Pre-cognizione del dolore. Vi ricordate la trap? Vi ricordate le nenie alla Profondo Rosso coi carillon, le strofine stupidine e maledettine, le basine monotonine, i guaiti in autotune che sottintendevano tanta piccola tragica tenerezza urbana? Vi ricordate quella smania collettiva di stabilire che era tutto una libidine, una rivoluzione, una nuova GENERAZIONE, cioè la Generazione Z ma proprio ZZZZZ? L’avvento dei Post-Millennials, la rottura col passato, la rottura della rottura, un futuro così luminoso che tutti avremmo messo occhiali scuri e avremmo deriso i boomer che non capivano, ahaha LOL i boomer. Vi ricordate tutti gli articoli col finto tono sgomento, le divisioni in partiti, quelli che Sferoso Famoso era un cretinazzo colorato e quelli che se non vi piace è perché siete diventati anzyani, e quelli che dopo averlo ascoltato novemila volte in modalità Cura Ludovico commentavano (su facebook, in modo che chi doveva vedere, vedeva): “Lo dico: a me piace?” Vi ricordate i vestiti da fagiani, e le discussioni sul birichino sciroppo viola e su quanto fosse effettivamente sballoso ed effettivamente illegale? Vi ricordate i manuali per capire il fenomeno che inseguivano qualunque quarantenne che leggesse un giornale? Vi ricordate gli articoli di Noiseyehiehi e di Rollin Sto o di Rocky T con i titoletti imbecilli e irriverenti, magari col “tu”, per rivolgersi proprio a TE, coi proclamini croccanti e ipergiovani “La trap ti spakka il kulo”, oppure “Se ti fa schifo Sferoso è perché sei vecchio buahahaha”, oppure “Sono stata a comprare la droga furba con Trappetto Pirlazzi e nelle prima settanta righe del vibrante racconto vi descriverò la panchina su cui ci siamo seduti volteggiando nella mia stessa prosa sbarazzina e prima o poi un caporedattore molto drogato di molta cocaina sarà molto colpito e mi inviterà urgentemente a collaborare con un giornale che paga soldi veri oppure verrò chiamata a fare da autrice in una trasmissione tv in cui tutti sono giovani e smart e finalmente potrò fare un selfie con Barbara D’Urso però ironico, anche se non del tutto, anzi sotto la foto ci metterò la scritta CE L’HO FATTA in maiuscolo e senza punteggiatura in modo che risulti ironica per gli amici ribelli che sanno che sono punk, e nel contempo chiarisca che sono autenticamente a zerbino per Barbara cui basta solo una parola e io sarò salvata”?
(…questo è il titolo, non il pezzo) (comunque è inventato, non cercatelo)
Vi ricordate i Bimbi di Charlie Charles, ovvero Ghali, Sfera Ebbasta, Izi, Tedua e Rkomi? Non tutti? Allora cominciamo col dire che uno di loro è
…
Il numero uno. Taxi driver di Mirko Martorana in arte Rkomi, 27 anni, milanese del quartiere Calvairate, è il sedicesimo numero uno diverso in 16 settimane tra i presunti album. Una rotazione impeccabile, come se esistessero solo tre multinazionali della musica e facessero a turno da brave compari che gestiscono il loro teatro di marionette con la logica dell’ortomercato – ma noi sappiamo che non è così! Che c’è vera arte là fuori e che il pubblico non è stupido, gli ITALIANI non sono stupidi, come ripete da quarant’anni il vicepresidente del Senato di detti italiani, Ignazio La Russa. Mirko Rkomi è in vetta sia tra i presunti album che tra i
Sedicenti singoli. Il suo brano Nuovo range, col featuring di Sferoso Famoso, veramente penoso, detronizza la #Musicaleggerissima di Pesce&Tino, mentre la viscosa e maleodorante Lady di Sangiovanni, Amico di Maria, scala un altro gradino verso la vetta e si sistema al n.3. Rkomi dà uno scossone che non si vedeva da tempo ai singoli e alla loro top ten bloccatissima, piazzando due brani anche al n.6 e al n.7, anche se per il resto tutto è uguale a quindici giorni fa, anche perché il singolo di Ultimo Buongiorno vita ha salutato anche il podio ed è subito sceso dal n.2 al n.11. Il quadro, da febbraio in poi, è questo: in Italia si ascoltano sempre le stesse canzoni, che arrivano da Sanremo o da Maria. O (attualmente) da Rkomi, che potrebbe frequentare comodamente entrambi. La classifica degli album invece denota una smania di novità e altrettanto rapida delusione che si sostanzia in un ricambio forsennato – cosa che probabilmente è complementare alla staticità dei singoli, in perenne loop nella top 50 di Spotifone. Ma torniamo all’album di Rkomi che in fondo è
…
