Mahmood sempre n.1 tra i singoli. E da questa settimana, anche tra gli album. Con Gioventù bruciata che è tipo Windows, il disco che continua ad aggiornarsi anche di notte, anche a tradimento mentre lo ascoltate. Pubblicato il 21 settembre 2018 dalla Universal come EP con 5 canzoni (e NON c’era Gioventù bruciata), è stato ristampato il 30 novembre (stavolta con il brano eponimo), poi il 6 febbraio con l’aggiunta di Soldi, quindi il 22 febbraio è diventato un album da 11 tracce (facciamo 10 e mezza), e non credo che sia finita – vogliamo negarci una quinta edizione, la deluxe?
Con tanti rilanci, aggiungere i miei pensierini al mare magno di recensioni già uscite sarebbe vano (agg), inconsistente (agg.), inane (agg.), inutile (agg.), inefficace (agg.), infruttuoso (agg.), sterile (agg.), nullo (agg.), vacuo (agg.), superfluo (agg.), leggero (agg.), superficiale (agg.), frivolo (agg.), orgoglioso (agg.), arrogante (agg.).
Però una cosa la voglio dire. Non so se qualcuno ne ha già scritto.
Gioventù bruciata contiene la Gioventù nel titolo – e la Giovinezza in quanto primavera di bellezza è un concetto che tutti gli uffici marketing della nazione stanno spingendo come fossero diretti da Mussolini in persona (in alcuni casi non si apprezzerebbe la differenza). Ma c’è una declinazione importante e seminascosta del tema. Ovvero: Mahmood in metà dei brani affronta un tema presente anche in Ultimo e in Irama (…l’arco parlamentare completo) e tanti altri coetanei. Parlo della società senza padre teorizzata nel 1963 da Alexander Mitscherlich (tedesco, perciò non illudetevi, non c’è molto di lui on line) (…la gente che non è nata a Londra, cos’aveva nel cervello?).
Che Soldi sia dedicata al padre assente (e assentatosi) di Alessandro Mahmoud è stato ampiamente reiterato; ma faccio notare che lo sono pure Mai figlio unico e Il Nilo nel Naviglio (secondo alcuni esegeti, anche Asia Occidente, ma non ne sono certissimo).
Ora, cosa dicano le ragazzecantanti dei padri, in questo momento non lo so: l’Italia non è interessata ad ascoltarle. Non posso farci nulla. Mi limito a farlo notare, che forse è già farci un microqualcosa. In compenso tra giovani maschi, pare non si parli d’altro. Anche la fan base di Ultimo si vede raccontare rapporti sofferti coi babbi. “Lei che dice vorrei render fiero mio padre, tu invece piangevi per averlo incontrato, per averlo incontrato” (Le stesse cose che facevo con te). Oppure “Mi parli di tuo padre, quanto è stronzo a cena, che quando parli non ti guarda e non pone il problema” (Cascare nei tuoi occhi). O anche “Io lo capisco che a volte ti manca tuo padre, io nei tuoi occhi lo leggo, vorresti avere avuto un Natale”.
E caso vuole che Irama snoccioli “Non hai fatto l’università perché odi tuo padre” (Stanotte) ma soprattutto, in La ragazza col cuore di latta, “A scuola nascondeva i lividi, a volte la picchiava e le gridava: soddisfatta? Linda sentiva i brividi quando quel verme entrava in casa sbronzo e si toglieva come prima cosa solo la cravatta”. Poi, Irama ha occasione di confrontarsi col padre in un brano che si chiama Rockstar (da non confondere con Rockstar di Sfera Ebbasta) (da non confondere con Rockstar di Post Malone) (…quanta creatività giovane, vero?). Rimarchevole il video di Non ho fatto l’università, in cui il padre di lei fatica ad accettarne l’inesauribile freschezza giovanile. Mentre nel video di Bella e rovinata è all’ultimo stadio del puritanesimo, ma tipo la mamma di Carrie di Stephen King.
Bene. Come sempre tocca fare quando si pontifica, la parte centrale viene dedicata all’insorgere delle prime obiezioni.
“Ehi, anche Springsteen ha scritto del padre un sacco di volte” “E che dire di Sting?” “E Robbie Williams!” Lo so, lo so, aggiungete pure nomi, arriviamo fino a Jovanotti – anzi, di più, a Venditti, oltre il quale ogni nome impallidisce. Proprio come il brano sul diventare padre, anche il brano sul proprio padre è una casella ineluttabile per chiunque scriva canzoni, il Vicolo Stretto inevitabile per chi li segue. Ma mi permetto di riscontrare, quanto meno, un affollamento non ovvio di brani che in questo periodo vanno a parare lì, che sono figli (pardon) di una questione che probabilmente è nell’aria: il padre assente, vuoi perché s’è dato, come in Ricchi dentro di Ghali (“Mio padre era un grande farabutto, mia madre per crescermi ha fatto di tutto”), vuoi per sciagura come per Gemitaiz o Sfera Ebbasta (“Tuo padre i soldi ce li ha, io un papà non ce l’ho, no! no! no! no!”). La generazione precedente di cantanti e di rappusi aveva un rapporto irrisolto col padre – ehi, chi non ce l’ha? – ma se tutta questa gioventù sta cercando davvero di dirci qualcosa, è che l’uccisione freudiana del padre non è nemmeno un’opzione. Perché 1) non c’è 2) c’è ma sta ascoltando Lo Zoo di 105 3) c’è ma si sta fotografando il bigolo per mandarlo a quella che gli fa i tatuaggi 4) c’è ma sta recitando un purulento monologo tratto da Michele Serra, al termine del quale Anastasio griderà delle robe che devono essere significative perché caspita, le grida molto forte 5) sta tentando di farti fuori anche lui.
