L’America sceglie Trump, l’Italia sceglie il Natale americano di Laura Pausini. Tutto torna.
La miliardaria romagnola ha messo in riga non tanto Benji & Fede, scesi al n.2 dopo tre settimane (chissà se uscendo in contemporanea l’avrebbero battuta. Non lo sapremo mai), quanto Fiorella Mannoia, che entra al n.3, poi Giorgia che scende al n.4 (e con B&F aveva perso), Robbie Williams (che entra al n.5), Bon Jovi (n.1 in Usa, da noi debutto al n.6) (un anno fa il rabberciato Burning bridges era entrato al n.3), Gemitaiz (entra al n.7) (con la versione deluxe dell’album con cui era entrato al n.1).
E tutto questo senza nemmeno calare l’asso: la presentazione mondiale del disco a Disneyland Paris.
(sì, i colleghi sono già in fibrillazione) (quelli bravi, che ci andranno)
I sondaggisti (io) hanno sbagliato le previsioni. Anche se non ve l’ho detto (e potrei continuare a farlo, in effetti) pensavo che Combattente di Fiorella Mannoia, forte dei firmacopie e della promozione della settimana scorsa, desse la vittoria alla candidata rossa.
Invece, quando nemmeno i centri commerciali hanno acceso le prime lucine, ecco che l’Italia, nel segreto dell’urna, ha scelto il Xmas di Mrs. Pausini.
Secondo Beppe Grillo, il primato della Pausona è un meritato trionfo per i vaffanculers del mondo e una sconfitta degli intellettuali (che la prenderanno sportivamente, sono così abituati a vincere); è opinione diffusa che il governo Renzi ne esca indebolito mentre Salvini è entusiasta e così Briatore; Berlusconi ha ammesso alcune analogie tra lui e Laura Pausini, e il suo amico Putin ha accolto il n.1 di Laura Xmas con moderato compiacimento – la Duma ha apertamente applaudito. A New York alcuni giovani hanno manifestato contro il disco, ma Giorgia ha ammesso la sconfitta ringhiando “Lasciamola lavorare”. Poi, naturalmente, a lavorare di più sono stati gli analisti del giorno dopo, che per spiegare la vittoria hanno puntato il dito sul ceto medio impoverito e disilluso, che alle promesse delle canzoni nuove di artisti con qualche illusoria pretesa, hanno preferito il populismo di canzoni capaci di toccare le corde dell’italiano medio. Ma la verità brutale è che alla magnata (femminile di magnate) di Solarolo, degli italiani non importa granché.
(so che qualcuno tra voi ha commentato “Fa bene!”, ma sia chiaro che mi dissocio)
Prima di vedere perché, una premessa: il disco è di un professionismo impeccabile. Mrs. P, dal punto di vista vocale, è veramente al massimo, e ostenta una confidenza impressionante con l’inglese. Nel disco non strilla nemmeno tanto, per la smania che la possiede da qualche anno, anche se in Jingle bells, appena sente approssimarsi un bel do pieno (pardon: a C note) di sleigh! non resiste e apre tutto, concedendo anche il bis e il tris (“sleeeeEEEeigh!“) (nessuno ha mai avuto il coraggio di dirle che quando lo fa, più che a Ella Fitzgerald somiglia a Wanna Marchi) (Laura, te lo dico io perché sono l’unico che ti vuole bene veramente, altro che i tuoi valletti di Miami)
E a proposito di Jingle bells: i brani scelti sono di un’ovvietà sanguinaria. White Christmas, Jingle bell rock, Oh happy day, Happy Xmas (War is over) – che è peraltro l’unico altro brano in cui strilla e gorgheggia “War is oveeeeher if you want iiiit!!!” come se avesse davanti 4 colleghi meno bravi di lei ma seduti alla scrivania di un talent. Non c’è niente che non troviate in tutti gli altri album innevati degli ultimi dieci anni, anche italiani, da Irene Grandi a Mario Biondi. Ma ancora più ovvi a dire il vero sono gli arrangiamenti swingosi di Patrick Williams, consumato mestierante, re delle colonne sonore tv (Lou Grant, Colombo, e un sacco di altre cose antiche e non strettamente famose), direttore scelto dal tardo Sinatra per i suoi duetti – ed è questo il girasole che appone all’occhiello. Forse più ancora che dalle parti delle natalate di Michael Bublé, siamo nel territorio di Tony Bennett, quel tipo di disco natalizio nel quale l’acquirente cerca l’esatto contrario delle sorprese. Un po’ di originalità (ma poca, eh) fa capolino solo solo nello swing di Jingle bells, per non renderla insopportabile, ché è una canzone che fa schifo come poche.