Il numero 1 (parte 2). Due anni or sono in questa rubrica avevo speso paroline positive per il precedente Dove gli occhi non arrivano. Non le ripeterò. Il Taxi driver di Rkomi Martorana mi sembra scientemente insulso, ed evidentemente ho questa sensazione perché sono invecchiato – mentre Rkomi è ringiovanito, ha fatto un teneroso disco pop per 16enni con tante strofine pucciose, delle quali accludo qui un solo sample. Non posso perdere troppo tempo con questo disco, essendo un boomer di tempo ne ho poco, e certamente non lo spenderò per ascoltare una terza volta il suo disco a dispetto dei suoi featuring buoni per tutte le clientele (Irama, Gazzelle, Tommaso Paradiso Dei TheGiornalisti, Sferoso Famoso, Gaia, Tommy Dali, Ariete, Roshelle, Chiello FSK, Junior K, il PRODUCER Dardust, il PRODUCER Mace, il PRODUCER Night Skinny, e last but not last il PRODUCER Shablo). Intendiamoci, non è che debba arrivare Taxi driver a metà 2021 a sancire la fine della trap e di tutte le chiacchiere su di lei, nonché la vittoria vittoriosa del pop cioèurban all’italiana. Però da adesso in poi, carte scoperte: vuoi il pubblico di Maria? Okay, ora te lo puoi prendere e puoi dire di averlo fatto senza passare dal suo campo di concentramento. Ben giocata, Martorana. Una volta mi era parso che volessi qualcosa di più, ma hai ragione pure tu: che senso ha fare meno soldi di Irama quando puoi farne quanto lui? Nulla da dire. Né io, né te. Nulla, nulla, nulla da dire. Passiamo quindi al
…
Resto della top 10. Anche perché qui incontriamo un altro ex trappuso. Ma andiamo con ordine. . Esce subito dalla top ten il re della settimana scorsa, Franco126 – ho fatto appena in tempo a ostiargli dietro, che è già sceso dal n.1 al n.13, ahaha. Al suo posto c’è, come detto, Rkomi davanti a Madama e Gué Pequeno. Alle loro spalle, ci sono altre due bizzarre novità: entrano al n.4 David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright, che il tribunale, nella persona del Worm Your Honour, autorizzò a chiamarsi Pinfloi. L’album in questione è Live at Knebworth 1990. Sette brani, durata complessiva cinquantacinque minuti. Segnatevi questi numeri, come si suol dire. Perché al n.9 entra invece Tedua, che continua a raccomandarci di aspettare la sua Divina Commedia – nel frattempo però ha pubblicato sette freestyle in un presunto album intitolato Don’t panic: la traccia più lunga, con Chris Nolan e Sick Luke, tocca il minuto e 49 secondi. La durata complessiva dell’intero presunto album è di 10 minuti e 56 secondi, cioè meno di Shine on you crazy diamond dei Pinfloi che supera gli 11. E io direi che potete usarlo come argomento di conversazione.
Altri argomenti di conversazione. Tra le altre nuove entrate, Motta al n.26, e sono sorpreso, mi aspettavo un ingresso consono alla strana considerazione di cui gode. Entra al n.49 Rachele Bastreghi, la voce inconsolabile dei Baustelle. Se vi urge il raffronto, Francesco Bianconi era entrato al n.11. Diminuisce la presa di Universal sui nostri gusti: dopo aver superato più volte il 50% degli album in classifica negli ultimi anni, attualmente le tre sorellazze si spartiscono l’ortomercato con maggiore equilibrio: Universal 37 titoli in top 100, Sony 27, Warner 23; primato per la distribuzione indipendente ad Artist First, con cinque titoli. Infine, escono di classifica dopo 10 settimane Magica Musica di Venerus e dopo una settimana Niall Horan, il clone di Ed Sheeran – il cui penultimo disco rimane l’album da più tempo in classifica; ci sono dieci dischi in graduatoria da più di due anni, ma il suo segnetto Divide ha superato i quattro anni di permanenza consecutiva ed è a due settimane dal record dei
…
Pinfloi. Il cui The dark side of the moon, titolare del record in questione, stabilito tra il 2016 e il 2020, non è attualmente in classifica, forse perché la casa discografica lo sta strategicamente negando ai negozi. In tutto questo, The wall beccheggia dal n.55 al 62, e ne è cupamente tronfio. Giacché (…voi vi ricordate se per il momento della similitudine-dualismo, avevo già usato i virologi?) (non mi ricordo, scusate) (colpa del Covid) (sto usando questo alibi da – non so, non ricordo) The wall è Roberto Burioni, The dark side of the moon è Matteo Bassetti. Mentre Wish you were here è – lo sapevo che ci sareste arrivati subito – Massimo Galli.
Grazie per aver letto fin qui, a presto. Statemi bene.