AMARGINE

LeClassifique 102 – MiticoLiga, MiticoVasco, e la vecchiaia del rock italiano

Nella top ten di questa settimana abbiamo in un colpo solo MiticoLiga (n.1), MiticoVasco (n.2), Adriano Celentano (con Mina) (n.3), i Litfiba (n.7). luciano_ligabue

 

Ricordatevela bene questa settimana, perché i quattro nomi fondamentali del rock italiano, insieme contemporaneamente nella top ten degli album più venduti, non ce li avete mai visti e non ce li vedrete mai più.

 

Anche perché quella del rock italiano è una storia che è finita. Come quella del rock in generale, probabilmente.
(ma qui mi fermo, non posso prenderla così larga – posto che anche solo con questa intro, siamo già decollati senza tanti complimenti) Celentano e I_Ribelli_nel_1961
Il rock italiano ha vissuto stagioni diverse, da fenomeno di costume e imitazione (Celentano appunto, e i primi sparuti eroi) (fermo restando che Joan Lui era sempre abbastanza attento a regalare tanghi, mazurke e marcette, che il mondo beat poteva pur sempre crollare da un momento all’altro) a elucubrazione stilistica carenata da doverosa perplessità intellettuale nei confronti del suono amerikano (e quindi mediato nel prog dalla Pfm ogli Area, o da qualcuno dei cantautori, come Edoardo Bennato o Eugenio Finardi).

 

Fino a MiticoVasco.

 

Piaccia o no, negli anni 80, quella cosa là, in ritardo quanto volete e fotocopiata quanto volete da Lou Reed e dai Rolling Stones, l’ha messa sul piatto lui. Quel suono, quella voce per una generazione di sconvolti senza più santi né eroi. vasco Colpa-dAlfredo
Poi lui ha cercato di ritrattare, di autodefinirsi cantautore. Forse perché c’era sempre questo senso di inferiorità. O forse perché parlando con quelli di Repubblica, aveva paura di farli scappare. Ma la stagione matura del rock italiano l’ha aperta lui. Poi, vivaddio, sono venuti gli altri. Tanto che a un certo punto, negli anni 90, il rock dello Stivale, con i Litfiba più sguaiati (ma a volte uno strappp-po è una necessi-ta-ah!) e con MiticoLiga presentatosi per tirare giù dalle pareti gli “odiosi facciotti immortalati in troppi poster” pareva finalmente una roba da prendere sul serio, sia nel mainstream che nell’underground (perché il secondo, mi spiace essere io a dirvelo, non se la passa bene quando non c’è sostanza nel primo). E ci metto dentro pure il boom di Elio & le Storie Tese, forse maggiore rockband italiana di sempre per longevità e successo trasversale (…okay, le vedo le vostre facce. Se non loro, chi?). Nei 90, tanto per dire, a un certo punto sciorinava un’attitudine rock persino Marco Masini in Vaffanculo. Ricordo, curiosamente, un’intervista d’epoca sentita al volo a Deejay, nella quale Pelù e Ghigo commentavano detto brano: “Sì, beh. Ci vuole anche la credibilità, per sostenere certe posizioni”
(…Ah, Pierone. Ti ho perdonato tante cose. Però ecco, questa faccenda della credibilità, chi lo sa, forse è meglio non tirarla in ballo mai, che prima o poi si ritorce contro tutti) pelù voice

 

Sta di fatto che negli anni 2000, dappertutto, senza tante storie come le stelle di Arthur Clarke, il rock si è spento.Troppe pretese, troppi studentelli, troppa Brooklyn, troppe chitarrine e – nemesi! – odiosi facciotti immortalati in troppi blog.
Siamo nel 2016. Quasi 2017. Il rock italiano è vecchio. E non c’è ricambio.
Che vi devo dire. Pazienza.

 

 

L’ultimo sogno però sarebbe il combattimento finale.

 

MiticoVasco contro MiticoLiga. Come Batman contro Superman. Sapete, la versione di Frank Miller. batman superman
Tra i due, MiticoLiga è quello che soffre la sua missione di rockstar. Secondo me non è contentissimo dei dischi che fa. Ma ha capito che i supereroi adulti sono quelli che hanno deciso che da un grande potere deriva una grande responsabilità. Così continua a ripetere le stesse cose da anni – e a volte le mette giù bene, eh, non è tutto un disastro come dicono: ogni tanto gli entrano delle belle strofe. Però sempre di meno. Personalmente sono convinto che non ritenga più il suo pubblico capace di seguirlo se gli chiede di più.
Sono altresì convinto che la sua parte più creativa trovi sfogo nei libri, nei racconti. Non è il Carver italiano, come stralunava il critico del Corriere qualche anno fa, ma qualche sorpresa la sciorina, specie pensando alla prudenza dei dischi.
MiticoVasco, per contro, non ha la prudenza di Superman, non sente il peso della missione: è sconsiderato proprio come il Cavaliere oscuro invecchiato e malconcio di Miller. La sua trasformazione in Kom, l’ho detto fino allo scorbuto, è stata deleteria e greve. E tuttavia, una cosa mi ha colpito nell’ultimo singolo Un mondo migliore. Non è certo quel micidiale corettone da stadio incorporato – è il video. vasco-un-mondo-migliore-nuovo-video-810x342In parte, è il solito video tremendo di Vasco, con la gente fiera e indomita e la ribellione possibile, in una Puglia immensa e wendersiana. Ma ecco, alla fine c’è quel momento in cui lui, fragorosamente vecchio, sorride cantando con gli occhi verso l’obiettivo – Ligabue, quella scintilla di gioia scombinata del vero rocker, di quello che non guarirà mai, l’ha persa da anni. Posto che già a inizio carriera la si vedeva poco, anche quando c’era ancora bumba per noi.

