AMARGINE

Jovanotti sta a Olly come Marracash sta a Gué – TheClassifica 1,2,3,4,5,6,7,8/2025

MENU DELLA PUNTATA

  1. Olà! Salve! Sì, lo so – scusate. Eccetera.
  2. A un certo punto c’è stato l’album di Jovanotti al n.1 in classifica.
  3. Ora c’è l’album di Olly al n.1 in classifica.
  4. Prima, c’era stato l’album di Gué Pequeno al n.1 in classifica.
  5. Ma ancora prima, e pure dopo, c’era l’album di Marracash al n.1 in classifica.
  6. C’è stato anche un album veramente scemo e penoso al n.1 in classifica.
  7. A un certo punto c’è stato anche l’album di Bad Bunny al n.1 in classifica.
  8. E poi basta con gli album, a chi interessano più: chiudiamo con le canzoncine della Sacra Kermesse. Tutte bellissime. Ovviamente.

(se qualcuno di questi punti non vi interessa, saltatelo pure. Oppure tenetevi un po’ di roba per domani, o per venerdì) (se non vi interessa niente, vi deploro in pubblico ma vi lancerò occhiate d’intesa di nascosto. E ora, iniziamo)

1. ECCETERA. Dovete perdonarmi, sono due mesi che non TheClassifico niente. Ci sono dei motivi. Ma non sono interessanti.

Cionondimeno, da dicembre, mentre l’ombra cruenta della Sacra Kermesse si allungava sulla nazione, sono usciti molti album che una volta si sarebbero definiti importanti.

Poi alla prova dei fatti, temo che non lo siano stati realmente. Le premesse c’erano ma le cose sono cambiate, e non si torna indietro: forse nel mondo usciranno ancora 2-3 album semiimportanti, nei prossimi 10 anni. In realtà non ne sono affatto convinto ma non voglio che qualcuno un giorno mi rinfacci profezie sbagliate.

In ogni caso, proverò a risarcire questi album. Cominciamo dal pesce più grosso. Oddio, non proprio. Dal pesce più vecchio.

2. JOVANOTTI – IL CORPO UMANO VOL. 1

È andato al n.1 appena pubblicato. Nel giro di due settimane è uscito dalla top 10, al n.14. Del resto, non ci sono hit a trascinarlo – benché il dono per le hit fosse una sua prerogativa anche nell’età matura, senza hit sarebbe folo un cavaliere paffo. E forse lo sta diventando. O quanto meno, pragmaticamente schizofrenico.

Credo che un album di Jovanotti non andasse così male da quando faceva Domenica In con PippoBau, 30/40 anni fa. Il che non impedirà al suo tour di riempire spiagge o aeroporti o uffici postali. Al grido “Energia, energia!”, come immagino abbia fatto a Sanremo, con la tamburata che ha regalato spensieratezza a questa nazione perennemente esilarata.

Sbaglierò, ma qualcosa gli scricchiola dentro, e forse non sono solo le ossa: non avevo mai sentito il positivista di Cortona così tristo e sperduto, ed è financo banale dire che i guai del suo corpo umano hanno portato tanti intimi dubbi. Sì, ci sono anche cose buonine, nei testi a tratti ha dei piccoli sospiri Battiatici. Ma la parte suonata del disco non ne tiene troppo conto: i rinomati matematici del mixer da lui ingaggiati inzuppano qualunque suo pensiero in musichette cinciallegre e immancabilmente mondialiste. E raramente significative, malgrado il Jovane mostri quell’entusiasmo che è tenuto a mostrare, perché l’energia è parte del suo prodotto, il pubblico se l’aspetta dai suoi Jova Parties. Sicché esteriormente la facciata è sempre quella, nei video continua a fare i suoi balletti cringiosi e agitare la sua barbisa sdrammatizzante nella Galleria Borghese, sventolando le solite significative barchette di carta. Analogamente, nelle mille interviste piacione a venire, dopo aver raccontato con fare grave i suoi dolori, tornerà a rassicurarci e rassicurarsi, suvvia, energia, energia, hehehe… Personalmente non ne sarò rassicurato. Ma sono affari suoi.

Cherubini Lorenzo però mi porta dritto a Olivieri Federico.

