Era la vigilia di Natale, e in casa tutto era tranquillo: non si sentiva né parola, né rumore, in giro non c’era neppure una canzone di Natale ITALIANA. E naturalmente, niente album natalizi: solo pochi anni fa facevano il loro mestiere dignitosamente, oggi nessuno pensa nemmeno a un EP estemporaneo. Se solo Bvlgari o Krvg bvttassero dve evro, tre qvarti dei nostri più tormentati artisti contemporanei si butterebbero sbavando a comporre un inno natalizio street con cui informarmi che grazie ai loro carati stanno sbocciando con la mia bitch. Di certo lo farebbe
Il numero uno. Personalmente ritengo che Gvesvs sia un disco migliore di quello che pensa la critica, di quello che pensano gli stessi fan dell’artista, e, sospetto, di quello che pensa l’artista medesimo. Intanto, trovo molto simbolico e forse irripetibile che in vetta alla classifica dei presunti album ITALIANI si siano succeduti MiticoVasco, MiticoMarra (due volte), Fedez e Gué (Pequeno). Nel caso dei primi tre, l’ambizione di lasciare un segno di qualche tipo con le proprie creazioni è esplicita; nel caso di Gué Pecunia, non lo è. Ma Nella Mia Umile Opinione è l’uomo che più ha plasmato il rap italiano come lo conosciamo oggi, la pietra di paragone di ogni cosa abbiamo sentito dal 2000 a oggi: è lui il grande alchimista che fonde street cred e rap conscious, che mette le risate a mo’ di emoticon alle proprie battute sceme inframmezzandole all’immancabile piagnucolare sul successo, che sa dosare splendori e le miserie, illusioni e commercio, alibi meschini e verità acidissime e disillusissime (“Sveglio, il cuore ghiaccio come un igloo, più sto in alto, più abbasso il tuo IQ. Tutti fanno finta, la gente diventa scema, sempre di più”). L’equilibrio che tutti questi elementi raggiungono in Gvesus è quasi inspiegabile, tipo un castello di carte in cui a un asso di picche fa da contrafforte quello di cuori, al re di denari si accompagna quello di bastoni, i fiori poggiano sulle spade – sì, lo so che ci sono più mazzi, il punto è anche quello. Ora, non fraintendetemi: nessuno è così scemo da non sapere che l’abilità dell’ex Dogo nell’usare cinismo, guapparia (o Guépparia) e squarci di autentica inquietudine personale passa poi una seconda volta attraverso il filtro del cinismo: anche quando è sincero, lo è in modo calcolato. E tuttavia, sarebbe forsse il primo caso di artista che manipola i propri stessi sentimenti, servendoceli così come sono per giustificare il fatto che mentre lo guardiamo negli occhi, con le mani ci sta derubando? Lo sappiamo noi, lo sa lui, lo sa anche il suo pubblico, compresi i “Gangster, pusher, hustler, escort aspettano il mio disco, mi chiedono quando esco”, e sappiamo che è vero, non sta millantando la sua popolarità tra queste eccellenze italiane, e sappiamo che anche che il 99% degli straordinari artisti che benedicono la nostra epoca vorrebbero gli encomi di questa crema dell’umanità, ma a differenza di lui si devono accontentare di quelli di noi mediapeople. Tutti i 4 milioni e mezzo di rapper italiani registrati alla Confcommercio hanno il piglio sprezzante e beffardo del big shot del rap, ma lui lo è davvero. Da alcuni racconti che mi sono arrivati (un paio anche da lui), lui ha davvero visto cose. E ha una certa esperienza di come funziona davvero il mondo. Il che non significa automaticamente capire perché funzioni così. Non è mica Stephen Hawking. O Enrico Mentana.
