AMARGINE

Depeche Mode e il crollo della cattedrale – TheClassifica 13/2023

“Sunday Service on a roll
All my idols, let ‘em go
All the demons, let ‘em know
This a mission, not a show”
(Kanye West, God Is)

Il numero uno. Di Memento Mori dei Depeche Mode mi pare si parli bene o quanto meno benino, con picchi di benone. Ho letto da più parti che è il migliore disco che abbiano fatto in questo secolo. Faccina: 🤨
Parentesi. Non equivocate quella faccina un po’ così. Non parlerò male del disco dei Depeche Mode. Del resto, malgrado un’ingrata e stizzosa nomea, questa rubrica NON parla male di qualsivoglia disco vada al n.1 nella classifica dei presunti album più ascoltati dagli ITALIANI. Troppi detrattori sostengono che qui ogni album, e con esso la contemporaneità tutta, venga immancabilmente stroncato – ma non è affatto così. E a riprova, vogliate osservare l’elenco degli album stati al primo posto nelle prime 12 settimane del 2023:

MILANO DEMONS di Shiva. Ok, ne ho parlato male. E vorrei pure vedere, zio cantante.
IL CORAGGIO DEI BAMBINI di Geolier. Non ne ho parlato male. Non ne ho parlato bene, forse. Ma neanche male.
MADREPERLA di Guè (Pequeno). Ne ho parlato sgangheratamente bene.
RUSH! dei Maneskin. Ho la sensazione di averne parlato bene.
ALBA di Ultimo. Non ne ho parlato malissimo.
SIRIO di Lazza. L’anno scorso quando è uscito ne ho parlato un po’ bene. Quest’anno un po’ meno.
SONGS OF SURRENDER degli U2. Non posso averne detto male! Semplicemente perché non c’era quasi niente da dire.

E sulla base di queste prove del tutto impugnabili, questa rubrica si assolve.
…Non che cercassi un’assoluzione.
Il perdono per le cose che faccio.
Ma prima che giungiate a una qualche conclusione, proviamo a camminare

