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Lo Stato Sociale è piuttosto inutile – ClassificaGeneration, cap. XVI

Avrei preferito non parlare mai de Lo Stato Sociale, ma il ritorno di Sfera Ebbasta al n.1 nella classifica dei presunti album non mi lascia molta scelta se non guardare a quella dei sedicenti singoli. Tra i quali Non mi avete fatto niente di Meta&Moro scende al n.2 cedendo il n.1 a Una vita in vacanza – due brani qualunquettisti che si completano in modo mirabile, con buona pace delle schiere di Repubblica che – aduse a saltare pachidermicamente sui carri più tragici – le catalogano, e senza nemmeno un po’ di humour sardonico – come “canzoni impegnate”.  

Che il parapapunzi di Una vita in vacanza sia la canzone più in auge a pochi giorni dal voto più zumpappà che questa nazione abbia mai espresso è del tutto adeguato. E in perfetta sintonia con gli schieramenti che Lo Stato Sociale finge di disprezzare (…e tuttavia, che piccola sottigliezza il fatto che l’unico politico messo alla berlina nel loro video IRRIVERENTE rivolto alla very normal people sia quello che conviene di più sbertucciare, il candidato Renzi).
Avendo avuto il lancinante privilegio di assistere a una loro esibizione, mi sento di garantire di non aver mai visto sul palco in anni e anni e anni (e anni) un gruppo – oh, pardon: si definiscono collettivo, con evidente wannabeismo Wu Ming – più inutilmente strafottente e musicalmente sciatto, credo anche per mascherare i propri limiti infiniti: non c’è loro canzone che non sembri la copia brutta e svogliata di qualcos’altro, e con allusioni e slogan talmente telefonati che sembra che qualcuno abbia mandato Povia al Dams. Nella Mia Umile Opinione, sono uno dei gruppi più disperatamente inutili apparsi negli ultimi cinquant’anni, forse riempiono un vuoto, come tante delle cose insulse che cerchiamo di spiegarci. Il loro comunicato stampa mi avvisa cionondimeno che i “cinque pazzi scatenati”, dopo qualche data in Europa definita Erasmus Tour

(…più smaccati di così, si entra direttamente in Casa Surace) 

“alzeranno ancora una volta l’asticella, per organizzare il limbo collettivo più grande d’Italia”. Per me, benone: hanno pieno diritto di fare brutte canzoni e sfruttare l’ansia di nuovismo che percorre lo scanzonato Paese, nonché di incontrare l’adorazione incondizionata della ineffabile sala stampa di Sanremo – che del resto è la primissima ad abboccare quando le si butta in faccia la locura di una vecchia che balla o una scimmia che balla o l’amico di Daniele Silvestri che ballava (#qualcunocheballa is the new black) (per Sanremo 2019, gattyno che balla e non se ne parli più). Le testate di sinistra, Manifesto in testa, sono totalmente disposte a bersi le raffazzonate rimasticature di Bifo Berardi e Deboscio, intanto che il Corrierone fa le sue gallery sul look vincente (e IRONICO) del frontman cuccioloso, mentre i critici indie abbozzano, stroncati preventivamente fin dagli inizi nella VIRALE Mi sono rotto il cazzo
(“Non siete Lester Bangs, non siete Carlo Emilio Gadda, si fa fatica a capire cosa scrivete, bontà di dio avete dei gusti di merda”)
(opinione opinabile ma legittima, però siete andati a Sanremo a portare una canzone che è l’apoteosi del kaffeeeee, un grido di guerra già rilanciato da un ufficio all’altro sulle ali di whatsapp nel sogno rivoluzionario di una vita in vacanza senza “nessuno che rompe i coglioni”)