Ma una volta detto questo. Penso anche che a differenza di Marracash e di Salmo, abbia il motore al massimo, e non possa andare più forte di così. Ed è anche per questo che si coglie la rabbia di quello che è in cima alla montagna in rime tipo “Non ha più valenza niente, né la vita né la morte. Vuoi solo il consenso, non c’è più il talento”. Al contrario, sempre Nella Mia Umile Opinione, Salmo e Marra in questa fase sembrano avere ancora un po’ di acceleratore da schiacciare. Comunque stiano le cose per tutti e tre, sono decisamente curioso di vedere cosa faranno ora. E lo sono davvero. Ogni tanto mi chiedo se all’apice dell’epopea dei cantautori ci fosse la stessa sensazione di avere in scena alcune figure gigantesche a trainare il convoglio, in una specie di tacita (o semi-esplicita) gara tra loro. Quello che NON mi chiedo è se tra quarant’anni qualcuno scriverà libri sulle loro tracce, perché semplicemente non succederà. Lo sanno anche loro, e se ne fregano. “Il rap è il presente”, è il comodo alibi. Un giorno poi incontreranno qualcuno che ha studiato e gli svelerà che il presente non esiste (…non guardate me, è una cosa che cito per sentito dire). In realtà è un peccato, perché un bel po’ delle cose che hanno scritto meriterebbero di restare, in qualche modo, a prescindere dai libri, tramandate come le argomentazioni sul letame e i fiori o su come facciano le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocatiiiiII. Ma la verità è che le major che oggi li amano hanno iniziato a lavorare per sbarazzarsene come le Corporazioni con Jonathan E in Rollerball: nessuno può essere più grande del gioco, e il gioco è sempre più calibrato sul 14enne maschio medio (e mediocre), sul suo fabbisogno di babydivi 17-19enni pronti a un ciclo di 3 anni di carriera. Da concludere possibilmente con un’overdose, un suicidio oppure – e questo sarebbe veramente il sogno di ogni discografico – in un accoltellamento in una di quelle magiche risse di massa al Pincio o alla Darsena. Quindi, facciamo tesoro di questi ultimi messia del rap in attesa di vederli abbattuti. E tornando al Pequeno, eccovi
Cinque cose che potete dire durante il cenone mentre festeggiate il compleanno di Guésus Bambino
- Dal 2017 a oggi Cosimo Fini (perché non si chiama veramente Gué Pequeno, sapete) ha pubblicato quattro album solisti, un EP, un mixtape, un live con Marracash, sette singoli non inclusi in album, quattordici featuring ufficiali. Mi chiedo dove trovi il tempo di fare la vita gangsta-chic che racconta, anche se non dubito per alcun istante che la conduca. A proposito di condurre. E a proposito di tempo;
- Nei primi cinque dei 16 brani che compongono Gvesvs, Gué Pequeno (per usare un sinonimo) stabilisce un record che potrebbe resistere fino al prossimo album di Gvé Peqveno: in tutti e cinque cita la conosciuta fabbrica di segnatempo “Rolex”, e nel contempo riesce a citare la affermata fabbrica di vetture “Lamborghini”. Nel suo slancio poetico, l’artista non nega il suo apprezzamento per le fabbriche Mercedes e Range Rover (sempre nei primi cinque brani), e un suo collega non ITALIANO presente in featuring sottolinea i meriti delle fabbriche Patek e Ferrari. C’è anche una pubblicità comparativa che puntualizza come il segnatempo Audemars Piguet sia da preferirsi a un Bulova, ma penso che agli osservatori più attenti non sia sfuggito che un brano sia intitolato Piango sulla Lambo e un altro Daytona, che la Rolex ha battezzato come un vecchio circuito per far capire ai suoi clienti che è “l’orologio-strumento di riferimento degli appassionati di automobili e di velocità” (laddove se lo avessero chiamato Rolex Banana, lo avrebbero acquistato gli appassionati di frutta);
- In tutto questo, una delle sentenze più perentorie è “Branchi di tossici, i marchi sono il doping”. Ma come, direte voi (e pure io). Evidentemente, siamo di fronte a un piccolo caso di Loureedismo: provare l’eroina, o la Lambo, e poi riferire dove porta. E siccome SEI un tossico, rimanere un junkie della macchinazza e del rilòggio sberluccicone perché troppo alterato per vedere le stupide scatolette che sono;
- Quattordici brani su sedici contengono un featuring. Ci sono Marracash, Salmo, Elisa, Coez, Rick Ross, Geolier, Franco 126, Ernia, Jadakiss. D’altronde, da sempre il privé di Gué è pieno di Guésts;
- Nel brano intitolato fantasticamente Nicolas Cage, l’artista afferma: “E tu ti chiedi dove sia lei: è sempre sul mio zzoca; l’indirizzo è la posizione che ti invia (ahahah), era così stretta che chiavando ho avuto la claustrofobia”. Essendo nato il giorno di Natale del 1980, Cosimo Fini ha sostanzialmente 41 anni. Il che va a dimostrare che 41 is the new 14.
Resto della top ten. Noi, loro, gli altri di Marracash si sposta di nuovo dal n.1 al n.2, mentre Materia (Terra) di Marco Mengoni scende al n.3. Alle loro spalle, vigila MiticoVasco, che mantiene il n.4 davanti a Blanco, il quale risale al n.5. Chiudono la prima diecina Fedez (che tiene meglio di quanto pensavo, tre settimane tra i primi), Adele, il solito disco natalizio di Michael Bublé (pubblicato dieci anni fa, a riprova di quanto dicevo tante righe fa), e l’ultimo di Ultimo al n.9. L’album di Gué è una delle due novità della top 10: l’altra è l’ingresso, al n.10, di Mina & Celentano, il cui The Complete Recordings è stato probabilmente acquistato da gente che aveva già entrambi i cd della coppia ma li aveva lasciati nella Punto data dentro tre anni fa.
Altri argomenti di conversazione. Malgrado le pubblicità in centro che vi informano che Volare è già il vostro disco preferito, il nuovo Coez va giù in picchiata, dal n.3 al n.17. Entrano al n.33 Neil Young, e al n.38 Keta (da non confondere con Myss Keta, malgrado il cognome simile). Escono di classifica dopo una sola settimana al n.88 Churches di LP (da non confondere con un LP dei Chvurches) così come Gommapiuma di Giorgio Poi. È durata due settimane Ornella Vanoni, come i Deep Purple – che interessanti concomitanze, no? Lascia la top 100 Deddy dopo trenta settimane, e dopo un anno esatto la raccolta di successi dei Boomdabash. Probabilmente conteneva 40 volte la stessa canzone, con titoli diversi. I cento album più ascoltati sono per oltre il 90% distribuiti dalle Tre Parche, con Universal in momentaneo calo (43 su 100), con Sony (31) mai così vicina e naturalmente Warner (17) a chiudere, davanti a Believe (4), Self (3), Artist First e Orchard (un disco a testa).
Lungodegenti. Il club degli album in classifica da più di due anni va un po’ restringendosi, ma è sempre presieduto dal segnetto ÷ di Ed Sheeran: 250 settimane, non è ridicolo? Molto meglio il disco di Harry Styles, il membro di più recente ammissione. Ve li metto qui in ordine di piazzamento. A mo’ di sfregio, taglio il nome dei Pinguini.
Sedicenti singoli. Gué occupa tutto il podio: al n. 3 con Rose Villain (Piango sulla Lambo), al n.2 solo con se stesso (Veleno), al n.1 con Marracash (Love). Dettaglio che non mancherà di deliziarlo: l’ingresso di tutti i singoli di Gvesvs nelle prime posizioni rovina un po’ il Natale ai singoli natalizi, persino Mariah Carey deve retrocedere dal n.2 al 10. Vi gratifico di un quadro della situazione riguardante i soli singoli natalizi, aggiornato al 16 dicembre.
Niente ITALIANI, come vi dicevo, ma d’altra parte le piattaforme mica ce le mettono, nelle playlist. Mi raccapriccia vedere così in alto Jingle bell rock, che è forse la sola canzone che mi fa più schifo di Jingle bells, ogni volta che in un centro commerciale ne vengo assalito mi sento vicinissimo all’Isis. E a proposito.
Pinfloi. The dark side of the moon continua la sua ascesa, tipica della stagione delle feste (dal n.41 al 34) ma anche The wall con un balzo dal n.71 al 55 beneficia del clima di spumeggiante paranoia che va comprensibilmente dilagando come e più che in ogni fine anno. E non è detto che non siano The happiest days of our lives.
Grazie per aver letto fin qui. Auguro a voi e alla vostra famiglia (o qualunque cosa consideriate tale – che ne so, sto solo cercando di essere vagamente gentile) un buon fine settimana. A presto.