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Ricchi & Poveri & Maneschi & Tattici & Nucleari – TheClassifica 41/2022

Iniziamo da una considerazione sui Ricchi e Poveri. Il loro successo internazionale iniziò quando, dopo oltre un decennio di melodismo italiano (fantasticamente castigato da Raimondo Vianello nelle sigle dei suoi programmi), negli anni 80, rimasti in tre, compensarono aumentando i bpm. Non so se avete presente: Sarà perché ti amo, Se m’innamoro, Mamma Maria (che sempre più PRODUCERS italiani ubercool cercano di rifare senza farsi sgamare). Fuori dai confini ITALIANI, sia i R&P che gli altri gioielli della Baby Records del diabolico, fantomatico Freddy Naggiar, arrivavano imprevedibilmente ai dance-floor, o – se il termine vi impressiona – le pedane, anzi le piste da ballo (Voulez-vous dancer?). Ovviamente non si parla di Ibiza o dei club parigini, ma delle discoteche alla mano della Grande Provincia Europea, che non era poi così lontana dalla Grande Provincia ITALIANA, in quegli anni di vaga curiosità reciproca (molto finiti) in cui tedeschi, francesi, austriaci, belgi presenziavano spesso nella nostra hit-parade.

Ebbene. Non per fare l’abituale vendicazione di chi non c’è più, a pochi giorni dalla scomparsa di Franco Gatti. Ma potrebbe esserci qualche legame tra l’imbarazzo che abbiamo provato per decenni davanti alle fortune oltreconfine dei Ricchi & Poveri e quello che tanti, tanti (tanti) provano per le fortune oltreconfine dei Måneskin?

I numeri uno. È la seconda volta che il quartetto romano va al primo posto della classifica ITALIANA dei sedicenti singoli: questa settimana è successo con il nuovo prodotto The Loneliest. Ma solo un’altra volta avevano mandato una canzone in vetta, quattro anni fa. Era Torna a casa, che ha premesse diversissime da The loneliest: quella era il terzo singolo della band-rivelazione di XFactor (dove NON erano arrivati primi), cantato in italiano; questa è il prodotto autunno-inverno, cantato in inglese, dei nostri più conosciuti testimonial.

Eppure. Una cosa in comune, le due hit ce l’hanno: sono due archetipiche ballatone rock – due “lenti”, per usare la immortale contrapposizione tra “rock” e “lenti” di uno dei quattro componenti del nostro Monte Rushmore, Adriano Celentano.

Non è coi prodotti “rock”, che i Måneskin vanno al n.1 in Italia. È coi “lenti”. Rallentando i bpm. Perché potranno anche cambiare le generazioni, ma forse certe cose non cambiano mai del tutto.

Eziandio. Un’altra cosa in comune tra le due canzoni è che si rivolgono a un’altra persona, non sono dedicate a un brand del lusso o alla celebrazione della propria celebrità. Non succede così spesso. Gli si potrebbe dare un valore, a questa piccola cosa. Volendo, certo.

Maneschi vs Pinguini. La stasi nella classifica dei presunti album offre il destro (absit inuria verbis, veh) per tirare dentro i n.2 e n.5 della classifica dei sedicenti singoli, ovvero i Pinguini Tattici Nucleari, in top 5 sia con la nuova canzone pucciosa (Ricordi) che con la vecchia canzone pucciosa (Giovani Wannabe, uscita cinque mesi fa). Avere due band al n.1 e n.2 dei singoli decisamente non è cosa di tutti i giorni, in una nazione dominata casomai dai featuring – che sono tipo le alleanze governative tra soci occasionali che si schifano tra loro, ma poi il senso del dovere prendere tutti quei soldi finisce per prevalere. Entrambe le band, in questi giorni, hanno prenotato per il luglio 2023 San Siro (e, nel caso del gruppo romano, anche lo Stadio Olimpico), cosa che ha suscitato commenti indignosi da parte dei puristi. Che evidentemente ignorano alcune delle ultime vedettes ospitate dai due impianti.

Ma le affinità tra PNT e Maneskin (da ora in poi senza å, perdonate l’årrogånzå) finiscono presto. Ambedue sono ovunque, ma le loro ubiquità sono agli antipodi. La forza dei Pinguini sono le paroline. Damiano David dei Maneskin invece emette – con padronanza assoluta – un rauco lamento piuttosto suggestivo ma solo a tratti intelligibile: non diversamente da ThaSup(reme), articola suoni che stiano bene con la musica. Questo, comunque, è il meno. Perché i Pinguini (due album in top 20, benché usciti un anno e mezzo e tre anni fa) sono qualcosa di già visto, sono una specie di versione aggiornata degli 883.