3. OLLY – TUTTA VITA

Ho letto questo passaggio su aMargine, nella rubrica TheClassifica del 14 novembre 2024, in occasione del primo n.1 di Tutta la vita (all’epoca privo di Balorda Nostalgia, che ha vinto la Sacra Kermesse). A parte la scrittura discutibile tipica del sito, concordo con alcune delle affermazioni sul “Rapper buonino che pensa positivo come Jovanotti il secolo scorso”. Per cui le riprendo:

Olly è un Jolly. Perché è un po’ Pezzalesco (e i tempi sono favorevoli) specie nella tiritera che i campioni siamo noi perdenti perché non molliamo mai. Poi, è un po’ Pinguinesco (e i tempi sono piacionevoli) nello humour supersimpa di brani tipo La lavatrice. Ma soprattutto è molto Jovanottesco, quello della fase pre-comunista in cui insisteva che no, cioè raga, sono diventato grande adesso, hehehe, però energia, oh, è qui la Fefta.
I suoi testi sono più solari e chick-friendly di quelli dei tanti rapper della #scena che si rivolgono ai brufoli maschili. L’ascesa di Olly il Jolly si deve anche a una nuova fase in cui la classifica ITALIANA (e le tre multinazionali che producono quel mainstream che deve riempirla) si va riposizionando verso YouTube, ove il pubblico femminile ha più peso rispetto a Spotify. I suoi testi, a partire dalla superhit Per Due Come Noi, ricordano parecchio una puntata di Uomini e Donne di Maria (o anche: Uomini di Maria e Donne di Maria), ma per una fascia di pubblico ancora più giovane: immaginate una melassa patatosa al sapore di energy drink – con velleità di realismo adeguatissime a uno studio Mediaset, con la Grande Fratella che controlla e sospinge i tentativi di sentimenti verso il consenso generale di pubblico e produzione”.

Questo tipo scrive in modo veramente pretenzioso, forse ho fatto male a citarlo. Volevo sveltire la parata. In ogni caso col giovane pesce può bastare, eccoci alla vecchia lenza.

4. GUÈ (PEQUENO) – TROPICO DEL CAPRICORNO

Malgrado quello che proclama, malgrado i tanti tanti danari e la deferenza di ogni tipo di pubblico e l’aura imperiale che lo circonda, io non so se davvero Gué Pequeno abbia chiaro ciò che vuole.

Però sono piuttosto sicuro di una cosa: sa ciò che vuole il Popolo – aka la Gente aka gli ITALIANI.

Lo sa meglio di Schlein e Meloni e Calenda e Salvini e Conte (non Paolo) (non Antonio) (non Richard) (…come CHI: Richard Conte, il Barzini de Il Padrino). Il primo politico che lo ingaggia, ovviamente di nascosto, spende bene parte dei suoi milioni.

Un mese e mezzo dopo l’immancabile n.1 al debutto, l’album Tropico del Capricorno è ancora in top 10. Curiosamente, i singoli che lo compongono non vanno benissimo. Anche se come sempre ha calcolato per bene tutti i featuring. Tony Effe, Geolier, Rose Villain (che porta in dote il marito produzer Sixpm), Artie 5ive, Shiva, Dargen D’Amico, Ernia, Frah Quintale, Chiello, Tormento, Ghali.

Buffamente, tra tutte queste tracce (in gran parte a causa della Sanremomania), quella che sta andando meglio è una delle tre prive di ospiti d’onore. Ed è Vibe, una di quelle più divertenti e deficienti in un album che è un inno (strategico) alla stupidera. Perché Gué ha sempre ben chiaro che non deve diventare troppo conscious, non può staccarsi troppo dalla terra-terra. Nei suoi ultimi album si stava pericolosamente sbilanciando verso una sorta di maturità e critica sociale. Eccolo quindi dedicare un brano allo scarico per moto Akrapovič, il cui brum brum è motivo di rispetto nella tamarreide ITALIANA. Ma se non altro, nella lotta senza quartierino per ottenere gli streaming di ogni idiota della nazione (ché come in politica, “uno vale uno”), l’ispirazione del brano è, in definitiva, un suono. Ancora una volta l’album del Dogue è tutto pieno di musica e di citazioni in genere più raffinate delle rime – ma non solo perché basti pochissimo. In questo, non si mette a competere con i 25enni: è entrato in questo business per la musica, e le gira ancora attorno.

L’album di Gué, uscito due mesi fa, si trova al n.8 in classifica, esattamente davanti al n.9 di quello di Marracash, uscito tre mesi fa. Vi dicevo prima che Olly si muove nella direzione di Jovanotti. Laddove Gué e Marra, che per un po’ hanno formato l’animale bifronte MarraGué, si muovono in direzione opposta. Credo.

5. MARRACASH – È FINITA LA PACE

Il suo album è l’unico sul quale qualche giudizio è arrivato nella mia bolla. Era mattina, ed era presto ed erano passati circa quattordici minuti (o forse erano tredici)

(non dodici, no) (ma nemmeno quindici)

da quando avevo letto che Marracash aveva pubblicato un nuovo album “a sorpresa”, a un mese dalla fine dell’anno solare, il giorno dopo che l’industria aveva dichiarato il 2024 chiuso, mandando i panettoni a tutti (a me no, ma non importa, me lo mando da solo). E già dopo quattordici minuti si potevano leggere i primi commenti a È finita la pace. E già c’era un senso di spiazzamento (un po’ offeso) da mancato hype, con qualcuno osservava che il disco era “il più debole della trilogia”.

