Buongiorno – ma mi spiace, non abbiamo tempo da perdere, il Natale è in arrivo con tutto il suo furore, quindi eccovi subito il
MENU di questa puntata.
- Tony Effe, il dietrofront del Comune di Roma sul concerto di Capodanno del 33enne Nicolò Rapisarda, che mica lo sapevano cos’altro cantava oltre a Sessoesamba – che sarebbe piaciuta a Mozart, dice Jovanotti (che ha visto Amadeus di Forman e quindi lo conosce), che è solo una delle bitches corse a difendere il povero ciccio .
- La megamultinazionale Sony ha affidato a DJ e produzers di fama famosa una serie di remix dance di canzoni italiane che hanno bisogno di #visibilità. Tra queste L’anno che verrà, La bambola, A mano a mano e altri pezzi nati per essere imballabili, la maggior parte dei quali di artisti che sono defunti (Raffaella Carrá, Rino Gaetano, Lucio Dalla). O lo saranno. Ma la megamultinazionale Sony non morirà mai.
- Forse.
- La megamultinazionale Universal si mangia anche l’indipendente PIAS (Editors, Dead Can Dance, Joan As A Police Woman). Da Londra (e dove, se no?) il boss britanno Lucien Grainge si è detto soddisfatto per tutta la “autenticità” trangugiata.
- Su cento (100) sedicenti singoli che in definitiva costituiscono l’attuale classifica ITALIANA, ce ne sono quattro (4) che non sono distribuiti dalle tre megamultinazionali.
- Facciamo presto a elencarli: sono Il Filo Rosso di Alfa, n.4 (Artist First), Rossetto & Caffè di Sal Da Vinci, n.20 (Altafonte), Tu me quieres di Baby Gang, Omega, Higashi, Roberto Ferrante, n.64 (Planet) e La parte migliore di me di Ultimo, n.94 (Believe). Ok, non sono canzoni sulle quali costruire la nostra terra promessa, un mondo diverso dove crescere i nostri pensieri. Però, come si diceva cent’anni fa: rezpekt.
- Tutte le canzoni natalizie attualmente in classifica sono distribuite dalle tre megamultinazionali. Ed è per questo che sono belle.
- Il regno di Cesare Cremonini era un regno affabile, e non poteva durare a lungo: Alaska Baby di Zèsare scende al n.3 e cede a un deplorevole gruppo orobico…
IL NUMERO UNO. Sono per metà bergamasco (ebbene sì), e non posso esprimere un completo raccapriccio per Hello World dei Pinguini Tattici Nucleari. Ho messo le due affermazioni nella stessa frase, ma non sono legate. L’impossibilità di esprimere un completo raccapriccio per l’ultimo disco dei Pinguini Piacioni ha a che fare solo con la mancanza di tempo e spazio: non solo tutto questo blog marginale, ma nemmeno tutta l’internet e tutta la mia vita basterebbero per dire quanto male penso delle quindici (15) tracce che lo infestano, e quanto i pensierini pucciosi di Riccardo Pinguino Zanotti mi portino a tanto così dallo spezzare un’arancia a favore di Tony Effe e del suo imbecillismo scimmione a fini di lucro.
(«Sono Tony, non ti guardo nemmeno; a novanta, così neanche ti vedo
Mi dici che sono un tipo violento, però vieni solo quando ti meno»)
C’è una cosa che io mi ripeto sempre, quando sento canzoncine lezzose costruite pescando ai piani più bassi della banalità poetata. E me lo sono ripetuto – con un sorriso (questo 😊) nei decenni, per Renato Zero, Biagio Antonacci, Fabrizio Moro, persino per i Modà, in questi anni per Ultimo. E questa cosa che mi ripeto è un pasolinismo di grana grossa, immagino, ma credo davvero che ci sia (o ci fosse) un valore minimo poetico popolare anche nelle soap operas (sarebbe stato più appropriato dire “telenovelas”, ma fa troppo secolo scorso) o, mille anni fa, per i fotoromanzi, e per le canzoni da masticare.
Ma c’è una linea che non permetto nemmeno alla mia dabbenaggine critica di superare, ed è quella del calcolo efferato. Pinguino Zanotti si è laureato in Commercial Music a Londra (e dove se no?) e sta semplicemente mettendo in pratica il suo post-doc. Funziona? Sì. Ma anche se ciò che funziona è spesso indicato come maraviglioso, bisogna proprio essere scesi giù, giù, giù e accontentarsi di poco, poco, poco, per non trovarlo artefatto, falso e scemo come se uscisse dal cervello di Piersilvio Berlusconi.
Ah, come sono snob eccetera, me lo direi da solo. Se non fosse che non credo sia vero, sono da sempre un energumeno di periferia – ma soprattutto non ho niente contro chi studia la musica come se fosse il business insulso e fiorente che forse è giusto che sia – anzi! Se l’Università Roma Tre per qualche motivo demenziale volesse chiamarmi a dire la mia al loro nuovo master di Management, Marketing e Media della Musica, metterei la sella al gatto e ci andrei al galoppo.
Però se nelle rime cretine di Tony Effe posso ravvisare un minimo di verità che mi parla della sua orgogliona pochezza e della sua giustificabile beatitudine nell’essere nato nel momento giusto nel Paese giusto, nelle canzoncine dei Pinguini vedo paradossalmente un argomento a favore dell’Intelligenza Artificiale come generatore di hit dei prossimi decenni. Perchè amici, se qualcuno deve darmi questa rancida polenta impastata con avanzi di Imagine Dragons e tramontini e citazioni per universitari (non particolarmente brillanti), lacrimine vanigliate e autoironie totalmente insipide, allora preferisco che lo faccia un algoritmo, e non un bergamasco.
