Nutrivo delle speranze nei confronti di Anna Pepe, nata vent’anni e mezzo fa a La Spezia – città che ci ha dato diversi artisti, tra i quali Alexia (shalalalà) e il generale Vannacci (eialalà).
E tra un featuring e l’altro nelle tracce dei colleghi manzi, nelle quali mi sembrava che desse più personalità ai pezzi rispetto alle altre artiste chiamate a fare la piccola parte stucchevole delle fanciulle dei ragazzi di strada cioèpericolosi, quelle speranze devo averle ipernutrite. Ora sono lì che mi guardano offese e chiedono altre crocchette.
La numero uno. Certo, visto che è stata la prima rapper ITALIANA ad andare al n.1 dei sedicenti singoli con Bando quando aveva 16 anni, e visto che oggi è al n.1 anche dei presunti album, è abbastanza evidente che ha ragione lei. Tutto ciò che posso dire è che trovo il suo prodotto Vera Baddie calcolato e insapore, ma inevitabile come le nuove bevande in lattina che ogni anno abili chimici creano per noi giovani pieni di vita. Peraltro, è giusto da parte mia basare le mie riflessioni sul fatto che Anna è femmina (anche se lei per prima basa le sue rime su questo aspetto)? Aspettarmi qualcosa di più rispetto a un qualche bufalo maschio messo a macinare numeri per Sony, Warner e Universal parlando di droga e strada e bros e delle sue straordinarie pistole e del suo ancor più straordinario pistolino?
Perché alla fine, tutto l’album, nei suoi 18 pezzi per un totale di 45 minuti (e la media è praticamente perfetta, 150 secondi a canzone) ha un solo messaggio, che è il posizionamento del brand: Anna Pepe è una baddie, perché se da anni Cardi B e Doja Cat e Megan Thee Stallion ne hanno fatto una rampa di lancio, era solo questione di tempo prima che da noi qualcuna si candidasse a questo ruolo assertivo e a suo modo, meloniano di bulletta di quartiere.
Poi, lungi da me sminuire l’importanza di questo tipo di prodotto. Non è il tipo di argomento con cui ho una qualche voglia di misurarmi. Perché vedete, sempre più spesso noi ciarloni della musica facciamo la parte degli analisti con grandi responsabilità umanistiche. Non entriamo nel merito di quello che sentiamo, perché è nostro dovere guardare il mondo dall’alto di uno scranno molto più elevato, e ciò ci induce a chiederci se è giusto per i giovani, per il futuro, per la nazione tutta che Anna predichi il suo baddismo. Ed è facile ritrovarsi a sentenziare che il prodotto, essendo di ispirazione per tante giovanissime consumatrici, essendo motivazionale e specchio di un’attitudine diffusa, è necessariamente lodevole e ha la nostra augusta e riverita approvazione di sociomusicisti. Questo ci fa sentire molto bene. E ci evita di sbilanciarci su un dettaglio – ovvero la penosa domanda: questa è buona musica?
NeIla Mia Inutile Opinione, è scema, ripetitiva, banale e fantasticamente prevedibile. E quindi, è adatta allo scopo. Perché la questione è mal posta: chiamare in causa la (ehm) musica, e credetemi, lo dico senza retorica, sarebbe fare un torto al 75% dei rapper italiani. Non sono tra noi per questo, e nel 2024 sarebbe ora di accettarlo. Come i politici, come i giornalisti, la loro missione è fare i numerissimi. E Anna li fa. Piace a un buon numero di quattordicenni femmine ma ha – e questo conta parecchio – l’approvazione di un buon numero di quattordicenni maschi, nonché la protezione della maggior parte dei venerati manzi del rap italiano, testimoniata dai tanti featuring accumulati finora e da quelli presenti nell’album. Laonde, urrà per lei, e urrà per tutti. In fondo ha 20 anni e una cosa è certa: come ai loro tempi Mina, come Rita Pavone, come Patty Pravo e le Berté e persino come Carmen Consoli, traccia una strada. Altre verranno e andranno avanti, e lei medesima avrà occasione, io confido, di fare qualcosa che non scenda al livello più scemo, ma che inviti il suo pubblico a salire con lei di qualche gradino. Altrimenti, amen. Il commercio nella sua forma più pura non richiede benedizioni, si benedice da sé, dico bene?
SEDICENTI SINGOLI. Annina è anche nella top 10 dei singoli, ma non grazie al featuring con l’immancabile Sferoso Famoso, malgrado un titolo proprio bello: Chica Italiana – per niente commerciale, tutto pieno di ispirazione artistica e autenticità, noi dovremmo sostenere tutti insieme con tutte le nostre forze questa scena, questo movimento vibrante, questo Topexan sonoro. Anna Pepe, vi dicevo, è invece al n.9 con I love it, duetto dell’amore con il milanese di Niguarda Artie 5ive, nonché al n.7 con Bikini insieme all’immancabile e altrettanto milanese Gué (Pequeno), al n.6 con BBE featuring l’altrettanto immancabile e altrettanto milanese Lazza, e al n.2 da sola con 30°. Dietro di lei, in un podio identico da un mese, Come un tuono di Rose Villain con l’immancabile Pequeno (Gué), e davanti a lei sempre Sesso & Samba di Tony Effe & Gaia, inno di questa Italia che vuole finalmente concedersi un po’ di spensieratezza dopo secoli di plumbea serietà. Esce finalmente dalla top 10 l’unico non ITALIANO che aveva il turpe ardire di contaminare le eccellenze del nostro autotune: il cileno Floyymenor con Gata Only, ora n.11. Ma torniamo agli album.
RESTO DELLA TOP TEN. Il resto dei rapper maschi si allinea alle spalle della Vera Baddie nella top 5 dei presunti album, guidati da Geolier, Tony Effe, Tedua, Capo Plaza. Da segnalare nelle prime dieci posizioni anche Ultimo (n.6), Rose Villain (n.7), gli ingressi dei Cosang (n.8) e degli stranieri Imagine Dragons (n.9), per finire con Kid Yugi (n.10). Abbandona la diecina più prestigiosa Angelina Mango, che dopo cinque settimane si ritrova al n.14.
ALTRI ARGOMENTI DI CONVERSAZIONE. Il ragazzo Holden, figlioccio di cotanta Pausona, esce dopo cinque settimane di classifica – ma non se ne faccia un cruccio, si sa che è buona per i merli. Tra le nuove entrate, il nome internazionale più prestigioso (forse anche più degli Imagine Dragons) è quello di Camila Cabello, che a queste latitudini ottiene un esangue n.61. La sua casa discografica, la Universal, è la stessa di Anna, e grazie anche al suo piccolo apporto ristabilisce le gerarchie in classifica: sono roba sua 39 album su 100, contro 26 della Warner e 22 della Sony. Gli album in classifica da oltre due anni senza mai uscire sono saliti a undici: guida il contingente, battendo il proprio record, Re Mida di Lazza (279 settimane) seguito come un’ombra ferale da Fuori dall’hype dei Pinguini Piacioni (274 settimane). A sfondare la quota già ragguardevole del 10% dei titoli è sorprendentemente AM degli Arctic Monkeys, entrato 105 settimane fa, e molto più popolare oggi che nel 2013 quando è uscito. Cosa che si può a lungo dibattere per quanto riguarda i
PINFLOI. The Dark Side Of The Moon sale al n.69, e vi dirò: sembra in salute, ha superato la prova costume ed è pronto a una fantastica estate #tuttadavivere. Come voi.
Grazie per aver letto fin qui, a prestissimo per l’ANALISINA del primo semestre del 2024.