Al che, essendo sempre sul pezzo, ho pensato: “Quale trilogia?”

Ritorno al Futuro? Una Pallottola Spuntata? Film Bianco/Rosso/Blu? La trilogia delle città? Trilogia di Topolino (featuring Giuseppe Tubi, Macchia Nera, Eta Beta, tutti e tre al debutto)? Magari Marracash aveva effettivamente parlato da qualche parte di trilogie, io di rado leggo le interviste (sono troppe) (anche le mie). D’altro canto intervistare Marracash mi sembra pleonastico, parlare con lui è un piacere personale ma non so a che serva quando è già tutto nell’album, anche le cose che non capisco – e che non necessariamente sono lì perché le capisca IO, perché ce n’è per tutti.

Dopo di che l’ho ascoltato. Disco debole? Questo? Mettete in piedi tutto un giuggiolificio per Lucio Corsi e Brunori, e poi QUESTO sarebbe un disco debole. Sbigottisco con discrezione.

Anche se so di non essere imparziale. Per quanto mi riguarda, quando esce un album di Marracash i testi dovrebbero essere pubblicati a parte su un libro, dal Saggiatore o da Adelphi o qualcuno di quelli che conferiscono a chiunque un solenne peso. E dovrebbero essere in vendita alla Feltrinelli o al Libraccio e quei giovani un po’ chierici e un po’ barman che ci lavorano dovrebbero fermare quelli che stanno comprando Baricco o Carofiglio (inutile fermare chi sta comprando libri di Cazzullo o Crepet) e dir loro “Fermo! Non salga su quel treno con quel libro! Non la porterà lontano! Prenda Marracash! La porterà dove si trova!”

(e se ritenete che la mia sia piaggeria da lustrascarpe, SPOILER: tra poco ne parlerò male, di È finita la pace)

A quasi tre mesi dall’uscita dell’album, ancora non mi sento del tutto pronto a pontificare, e non so quando lo sarò. Forse è il global warming, o il global worming, la rivincita dei vermi, una necessità di sentenziare subito causata dall’aspettativa di degrado istantaneo (e di hype istantaneo) per ogni prodotto, come se l’obsolescenza programmata si fosse propagata dai telefonini a tutto ciò che facciamo e siamo. O forse è un mio problema con le cose pensate per essere ripensate. Ci ho messo anni a cogliere certe cose di Status, che è uscito in questo secolo ma sembra un secolo fa. Può darsi sia colpa mia. In ogni caso una cosa che ho colto è che rispetto a Gué, che nella #scena ci sGuèzza (pardon), Marracash soffra il fastidio di chi prova da anni ad alzare quella stupida asticella del rap italiano, ma alla fine come Michael Corleone si ritrova sempre ritirato dentro. L’album di Gué è tipicamente pieno di Guést star. Invece Marracash a ‘sto giro non ha nemmeno un featuring. Non è disistima per i colleghi, è un tentativo di rivendicare un album per sé stesso, lontano dai colleghi rappusi, eletta schiera – e potrebbe essere uno dei modi più eloquenti di farlo capire a quanti lo ascoltano perché lo vedono nel calderone o nelle playlist.

E cionondimeno.

Quanto avevo detto dell’album di Gué, non riesco a dirlo dell’album di Marra. Sento un vuoto nella forza della musica. Come se nel costruirla (o farsela costruire) non avesse impiegato realmente quello che gli piace, ma quello che va necessariamente fatto. Come se non avesse scelta. Ci sono molti colpi a effetto, e credo che il migliore sia l’utilizzo della Canzone triste di Ivan Graziani – che però, curiosamente, mi fa sembrare il pezzo una specie di magistrale show sanremese. Chissà, forse lì un pezzo come Gli sbandati hanno perso sarebbe stato perfetto, avrebbe colpito chi doveva colpire, sarebbe stato quel qualcosa di definitivo che mette in riga tutti i commenti “definitivi”.

E quando è finito È finita la pace, mi è venuto il malsano desiderio di un album di Marra prodotto da Gué. Magari è un’idea delirante. Ma se ha bisogno di contattarlo, ci penso io.

In ogni caso, sono affascinato da questi che fanno i balli di gruppo su Marracash. Che bello TikTok, ci voleva, no? Adesso sì che siamo completi.

Ma a proposito di quella proverbiale asticella.

