AMARGINE

Che fine ha fatto Baby Gang? – TheClassifica 18/2024

In realtà, oggi i miei coetanei che si interessano vagamente di musica stanno
1) elaborando il lutto per Steve Albini, oppure
2) commentando l’Eurovision.

Io invece occuperò il vostro tempo
3) parlando di un rapper idolo di 14enni italiani ansiosi di passare dal Topexan allo spaccio di cocaina.

Immagino che i nostri detrattori (miei e vostri) potrebbero già qui pronunciare le parole: “Vostro onore, non ho altro da aggiungere”.
E forse dovrei pronunciarle anch’io – ma non sarebbe vero, io devo aggiungere che dopo qualche anno passato più in cronaca nera che in top ten, per la prima volta il rapper in questione è

Il numero uno. Dopo i due album programmaticamente intitolati Delinquente e Innocente, l’artista programmaticamente battezzatosi Baby Gang è riuscito a conquistare la vetta dei presunti album più ascoltati nella nazione.

Baby Gang, per capirci, è il 21enne Zakaria Mouhib, nato a Lecco da genitori marocchini, più volte scappato di casa, più volte condannato e detenuto per vari motivi (dalla rapina alla rissa) e programmaticamente fattosi arrestare per futilissimi motivi pochi giorni prima dell’uscita del disco. Mouhib è anche uno dei quattro giovani rapper citati dal Sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi per i testi che esprimerebbero (devo usare il condizionale e rido desolatamente di me stesso) un atteggiamento violento nei confronti delle donne.

Per farla breve, sembrerebbe uno dei tanti il cui scopo è fare dei soldi facili. E farne fare a manager e discografici, giocando su tutte le agevolazioni che il rap, come la politica, concede ai furbi masnadieri che si trovano davanti a uno scenario favorevole.
Diverse affermazioni dell’artista in questione sembrerebbero avallare l’ipotesi.

E non è questo, vorrei chiarire, che mi assilla. La stalla è aperta, i buoi sono scappati da decenni, hanno figliato e i loro figli hanno i manager, gli spin doctor, e possono contare su una vasta corte di intellettuali bovini che muggiscono senza sosta per magnificare l’impareggiabile contenuto delle loro emissioni di gas metano.
Il problema è che come già visto e segnalato in tanti altri casi, l’artista in questione potrebbe essere molto più interessante dei prodotti che fabbrica insieme alla cornuta schiera di prodücers che si preoccupano di uniformarlo a ciò che piace alla brufolosa armata che garantisce a tutto il comparto il suo fabbisogno di auto di gamma superiore, immobili in quartieri affluenti di Milano e droghe ricreative.

Io so che l’artista in questione è interessante. Lo so ma non posso dimostrarlo.
Perché l’artista in questione ha fatto un prodotto ovvio e mediocre. Due qualità che, lo dico senza alcuna pregiudiziale malevola, sono spesso motivo di approvazione incondizionata e durevole per il grosso degli ascoltatori del genere in questione.
C’è un motivo per cui dico questo – ed è una delle poche volte che questa rubrica consiglia qualcosa: se avete mezz’ora di tempo, date un’occhiata su YouTube a una puntata dello show Il Muschio Selvaggio, quella di due anni fa in cui Baby Gang è ospite di Fedez e Luis Sal.
So benissimo che questo per molti di voi significherebbe triplicare il quantitativo di persone potenzialmente irritanti, e non posso biasimarvi.

Ma dopo i primi minuti faticosissimi, Baby Gang inizia a raccontare il proprio percorso ai due fresconi, e la conversazione diventa affascinante. Occhio, non sto dicendo che vi ritroverete a parteggiare per lui. Che è sempre l’errore da evitare. Ma per citare Massimo Pericolo: c’è un mondo incantato, dietro al supermercato. C’è un misto di disperazione e delirio contemporanei in quello che dice. Riassumo le citazioni per sommi capi. Vi piacerà: è un crescendo.