Resto della top 10. Al n.2 entra Il Volo, sui quali vale la pena di soffermarsi. Ok, fatto. Passiamo al n.3, dove è sceso Peter Pan di Ultimo – cosa che permette di avere un intero podio sanremese sul podio degli album, credo non sia mai capitato mai, no mai, oh mai. Al n.4 entra Distance over time dei Dream Theater: n.1 in Germania e n.3 in Olanda e n.12 nel Regno Unito. Che capacità ormai storica di risultare indifferenti ai media, vero? In top 10 anche A star is born (n.5), Salmo, di nuovo Ultimo (con Pianeti, n.7), Irama, e grazie a una provvidenziale statuina, rientrano due album dei Queen (Platinum collection n.8, Bohemian rhapsody n.10). Escono dalla top 10 Ariana Grande, Avril Lavigne (dal n.6 al 43), Marco Mengoni, Federica Carta (dal n.3 del debutto al 13) e soprattutto Paranoia Airlines di Fedez, dal n.5 al 23 dopo cinque settimane.
…Lo so, lo so. Sbagliati i singoli? Sbagliato disco? Sbagliato Movimento? Sbagliato matrimonio? Sbagliato divorzio (da J-Ax)? Semplicemente finito il ciclo del prodotto? Forse un po’ tutto. Ma lungi da me darlo per finito: ci sta mettendo un po’ a riposizionarsi, ecco tutto.
Altri argomenti di conversazione. C’è un’altra faccia di Sanremo, diciamo. Ex-Otago giù di brutto dal n.37 all’82. Shade dal 12 al 29. Nigiotti dal 15 al 26. Einar dal 24 all’85. Arisa dal 22 al 60.
Poi, la classifica FIMI separa le colonne sonore miste da quelle di un solo autore (due, nel caso di Lady Gaga e Brandon Cooper, che ci stanno facendo sognare). Ma la classifica di Billboard che non le separa fa ci parla di quattro colonne sonore in top 20 (al n.14 c’è quella dell’ultimo Spiderman) e le UK charts mettono in fila tre colonne sonore dal n.2 al n.4: The greatest showman (quando è uscito, quattordici anni fa?), A star is born, Bohemian rhapsody. QUESTO, le serie tv non lo stanno ancora facendo.
Argomenti di conversazione aggiuntivi (conto sul fatto che dobbiate sobbarcarvi molte cene e aperitivi). Disco più longevo, ovviamente Hellvisback Platinum di Salmo per la 160ma settimana in classifica, e in salita al n.56. Lo segue The dark side of the moon con 121, nonché Divide di Ed Sheeran con due anni esatti di permanenza. Sempre solo tre album sopra le cento settimane, ci vorranno tre mesi per capire se uno tra Imagine Dragons e CarlBrave x Franco126 si unirà al club dei centenari. Escono invece di classifica la raccolta di Briga, Dani Faiv, l’EP di Anastasio (10 settimane), Mina (12 settimane), Roberto Vecchioni (15 settimane), Ensi (dopo tre settimane) (mi spiace scriverlo, è un bravo guaglione).
Ulteriori spunti per stupire i colleghi alla macchinetta del caffé e gli amici al baretto. La beatificazione di Mia Martini si ferma al n.27 con l’ingresso di Io sono la Mia musica. La bertificazione della classifica invece può contare sul n.14 di Liberté (in salita) e l’entrata al n.62 di Streaking, ristampa di una serie di foto di Loredana Berté nuda alle quali nel 1974 furono aggiunte pretestuosamente delle canzoni. Le sorelle Berté, loro sì che avevano qualcosa da dire sul padre, davvero. A margine, mi aspetto molto traffico su aMargine grazie alla stringa “Loredana Berté nuda”, magari poi lo riscrivo. Tornando alla classifica dei presunti album, Offset, componente dei (voglio vedere se lo sapete) entra al n.63 (soluzione: Migos) e si piazza alle spalle di Loredana. Colgo il destro per sfoderare una prestigiosa barzelletta parzialmente razzista degli anni 80; per non propalarla ne taglierò una parte e dirò solo che iniziava con le parole “Ehi Disgiòghei, metti un disco di Loredana” e si concludeva con le parole “Ber me, Berté, ber duddi noi!” Sì, erano anni frastagliati, eppure v’è chi dice che erano i migliori anni della nostra
Miglior vita. Sette album di artisti o gruppi guidati da artisti che hanno abbandonato questa valle di padri di DiBattista. E sempre a proposito di padri, ricordiamoci di quanto ha scritto sul proprio padre, che non ha mai conosciuto, il capo dei
Pinfloi. The dark side of the moon oscilla dal n.48 al 50, mentre The wall scende sensibilmente dal n.76 all’89, e se lo avessimo saputo prima ci saremmo risparmiati le primarie del PD, che esprimono un risultato analogo. Bene. Qui, per premiarvi di essere rimasti così a lungo al mio gazebo, penso che metterò quelle foto di Loredana Berté nuda.
ammazza se spaccava la Bertè!!