AMARGINE

Stessa spiaggia, stesso male. TheClassifica 35/2020

«A little voice inside my head said: “Don’t look back, you can never look back”
I thought I knew what love was – what did I know?
Those days are gone forever, I should just let them go, but…
I can see you, your brown skin shining in the sun, you got the top pulled down
Radio on baby»
(Don Henley, The boys of summer)
 
Agosto è andato. E come sempre siamo tutti un rimescolone dolceamaro – quanti ricordi, vero? E quante belle canzoni a rendere ancora più intensi gli indimenticabili momenti che abbiamo trascorso nel languore dell’estate.
E siamo qui proprio per questo, per un’ultima estenuante cavalcata in Tormentonia, questo padiglione del disprezzo per i propri simili che il comparto della musica italiana è riuscito, nonostante tutte le difficoltà, a mettere in piedi anche quest’anno. Non facciamogli mancare il nostro plauso, per aver voluto a tutti i costi esserci vicini con composizioni banali, orrende e sceme, per immergerci in una spietata parvenza di impietosa normalità.
…Siete ancora in tempo per uscire da questa pagina, perché non posso che promettervi pena e strazio. Fatelo ORA.
 
(siete sempre qui?) (come me del resto) (abbiamo decisamente qualcosa che non va)
 
In realtà. Potrei dirvi che tra le cento Azzeccatissime Hit Estive del 2020 ce ne sono un paio che vi caveranno un sorriso quando nel 2050 le risentirete a Techetecheté. Ma sarebbe scorretto da parte mia. Perché nel 2050, vi piaceranno TUTTE – esattamente come qualsiasi lagna passi a Techetecheté. Quindi, lasciamo stare. E intanto, se non vi dispiace, chiudiamo la pratica della classifica dei presunti album. Basta dire chi è
Il numero uno. Che è ancora Mr. Fini di Gué Pequeno. Uscito nove settimane fa, ne ha passate sei al primo posto. Siamo alla 35ma settimana dall’inizio dell’anno, e per 27 settimane al n.1 c’è stato un album rap. Poi c’è
Il resto della top ten. Altri sette rapper (Ernia, Tedua, ThaSupreme, Geolier, Lazza, Marracash, Ghali) più i Pinguini Tattici Nucleari (n.8) e un cantante pop (Harry Styles, n.9). In pratica tutti maschi, e tra loro uno STRANIERO, un gruppo – rigorosamente ITALIANO, passato dal Festival della Canzone ITALIANA. Le prime dieci sono sostanzialmente quelle, con minime variazioni, da un mese e mezzo. Passiamo ora di gran carriera agli
Altri argomenti di conversazione. Più alta nuova entrata, Maluma al n.48, davanti a The Killers, n.54. Suggerirei di usare questi argomenti solo se la conversazione vi ha annoiato e con questi argomenti la volete uccidere. Passiamo pertanto, come promesso, ai
 