6. NERISSIMA SERPE, PAPA V & FRITU – MAFIA SLIME 2

Aspra è la via verso la mancanza totale di qualità. Percorrerla chiede perseveranza, mancanza di dignità, e la rinunzia al talento e alle sue vane pompe. E quanto fiato, quanta salita, andare avanti senza fermarsi lungo quelle pietre miliari di bruttezza e idiozia che altri impavidi hanno droppato, sapendo che là fuori qualcuno agogna diuturnamente prodotti perentoriamente imbecilli, sciatti e penosi: una genìa protesa verso una pochezza promessa, in cui crescere i propri pensieri. E sarebbe vano percorrere la via in discesa del rap cretinoide, se ivi non ci fossero, nei pressi, uomini di magia: manager e discografici mai turbati da futili imbarazzi, costretti dalla vita ad abbandonare i propri sogni di vendere eroina ai ragazzini o truffare gli invalidi e gli anziani, ma sempre in cuor loro devoti al potere di tutto quanto è miserabile e degradante. Sicché, rendiamo merito ai discografici italiani delle due megamultinazionali Sony e Universal che, gioiosamente abbracciate, hanno pubblicato insieme questa merce insulsa e scadente, permettendole di incontrare tutti quei brufolosi in tuta che la anelano, e di generare utili per il comparto, nuovi SUV, nuova cocaina, nuovi idioti di cui sentirsi migliori.

7. BAD BUNNY – DEBÌ TIRAR MÀS FOTOS

Una cosa che ritengo abbastanza istruttiva è guardare cosa dice Wikipedia sui generi musicali. Secondo Wiki italiana, il pluripremiato e plurivenduto artista portoricano Benito Antonio Martínez Ocasio è specializzato in Latin Trap e Urban, e il suo ultimo album contiene musica Latin Trap e Reggaeton. Questo per noi italiani. Nella versione inglese, lui è un artista che oltre a Latin Trap e Reggaeton fa anche Latin Hip-Hop. Però l’album Debì Tirar Màs Fotos lo vede proporre Plena, Jìbaro, Salsa, Reggaeton e House. Nella versione spagnola dissentono su Jìbaro e Latin Trap e House, approvano Salsa, Plena e Reggaeton, aggiungono Musica Caribeña e Dembow. Ma questo, premettendo che Bad Bunny vive di Trap Latino, Pop Urbano, R&B Latino, Salsa, e immancabilmente di Reggaeton.

L’unico su cui sono tutti d’accordo è il Reggaeton, che immagino sia un po’ sminuente rispetto al caleidoscopio urbanlatintrapcaraibico e alla tanta aria di Bunny Vista Social Club che spira nell’album. Ma a quanto pare è il sapore più forte e riconoscibile in mezzo a tanti aromi un po’ sfuggenti, anche se ovviamente questi ultimi affascinano tutti noi giovani pallosi critici progressisti che vogliamo vedere nel Bunny un (terzo) mondo infinitamente sfaccettato. Anche questo suo disco è un miracolo di equilibrio e persino di ricerca, rispetto alla piattezza spietata e monocorde (perché funzionale) di quanto si regge sul reggaeton. Ma userò ogni cautela prima di additarlo come nuovo Bob Marley o nuovo Harry Belafonte: calma e stiamo a vedere, ché la fretta è una cattiva conigliera.

Ma per quanto ci concerne, non credo che il n.1 di Bad Bunny e la sua lunga permanenza nella nostra top 10 autarchica siano dovuti all’ascolto di stranieri o italiani di seconda generazione (che pure, iniziano ad avere un peso in classifca e nel giro dei concerti). Anche una nutrita, ipernutrita parte di pubblico ITALIANO geneticamente ostile agli stranieri (a meno che non si presentino sventolando rotoli di banconote) lo ascolta: forse per la inestinguibile fantasia del chiringuito al Club Med, forse perché in metà dei locali italiani, per non morire della noia del mainstream contemporaneo, vengono sparati (a volume altissimo, per simulare divertimento) 1) musica anni 90 variegata, oppure 2) urbanlatintrapcaribe – per i semplicioni: reggaeton.

8. LE BELLE CANZONCINE DELLA SACRA KERMESSE

Sono sicuro che sono tutte favolose, tutte e trentaduemila – ma non ne ho sentita quasi nessuna, e comunque non avrei niente da dire. Se non quanto segue, che poi non sono nemmeno io a dirvi, ma la FIMI, che concerta il comparto.

 

Sono cose che fanno pensare, immagino.

Parlo di voi: io preferisco non pensarci. Ormai quella nave è salpata, come si usa dire. Questa lunga geremiade invece è arrivata in porto, sperando di avervi offerto diporto: grazie per aver letto fin qui (no, grazie davvero). Da oggi TheClassifica riprenderà ad apparire più o meno a cadenze quasi regolari, forse. Non so. Ma voi, statemi bene.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *