Arrivano i dischi, arrivano i dischi. Oh, adesso sì, che si vedrà. Forse andrà come quando nel 1480 Achmat il Tataro si preparava a lanciare l’ultimo, grande attacco dell’Orda d’Oro contro i principi di Mosca. Alleandosi addirittura coi Polacchi. Arrivò sulle rive del fiume Ugra: i russi accampati dall’altra parte videro arrivare Achmat: “Arrivano i mongoli, arrivano i mongoli” – e iniziarono a ringhiargli contro. Senonché, i Polacchi non si presentarono (gosh). Quindi dopo aver atteso un tot, Achmat il khan vide che il fiume stava iniziando a gelare, allargò le braccia e indicò all’esercito la strada della steppa. Pochi giorni dopo fu ucciso come un khan. Nella sua tenda, quasi sicuramente da alcuni dei capi delle fazioni in cui l’Orda si sarebbe poi sgretolata, collassando definitivamente vent’anni dopo.
Da adesso fino alla primavera 2014 assisteremo all’ultimo attacco dell’Orda d’Oro della discografia. Verranno schierati gli ultimi nomi che vendono veramente i dischi. Le ultime quattro stagioni di vacche magre hanno favorito in classifica il dominio schiacciante e un po’ ottuso (absit iniuria etc) della raccolta di Jovanotti. Ma sta per finire. Ecco avanzare i primi nomi capaci di mandare la gente nei negozi o su Amazon. E forse anche su iTunes (ne avrete sentito parlare).
Quelli che sono arrivati a shakerare la classifica degli album sono solo l’avanguardia dell’esercito. La prima classifica degli album sensata dopo mesi e mesi vede quattro nuove entrate solo in top 10. Al n.1 Samuele Bersani. Al n.2, Madonna con un live un po’ triste, per i fan che non si rassegnano al tramonto e a Gaga. Mentre tra i soliti Jovanotti e Max Pezzali, numeri 3 e 5, si inseriscono gli Arctic Monkeys. E non è finita! La quarta nuova entrata è Ornella Vanoni, col disco d’addio. C’è un arretramento generazionale generico, con Mengoni, Emma, Fedez e Modà spinti verso la parte bassa della prima diecina. Cacciati invece fuori dalla top 10 (insieme ai Marlene Kuntz, che scendono dal n.9 al n.33), Daft Punk, Moreno, Negramaro.
Altra nuova entrata: Marco Ligabue al n.16.
(dà da pensare)
Prima di lui gli Earth Wind & Fire al n.14, che fanno simpatia anche se il disco è pasticciatissimo e duettoso.
Sugli Arctic Monkeys, me la cavo in poche righe. Mi sta piacendo. Mica me lo aspettavo. Loro non mi sono simpatici, e li ho sempre trovati due passi indietro rispetto a quanto volevano far credere. E’ il nuovocheavanza più canuto ch’io abbia sentito in questi anni di vecchiezza rock. E voglio vederli, quelli che hanno tirato legnate agli Oasis, a prodigarsi in lodi per questo AM così lennonista. Cionondimeno non so, sarà che questo settembre è ancora così primaverile – spero anche dalle vostre parti. Che vi devo dire, ho diritto a rammollirmi anch’io. Ma veniamo a Samuele Bersani, orsù.
E’ da anni che mi c’accapiglio. Specie sulla parola “birignao”, che una volta ho usato per descriverne lo stile. Mi voleva infilare i coccodrilli nella doccia. Ma ci vogliamo quasi bene! Siamo pure nati tutti e due il 1 ottobre. Ebbene: stamattina mi è caduto l’occhio sul ponderoso Catalogo dei Viventi di Giorgio Dell’Arti. Alla voce Samuele Bersani, riporta brani di interviste prese chissà dove. Ne evidenzio un paio.
“Mi considero più un musicista che un autore di testi”.
“Nella vita di tutti i giorni non canto mai”.
Ecco, se ascolto Nuvola Numero Nove (teh, come Cloud Number Nine di Bryan Adams) penso che la seconda frase sia vera. La prima no. Bersani recita i suoi testi più che cantarli, sempre con lo stesso tono semilaconico di chi sta declamando degli haiku lunghissimi, che si distacca, lascia che l’emozione si sprigioni dalla parola, e non dall’intonazione, dal timbro, dal contrasto tra le note.
