Pre-omessa. Avevo preparato una premessa molto cruenta per Tedua. Iniziava con le lapidarie parole
“Si diventa come i propri genitori”.
Penserete che ce l’avevo con me stesso. Che mi accusavo, come hanno fatto tutte le vezzose testate foraggiate dai brand megagiovani, di non apprezzare il rap da classifica solo perché boomerosamente incapace di capirlo. Invece no: prendevo cappello e mostravo piccato le cifre, evidenziando con l’evidenziatore che degli album nonrap andati al n.1 nella classifica dei presunti album nel primo semestre del 2020, ovveroa non convincermi appieno, tra questi prodotti estranei alla scena, erano stati 4 album su 7. Mentre tra i presunti album rap andati al n.1 nel primo semestre ovvero quelli dia non convincermi appieno erano stati 3 album su 7. Cifre alla mano, concludevo, nessuno può sospettare un mio preconcetto nei confronti della musica megagiovane. Sono equanime e inattaccabile come Pierluigi Collina. E perciò perdinci, con un contrattacco da schermidore, rivolgevo l’accusa agli under 20 che stanno decretando questo trionfo teduoso con cifre milioneggianti. “Siete diventati come i vostri genitori. Non io: VOI”. Perché se ci pensate, c’è realmente differenza? Con le mamme e i papà che la sera guardano Made in Sud e Striscia la notizia, insulsi e sempre uguali e fintamente provocatori, e di giorno sui social si esaltano per polemiche da cerebrolesi – ma voi siete meglio? Ascoltando in loop pappe altrettanto molli e rancide (e fintamente provocatorie), esaltandosi quando i rappusi srotolano le loro litanie prevedibili e pesanti su basi di producer tronfi e banali che si bullano di produrre dei beat ovvi quanto le musiche dei videogiochini tristi dei vostri genitori.
Ecco, questo avevo preparato dopo aver ascoltato la marea di brani pubblicati da Tedua nei suoi album che NON sono album ma mixtape (che è un po’ come mettere le mani avanti) (“Sì, non c’è dentro roba molto ambiziosa, ma è un mixtape, sai”) (…potrebbero usare questo scudo anche molti giornalisti) (“Il mio articolo era superficiale e raffazzonato, sì – ma non me la menate: non era realmente un articolo. Era un mixticolo”) e si intitolano Vita vera mixtape e poi, sette giorni dopo, Vita vera mixtape aspettando la Divina Commedia. Prima uno, poi il secondo (aggiuntosi al primo) insediatisi per due settimane al
Numero uno. Della classifica dei presunti album, beninteso – non esistendo quella dei mixtape. Le cifre su Spotify sono davvero alte, nulla a che vedere con le recenti uscite di Drefgold e Dani Faiv, i quali però non appartengono alla generazione dei vezzeggiatissimi principini della trap, i Bimbi di Charlie Charles (Rkomi, Tedua, Izi, Ghali, Sfera Ebbasta). Cifre che oggettivamente premiano questi pezzi mediocri e rassicuranti con i soliti featuring sciamannati degli altri pokemon del rap. Un aerosol di cliché, con i bro, i fra, la ghéng, c’ho il flow più lungo del tuo – Madonnadidio, ancora ‘sta roba nel 2020.
Poi però. Ho letto un’intervista tenerosa della buonissima Marta Blumi Tripodi su Rollinstòn. Nella quale Tedua partiva offrendo il collo allo spadone: «Non pretendo profondità da ogni pezzo, altrimenti sarebbe una palla infinita. Una volta, però, sapevamo distinguere tra chi valeva e chi non aveva né arte né parte. Da quando abbiamo iniziato a fare i wannabe americani, senza mantenere lo spessore italiano, il livello medio si è abbassato».
Affascinante. Proprio le parole che la generazione precedente diceva di loro, dei trapper (salvo poi saltare sul carro, perché in fondo qualche stream in più fa sempre comodo). E leggevo incredulo mentre ascoltavo incredulo – e paonazzo come Zequila mi chiedevo se scherzasse, se ascoltando non dico le sue tracce ma i featuring miseri dei suoi ospiti, non vedesse quanto l’asticella fosse scaraventata sempre più in basso da essi medesimi. Quand’ecco, qualche riga dopo, la parte che mi ha ammansito e indotto a riporre la versione cruenta di questo TheClassifica: «Se non avessi buttato fuori nuova musica, vista la situazione avrei incassato pochissimo dalle royalties e dalla Siae, e zero dai live. Non faccio musica per soldi, ma non voglio essere ipocrita: non ho una famiglia alle spalle che può aiutarmi, a differenza di tanti altri io ho bisogno di guadagnare».
