“In this world, it’s just us
You know it’s not the same as it was, as it was
You know it’s not the same”
(Harry Styles, As it was)
…
Come state? Non mi raccontate mai niente. Mi sembra di essere sempre qui a parlare da solo.
Come vi sentite, in generale? Meglio di due anni fa? Di cinque anni fa, nel 2018?
Se non avete una risposta pronta io vi espongo, come sempre, l’indice di oggi.
(ok, non l’ho mai fatto)
INDICE DELLA PUNTATA
1. Come state?
2. N.1, U2.
3. Sembra una battaglia navale. “U2!” “Colpito” “Affondato?” “Mmh”.
4. Come state? Come state veramente? E come stanno le cose nella frizzantissima scena musicale contemporanea?
5. Nel senso di: COME STANNO DAVVERO LE COSE NELLA MUSICA. Spoiler: non è realmente come vi dicono.
6. Classifiche – ovvero: forse agli ascoltatori ITALIANI di musica, la musica inizia a fare schifo ma hanno paura a dirlo: se lo fanno, gli spumeggianti media li deridono – e subito dopo l’Algoritmo li insegue con un’ascia come Jack Nicholson.
7. Nel dubbio ascoltano ossessivamente le canzoni brutte della Sacra Kermesse. Sì, ancora.
8. Certo che ho i dati. Ho sempre i dati. Sono paranoico come quel Roger Waters dei
9. Pinfloi
Non so voi, ma io sto meglio di due anni fa. Forse anche di cinque anni fa, dell’aprile 2018 – ma in questo caso si va un po’ troppo in là. Se ricordo bene era un periodo convulso, con i suoi altissimi e bassissimi. Non malissimo. Non benissimo. Invece due anni fa, era il
…
…Marzo 2021. Ero in una stanza da cui non potevo uscire. Mi mancava l’aria. Stavo con la finestra aperta. La gente aveva smesso di cantare sui balconi. Non che nel mio quartiere qualcuno avesse mai fatto una cosa così ispirata – c’è il rischio che ti tirino i sassi. Giusto una volta, ho sentito qualcuno suonare il piano, e non ci crederete ma suonava The Great Gig In The Sky dei Pink Floyd. Solo piano. Niente parte vocale di Clare Torry. In compenso sentivo cantare gli uccelli – il mio preferito era un merlo scemo che cantava nel cuore della notte, e mancando la controprogrammazione faceva agilmente il 100% di share. Prendevo delle cose per stare meglio, ma a partire più o meno dalle 3 di notte smettevano di fare effetto e nella testa mi sembrava di avere i Prodigy – con tutto il loro pubblico, e con l’acustica del Forum di Assago (MI). Però proprio in quel periodo avevano iniziato a capire come curare quella roba. Quindi, bene. Ad aprile sono guarito, e per qualche strano motivo ho pensato di esserne uscito migliore, da quello e dal lockdown – vi ricordate, qualcuno lo diceva credendoci veramente. Ma in realtà ne sono uscito e basta, come credo anche voi. Però dopo mi è arrivato addosso un anno molto complicato. Ok, scusate, ho quasi finito con le cose personali, odio quando i giornalisti parlano di sé – ma credo di avere un motivo, ed è che oggi, fine marzo 2023, non ho veramente molto di cui lamentarmi. Sto bene, quasi come il comparto. In questo periodo i discografici non fanno che brindare, oltre a inalare sostanze che li convincono di essere brillanti. E voi state bene? Io spero di sì. Nonostante 15 anni di “La gente stammale” sui social. Perché poi alla fine, la gente non esiste, è un algoritmo pure lei.
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Perché vi infliggo tutto questo? Perché una tesi diffusa è che una critica della contemporaneità sottintenda una qualche specie di rancore nei confronti del presente. Quando in realtà, è la musica a ventilare l’ipotesi che il presente sia bloccato, impantanato. Specie da noi. Il primo trimestre del 2023 è finito. E ho qui una scatola di dati pronta per essere aperta e suffragare questa osservazione. Cominciamo però dalla
Top ten dei presunti album. Questa settimana, sei ingressi in classifica su cento album in classifica. Come farebbe notare con tutta la sua autorevolezza il sempre autorevole The Guardian, è il 6%. Nel periodo corrispondente di dodici mesi fa, erano quasi il triplo (17 su 100). La settimana scorsa, il disco di Miley Cyrus (al n.4. Oggi, n.13) è stato l’unica novità della top 50. Sempre in top 50, dall’inizio di quest’anno ci sono stati 33 nuovi ingressi su 600 possibili in 12 settimane (meno di tre a settimana, dico bene?). Alcuni di voi diranno “Va beh, ma che album escono all’inizio dell’anno?”. In tempi non molto lontani, Sferoso Famoso e J-Ax e Fedez e Gué Pequeno hanno pubblicato i loro album a gennaio. Ma vi devo dare una notizia: la Sacra Kermesse sta contribuendo ad assassinare gli album. Perlomeno quelli di produzione nazionale
(gli ITALIANI non fanno figli, gli ITALIANI non fanno album, gli ITALIANI sono fascistissimamente disinteressati ai figli degli altri e agli album degli altri) (…ma come, anche i giovani così contemporanei e proiettati nel futuro?) (in una parola: sì)
Amadeus ha invitato a Sanremo centinaia di fantastici artisti ITALIANI. Ma quasi tutti loro si sono guardati bene dal pubblicare album. A concentrarsi sui vestiti e sulle storie su Instagram, non rimane molto tempo per la musica. Questi sono gli album entrati in top 50 dal fischio finale della Sacra Kermesse a oggi. Perché se vi dico che ho i dati, ce li ho.
