“Ehi” “Uè” “Oh” “Bella” “Grande” “E allora?” “’bastanza” “Va’?” “Va’” “Dai” “Eh” “…’sta festa?” “Solito” “Materia prima?” “Qualcosa” “E chi c’è?” “Bella gente, bella gente. Dai” “Tipo?” “Ma sì, guarda” “Vedo” “Mmh” “Cioè, il solito” “Normale” “’bastanza” “Oh, ma… Ma ‘sto casino?” “Non so” “Guardano tutti verso…” “Dicono che c’è…” “Ma veramente?” “È lui” “Ma no” “Sì che è lui” “Non ci credo” “È…”
Il numero uno. Nel video di Cookies’n’Cream (featuring Anna Pepe e Sferoso Famoso) (n.1 tra i sedicenti singoli) Guè sembra inchiattito. Forse oggi il suo ex socio Jake La Furia è più Pequeno di lui. Direte che è un dettaglio scemo da cui partire. Però chi lo può negare: con gli anni sia lui che la sua musica hanno acquisito un loro peso.
Il numero uno. Guè, in arte Cosimo Fini, è da tempo una specie di fantasia per parecchia gente sopra i 16 anni – per quelli sotto, i ragazzini maschi col telefono che oggi hanno in ostaggio l’industria discografica, è un featuring ricorrente nelle playlist dei wonderkidz del momento, ma per chi ascolta musica da più di 4 anni è la figura-chiave di questi ormai vent’anni di immaginario RAPito, è la star che gli altri pesi massimi del rap italiano non hanno saputo o voluto essere.
Non Salmo, al quale si confà la parte del corsaro in agguato. Non Marracash, che pure con lui ha avuto un rapporto di simbiosi di tipo mutualistico nella società MarraGué, uno do ut des di impunità e profondità: lui metteva in comune la zarroganza da Dogo, dissimulando la propria maturità (non facile da assorbire per il suo pubblico dell’epoca) dietro a quella più universalmente accettata del king della Barona.
Non i due componenti della società inimica, J-Ax e Fedez – ah, sembrano passati secoli, non è vero? Eppure la nazione era ai loro piedi. Di quel sodalizio che diede voce (e cavalcò) la fase sguaiata del grillismo, sopravvive solo l’intuizione che il Paese, con una smania oggettivamente ignota (dati alla mano) al resto del mondo, brama sublimare il proprio furbettismo in un’estasi di miriadi di tormentoni da spiaggia accattivanti. Che hanno soppiantato il grillismo: oggi sopravvive solo su qualche social.
Il prezioso momento in cui il critico parla di sé. Chi scrive è reduce da cinque ore in una sala d’aspetto di pronto soccorso, nella quale nessuno era pronto e nessuno soccorreva. A un certo punto, il grosso del personale medico e paramedico pareva palesemente a cena. Eppure non si è spazientito nessun paziente, o parente, in una sala tutta codificata di codici bianchi e verdi: nessuno attaccava a lagnarsi che è tutta una vergonia e maledetti i Comunisti col Rolex, invocando il fascismo quello serio, mica quello imbellettato e defilippico di SonoGiorgia.
“Oh, mi senti? Sì, c’è casino – sono alla festa – è arrivato Guè – sì, giuro – sì, ho fatto foto – sì, ho fatto video – adesso vado a fare selfie – no, non c’è Elodie – ma no, non era lui che stava con – no, era Marra – ascolta, c’è la fila per fare il selfie, devo – Fedez? – ma quando mai”
Come ad anticipare lo spegnersi delle cinque stelle il duo FedAx si sciolse per questioni, appunto, di solubilità, senza lasciare tracce nei due componenti. Il duo MarraGué invece ha lasciato nel primo una certa disinvoltura glamour con la quale, strano ma vero, proteggere la propria credibilità in questi tempi scemetti; nello zio Guè Pecunia ha messo allo scoperto una seconda natura che anche i più vistosi orologi e catenazze da gangsta faticavano a nascondere. Oggi in questo Madreperla, Mr. Gué e il Dr. Fini si danno il cambio con ribalda naturalezza da un pezzo all’altro o anche nello stesso pezzo, sempre e sempre meglio. E così nella fantasia diffusa che lo vede arrivare a una festa e polarizzare ogni sguardo, mentre dice sprezzante Mollami a chi implora la sua stima, si innesta l’altra fantasia della fama che non riempie il vuoto interiore, sfociando nel classico, ineffabile “Mi sento solo tra la gente” (Free), tra mugugni conscious (“L’oscurità del nostro tempo rimarrà così a lungo che imparerò a vedere al buio. Non vedo ‘sto progresso: il mondo va verso la dittatura. Quando rappo prendi appunti, il mio flow sotto dettatura”) stemperati da irresistibili – qualcuno direbbe DEFINITIVE – apoteosi della propria sicumera (“Sei patàcc, no Patek / sono real, fammi un check”). “Sono qui per il montepremi”, garantisce lui, ed è verissimo. Ed è altrettanto vero che tutto questo eulogio non presuppone che essendo da poco diventato padre, sia diventato anche presentabile. Come Zlatan Ibrahimovic, non appena ti sembra che l’esperienza lo abbia ricoperto di saggezza, fa subito inversione a U per Neanderthal. E quindi,
(…però lo vedete: alla fine, chiede scusa)
Ma per punizione, oggi il greve bestione è anche artista, più di quanto lo sia mai stato: per la capacità di raccontare e rendere vivo quello che vede e quello che sente. A qualcuno capita, che lo meriti o no. Chissà, forse un giorno potrebbe persino capitare a Sferoso Famoso. Ora sembra ridicolo solo ipotizzarlo ma amici, una delle meraviglie della vita è che c’è speranza anche per i più scarsi.