Lì, mi è scoccato il buonismo anche a me, maledizione. Ho riascoltato tutte le sue vite vere, e disseminate tra le canzoncine per undicenni pericolosi ho trovato qualche pezzo con una dignità, tipo Sailor moon e Lo-fi tu. Con preoccupante e indulgenza, ho deciso che fa bene a dare robaccia a ragazzini che apprezzano certi gelati al guano, mica siamo qui a fare arte o poesia o robe simili per questi che ora fanno i gangsta, e tra quattro anni eleggeranno Cicciogamer presidente del Consiglio. Quindi aspetterò con fiducia la sua futura Divina Commedia (l’album vero, non presunto) sicuro che sarà molto meglio di questa sbobba anni ’10. E ho deciso di non scrivere una TheClassifica sui mixtape di Tedua, ma una Mixtifica, non una stroncatura ma una mixtura. Né Tedua né i suoi fan si possono offendere. Sono in una botte di ferro. Nella quale, rotolo giù nel
Resto della top 10. Alle spalle del rapper di Cogoleto ancora Ghali e Marracash, aggrappati agli scranni da tempo immemore, tipo Gasparri e LaRussa. Al n.4 c’è Lady Gaga, unica non ITALIANA tra i primi dieci, e al n.5 c’è l’unica nuova entrata in top ten, Gli Psicologi al n.5. Abbiamo poi Random al n.6, Drefgold al 7 e ThaSupreme al n.8. Al n.9 ci sono ancora i Pinguini Tattici Nucleari, eroi di Sanremo 2020, e al n.10 Gaia, amica di Maria ma anche di XFactor, come tutti noi. In totale, sette rappusi tra i primi dieci (anzi, tra i primi otto). Una maggioranza schiacciante. Ma sarà sicuramente diverso tra i
Sedicenti singoli. Mica tanto, perché qui i brani rap tra i primi dieci sono sei, a partire dalla n.1: Mediterranea di Irama ha trovato alfine chi la relega al secondo posto: è entrata al nummer’ un’ tra i sedicent’ sing’ M’manc’, di Shabl’, Geolier e Sfer’Ebbast’, che portano un vento di modernità ipergiovane nella scena ITALIANA con versi come “Mità de femmene ’ncopp’ ‘o munno nun so’ pe’ me / Nun m’annammoro cchiù ‘e nisciuna, ammò, ma nun saccio ‘o pecché”. Chiude il podio la nuova spensierata hit estiva di Boomdabash e Alessandra Amoroso, Karaoke Guantanamera – che fa mille volte più ribrezzo del loro pezzo dell’estate scorsa, ragion per cui mi complimento con loro perché ci vuole la faccia, per fare una porcheria del genere e conviverci fino a ottobre. Debutta solo al n.4 il nuovo pezzo di Fedez, Bimbi per strada (feat. Robert Miles a sua insaputa). Non infierisco. Torniamo agli album.
Altri argomenti di conversazione. Lascia la top ten Dani Faiv, che scende al n.17. Manca la prima diecina per un solo posto Liam Gallagher con il suo Mtv unplugged, n.11. Escono del tutto dalla classifica Colapesce e DiMartino (dopo una settimana), DaBaby, attuale n.1 in USA (dopo sette settimane), Nati diversi di Gianni Bismark (dopo 11 settimane), Feat di Francesca Michielin (12 settimane), Routine di Shiva dopo 19 settimane.
Lungodegenti. Compie un anno nella classifica dei sedicenti singoli e brinda di conseguenza Cin cin di Alfa & Yanomi, che ha sole tre settimane di permanenza in meno del singolo da più tempo in classifica, che è il pezzo più ascoltato nel 2019, Una volta ancora di Fred De Palma feat. Ana Mena, uscito alla fine del maggio scorso. Tra i presunti album, 103 settimane consecutive per Potere (Il giorno dopo) di Luché, 113 per 20 di Capo Plaza, 120 per Pianeti di Ultimo e 123 per Peter Pan (il penultimo di Ultimo), 126 per Rockstar di Sfera Ebbasta, 172 per il segnetto ÷ di Ed Sheeran. Ma anche questa settimana il disco da più tempo accampato in classifica è dei
Pinfloi. The dark side of the moon è (ri)entrato in classifica 189 settimane fa, e ora come ora oscilla dal n.49 al 54, mentre The wall, che ha sofferto paurosamente il lockdown, beccheggia dal n.69 al 71. Ci ha di nuovo lasciati Wish you were here, che è tipo Italia Vera di Renzi (che ovviamente è la canzone che dà il titolo al disco). So che ve lo state chiedendo, per cui non mi tiro indietro: Animals è Azione di Calenda.
Madeddu ti leggo e ti stimo molto ma non me lo aspettavo che anche tu non capissi Tedua. Il 98% della (t)rap è di una scadalosa bruttezza ma a parte viaggia comunque in una categoria a parte: la sua voce ed il suo flow sono impareggiabili, chiunque fa un featuring con lui non ci fa una grande figura; le sue musiche sono molto varie e interessanti ma soprattutto i suoi testi sono anche meglio di Pasquale Panella. Basta solo ascoltare attentamente le allitterazioni, la fantasia comunicativa e l’autorevolezza con cui ti arrivano. Praticamente in queste 22 canzoni c’è un mondo da scoprire, non mi stanco di ascoltarle di continuo e ti assicuro che ascolto FKA Twigs ed Emma Nolde (dalle un occhio, sarà il nuovo tornado della musica italiana) e non Drefgold.
Anzi, ti dico che a parte un altro artista, Tedua è il caso più clamoroso di ignoranza della critica musicale, ma hai sentito mai parlare di Dargen D’Amico a cui si ispira moltissimo? E’ uno che è finito sulla copertina di Blow Up anche se ora Blow Up non può parlare di Tedua perché perderebbe copie (ma sono sicuro che se potesse, Zingales ne scriverebbe un gran bene).
Dicevo a parte un altro artista, ovvero Tha Supreme. Ricordati di queste parole fra qualche anno a venire: Tha Supreme è la roba più grossa mai capitata alla musica italiana dai tempi di Lucio Battisti. E non ho preso nulla stamani. Ascoltati “spigoli” e capisci come in 4 minuti (se stavolta non sono solo 2 aveva ancora + cose da dire) si consumi un capolavoro del pop italiano: continui cambi di tensione, lavori di produzione eccezionali.
La sai una cosa poi? Al Brunori sas di niente, ma anche alle filastrocche dei Zen Circus ed anche ai sermoni di Bob Dylan, preferisco le parole apparentemente senza senso di Tedua e Tha Supreme. Si incastrano bene e non mi raccontano le minchiate degli Psicologi. Certo, dopo questi 2 che ti segnalo, il livello scende a picco così tanto che ci potresti anche trovare un tesoro da mari sommersi.
Scusa il romanzo, ciao Mario