AMARGINE

TheClassifica 20 – Gli spermatozoi.

Angelo Branduardi entra in classifica al n.38 con Il rovo e la rosa, ballate d’amore e di morte. Chissà che roba è. Pensate, nel 1980 Branduardi si è esibito a San Siro. E al Comunale di Torino. E al San Paolo. Capite, Branduardi negli stadi. Le cose cambiano, eh? Oppure no. Al n.1 c’è Renato Zero.
Ah, mia vecchia nemesi.
Permettetemi di ripescare una roba che ho scritto qualche anno fa. Ecco.
Renato Zero è uno degli annosi problemi di questo Paese. Se mi dicessero: “Scegli, puoi liberare il Paese da Formigoni, dalla Juve, dalla provincia di Brescia, dalle zanzare o da Renato Zero” – ecco, io non avrei dubbi. 
Sopprimerei le zanzare.
Tanto, i bresciani darwinianamente non possono sopravvivere in quanto non adatti, Formigoni non è mai stato realmente in grado di fare porcate fuori dalla Lombardia e la Juve esiste solo se credi che esista. E quanto a Rrrenàdo, dài, non riesco a disprezzarlo. Però di fatto, Zero è l’Andreotti della musica, è retorica populista che ha pure il coraggio di travestirsi (sempre meno) da scomodità, è uno che è arrivato dove doveva: a cantare per il Papa in Vaticano e a dire che si è finto gay per la visita militare – ma viceversa, ci tiene a dirlo, è “di tutt’altra pasta”. E’ uno di quelli che dicono talmente tante fregnacce che se gli dici “Ma falla finita!”, rincarano la dose, perché Zero è tipo un troll. Forse il metodo Grillo, quello di seppellirti emotivamente prima che razionalmente, lo ha inventato lui. E parlo per esperienza personale. Oh, lasciate che vi racconti!
Ero giovane e incauto e Rrrenàdo stava presentando un disco davanti a giornalisti e sorcini. Gli ho chiesto come mai dai tempi di Triangolo o Mi vendo era diventato sempre meno ironico e si era messo a cantare Ave Maria e La pace sia con te. E lui tutto drammatico e indignato: “Che vòr dì ironico? Pure le ova ar tegamino so’ ironiche. Che c’è da esse ironici, quanno ce so’ le stragi der sabato sera!” 
Come forse avrete subodorato, alzando la voce e accelerando la risposta nel punto giusto (“quanno ce so’…”) aveva chiamato l’ovazione dei sorcini, che infatti ovarono commossi e indignatissimi con me
(…ora: non è che non me lo meritassi, ma cercate di capire: non c’era ancora Uomini e donne per chiarirmi una volta per tutte che chi titilla la pancia del pubblico tutto còre e buonzénzo ti distruggerà sempre)
In compenso quando gli hanno domandato di quelle società spensierate a Montecarlo e quei due milioni di euro ballerini, si è avvalso della facoltà di non rispondere, come nei film. Il che va a dimostrare che il vero artista sa bilanciare corposo slancio e impalpabilità.

Comunque, così come ci siamo tenuti Andreotti finché morte non ci ha separati, Zero va al n.1 anche in questo decennio, ed è il QUINTO. Sto cercando di pensare chi in America o in Gran Bretagna è stato al n.1 in ognuno degli ultimi 5 decenni con un disco nuovo, ma non mi viene in mente nessuno. Non sono certo che ai Rolling Stones o a David Bowie sia capitato, tendo a escludere che sia capitato a Bob Dylan. Forse nemmeno a Michael Jackson. Ma ho la sensazione che anche ad andarli a cercare siano pochissimi. Invece in Italia è una regola, quelli che si lagnavano negli anni 70 sono ancora tutti qui, piagnoni e sconsolati nonostante i miliardi accumulati. Proprio come, se non ci avessero proprio impedito con le cattive di votarli, noi voteremmo ancora per Bettino e per Forlani e per De Mita e per Berlinguer e per Almirante. Ché alla fine, era tutta gggente de còre, poràcci – anzi, gl’hanno dato contro perché erano scomodi, ma c’hanno dato i migliori anni della nooostra vita. Non dimentichiamoli! E mandiamo tanti soldi per Fonopoli, prima che Renato vada in Frigione, senza passare dal Fia.