– Il mio nome nasce da un calcolo. Se anche avrei fallito col rap, le Baby Gang ci sarebbero sempre, quindi rimaneva per forza.
– Per pagarmi i vestiti ho dovuto far delle rapine. Mi sono ispirato un film, Bus 657 – un bus che viene sequestrato da dei rapinatori. Sono salito su un treno con un mitra finto. Perché con un mitra finto non ti danno la stessa condanna, è un calcolo che mi sono fatto. Per la rapina mi hanno dato 3 anni e mezzo. Alla fine ho fatto un anno e otto mesi di carcere, avevo 16 anni, sono uscito a 18.
– In quel periodo non ero cosciente. Non ero cosciente. Personalmente se vengo a rapinare uno e lui inizia a tremare io piango con lui. Ma prendevo psicofarmaci. Li prendevo perché perdevo le inibizioni. Senza non ci sarei riuscito. Perché io sono di cuore. Ma grazie agli psicofarmaci potevo fare i furti.
– Mi avevano già arrestato a 15 anni per aggressione a pubblico ufficiale. Ma avrei preferito andare in galera che in comunità di recupero. Cioè, se io sbaglio vado in galera e pago, giusto così. In comunità invece dei ragazzi vogliono insegnarti la vita. Ma chi siete? Preferisco vedere le guardie e le sbarre.
– Se entri in galera, poi non ne hai più paura. Ci torni. Io ho detto al mio compagno di cella di tenermi il posto, e sono tornato. In carcere è importante capire come funziona, studiare la situazione. Se lo fai, ti adatti.
– Don Claudio ha creduto in me, mi ha incoraggiato con la musica. Il giudice invece pensava solo a punirmi, non mi capivano. Mi dicevano tu devi fare il tirocinio, il volontariato. Ma io devo fare la musica. Se non era per la musica mi sarei fatto tutta la vita la galera, la gente che è in galera mi appartiene, è la gente che vero normalmente anche fuori.
– Voglio aver diritto di parola in politica. Con tutta la mia ignoranza. Se Salvini è arrivato in politica ci posso arrivare anch’io. E comunque se anche il sistema mi batte, poi verranno altri come me. Di Pablo Escobar ce n’era uno, e ha perso. Ma ora guardati in giro, quanti ce n’è.
– Ora mi è proibito andare dove c’è gente. Non posso entrare in ristoranti, luna park, bar, locali dove c’è gente. È una punizione ingiusta perché io devo fare musica. E se vado a fare il live, mi porto dietro tutto il quartiere, perché altrove la mia gente non la fanno entrare.
– Così è nata la rissa coi buttafuori dell’Old Fashion. Perché io non ero più il marocchino bastardo che veniva da Lecco ma ora sono un artista vengo a spendere soldi e mi devi rispettare. Per questo li ho avvisati su Instagram che sarei tornato a regolare il conto. Se mi va via il rispetto posso anche morire.

…Ok, è UN PO’ interessante, no?

(per quanto mi riguarda, più di Steve Albini) (mi spiace, so di avervi deluso) (per quanto mi riguarda, era l’ennesimo nerd del rock) (e se fossi andato al suo funerale, avrei citato i dischi della Jon Spencer Blues Explosion – e forse qualcos’altro. Ma solo dopo) (ma torniamo a Baby Gang)

Sapete cosa c’è nel disco di tutto quello che avete letto, quelle storie di grottesco e arabesco? Pochissimo. Quasi nulla. Ed è QUESTO che mi irrita e delude. Come se Jack London invece che raccontare di tutto quel freddo e i cani e i pugni in faccia, avesse raccontato barzellette sui minatori perché rendevano di più. Le 16 tracce dell’album potrebbero esser state scritte da un’intelligenza rappusa artificiale, oppure, come si soleva scrivere 15 anni fa, da un generatore di rap italiano, un rimescolatore automatico che mescola minacce e brand internazionali.
L’unica cosa che non potrebbe aver scritto un ghost writer è il rancore di Mouhib nei confronti dell’Assistente sociale. Che comunque, è meno illuminante di un brano di qualche tempo fa, in cui Mouhib non snocciolava fantasie per brufolosi, ma vita un po’ vera e diffusa: i furti di vestiti nelle catene di abbigliamento, nel brano impeccabilmente intitolato Alcott Zara Bershka.