(ehi) (cosa fai, non parli di Bassi Maestro?) (in produzione c’è Bassi Maestro, tutti parlano di Bassi Maestro, vedi di parlare di Bassi Maestro)
Il numero uno. Questa rubrica ha dei gusti musicali terribili e poco raccomandabili, ma ritiene che ascoltare il presunto album Madreperla sia altamente sollazzevole: a volte il citazionismo è un po’ smaccato, alla Radio Capital (Ini Kamoze o Hall & Oates), ma c’è una nobiltà e vi dirò di più, un dinamismo nelle basi che la trap, con la sua Volontà di Pochezza (un Nietzsche adeguato al marketing) pareva aver archiviato. Non è detto che riesca a fronteggiare a lungo l’ondata di autotune e babygangster: Madreperla ha debuttato come è ovvio al n.1 di tale graduatoria, ma non ha invaso quella dei sedicenti singoli come accadde ai tempi di Sinatra (2018): se n’è presa giusto metà. Come da contratto il featuring con SferosoFamoso (e Anna) Cookies’n’Cream è entrato direttamente in prima posizione, ma a seguirlo sul podio sono gli adesso DUE brani produssi dal prodùser Bizarrap: quello con Quevedo, uscito sei mesi fa, che è ora al n.3, mentre quello con Shakira (sapete, la Twingo eccetera) debutta al n.2. Guè infila in top 10 il featuring con MassimoPericolo (n.4), quello con Paky (n.7) e quello con gli eminentissimi Marra & Rkomi (solo al n.8), e addirittura una traccina tutta da solo, l’iniziale Prefissi, al n.10. Ma non è tutta festa: c’è anche la traccia in cu il guèst di Gué è Napoleone, che langue giù, molto giù al n.39. In compenso i brani di Geolier che erano sciamati in top 10 con l’uscita dell’album ne escono tutti dopo sette giorni, tranne naturalmente quello col featuroso di Sferoso Famoso, n.1 l’altra settimana, oggi n.6.
L’ex numero uno. Questa rubrica si sente in colpa per aver saltato la settimana in cui il 22enne Geolier da Secondigliano ha avuto la sua fetta di torta. D’altra parte, non c’è tantissimo da dire. Geolier non usa l’italiano – ok, se è per questo non è facile sostenere che lo usino ThaSup(reme) o Madame. Tutto l’album Il coraggio dei bambini è in napoletano e signori io malgrado decenni di Rai e di ministri napoletani e comici napoletani non capisco una Maronn’ tranne in rari casi tipo “Vogl’ duj rilog Diego Armando Maradona, tiè, vir bro, vir ccà che or song”, dove afferro il concetto universale (ovvero: Diego Armando Maradona) ma non molto altro. Ha un flow molto musicale, e le basi non sono piatte come quelle della maggior parte dei ventenni, se non si sente real a esprimersi in italiano fa solo bene, anzi, sta a vedere che un giorno un rapper lo esportiamo davvero ed è lui. Però ha un vantaggio ingiusto: se dice fesserie come i divi suoi coetanei non posso rendermene conto. Comoda, così. Uè.
Resto della top 10. Dietro il Pequeno si risistemano quindi Geolier (ora n.2), Shiva (n.3), i Pingoni Nucleari (n.4), il solito Lazza (n.5), ThaSup (n.6) e l’altra più alta nuova entrata, il presunto album di Medy (n.7). Chiudono la nobile diecina Irama, Ernia, e Marracash – ovviamente sempre con l’album del 2021, giusto un po’ ritoccato.
Altri argomenti di conversazione. E dai e dai, dopo quasi due anni Taxi Driver di Rkomi inizia a scendere a valle. Esce dalla top ten e va al n.13. Ok, non è che se ne allontani molto, ma è un inizio. Mentre Persona di Marracash, dopo più di tre anni, risale dal n.21 al 18. In effetti a volte che più che una classifica sembra il Governo – noi deliziosi mediapeople raccontiamo che è tutto rinnovamento e tutto un vento nuovo e che gli ITALIANI hanno detto basta, e poi va’ chi c’è alla festa: Calderoli, Tajani, Fitto, Salvini, Santanché, più qualche stragista degli anni Settanta o la sua progenie. Allo stesso modo, tra i primi 30 ci sono 10 album usciti più di dodici mesi fa, ma 5 sono usciti almeno ventiquattro mesi fa, si direbbe che la pandemia abbia ispirato picchi creativi mirabolanti: quello da più tempo aggrappato all’alta classifica è Re Mida di Lazza che è uscito il 1 marzo 2019, e passa dal n.27 al n.26, evidentemente è sempre attualissimo. Di più stagionato in classifica c’è solo Playlist di Salmo, n.58, uscito 219 settimane fa.
E ora, due righe per aggiungere le solite cose. Nessuno straniero in top ten, tutti maschi fino a Taylor Swift (n.22); 41 album sono distribuiti da Universal, 33 da Sony, e Warner saluta da lontano con 13. E detto questo non resta che occuparsi dei
Pinfloi. Solo un album in classifica, è The dark side of the moon che scende dal n.44 al 48, mandando un preciso segnale all’Unione Europea. A marzo, come forse saprete, compirà 50 anni, e tutti i giornalisti musicali dovranno competere con gli articoli per il ventennale, il trentennale e il quarantennale: voi non avete idea la pressione – su coniglietto, scrivi quel pezzo, dimentica il sole, e quando hai finito non sederti: è ora di celebrare un altro anniversario.
Ma per ora, grazie per aver letto fin qui. A presto.