…Al n.2 però, colpo di scena: Jake La Furia.
Da una vecchia nemesi a una nuova.
Sapete, ha espresso il desiderio di NON essere intervistato dal sottoscritto.
Immagino sia suo diritto.
Questo mi mette un po’ nei casini, perché non è mica il primo. Per dire, anche MiticoLiga ha chiesto che stessi alla larga da lui. E ora voi potreste dire: giovane, sei blandamente simpatico e tutto, ma te la sei anche un po’ cercata. E io vi potrei rispondere: eh, capisco cosa volete dire. Ma a questo punto, ditemi voi a chi ispirarmi per fare le interviste. A Gramellini? A Cazzullo? A Gianni Mura? Devo trasmettere stima per l’intervistato? Eppure non mi sembra che le mie interviste siano attestati di disistima.
Vi dico queste cose perché di fatto se dirigessi un giornale sarei il primo a dire “Sai cosa, Madeddu – sei proprio brillantissimo e tutto, però si dà il caso che noi dobbiamo vendere le copie, e non è che lo facciamo grazie alle legioni di tuoi lettori: lo facciamo se mettiamo MiticoLiga in copertina”.
Dovrò regolarmi di conseguenza. Quindi Jake, grazie per la lezione, farò tesoro. Tu intanto ti trovi tra Renato Zero e Fiorella Mannoia (n.3) E mi piace, pensarti lì tra loro.

Al n.4 c’è Elisa, n.5 Claudio Baglioni, n.6 Emis Killa. Solo pochi giorni fa mi sbrodolavo di parole su di loro (oddio, su Baglioni neanche una e non me ne pento), ma già scendono dal podio. Ormai è sempre più compra e fuggi. Al n.7 i Pearl Jam, al n.9 Jovanotti e al n.10 Alessandra Amoroso.

Al n.8 invece gli Arcade Fire. Che viceversa sono numeri uno in Usa, davanti a Katy Perry. La quale in Italia esce dalla top 10 dopo una sola settimana.
Personalmente, gli Arcade Fire non mi dicono veramente niente. Ce li ho pure nell’iPod, eh. Ma niente. 
E dire che rispondono meglio di tutti all’ansia generalizzata di avere dei nuovi U2.
E dire che mettono d’accordo tutti gli opinion leaders, da Pitchfork ai Grammies passando per Mtv e Rollinstòn. Sono bravissimi in tutto ciò che piace all’accademia del rock. Ma where’s the beef, where’s the beef, where’s the BEEF? Non c’è stata una singola loro canzone che ha saputo darmi matto in due mosse come capitato ai deprecati Linkin Park (entrati al n.16). Non c’è in loro un singolo momento di quella ‘gnoranza sentimentale che ha portato tutti noi al rock, lungo i binari dritti dell’identificazione.

Mi fermo prima di farvi l’elogio incondizionato dei Linkin Park o dei Blink-182. Perché lo spazio stringe e devo ancora informarvi che oltre a Katy Perry, un altro a uscire dalla top 10 dopo una sola settimana già di suo un po’ ingloriosa è James Blunt. Queste povere popstar, perché non le amiamo? Justin Timberlake, per dire, scende dal n.53 al 64. Ma anche ScriviVecchioni scende al n.19. E vivaddio i Modà passano dal n.10 al n.20, bisogna attaccarsi anche a questo. I 30 Seconds To Mars, forti del passaggio in Italia, passano dal n.98 al n.23. Ma sono tallonati da The Wall (sì, quel The Wall) che balza per qualche motivo dal n.47 al 24, superando Max Pezzali. Che classifica tutta matta!

Nel mentre, entra in top 100 in modo generoso e confusionario la buonanima di Lou Reed, con Transformer al n.28 (…forse i negozianti ci hanno scritto su E’ QUELLO CON PERFECT DAY E WALK IN THE WILD SIDE), The Very Best Of al n.37 (secondo me anche lui CONTIENE PERFECT DAY E WALK IN THE WILD SIDE) e al n.59 Perfect Day – The Best of Lou Reed (ritengo ragionevolmente che contenga oltre a PERFECT DAY anche WALK IN THE WILD SIDE), The Best al n.81 (ipotizzo che includa…) (basta, gag usurata), quindi il discobanana al n.82, e finalmente Berlin al n.98.
Niente Rock’n’roll animal. Buh.