Ma a proposito di scrivere in modo patetico, regalo ai lettori di questo angolino marginale un frammento del libro Il movimento è fermo – il “romanzo d’amore e di protesta” del collettivo, pubblicato da Rizzoli giusto un anno dopo l’altrettanto significativo libro di Benji & Fede. Libro dedicato con pucciosa retorica “A chi sa amare e ogni giorno crea possibilità: percorrendo nuove strade, occupando spazi, liberando idee”, ma che si badi, “Non è una storia in versi, e non è neanche un’autobiografia. Parla di noi, ma nessuno è noi, o forse lo sono tutti. Parla di trentenni, ma anche di sbarbi e cariatidi. Lo hanno scritto due di noi, e gli altri hanno detto che è figo”. Il passaggio che vi ho selezionato, in apertura, introduce sapientemente i personaggi principali tramite una brizziana conversazione al bar (e dove, se no) (“in una Bologna che in fondo è sempre la stessa, tra concerti in giro e litri di sangiovese”) sul significato di T’immagini di Vasco Rossi.


Beh. Naturalmente è possibile che là fuori qualche YouTuber scriva peggio. Ma la differenza è che lo YouTuber lo sa.

Top ten degli album. Come detto, Sfera Ebbasta ritorna al n.1, ed è la trap vs Sanremo nelle prime posizioni: Ermal Meta scende al n.3, superato da Annalisa; rimangono in alto FabrizioMoro (n.4) e Ultimo (n.5). Carl Brave x Franco 126 salgono tanto, dal n.32 al n.6, laddove Max Gazzé avanza al n.7, Emma resiste al n.8 davanti a Ed Sheeran e a un’altra nuova entrata dalla Kermesse: Red Canzian al n.10 (meglio, molto meglio di Facchinetti&Fogli anche se si inerpicano risoluti dal n.46 al n.37).

Altri argomenti di conversazione. Escono dalla top ten la raccolta Primati de Lo Stato Sociale, Oh vita! di Jovanotti, Back home di Madman. Debuttano al n.15 i Decibel, , si presenta al n.22 Bella, prof! di Lorenzo Baglioni. Sempre tre gli album in top 100 da più di 100 settimane: il best di TZN al n.71 (uscito 169 settimane or sono), Hellvisback di Salmo al n.65 (107 settimane) e i Coldplay con A head full of dreams (n.116).

Miglior vita. Sono nove gli album di artisti o gruppi guidati da artisti che hanno abbandonato questa valle di dichiarazioni di voto. Ben quattro di questi album sono di Fabrizio De André, il cui cofanettone sale lento ma perentorio al n.16. Constatiamo con piacere che Nevermind dei Nirvana (quelli di Kurt Cobain, quello che cioè zio si è SPARATO) che barcollava al n.100, con un colpo di reni ha evitato l’abisso risalendo al n.83. A deniaaaal, etc.

Pinfloi. Soddisfacente + 4 per The dark side of the moon che sale al n.41, mentre The wall fa ancora meglio e svolazza dal n.72 al 62, e malgrado il disappunto di questa rubrica anche Wish you were here si innalza dal n.82 al 76 – e se nemmeno qui vedete una chiara profezia sul voto del 4 marzo, davvero sarò costretto a farvi dei disegnini.
(… come dite?) (35%?) (Ha! Vi piacerebbe)

3 Risposte a “Lo Stato Sociale è piuttosto inutile – ClassificaGeneration, cap. XVI”

  1. Da bolognese vorrei segnalare che il frontman ed ideologo del “collettivo” appartiene ad una famiglia la quale possiede una ventina di immobili in centro a Bologna e che pertanto ricade perfettamente nello stereotipo del radical chic (sebbene il termine sia abusato)

  2. Meno male che ci ricordi ogni volta chi era Kurt Cobain perché il rischio di dimenticarsi che, cioè, si è SPARATO, diventa sempre più alto con gli anni che avanzano.
    Io comunque aspetto impaziente di leggerti pontificare su Tracy Chapman. Dico sul serio, ho combattuto la mia timidezza innata e ti ho scritto sto commento solo per ricordarti che i tuoi lettori a certe cose ci tengono.

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