Okay: the guy is no Mario Biondi. Però è evidente che da Chicco e Spillo in poi ci siano state poche eccezioni a questa regola. E tra l’altro, sono stati momenti che io considero stranamente goffi. Tipo Spaccacuore o la infelicissima cover dei Waterboys Cosa vuoi da me. Era l’epoca in cui gli chiedevano delle hit, suppongo. In ogni caso, direi che l’enfasi non è il suo pane. Però la musica nel suo disco la sento proprio poco. Quando la sento, come in Il re muore o in D.A.M.S. o Complimenti!, mi compiaccio e mi vanto di esser nato il suo stesso giorno. Ma per il resto, le parole si sobbarcano quasi tutto il lavoro. Ed è curioso, che capiti a uno che ebbe a dire “Mi fa cagare molta musica rap”.
Ora, ecco che la cosa mi dà il gancio per chiamare in causa la polemichetta tra rap e Canzonedautore (vedi alla voce Colapesce). E, a cascata, la manfrinosissima quaestio sulla dignità della Canzonedautore, elevata per l’ennesima volta al proscenio dal pelosissimo teatrino con cui il Corrierùn ha fatto rotolare la bolla mediatica del Nobel a ScriviVecchioni. Il quale en passant ha un disco e forse pure un libro in uscita tra poche settimane.
(ma no) (ma dai) (ma pensa) (ma vedi)
Non è che voglio pensare male dell’intera burattinata. Il Corriere, l’elefante in tutù che danza tra pop e accademia, è un bersaglio facile. E ancora di più lo è l’articolo che commenta la misteriosa “candidatura”, un gustoso tourbillon di banalità che culmina, tenetevi forte, nella frase “Il mondo degli intellettuali ha sempre guardato con sospetto alla canzone d’autore”.
(…lo chiamate voi, l’accalappiacani?)
Ciò che mi fa pensare malissimo è che moriremo sentendo ancora proclamare la battaglia per la Canzonedautore, che è veramente desolante. Ditemi se sbaglio: ci sono canzoni che si scrivono da sole? Voglio dire, a parte MiticoLiga, qualcuno possiede un Generatore Automatico di Canzoni? Ogni canzone ha un autore.
Anche la canzone più stupida, ha un autore. Forse stupido. Forse no.
Ma bisogna essere veramente intellettuali (cit.) per non ammettere che è solo una farsa che dura da decenni, e appesantisce la musica italiana. Anche se, intendiamoci, non è inutile. E’ utile per avere un corso universitario in cui ScriviVecchioni afferma cose come “La parola cantata contro la violenza e per l’amore vale mille eserciti”.
(yep)
Per scrivere, credendoci, la voce “Canzonedautore” per la Treccani. Per compiacersi sulla propria pagina facebook dicendo che la “candidatura” è un grande riconoscimento “non tanto per me stesso quanto per la Canzonedautore”, più o meno le stesse parole dette dopo aver vinto Sanremo con una canzone men che mediocre (ma di una mediocrità d’auteur). E siccome la tarantella funziona, è di questi giorni la nascita di una gran bella iniziativa per premiare l’hip-hop d’autore. E soprattutto distinguerlo da quello sciemo, con la i.
Intanto, all’ombra di tutto ciò, Goldfrapp entra in classifica solo al n.38 (e non ve lo perdonerò mai). I Nine Inch Nails, che erano entrati al n.16 (come Marco Ligabue) (tanto per dire), scendono al n.27. I Franz Ferdinand recuperano ma non troppo, salendo al n.22 e confermando di aver fatto ingresso nell’Uncoolistan. Sopra di loro, la PFM entra al n.25 con il disco In classic – da Mozart a Celebration. Vedete da voi come stanno le cose.
L’album biango di Elio & le Storie Tese nel frattempo esce secco dalla top 100 dopo 18 settimane. I White Lies, dopo sette giorni. Dark Side of the Moon a ‘sto giro è al n.50. The Wall solo al n.77. D’altra parte, come detto, fuori c’è il sole.