Ah, entra al n.46 Sole a catinelle di Checco Zalone.
Non so cosa sia, se la colonna sonora, o altro. Non so e non voglio saperlo.

Che snobismo però.

4 Risposte a “TheClassifica 20 – Gli spermatozoi.”

  1. Eccolo qui, il criticone. Quello che randella i mostri sacri, tipo De Andrè e Celentano, per poi sciogliere il peana in morte di Little Tony (perché puoi fare il bastian contrario finché vuoi, ma non si può muovere un rilievo che sia uno a chi passa a miglior vita, ché non sta bene) e fare interviste in ginocchio a Gianni Morandi. Quello che recensisce la prima serata dei due concerti di Celentano (ma non la seconda, ché il tapino avrebbe dovuto smentire tutto quanto scritto in precedenza), scrivendo cacate madornali: non tanto la stronzata di Rip it Up eseguita due volte in una sera (il poverino ha confuso Rip it Up con Ready Teddy; sempre che sappia di cosa stia parlando, anche se il sopraccitato peana a Little Tony lo concluse con “I said shake, rattle and roll”, per far vedere che lui il rock lo conosce, mica cazzi), quanto per la solita litania “solo in Italia queste cose, in un paese serio i critici gliel’avrebbero fatta vedere (tutti quello che dicono “solo in Italia eccetera”, a partire da Grillo, dovrebbero essere sciolti nell’acido nell’istante stesso in cui pronunciano la frase), etc.” (non è una citazione letterale, ma il succo è quello), mentre invece non è vero un accidente, basti pensare alla figuraccia in mondovisione di Paul McCartney alle Olimpiadi, con lui che canta la solita Hey Jude in ritardo rispetto alla voce in playback (playback che pare dovesse servire a coprire tutto lo stadio) ed evita il disastro per un soffio saltando goffamente un verso, oltre ad una straziante stecca durante il coro finale col pubblico; e, a parte gli sberleffi e gli inviti ad andare in pensione nei social network, hanno fatto tutti finta di nulla (vabbé, a parte il Daily Mail). Potrei andare avanti ore sulle minchiate scritte su tanti, troppi altri (U2, per esempio), ma mi fermo qui, ché oggi è pure domenica. Dice: che c’entra questo commento con l’articolo sulla classifica degli album più venduti in Italia? Niente, è che volevo scriverti queste cose già da tempo, ma sul sito di Rolling Stone si può commentare solo con Facebook, e io lì non ci sono. Mi scuserai se non mi firmo; naturalmente lo faccio perché sono un cantante in incognito che ce l’ha con te per qualche critica ricevuta, o comunque qualcuno del suo staff (credici). Tranquillo comunque: mi farò vivo alla prima occasione, non appena tromboneggerai su qualche altro mostro sacro (ammazza che coraggio, ahò; si è mai visto un atto più fintamente anticonformista di questo?); sono sicuro che capiterà prestissimo.

    P.S: Se ci scrive uno così su Rolling Stone, allora voglio un contratto di collaborazione pure io.

    1. Antonio, cosa posso dirti: proponiti a Rolling Stone. Sono sicuro che ti prenderanno al volo: la tua lampeggiante verve, la tua conturbante facilità di scrittura, la tua frusciante leggerezza e la tua sinuosa competenza sono un bisogno impellente non solo per qualsivoglia testata degna di essere letta, ma più in generale per il Paese tutto. Fallo per le masse che te lo chiedono a gran voce, radunate sotto casa tua: prendi il mio posto e libera una generazione dal mio turpe giogo. Fallo, invece di continuare a leggere i miei articoli per farti venire il nervosino. Perché sembra onestamente che tu non conosca altro modo per passare il tempo. Di conseguenza, se vorrai continuare a scrivermi e a leggermi, affari tuoi; certo, visto l’effetto che ti fa, io non te lo consiglio.

  2. E certo, come no, passo il mio tempo a leggerti e, di conseguenza, a rodermi il fegato (perché poi? Boh). Che tristezza. Era meglio se mi avessi cestinato il commento.

    1. Oh, no, Antonio. Mai lasciar cadere la possibilità di mostrare che c’è uno al mondo messo peggio di me.

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