Nelle loro scarpe. C’è sempre stato nei Depeche Mode un ricorso, se non espressamente a temi sacri, a un immaginario cristiano – non sono gli unici: il rock è a suo modo un Gran Varietà Religioso, come direbbe il sergente Hartman. Quasi sempre trascurata dalla Vispa Critica (distratta dai sintetizzatori) ma non da altri rumoristi più o meno iconoclasti come Nine Inch Nails e Marylin Manson, la loro attitudine più Gotica di tanti goth si è fatta strada a partire dall’uscita di Vince Clarke, del resto propugnatore di un verbo ben adattabile al materialismo consumista: Just can’t get enough, impiegata svariate volte dalla pubblicità.
Dopo aver chiamato in causa il malvagio umorismo di Dio (Blasphemous rumours), sempre più spesso la loro Musica per le Masse si è trasfigurata in Musica per le Messe, in una scorpacciata di Gesù Personali, aureole, ali d’angelo e croci. Così, è solo inevitabile un ritorno come questo, al quale i fedeli chiedono nuove canzoni di Fede e Devozione. E come in ogni Messa, da qualche secolo a questa parte, il rituale fa perno sui cardini del credo, ecco che allo stesso modo Martin Gore (“Mai stato religioso”, ha confessato) e con lui Dave Gahan, fisicamente morto e risorto un giorno del 1996, si ritrovano a fare proprio anche questo efficace trucco del Cristianesimo. Non si va in Chiesa per sentire che novità ci sono. Non è per sentire qualcosa di nuovo e diverso, che ascoltiamo un nuovo album dei Depeche Mode. I quali dalle ali dell’angelo in copertina ai titoli dei brani, indulgono apertamente in variazioni su prediche già recitate (People are GOOD / Never let me GO / Speak TO ME / Don’t say you love me) di modo che ogni tanto Memento Mori sembra realizzato con un Generatore Automatico di Depecheria. So che il generatore è un concetto del decennio scorso, rispetto ad algoritmi o intelligenze artificiali o quell’altra roba, comesichiama (no, non Snapchat) (va beh, non mi viene). Ma sembra coerente con un certi suoni che ieri erano avanguardisti, oggi sono classici, ma continuano a comparire come un odore di incenso. Suoni che malgrado l’apporto delle importanti mani intervenute a dare una mano (Marta Salogni, James Ford, Richard Butler) sono parte necessaria del rituale, suoni sui quali potrebbero rivendicare una titolarità come alcuni fanno coi colori (il Rosso Valentino – il Blu Tiffany – il Bianco Berlinguer). E alla fine, proprio come una Messa non è “bella”, non ha troppo senso chiedersi se Memento Mori sia “un bel disco”: offre ai fedeli il sollievo di sapere che la cattedrale è ancora in piedi, e possono tornare a provare quell’antico sgomento. Ma d’altro canto il titolo dell’album, almeno quanto le canzoni, suggerisce loro che la cattedrale non potrà resistere in eterno. La domanda quindi è: dove andremo? Chi costruirà per noi anime smarrite altre cattedrali? O moschee, sinagoghe, templi, santuari di suoni e parole.
Ah, non so. Una volta ne trovavi un po’ ovunque. Oggi forse sta succedendo in qualche angolo nascosto. Oppure sta succedendo sotto gli occhi di tutti. Per esempio, tra qualche giorno al n.1 ci sarà l’album di Madame, una Madonna che ha i suoi credenti. Agli scettici, è giusto ricordare che non si può mai sapere da chi si verrà salvati. Tutto quello che ognuno di noi può fare è augurarsi la fortuna di nuove Rivelazioni, e predisporsi. Reach out – and touch faith.
Resto della top 10. Dopo che questa rubrica ha segnalato che non entrano in classifica molti presunti album – giacché o non escono, o gli ITALIANI non ne sentono realmente un’esigenza, o tutte e due le cose – questa settimana una gioiosa invasione di ben quattro dischi irrompe nelle prime 50 posizioni. Uno è il succitato Memento Mori dei giovani Depeche Mode, un altro è il disco di Lana Del Rey, che debutta all’ottavo posto. Uno dei ben tre dischi non ITALIANI nella prima diecina: l’altro, al n.2, è un famoso album degli sbarazzini
Pinfloi. E anche qui, il rintocco della campana induce i fedeli a mettersi in ginocchio, per ascoltare l’incantesimo recitato dolcemente.
Resto della top 10 (reprise). Riempiono di orgoglio tricolore le parti alte della classifica Sirio di Lazza, uscito esattamente un anno fa, nonché Geolier, Tananai, Shiva, Marco Mengoni, ThaSup(reme) e Maneskin. Qualche sera fa sono andato a una festa, e a un certo punto alcuni invitati, tutti over 30, hanno iniziato a parlarmi dei Maneskin. Poi (seratona) sono andato a un’altra festa. E tempo cinque minuti, alcuni invitati, la gran maggioranza dei quali over 30, hanno iniziato a parlarmi dei Maneskin. Ecco perché la gente ha bisogno di
Altri argomenti di conversazione. Il terzo disco entrato in top 50 è di Diodato, che manca la top ten e si contenta del n.15. Davanti ai numeri uno della settimana scorsa, cioè gli U2. Il quarto è Face di Jimin, componente dei BTS: n.2 in USA, n.28 da noi. Auguri ai Pinguini Tattici Nucleari, il cui Fuori dall’hype non va fuori classifica da quattro anni precisi – cioè, dal giorno in cui è stato pubblicato. Ancora meglio però continuano a fare Re Mida di Lazza – in classifica da 213 settimane di fila, e Playlist di Salmo, 229 settimane, record italiano che batterà la settimana prossima, e anche quella dopo. Ultimi numerini: Universal e Sony hanno entrambe 39 titoli in top 100. Warner ne ha 9. Gli altri 13 sono distribuiti graziosamente, con la Believe e Artist First a guidare il gruppo dei piccoli, con quattro dischi a testa.
Sedicenti singoli. A distanza di due mesi la luce magnifica della Sacra Kermesse continua a illuminare le vite degli ITALIANI, con un podio ancora interamente occupato da alcuni dei seimila concorrenti scelti con cura da Amadeus – ovviamente sono tre maschi: Lazza con Cenere, Tananai con Tango, e Mengoni che con Due Vite che scavalca Mr.Rain. Che comunque è al n.4, non va troppo lontano – cosa che in fondo si può affermare a proposito della nazione intera. Vale la pena notare che sono ancora in classifica tre brani dal Sanremo scorso: Dove si balla di Dargen D’Amico (n.58), Farfalle di Sangiovanni (n.81), Brividi di Blanco e Mahmood (n.85): un record a tre mai verificatosi a memoria d’uomo. Anche se le 61 settimane di permanenza continuata non bastano a superare il primato dei Pinguini Tattici Nucleari, la cui Pastello bianco, n.63, è entrata in classifica 82 settimane fa e non ne è più uscita. E qui prendo a prestito il passaggio più significativo del testo per rivolgerlo a voi che avete letto fin qui:

“Un addio suona troppo serio
E allora ti dirò bye bye (bye bye)”.

…Grazie, e a presto.