Sedicenti singoli. E quindi all’ultimo piccolo momento di gloria per Tormentonia 2020, che tanti show televisivi si accingono a celebrare degnamente in questi giorni. Stavolta vorrei farlo con un’occhiata da tre punti di vista: la classifica dei più ascoltati in streaming (FIMI), quella dei più visti su YouTube e quella dei più trasmessi dalle radio (Ear One).
Questo, anche per un ambizioso tentativo di discorso sulla democrazia diretta.
No, fermi: non ve lo faccio mica io. Non me ne intendo.
Però magari qualcuno di voi riesce in qualche modo a unire i pezzi, tenendo conto delle differenze tra i sistemi elettorali (Spotify e YouTube) e confrontandoli con il Governo dei Saggi (per così dire), cioè la radio. E notando le
Affinità e divergenze. Non si discute su una cosa: al POPOLO, che sia quello giovane e prevalentemente maschio di Spotify o quello anagraficamente più tardone e di genere lievemente più equilibrato (se non apertamente a maggioranza femminile) di YouTube, piacciono tanto due azzeccatissime hit estive: quella di Rocco Hunt e Ana Mena, e quella di Boomdabash e Alessandra Amoroso. Qui non ci piove: già da un po’ sono le prime in entrambe le classifiche, a posti invertiti. Le radio, anche loro approvano incondizionatamente Karaoke e lu ventu de lu Salentu; però, toh!, Rocco Hunt non appare tra i prediletti (su YouTube invece si trova ancora in top 20 il singolo del settembre scorso, che però featurava J-Ax e Boomdabash quindi dai, era costruito per uccidere). Oltre a ciò, i network radiofonici non apprezzano più di tanto il pezzo di Baby K & Ferragni o quello di Elodie, e i rapper li lascia volentieri a Spotify: non ci sono Gué Pequeno, Geolier, Shade, Ernia. Ma guardate da voi.
(sì, lo so che il titolo del pezzo di Rocco Hunt su YouTube è in spagnolo) (ci sarà il suo perché)
Potrete notare come gli ITALIANI scelgono prodotti ITALIANI. Le radio, metafora dei media, cercano di fargli ascoltare canzoni STRANIERE. Addirittura undici nelle prime venti; si scende a 5 su 20 su Spotify e 3 su 20 su YouTube. Oltre a questo, c’è una maggiore mobilità. Che carine: ci provano a stimolare il loro pubblico. Notate anche due cartine di tornasole dell’equilibrio di genere su YouTube: BTS ed Emma Muscat, bandite dai giovani maschioni che monopolizzano Spotify. Ah, a proposito.
Quelle che vedete scritte in una tinta balzana rispetto alle altre sono le canzoni che trovate solo in quella particolare top 20, ed esprimono quindi un po’ di più la specificità di quel mezzo. E magari fanno pensare agli utenti che La isla di Elettragiusy sia veramente un successo (n.9 su YouTube), o che lo sia Bam bam twist di Achille Lauro (n.3 per le radio), o che lo sia Bimbi per strada di Fedez.
E forse lo sono. Che diamine, in fondo ogni cosa ha successo. DEVE averlo. Ogni cosa è illuminata. È la premessa indispensabile di quel che resta della musica. Altrimenti, per fare un esempio facilone, milioni di miei rinomati colleghi (di successo) a Sanremo non si sbatterebbero come bisce per decretare il SUCCESSO finale di una canzone caruccia e patatosina ma ai limiti dell’inconsistenza come quella di Diodato. La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti – essa già trasvola ed accende i cuori da RDS al Fatto Quotidiano: vincere! E se esistono, se anche una sola volta vengono ascoltate o condivise o trasmesse nel nulla, hanno vinto. Constatato questo, io personalmente, sicuramente per snobismo, trovo che i cantanti e gli autori e i producers (i RE MIDA della nostra canzone) coinvolti nel 99% delle azzeccatissime hit estive del 2020 siano scesi sotto un livello di imbarazzo e miseria così infimo che me li segno tutti – perché non solo sono autenticamente, sinceramente indignato con loro, ma mi impegno a provare paranoica avversione per chiunque parlerà o scriverà bene della musica che faranno nei prossimi cinque anni, dovessero anche ritrovarsi a incidere dischi assurdamente transgenerazionali tipo quelli dei
 
Pinfloi. The dark side of the moon è ancora l’album da più tempo in classifica (199 settimane) (se lavorate per un giornale, avvertite il vostro anniversarista di fiducia: può scrivere un pezzo sulle 200 settimane, nel caso non voglia aspettare o non pensi che tra due mesi arrivi al record assoluto di quattro anni di permanenza continuata). Si trova al n.64. The wall è al n.69. E sono quasi duecento settimane che concludo scrivendo qualcosa di faceto sul rapporto tra questi due dischi. Ma è sempre più difficile, tanto che penso che inizierò a cimentarmi con dei paragoni dementi tipo che uno è il panettone e l’altro il pandoro, uno è il mare e l’altro la montagna, uno è gli slip e l’altro i boxer, uno è la pillola blu e l’altro la pillola rossa di Matrix. Se siete d’accordo inizierei da: The wall è per chi ama i gatti, The dark side of the moon per chi ama i cani.
(…forse devo correre a brevettare quest’idea imbecille, prima che qualcuno di voi me la rubi per tirare su dei like e avere SUCCESSO al posto mio)
(ma sì, fatelo) (non preoccupatevi per me, resterò foolish e hungry) (grazie per aver letto fin qui, a presto)
 
«T-shirts, pantaloncini corti e perizoma
Ci siamo divertiti tutta l’estate»
(All summer long, Beach Boys)
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