Premessa e debito. Giorni fa ho tenuto una lezione universitaria. Sul successo. Non lo dico per bullarmi, al contrario: è stata un insuccesso (ahaha). Ho calcolato malissimo i tempi di interazione col computer usato a mo’ di lavagna – perché per una volta invece di sventolare fogli e cifre da una pedana dicendo “Fidatevi, ho qui i dati, se volete poi ve li mostro da vicino in un vicolo buio”, potevo finalmente ostentarli zoomati su Zoom. Ritengo di aver mostrato novanta tabelle e migliaia di NUMERI con streaming, dollari, follower, spettatori, insomma quella musica quantificata contro cui in teoria mi batto (questo sì, lo dico per bullarmi: in realtà non mi importa nulla). Ma che poi si è vendicata prendendomi la mano: ero così euforico nel fare il mio numero coi numeri, che ho menato me stesso per l’aia per quasi due ore – e alla fine ho strizzato in quattro minuti la parte teorica cioè i possibili motivi che hanno permesso al Successo (e ai Numeri) di occupare completamente la musica. La cosa mi tormenta da una settimana, e torna a farlo con l’atteso nuovo disco di un’artista che come tanti suoi coetanei ma più di tanti suoi coetanei ha messo il successo e la sua narrazione (in corsivo, ovviamente) al centro della propria opera. Solo che anche lei per una volta nella sua ormai lunga carriera sembra averlo lasciato sullo sfondo di tutto il suo agitarsi. Non è chiaro se la cosa sia voluta. In ogni caso, ha avuto successo (eh!), i recensori che contano sono tutti entusiasti, tutti e venti (una sola insufficienza, dal New York Times) e nella classifica italiana dei presunti album quel disco è
Il numero uno. Uno, notoriamente, è un numero. Un altro numero è tredici: i produttori. Oltre a lei, due svedesi, due francesi, tre americani, uno Skrillex, due inglesi – per dare la giusta leccatina a tutti i Paesi i cui critici devono dare l’approvazione. A quanto risulta, il principale nocchiero tra costoro è stato Bloodpop, uno di quelli che tutte le star del pop si sono messi all’occhiello prima o poi. Per essere sicuri di suonare originali, chiaro. Negli ultimi 10 anni Bloodpop ha prodotto Charli XCX, Grimes, Beyoncé, Britney Spears, Fifth Harmony, Haim, Post Malone, Taylor Swift, Justin Bieber (e parecchio), poi ha lavorato con Lady Gaga nel 2016: un anno dopo che Madonna lo aveva chiamato per Rebel heart.
Questo per dire che, in parte, è un disco assolutamente prevedibile. Diciamo al 50%. E parlando di numeri – che dopo la lezione se volete vi mostrerò in un vicolo buio – so da fonte certa che la Società Mondiale di Apprezzamento del Pop esige, necessariamente, un 50% di prevedibilità.
L’altro 50% dev’essere sorpresina.
(…sorpresona, sarebbe troppo)
La sorpresina, si badi, può essere anche solo nell’intento.
E nel caso di Chromatica, l’intento è una smaccata matrice dance, EDM, Davidguettiana quasi. Non è una sorpresina, in pieno 2020? Però abbinata a testi vagamente sofferenti, spiegati in interviste lunghe (e parecchio) e curiosamente pesanti. Non per i temi, no. Se posso permettermi, per la poca incisività.
Ma il disco non ha questo problema. Nella Mia Umile Opinione è un ottimo album dance. In effetti è il miglior album di Madonna da quindici anni a questa parte. Sono le sue nuove Confessions on the dance floor.
(pausa, per permettere alla sottigliezza blandamente ironica di arrivare)
Finalmente Gaga ce l’ha fatta, ha inciso il perfetto album di Madonna. E se non ci credete, provate ad ascoltarlo. Ma sia chiaro: non ho niente da obiettare a questo. Né allo stato del pop e della dance in pieno 2020. Nessuno dei due sta benissimo, però anch’io l’altro giorno dopo 20 minuti di corsa dopo quattro mesi, mi sentivo come il pirata nell’assai ghignoso gioco che da esso prende il nome.