“Malinconia e settembre sono due sinonimi che ti fregano sempre se sei Keith Moon. Noi rimaniamo i soliti stupidi ipocriti che litigano solo per amarsi un po’ di più”.
Diocristo, ma cos’è ‘sto schifo? E cosa c’entra Keith Moon, buttato lì a caso come se lo avessi pescato da una scatola di bigliettini con nomi importanti. O da un manuale per trovare le Giuste Lyrics scritto da lui stesso per il corso da lui tenuto, e non costa neanche tanto, 49 euro. “Ho regalato il mio lutto a psicologi, la testa crolla e si chiude tra i gomiti. Il tempo passa, vuole dividerci, ma c’è una luce che non va mai spenta”. Ooooh, ha ammiccato alla nostra generazione, commuoviamoci tutti. E ancora: “Quanti anni c’hai? Dice: Quanti me ne dai? Non saprei, ricordi Camera Café? No! Non voglio sembrarle vecchio e le sussurro nell’orecchio una cit. di Call Me by Your Name. Mi racconta i suoi problemi, i suoi segreti, forse è brilla, o forse ha visto una scintilla nella mia pupilla”.
Zio cantante.
“Io chiedo una bottiglia, ma arriva solo un fiasco, perché viene Vincenzo a fare l’Alfredo di Vasco: uccide la serata, lei entra in rigor mortis. Ti faccio fare la fine del Vincenzo di Fortis”.
Ma dove siamo? In un Paese in cui un bellimbusto barbino apre il giornale, vede che si parla di femminicidio, e ci fa su la canzoncina pensosina col tocco di tristezzina? “Sei la rima fiore amore, la più difficile che ci sia”???? “Strano destino andarsene a maggio come due fragole”???? Beh, già che ci siamo non vogliamo metterci anche uno smile? 😊
Oh, naturalmente gli esprimo tutta la mia ammirazione, perché il mio primo (e secondo, e terzo, e quinto) impulso sarebbe di insultarlo per questa melassona aberrante e acchiappacuori, ma ho delle responsabilità e quindi lo plaudo per il coraggio delicato di affrontare questo tema delicato in una canzone delicata, eccetera, oh Gesù – e guardate, mi fermo perché sta arrivando Natale e come tutti, in questo periodo sono più buono. 😊
RESTO DELLA TOP 10. Alle spalle di Hello World c’è Tony Boy, da non confondere con Tony Effe (ma ci metterei una vita a darvi consigli per non confonderli), che risale al n.2 con Going Hard 3, mentre l’ex n.1 Zèsare Cremonini con Alaska Baby chiude un podio fatto di titoli vigliaccamente stranieri.
Poi, alle spalle di spiritosi rapper per ragazzini (Geolier, Olly, Anna, Lazza, Kid Yugi) arremba uno straniero vero, Michael Bublé, il cui Christmas sale fatalmente al n.9, con il suo messaggio di fondo: “It’s Beginning to Look a Lot Like Christmas”, finalmente qualcuno che lo dice contro tutta questa follia woke.
SEDICENTI SINGOLI. A un mese dalla pubblicazione, Islanda dei Pinguini Bergamaschi perviene al n.1, anche qui spodestando Zésare e la sua Ora Che Non Ho Più Te (n.2). Mariah Carey è al n.3, ma ora sarà interessante vedere cosa succederà nel weekend, visto che l’uscita a sorpresa dell’album di Marracash e quindi dei suoi sedicenti singoli, potrebbe impedire l’apparentemente inevitabile n.1 di All I want for Christmas is you, attualmente al n.3? Ah, ne vedremo delle belle.
Ma non questa settimana, evidentemente.
ALTRI ARGOMENTI DI CONVERSAZIONE. Anche se nelle charts non c’è traccia di canzoni sentite nella trasmissione, la compilation di XFactor 2024 rientra a sorpresa in classifica, con un combattivo n.75. Per quanto, un po’ più in basso della bella coppia di edizioni celebrative: Fra la via Emilia e il West di Francesco Guccini (n.47), Felicità Tà Tà di Raffaella Carrà (n.48), che è interessante vedere a braccetto, poli opposti ma non troppo lontani (quanto meno geograficamente) di una Sinistra sognatrice che non v’è più. Per tirarvi su il morale eccovi questa sofferta rivelazione di Ludovico Einaudi.
I lungodegenti in classifica sono sempre tantissimi, ben 17 album presenti da almeno due anni senza mai uscire, anche se vedo un Geolier e un Mengoni prossimi all’uscita. Anche questa settimana Re Mida di Lazza batte un nuovo record, portandosi a 302 settimane di permanenza; con 297 settimane lo seguono i già citati Pinguini che come vedete, possono contare su due long-seller proprio come Lazza e Sferoso Famoso e Geolier. Non troverete (ovviamente) femmine in questa affollata élite, ma ben due album non ITALIANI, e sono quello di Travis Scott e quello dei
PINFLOI. The Dark Side Of The Moon sale al n.30, perché regalarlo a Natale è un po’ come regalare un cofanetto di caramelle Sperlari, se poi chi lo riceve ne ha già in casa tre non importa, uno sta bene in cucina, uno in salotto, uno sul comodino di fianco al letto per vegliare su di voi mentre dormite oppure per occhieggiare complice mentre fate altre cose perché a differenza di Tony Effe, mentre le fate vi guarda. Ma sia chiaro, non vi giudica.
Grazie per aver letto fin qui, a presto.
Dai, ascoltalo qualcosa di bello però
https://open.spotify.com/playlist/4aOrFT018D9ImzeWY3GRBt?si=4cbaa70bd950440f