I Maneskin sono qualcosa che non c’è mai stato. Non ridete (oppure sì: in fondo, chi può impedirvelo): non è una questione di musica, e non fissatevi sul citazionismo (evidente). In Italia non c’è mai stata una giovane rockband glamour e ipersexy. Questo aumenta la curiosità per le loro prossime mosse. Attorno ai Pinguini, NMUO (Nella Mia Umile Opinione) non c’è grande margine di incertezza: potenzialmente possono durare quanto Cesare Cremonini o Jovanotti (o Max Pezzali). La loro conquista della nazione è stata nel segno di una soffice piacioneria – per quanto, come mezzobergamasco, sono piuttosto stranito dall’associazione tra la città in questione e un gradimento diffuso in tutta la penisola: i Verdena (n.59 tra gli album) sono MOLTO più tipicamente orobici (certo, mai quanto il compianto Peter Barcella). Non so, sarà una fase di simpatia per il nord-est (Madame, Blanco, e altri che non ho voglia).

Ma il punto, in realtà. È che a differenza dei Pinguini, già arrivati (artisticamente, per così dire) dove dovevano arrivare, i Maneskin non ci hanno ancora fatto vedere di cosa potrebbero essere capaci. Beninteso, forse questo qualcosa non lo vedremo mai. Sarei piuttosto stranito nel vederli evolvere. Perché il territorio in cui si muovono è paludoso e paludato, e l’unico modo di abitarlo è attingere non tanto dal rock, quanto dal rock fashion – che come il punk fashion e il rap fashion, è tanto vacuo quanto utile a chi ha vestiti da vendere a noi giovani. Malauguratamente, in tale territorio l’ispirazione può essere un veleno, motivo per cui i Maneskin fanno del loro meglio per scansarsi. Uno dei loro competitor, il britanno Yungblud, ha pagato carissimo (19 milioni di ascolti su Spotify) il suo tentativo di entrare davvero nei panni di un giovane Idol maudit, ovvero l’inno The Funeral (“I’ve been dancing at my funeral, waiting for you to arrive. I was hoping you’d look beautiful, dancing with tears in your eyes. But nobody came. What a shame, shame, shame”). Sarebbe andato bene nei decenni scorsi, oggi le aspettative dei Giovani Wannabe sono basse, basse, basse, basse, bassebassebasse. Tanto da farsi convincere da “Sei grande, ma ti chiamo ancora baby; ho gli occhi rossi, ma non te ne accorgi, ti guardo mentre dormi, ma solo ieri c’eri, nei giorni neri, quelli che piove troppo forte per stare in piedi, e fottevamo anche la morte volando leggeri. M’hai chiesto: dimmi cosa temi, che cosa credi? La mia risposta sei tu. Uh-uh, uh-uh” (Pinguini Cicciosi, Ricordi). È il Bacio Perugina più lungo e pesante degli ultimi dieci anni. Ed è questo il suo segreto.

Top 10 dei presunti album. Rimane in testa alla classifica dei presunti album C@RA++ERE S?EC!@LE del già citato ThaSup(reme), avendo mancato il sorpasso l’edizione pre-natalizia di Materia (Pelle) di Marco Mengoni, salita dal n.27 al n.2. Resta avvinghiato al podio Botox del PRODUCER Night Skinny. L’album solista di Manuel Agnelli lascia subito il n.6 ed è ora al n.35 – ma per il resto, tutto langue tra gli album, che a noi giovani non piacciono perché abbiamo ben altri interessi. Così, in una top ten tutta al maschile e tutta ITALIANA eccetto il globale Bad Bunny (n.8, e n.1 in USA), abbiamo Sirio di Lazza che alla sua 27ma settimana nella prima diecina, arretra senza fretta al n.4, più altri album usciti diversi mesi fa: due sono di Marracash (rispettivamente, otto e trentacinque mesi fa), Rkomi (diciotto mesi fa), Blanco (tredici mesi fa). E poi ci sono i

Pinfloi. Colpo di coda che riporta Animals dal n.50 al n.4 grazie anche alla pubblicazione del Remix Deluxe contenente LP, CD, audio Blu-ray, audio DVD, un libro di 32-pagine e una Jaguar XJS, disponibile in due colori: grigioscuro o nerochiaro. Una cosa che i Floydiani sapranno a menadito, ma che io ho scoperto solo di recente, a proposito del gioviale album orwelliano che ritengo abbia dato un suo plumbeo contributo agli anni di piombo è che, per fare la foto di copertina, fu fatto costruire un maiale-zeppelin che venne fatto fluttuare, ovviamente ancorato al suolo, sulla centrale elettrica lungo il Tamigi. Per evitare che il pallone gonfiato sfuggisse al controllo, fu ingaggiato un tiratore scelto incaricato di abbatterlo qualora i venti avessero prevalso. Il primo giorno non ci fu bisogno del cecchino, ma il secondo giorno il porcone si sganciò e prese l’aere. E lì si scoprì che nessuno aveva richiamato il tiratore (…sull’intuito dei maiali rispetto ai fucili, chiunque abbia un’infarinatura campagnola può testimoniare). Il dirigibile, non più direzionabile, se ne andò a spasso mentre veniva dato l’allarme a tutte le torri di controllo. Un pilota d’aereo se l’era già trovato davanti ma aveva fatto finta di niente per paura che venissero fuori certi piccoli trascorsi di alcolista amatoriale. A quanto sembra il gonfiabile atterrò tra le mucche di un allevamento, provocando il panico tra i bovidi, ma rispettando una ineccepibile chiusura di cerchio musicale rispetto alla copertina di Atom Heart Mother.

