole a catinelle di Checco Zalone (n.32). Vedo un po’ vicini all’uscita di scena Adele (n.83 dopo 146 settimane in classifica, è record italiano assoluto, quasi tre anni, oh), nonché Samuele Bersani e Avicii, usciti solo due mesi fa). Mentre dopo due settimane è già uscito dalla top 100 Glamour de I Cani. Nonostante questo, a quel disco lì in questi giorni ci penso spesso. E ne parlo spesso, dicendo ai passanti che non ci divento matto ma non ho dubbi che sia importante e significativo. Tra l’altro, pensa che ti ripensa, mi sono anche chiarito una cosa che avevo scritta e non sapevo perché: ho recensito il disco per Rollinstòn, e a un certo punto istintivamente ho scritto la frase “Insomma, nel disco c’è Matteo Bordone – LOL”.
E adesso, io e Bordone non siamo amici. Ne abbiamo molti in comune, abbiamo il rispettivo numero di telefono ma io non so dove abita lui e lui non sa dove abito io, non facciamo comunella nemmeno sui social e di certo non giochiamo a pallone insieme, perché non credo nemmeno che sappia come si fa. Ci conosciamo da anni, ma le non poche volte che ci siamo visti c’era sempre qualcuno a fare da intercapedine. Non che si sia mai litigato, anche perché io sono solito fare il contrario di quello che fa lui, ovvero simulo di avere un buon carattere (il che però premia lui dal punto di vista delle groupies, e in questo c’è una lezione: vezzeggiare le donne in modo mellifluo come faccio io è un errore tracotante). Tant’è che l’ultima occasione in cui ci siamo visti lui mi ha dato della “maledetta testa di cazzo” in diretta webradio per nessun motivo, pensando avessi causato un problema ai suoi stupidi cavetti di geek – poi in realtà non c’entravo nulla, ma non gliel’ho nemmeno menata, signore d’altri tempi che sono. E tuttavia cionondimeno in questi giorni mi veniva da mandargli un sms avvisandolo: “Guarda che su un giornale ho scritto il tuo nome e subito dopo LOL”. Che poi mi fa strano parlare su un giornale di uno che più o meno frequento come se non lo conoscessi. E’ la prima volta che mi capita e come vedete non so come si fa.

Però uno deve essere chirurgico, basta con tutte queste pacche sulle spalle da conventicola. Ora l’ho capito, perché ho messo Bordone nella mia recensione (LOL). C’è un motivo. Ovvero: Bordone nel disco dei Cani è perfetto, è l’apoteosi dell’operazione metametametapostmetatestuale di Niccolò Contessa
(…sarei andato avanti a dire metametameta per un bel po’, è come il grido degli Underworld, “Lagerlagerlager!”, ne I Cani ha la stessa valenza liberatoria-autodistruttiva) 
perché mettere Bordone in un disco oggi è a sua volta fare citazionismo, è paragonabile a metterci 35 anni fa Adrian Belew, oppure 40 anni fa il mellotron: è la Madonnasanta di tutto un mondo blogo che si riconosce in lui ed è un mondo avantissimissimo, che entra dritto nel cuorcontento del mainstream (Rai, Sky, Condé Nast, cos’altro?) eppure riesce mirabilmente a porsi in modo avantissimo e obliquissimo rispetto al mainstream medesimo.
(però resta uno di Varese, non so se mi spiego)

Okay, tutto questo era per risparmiare l’sms. Grazie per aver letto fin qui. A presto.

4 Risposte a “TheClassifica 21 – Un certo Stan, una certa Todrara, un certo Bordone”

  1. Certo che questa tua polemica con Bordone sembra una richiesta di iscrizione al club dei blogger autoreferenziali…

    1. Uhm. No, non lo è e non pensavo lo sembrasse. Ho pensato che al di là della manfrina, avesse un aspetto musicale, evidenziasse l’emergere di una nuova frontiera del citazionismo cool di cui I Cani – sulla scia dei Baustelle – sono fieri alfieri. Ovvero, invece che usare un sitar per dire “India” uso Bordone per dire “hipsteria”. Però accetto il tuo rilievo – prendo e porto a casa.

  2. Sei divertente pure quando parli bene di qualcuno, non temere. Mi aspettavo però l’arrivo in frotte degli ultrà di Matteo Bordone, in stile vaschetti (o rossetti?) amorosini e vari.

I commenti sono chiusi.