Tra l’altro, è arduo usare il termine “nuove entrate”. Di quei sei ingressi in top 100 della settimana passata, quattro sono di album non nuovi, che rientrano. Così, quelli nuovi sono in realtà due. Uno è La teoria del contrario Vol.2 di Dani Faiv, che entra solo al n.15, lasciando quindi la top 10 quasi identica a quel governo del buonsenso che gli ITALIANI chiedono e meritano, con Sirio di Lazza al n.2, Il Coraggio Dei Bambini di Geolier al n.3, e poi Tananai, ThaSup, Shiva, Marco Mengoni, Ultimo, Maneskin ed Elodie (nota bene: una femmina) nelle posizioni nobili della sempre più patetica classifica dei Long Playing. E l’altro album nuovo è quello che debutta direttamente in vetta. Ma non è tanto nuovo nemmeno lui.
Il numero uno. Songs Of Surrender contiene un tot di canzoni degli U2 con arrangiamenti acustici accettabili per il 2023, perlomeno secondo The Edge che lo ha prodotto. Si va dai 16 brani nella versione breve (cd da 21 €, o vinile) o 40 in quella lunga (cd da 40 €). Ovviamente in streaming ci sono tutte e 40, e fanno ascolti un po’ umilianti. Al di là del declino del rock e degli U2 in particolare (bla, bla, bla) credo che l’intera idea sia sgonfia. Sembra un Unplugged di MTV fuori tempo massimo – loro all’epoca non potevano farli, erano in fase hi-tech. Anche se poi nei concerti c’era il momento in cui si piazzavano nel cerchio di centrocampo a fare il set acustico. È un disco che a tratti permette di apprezzare (o riapprezzare) le loro capacità di compositori di musica, ma arrendendosi, come da titolo, a sfrondarle ferocemente dal contesto. Per citare un pezzo vecchio e non celebratissimo: Out of control, così incarinita, è graziosa ma qualcuno sa cosa farsene di questa versione da aperitivo? Non credo porterà giovani fans, anche se la mosceria è merce apprezzatissima nel gusto corrente (è equiparata a sensibilità). Personalmente, non credo che il senso di enorme disillusione che circonda da una ventina d’anni una delle rockband più importanti di sempre derivi, come dicono in tanti, da una qualche forma di tradimento ideologico-sociale – in fondo è il 2023, i miliardari privi di ritegno sono venerati più di qualunque eroe della classe lavoratrice. Credo che la cosa sconcertante degli U2 sia essere stati per tanti anni (più di tanti colleghi) in grado di capire cosa andava fatto. E poi, a non avere più la minima idea, andare del tutto a mosche. Sono diventati un gruppo che voleva essere gli U2. Cosa che i Coldplay hanno fatto molto meglio. Il fuoco indimenticabile ha lasciato il posto a uno di quegli scaldini da tasca che si vendevano quando faceva freddo d’inverno (forse nel 2018. Avevate freddo nel 2018?). Sono diventati il simbolo di chi, qualunque cosa facesse, andava a sbattere. Non dico che gli U2 sono una metafora della Sinistra: lo state dicendo voi (furbini). Eppure a suo modo, questo disco che non va avanti di un passo ha un suo modo di essere in sintonia coi tempi. Lo dimostra anche la classifica dei
Sedicenti singoli. Il podio è ancora della Sacra Kermesse. Cenere di Lazza n.1, Supereroi di Mr. Rain e dei suoi bambini al n.2, Tango di Tananai che sale al n.3 scavalcando Due Vite di Mengoni (n.4), che la sera dell’11 febbraio è stata proclamata vincitrice della Sacra Kermesse. La nazione, anche la Giovine Italia Spotifosa, è ferma, cristallizzata su quel momento – e nella grande attesa delle canzonette sceme da spiaggia. E in tutto questo, lo ripeto, il comparto vola, i discografici sono contenti e mandano i comunicati stampa in cui esultano perché un bolso programma di RaiUno fa il loro lavoro meglio di loro. Quindi ecco, forse le Songs Of Surrender sono un po’ ineluttabili. Una resa vantaggiosa non si butta mai via. Poi, se si corre in preda a una euforica eccitazione (perché chi si ferma è perduto, insegnava Coso), è difficile accorgersi che non si sta andando da nessuna parte, ma alla fine si sta solo girando in tondo e in tondo e in tondo come dicevano i
Pinfloi. The Dark Side Of The Moon scende dal n.26 al n.29. Ed è sempre meno solo. In classifica ci sono 28 album usciti più di un anno fa – ma non nel senso di dischi vintage (come Il Mio Canto Libero di Lucio Battisti, una delle new entries, al n.54). Altrimenti sarebbero molti di più. Intendo dire che quei ventotto bivaccano in classifica da più di 52 settimane continuate. Di questi ventotto, 12 sono entrati in classifica più di due anni fa. E 6 di questi, sono usciti più di tre anni fa. E qualcuno ormai è in classifica da quattro anni: uno è Fuori dall’hype dei Pinguini Tattici Nucleari (207 settimane), poi c’è Re Mida di Lazza (211), e su tutti, con 228 settimane di permanenza, Playlist, l’album di Salmo del decennio scorso, Per la precisione, del 2018. Come stavate nel 2018? Come state ora? Spero bene. Grazie per aver letto fin qui. A presto.
Non ho commenti brillanti da inserire, ma sono felice che tu stia bene, anch’io sto bene!
E se non ci potessimo rifugiare nella lettura amargine dove troveremmo chi usa ancora l’appellativo “discografici” nel 2023?
Hai altri appellativi? 🙂