 

Il resto della top ten. Al n.4 entrano i Metallica, al n.5 c’è Babba Pausini, al n.6 Benji&Fede. Dietro a Coldplay e Fiorella Mannoia, entra al n.10 la raccolta di Mario Biondi. Escono dalla prima diecina Giorgia (dopo un mese, n.11), Sting (dopo una sola settimana, n.12), Robbie Williams (uscito tre settimane fa, n.16).

 

Altre dittature. Entrano al n.13 le Little Mix e al n.14 il nobile Bruno Mars. I Justice entrano al n.54, il cofanetto Odorosi di Elio & le Storie Tese al n.99. Segnalo altresì che al n.1 delle compilation c’è da tre settimane – chiedo scusa per essermene avveduto solo ora – il live delle Amiche, avete presente il concertone contro la violenza sulle donne organizzato a settembre da Loredana Berté e Fiorella Mannoia all’Arena di Verona? La domanda è: perché questo live è inserito in classifica tra le compilation? amiche arenaMagari sta pure vendendo più dei Metallica. L’ufficio stampa mi dice che la decisione l’ha presa la Gfk che fa i rilievi, non l’etichetta. The Giornalisti risalgono forte dal n.49 al n.37, addirittura – qualcuno di quelli che nei negozi lo prendono in mano dicendo “Ooh!” “Completaménte!” “Ooh!” deve essersi sbagliato e lo ha comprato al posto di altri dischi che vendono davvero. In ogni caso, per ostilità indispettita, continua l’assenza del The da TheClassifica (in segno di protesta. Io, che non vivo più di un’ora senza The). Tra i dischi più pertinaci, continua il dualismo tra la raccolta dei Modà che raggiunge le 106 settimane ancorché in discesa al n.57, mentre il live di TZN si accoda con 104 settimane, però sale al n. 41. Circostanze che autorizzano a guardare al futuro come a una cassapanca di soddisfazioni.

 

La cerimonia degli addii. Dopo 53 settimane addio a Justin Bieber con Purpose, credo suo miglior risultato in Italia. Dopo 51 settimane, addio al disco di Biagio Antonacci, quello con lui in copertina con quaranta cm di lingua fuori come Miley Cyrus per eccitare le casalinghe italiane, e presumo anche qualche formichiera di passaggio. Fuori subito dalla top 100 Emeli Sandé, dopo una sola settimana in classifica e al n.84 – e non me lo spiego, nel senso che quello che ho sentito era davvero orrendo, e di solito i dischi che io trovo davvero orrendi vengono salutati come capolavori definitivi che cambiano le regole del pop.

 

Miglior vita. In classifica, nove album di artisti o gruppi guidati da artisti che hanno abbandonato questa valle di mannequin challenge. Li guida Leonard Cohen con You want it darker, anche se scende dal n.11 al n.20. Intanto scende piazza Affari e sale Nevermind, dal n.100 al n.85 – semplice coincidenza?

 

Pinfloi. Una new entry al n.22 ed è il vinile del caro vecchio Animals, l’album da mettere su quando gli ospiti non se ne vanno. waters sunThe dark side of the moon sale dal n.38 al 31, The wall dal n.90 al 62 e Wish you were here dal 93 al n.55. Una settimana trionfale, che solo i maligni metteranno in relazione con la pioggia e il tempo lugubre. Ottima tenuta altresì, al n.18, di The early years, il condensato in due cd del megacofanetto da 430 euro – che invece è già stato oscurato dalle nuvole. Ma io confido che a Natale chi ne ha acquistato una copia corra a prenderne un’altra, così, oltre a quella da mettere in mostra sotto i trofei di caccia, avrà quella che ascolterà davvero – per giorni, mesi, anni, mentre fa rotta per il cuore del Sole, il cuore del Sole, il cuore del Sole.

3 Risposte a “LeClassifique 102 – MiticoLiga, MiticoVasco, e la vecchiaia del rock italiano”

  1. “Anche perché quella del rock italiano è una storia che è finita”… eh, ma anche quella del cantautorato se la passa male se mi è concesso (quello politico, quello sociale, quello romantico, soprattutto quello sussurrato à la Concato per esempio).
    Ed è finito anche “l’interpretariato”: via la Oxa, Berté, Vanoni, Mina, Mannoia (bruttino Comandante)…
    Che rimane? Il rap. che riserva sorprese (quanto mi piace Ghali e le produzioni di Charlie Charles!).
    E rimane il nostalgismo (BASTA NOSTALGIA XDIO!) con i vari Motta, TheGiornalai, Calcutta e via revivalando.
    Ma dopotutto dopo la vittoria degli Stadio l’anno scorso a Sanremo, che TheGiornalai stiano facendo successo mi sembra una conseguenza piuttosto prevedibile

    1. Questo invece è un collegamento che non avevo previsto.
      I Giornalisti come evoluzione del dolceamaro di Curreri? Io li vedo più come versione musicale delle serie tv familiari italiane, Cesaroni, Medici in famiglia, o di ogni possibile film con Ambra Angiolini.

  2. Beh se ci pensi è un po’ quella roba lì: i cesaroni come le commedie di verdone… i giornalisti oggi gli stadio allora. Tutto degenerando però.
    E i giornalisti guarda caso citano proprio Borotalco nel loro ultimo video.

I commenti sono chiusi.