Il problema è che per essere una donna di personalità non arginabile (non più), Mrs. P. ostenta il suo quid solamente nell’ostentazione della superstardom internazionale. Che ottiene, tra le altre cose, spazzando via ogni parvenza di italianità maccarona e provinciale in favore del Natale del Kansas City. Dieci brani in inglese, uno in latino (Adeste fideles, molto popolare nel centro dell’Impero, essendo di provenienza irlandese), e solo alla fine del cd, la zia ricca si ricorda di noi parenti poveri e schifosi e ci canta la canzone in italiano – Astro del ciel (che peraltro è la austroungarica Stille nacht tradotta). Un solo pezzo in italiano, così come nella versione francese e canadese c’è Noël blanc. Però occhio, nella versione per il mercato latino, caramba!, ci sono:
¡Va a nevar, va a nevar, va a nevar!
¡Blanca navidad!
¡Santa Claus Llegò a la Ciudad!
¡Noche de paz!
¡Feliz Navidad!
Mamacita non tiene las mismas ediciònes como todas: yanquis e chicos vanno coccolati, mentre noialtri terronazzi adoremus comunque. Non è che la scelta non ci fosse, eh – non dico Christmas with the yours di Elio & le Storie Tese o È Natale di Mina, ma qualcosa si poteva buttare lì, beninteso solo per noi, per un’edizione che non offendesse popoli più stupendi del nostro: poteva pescare dove voleva senza per questo essere provinciale e mandolina: da Tu scendi dalle stelle (napoletana certificata dal 1754) a De Gregori, che il Natale lo cantava pure negli anni di piombo. O Caro bambin Gesù – che cavolo, l’ha cantata Bocelli, più sdoganata di così – oppure, per un album di fine anno, banalmente, L’anno che verrà di Dalla. Invece Mrs. P. non ha ritenuto di fare un’edizione del suo disco per gli italiani. E stando così le cose, quello che mi turba non è tanto la sua feroce voglia di prendersi un altro Grammy. Quanto che avalli il fatto che il Natale, anzi il Xmas, anche da noi va celebrato swingando, festeggiando in stile americano perché è una festa americana.
Niente di illegale, comunque: avevano i soldi e se lo son comprato.
Il resto della top 10. Ehi, ve ne ho già parlato. Vi devo giusto le posizioni dal n.8 al n.10, occupate da Franco Battiato & Alice (Live in Roma) (curioso, non sono in ordine alfabetico – né ordinati per galateo), Pooh e Coldplay. Escono dalla prima diecina Nek (n.19), Lady Gaga (n.21), Emis Killa (n.24). Non ci sono rimasti molto, vero?
Altri emendamenti. Questa poi. Alicia Keys (n.14) non entra nemmeno in top ten. A differenza di Norah Jones che poche settimane fa ce l’ha fatta. Entrano al n.51 gli Alabama Shakes. E al n.75 Keith Jarrett. E per questa settimana, con la musica per intenditori abbiamo chiuso. L’album più anziano in classifica è ANCORA, dopo 105 settimane, Sono innocente di MiticoVasco, che addirittura risale due posizioni e va al n.95 pur di tenere testa alla raccolta dei Modà. Che malauguratamente, sale anche lei – al n.52. So che in questa battaglia state tutti tifando MiticoVasco come me. Forza, mettete mano al portafogli e regalatene una copia al cognato.
Miglior vita. Sette album incisi da artisti o gruppi guidati da artisti che hanno lasciato questa valle di exit poll. Guidati da Leonard Cohen. Ehi, un momento, non è vero: Cohen era vivo, per quelli che lo hanno comprato fino a giovedì scorso. E infatti, la sua posizione in classifica è peggiorata, dal n.16 al 26, a riprova che non ha beneficiato della propria morte (…ok, non è un’espressione felicissima, ne convengo).
Pinfloi. Beh, qui tocca tornare a Mrs. Pausini. Perché tra i nomi su cui ha marciato inesorabile, c’è anche quello sacrosantissimo di The dark side of the moon. Che ci crediate o no, il vinile definitivo è stato sconfitto dal 33 giri di Laura Xmas, e si è dovuto accomodare al n.2 della classifica del feticismo. È ben vero che gli autentici floydiani posseggono già almeno otto delle precedenti Ristampe Definitive Speciali Limitate Imperdibili Stavoltaveramente Mondocano dell’album prismoso, però vi rendete conto anche voi – il vinile della Pausini contro IL vinile dei Pink Floyd. Che poi evidentemente da lì viene un grosso contributo al primato complessivo della nostra matrona, visto che il n.2 di TDSOTM vale ai Pinfloi un n.12 complessivo (e quindi, se tanto mi dà tanto, dalla nicchia del supporto raffinato è arrivata una bella spinta: beccati questa, Mannoia). Quanto a Wish you were here e The wall, sono rispettivamente al n. 60 (meno 15 posizioni) e al n.83, stazionario e dignitoso. Non ricordo se Roger Waters ha mai cantato canzoni natalizie. Secondo me avrebbe dovuto provarci. Shine on you crazy Santa. The great gig in the snow. Comfortably Tannenbaum. Happy Xmas (Wall is over). Beh, quest’ultima può inciderla Trump.