Invece L’angelo del male, come tutti i calcoli che Mouhib ha fatto e continua a fare, è un prodotto che serve a lui e agli altri industrialotti della rima, tutti presenti da bravi amministratori delegati di sé stessi, tutti corsi a fare la partnership con l’enfant prodige del gangsterismo. È tutto un alveare di ospiti d’élite con i notabili del rap ITALIANO (maschio) che fiutando le potenzialità della ricaduta sul proprio prodotto, non hanno voluto farsi sfuggire la joint-venture: nei 45 minuti de L’angelo del male si infilano Sfera Ebbasta, Geolier, Gué (Pequeno), Tedua, Lazza, Marracash, Rocco Hunt, Gemitaiz, Madman, Jake La Furia, Blanco, Paky, Simba La Rue, Fabri Fibra, Ernia, Emis Killa, Rkomi, l’ineffabile Niko Pandetta (l’ex neomelodico catanese condannato a 4 anni per spaccio ed evasione e anche lui convertitosi a questo bisinèss del rap). Voglio dire, c’è persino Rocco Hunt a fare la Serenata Gangster. Mentre Emis Killa e Jake La Furia nel video di Agente fingono di essere perquisiti dagli sbirri, vai di street cred. C’è Sferoso Famoso che dice le solite scemenze per tenersi buoni i teenager italiani: “Baby, sono un bandito, giuro, un fratello non l’ho mai tradito, Baby girl, sono con Baby Gang, niente numero, solo DM, niente foto se entri nel privé” – non so voi ma io sono rassegnato, prima che lo diventi Baby Gang, a diventare ministro sarà Sferoso, e quel giorno io rivaluterò Toninelli.
C’è insomma (quasi) tutta, la nostra Confindustria del Rap, tutti a farsi il selfie con la baby star del crimine, un po’ come tutti i rocker duriepuri che si facevano il selfie con Steve Albini. Tutti a posizionarsi, tutti a fornire un prodotto sotto il loro livello migliore – tranne, Nella Mia Umile Opinione, i tre notabili Ernia, Rkomi e Fabri Fibra che si raccontano in Non mi vedi.
E per far capire cosa intendo per raccontarsi, cito la strofa del senatore Fabrizio Tarducci (scrivete “Fibra” sulla scheda):

“Preso in giro perché non venivo dalla strada
Io i problemi ce li avevo in casa
Chi diceva fossi morto quanto si sbagliava
Sanno già per chi suona, tutti in campana
La provincia dentro ogni mia barra
Non fuggire, ne faranno tutti un dramma
Queste mica sono rime standard senza fatica
Se non ci metti una vita, come fai a raccontarla?”

Resto della top 10. Come previsto, dopo una settimana Taylor Swift, femmina per di più non ITALIANA, ha dovuto cedere il n.1, ma non si allontana troppo: scende al n.2, mentre e slitta sull’ultimo gradino del podio Tony Effe. Nessuna altra novità in top 10, dove dal n.4 al 10 abbiamo Rose Villain, Kid Yugi, Mace, Sferoso Famoso, Lazza, Annalisa e Mahmood. Quindi passiamo ai

Sedicenti singoli. Il podio è identico a quello di sette giorni fa, il che significa che Come un tuono di Rose Villain & Gué (Pequeno) è n.1, L’ultima poesia di Geolier & Ultimo è al n.2, e 100 messaggi di Lazza & Lazza è al n.3. Un solo brano di BabyGang è entrato tra i primi dieci, ed è quello col featuring di Lazza & Tedua; clamorosamente, quello con Sferoso Famoso si è fermato al n.11. non avrà mica perso il tocco, speriamo non sia costretto a fare un featuring con un generale microcefalo.
(sapete, sono un ex sottufficiale dell’Esercito, forse c’è una legge che mi vieta di scrivere queste cose) (ma non ho fatto nomi) (passiamo quindi spensieratamente ad

Altri argomenti di conversazione. Sono usciti di classifica Kanye West & Ty Dolla Sign (10 settimane) e i due album di Future & Metro Boomin, che hanno resistito rispettivamente 5 e 2 settimane. Una settimana di presenza per il disco di Jack The Smoker & Big Joe e tredici per quello di Neima Ezza (ah, per quelli di voi che non frequentano: questi ultimi nomi sono di rapper italiani). Fuori dalla classifica dopo un anno e una settimana Innamorato di Blanco. Fuori dopo una settimana, senza un anno, il disco di Michele Bravi, che ha solcato il cielo delle charts per sette giorni al n.10, e poi è andato a bruciare in altre galassie. Infine, c’è l’ennesimo nuovo record in città, perché ogni settimana Lazza supera il proprio primato: Re Mida è ora a 270 settimane consecutive in classifica, da quando è uscito più di cinque anni fa. Quando qualcuno vi parla di Rumours dei Fleetwood Mac, fategli presente cifre alla mano che Re Mida di Lazza, questo album che probabilmente non avete mai visto in faccia, è il nostro Rumours ma anche il nostro Thriller e il nostro The dark side of the moon, avete presente, quel vecchissimo disco dei

Pinfloi. Che è sceso tra l’altro dal n.15 al n.30. Avvicinandosi pericolosamente ad AM degli Arctic Monkeys, che in base a qualche botta di viralità è salito al n.36, e Dio mi scampi da un futuro in cui chiudo questa rubrica con il bollettino di un gruppo che secondo Wikipedia fa Indie Rock, Rock Alternativo, Garage Rock, Lounge, ma soprattutto Post-Punk Revival, che io in galera non ci manderei Baby Gang ma chi ha coniato questa definizione, e vi prometto che se mi voterete lo farò.

Nell’attesa, grazie per aver letto fin qui. Vi cuoro tutti. A presto.