…Vedete, il mio drammino è che non ci sono più dischi dei quali raccontare queste cose. Non ci sono e non ci saranno, i prodotti non danno nemmeno più certe storielline micromitologiche di corredo, i prodotti vengono prodotti e basta. Cosa rimane? Dati. Non posso che darvi dati. I dati danno. E dati darò.

Altri argomenti di conversazione. In classifica ci sono 44 album distribuiti da Universal (sette sono in top 10), 27 da Sony, 14 da Warner, addirittura 15 sono indipendenti. Sedici album su cento sono di artisti stranieri – è un dato imbarazzante, speriamo che questi nemici dei nostri valori ITALIANI vengano presto ridotti a zero e l’autarchia regni sovrana. Peraltro di questi 16, col vostro permesso ne leverei sei, che sono usciti da 4 anni a 35 anni fa – esattamente dall’11 ottobre 2018 (Lady Gaga, colonna sonora di A Star Is Born) al gennaio 1977 (Animals dei Pink Floyd), passando per Older di George Michael (1997) e AM degli Arctic Monkeys (2013). Otto dei sedici album stranieri, peraltro, stanno laggiù in cantina tra il n.80 e il n.100: tra loro ci sono Nevermind dei Nirvana, i Muse, Olivia Rodrigo, Lizzo, The Cult e il segnetto di Ed Sheeran che è del marzo 2017 ed è in classifica da quel mese lontano.

Al contrario, escono dalla classifica dopo una settimana Fossora di Bjork, The End, So Far degli Slipknot e KarmaClima dei Marlene Kuntz (che però vi tornerà). Abbandona dopo 33 settimane Ritorno Al Futuro/Back To The Future di Elisa. Il suo album precedente era stato tre volte platino e aveva passato due anni di fila in classifica. Questo ha ottenuto un disco d’oro e ci è rimasto otto mesi. E non credo sia per inferiorità rispetto al prodotto precedente: non credo si possa dire che un album di Elisa è inferiore o superiore a un altro album di Elisa. Però non c’è più consumo per quel tipo di prodotto. Per lei non certo è un problema, ma se avete più di 30 anni e state facendo dischi, segnatevi questa marcia verso l’estinzione degli artisti musicali over 35. E se avete un piano B per un’altra attività lavorativa, io vi avverto in tempo utile: tenetelo pronto, un giorno vi servirà. Eventualmente quel giorno chiamatemi – perché nessuno ha avvertito ME in tempo utile. Nell’attesa, grazie per aver letto fin qui. A presto.

2 Risposte a “Ricchi & Poveri & Maneschi & Tattici & Nucleari – TheClassifica 41/2022”

  1. Commento da semplice appassionato senza grandi competenze musicali: pur avendo oltre il doppio degli anni dei componenti dei Maneskin (li capirò? Non li capirò? I dilemmi della sinistra) e tralasciando per un momento il successo internazionale che stanno riscuotendo, io non ricordo una rock band del bel paese con le loro potenzialità.
    Poi certo, è una rock band dei nostri tempi. Quindi legata, ahimè, a tutto il mondo e l’immaginario “fashion” che tu giustamente ricordi (ed io sono così vecchiodemmerda che vorrei vedere sempre le rock band con t-shirt comprate al mercato o camicie a quadri e jeans strappati).
    Però se provo a scindere (per quanto io ne sia capace) la parte “musica” da tutto il contorno, veramente io vedo la possibilità che i MANESCHI possano essere una band significativa. E pure longeva, potenzialmente.
    C’è da dire che la mia non cultura musicale (pur essendone tremendamente appassionato) mi porta spesso a valutazioni sempliciotte però io la vedo così.
    P. S. Mi piace tantissimo come scrivi, è sempre un piacere leggerti
    P.P.S Non immaginavo che tu fossi “mezzobergamasco”, in qualche modo lo sono anch’io. Valli? Bassa?

    1. Credo che in un’altra fase sarei stato più sicuro della loro evoluzione. Ma oggi la struttura del mercato – la modalità stessa del mestiere che fanno – è talmente ristretta. Si naviga a vista, di singolo in singolo, ma soprattutto di partnership in partnership, di uscita social in uscita social, cercando di mantenere i numeri alti. Poco o nulla ha più a che fare con quella che forse con qualche presunzione tutti chiamavano “espressione musicale”. Tutto è espressione, ma le note usate, di per sé non sono prioritarie.
      PS: lungo il Brembo 🙂

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