L’unica cosa che mi sconclusiona in Chromatica è che – in pieno 2020 – è ancora imbastito sul concetto di “album”. Sì, è ovvio che funziona anche a scorporare le tracce in streaming, prendendo quelle che piacciono e lasciando sul piatto le altre. Eppure tra introduzione e interludi e durata di 46 minuti e intento, si intuisce che è stato pervicacemente pensato da una persona la cui cultura musicale – in pieno 2020 – è ancora legata con affetto agli album. E vedete, io non sono un feticista dell’album, non ho mai fatto la lista dei miei seimila preferiti, non riuscirei a indicare un album straordinario nella sua totalità. Però so, proprio come lo sa la Foxy Lady, che senza la buffa convenzione di opera (…di discorso?) che l’album rappresenta, si sgretolano un pochino delle ambizioni di fare qualcosa di più che delle semplici hit, e di lasciare qualcosa che… Beh, che non siano soltanto numeri. E detto ciò, passiamo – con ulteriore blanda ironia – ai numeri dopo l’1, cioè al
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Resto della top 10. Il Paese è allo sbando e nulla lo dimostra più del fatto che entra al n.1 tra i presunti album una FEMMINA, che per di più non è ITALIANA. Anche se dice di esserlo, come tutti – seh, come no. Chromatica di Lady Gaga è già il TERZO album STRANIERO che va al n.1 quest’anno, oltre che il primo di una donna, e se questo non porta alle dimissioni di Conte, di Mattarella e del Papa, non so veramente cosa debba succedere. Se non fosse per lei, sarebbe una top 10 tutta ITALIANA a partire dal podio tutto nuovo: al n.2 arriva Dani Faiv con Scusate se esistiamo, e al n.3 entra Nek con Il mio gioco preferito (parte seconda) (…deduco che c’è stata una parte prima). Il podio dell’altra settimana scivola tutto dal n.4 al 6, parlo di Ghali, di Gaia e dell’ex n.1 Drefgold che scende al n.6. Al n.8 entra Rosa Chemical, che si inserisce tra Marracash (da 31 settimane tra i primi dieci) e ThaSupreme (da 29 settimane); resiste al n.10 la Dark Polo Gang. Escono dalla prima diecina Fabrizio De André e la PFM (al n.16 dopo l’ingresso al n.2), i Pinguini Tattici Nucleari (era ora, detto in senso buono. Credo), The Weeknd e Dua Lipa.
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Altri argomenti di conversazione. Ingresso al n.14 per il rappuso puertoricano Anuel AA con il suo secondo album, molto alto rispetto al suo piazzamento in USA (n.8). Ok, è un tamarrone che sceglie bene le amicizie (featuring con J Balvin, Ozuna, Daddy Yankee, Shakira, 6ix9ine) ma ammetto di essere sorpreso, anche perché non è il primo segnale di portoricanismo rampante nella classifica ITALIANA degli album. In compenso abbiamo fatto fuori dopo una settimana il sudcoreano Agust D, da n.24 che era. Ma è fuori dopo sette giorni anche Gunna, ex n.1 USA. Non li fanno più come una volta. Ma parlando di portoricanismo,
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Sedicenti singoli. Alle spalle di Irama, ancora al n.1 con Mediterranea, continua a salire il primo reggaeton cretinone dell’estate, Mamacita (que bonita) di Black Eyed Peas, Ozuna & J. Rey Soul.
(se ci pensate, con tutto quello che sta facendo Salvini per vendere la nazione al boia russo, è curioso che ci stiamo gemellando, forse per invidia, con il Territorio Non Associato degli Stati Uniti d’America, aka Portorico)
Al n.3 il probabile fenomeno dell’anno, Il bacio di Klimt del giovane Emanuele Aloia, che cerca di riscattare un testo di lampeggiante banalità infilandoci nomi di pittori a caso (forse ci riesce, però se i pittori in questione lo beccassero gli farebbero una faccia a tavolozza). In compenso il motivetto Una voglia assurda di J-Ax entra al n.29, ma aspettate a sorridere, è giugno e Tormentonia sta per aprire i battenti, quindi torniamo agli album e ai
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Lungodegenti. Per una volta elenchiamo i centenari in ordine di classifica, in modo da dare numeri in più: 20 di Capo Plaza, uscito 111 settimane fa, è al n.25; Peter Pan di Ultimo, 121 settimane, è al n.31; Rockstar di Sfera Ebbasta è al n.46, mentre al n.47 c’è Pianeti di Ultimo (118 settimane). Al n.57 c’è il rookie Luché, il cui Potere (il giorno dopo) è in classifica da 101 settimane, poi al n.74 c’è il segnetto ÷ di Ed Sheeran. Manca qualcuno? Ovviamente sono i
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Pinfloi. The dark side of the moon festeggia al n.55 la 187esima settimana consecutiva in classifica – ma festeggia perdendo ventidue posizioni; viceversa ne ha guadagnate due salendo al n.61 The wall, e spero siate deliziati quanto me nel verificare che è tornato popolare appena finito il lockdown, mentre era uscito di classifica dopo due anni, esattamente nel momento in cui la gente ha potuto vivere di persona una analoga bellissima fantasia di isolamento e paranoia invece che semplicemente sognarla: don’t dream it, be it. Bene. Grazie per essere arrivati fin qui, a presto.
PS
Lo avete notato che neanche qui ho accennato ai motivi per cui il Successo e i Numeri hanno occupato completamente la musica? Ecco, un altro insuccesso.
C’è da dire però che la Germanotta non faceva un album dance da tempi immemori (un po’ come Madonna quando uscì Confessions) e quindi ci sta anche. È un peccato per lei che causa questa emergenza non ci siano i pride in giro per il mondo perché sarebbe stata la colonna sonora di tutte le sfilate (un po’ come Madonna quando uscì Confessions). La differenza sostanziale è che quando uscì Confessions (15 anni fa) c’erano anche molti dischi nuovi di nomi “top” in circolazione, mentre Chromatica è uscito nel nulla più totale ed è chiaro che chiunque essere umano che mangia grazie alla musica abbia dovuto recensirlo.
E poi sono stati bravi dai hanno fatto tante canzoni che durano poco che ci stanno tutte su un solo vinile cioè dai è l’esempio di come si debba produrre un disco nel 2020
Sì, la cosa delle canzoni corte ha colpito anche me, non l’ho messa perché il pezzo già NON è corto.
In ogni caso per me, lo ripeto, è un ottimo disco.