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Polemistan 6 – Le migliori polemiche dell’ottobre 2017

Vengo qui con le mie polemiche musicali come quelli che al mercato si presentano con i giochi per i bambini, dai fidget spinner alle bolle di sapone ai pupazzi di Pikachu: posso solo raccattare qualcosa da chi non ha speso tutto ai banconi delle polemiche dei grandi. Tanto per dire, guardate questo primo tris:
1. Coez, n.1 tra i singoli, si lamenta su un giornale importante che le radio non lo passano. RTL lo passa di sicuro, Deejay pure. Che poi, che ti frega delle radio, Coez? Oppure non punti ai millennials ma alla generazione più anzyana che non solo continua ad ascoltare la radyo ma anche a spendere soldy nei cd?
2. Eminem si scaglia contro Trump ma a Massimo Gramellini non la si fa. Nella sua rubrica quotidiana su un giornale importante (sempre quello in effetti) che ha tra l’altro chiamato con acuminata originalità Il CAFFE’, fa notare che Eminem però non si è scagliato contro Kim Jong-Un, e quindi lo smaschera: si è iscritto al club di quelli che se la prendono con Trump per ottenere visibilità. Non constatavo tanta acrimonia verso Eminem da quando a Sanremo l’altrettanto autorevole Massimo Ceccherini (quasi omonimo) non lo definì ‘mbecille. Ma poi spiega che il vero problema è che è puerile prendersela con Trump, lui sa parlare alle masse stanche e impoverite, voi no. Gramellini sì. E Ceccherini pure.
3. La Stampa titola: Bloody Beetroots denuncia la fine del pop. Rolling Stone – che esiste ancora – rilancia: “Sulla musica di oggi ci vomito sopra”. Per la precisione: “Nella mia musica io vomito tutto quello che ho dentro sbattendomene delle regole del mercato”. Mi fa piacere che abbia chiarito con bella efficacia come si rapporta artisticamente alla nausea. Però mi interessa una sua domanda. “Mi sono guardato in giro e mi sono chiesto: c’è ancora qualcuno che grida o tocca a me farlo?”. Ho due risposte: sì e no. Perché in realtà il pop italiano grida un casino. La Pausini grida, Emma grida, Elisa grida, Negramaro e Modà gridano. Il pop italiano si è adeguato alla televisione. E a proposito,
4. Fabri Fibra contro X Factor. “Mi hanno offerto un milione di euro per andare a fare il giudice e ho rifiutato. Ti danno quei soldi per non fare più il rap. Per spegnerlo. In programmi come quello ci vado ma solo se mi pagano per suonare”. Dal talent twittano: nel 2014 abbiamo discusso con la sua manager, senza mai approdare ad una offerta economica”. E aggiungono: “Ci piacerebbe poter fare offerte milionarie, ma per queste occorre rivolgersi altrove”. Penso che parlino della Rai.
5. X Factor contro se stesso. Ovvero, Fedez contro Mara Maionchi. Lei incoraggia a cantare in italiano. Lui rimarca: “Vorrei ricordarvi che i singoli più di successo di X Factor sono in inglese”. Gentile a ricordarlo. Peccato non abbia fatto i nomi di tali singoli di successo perché con tutta la buona volontà non so di cosa stia parlando – ma confido in voi, che diuturnamente li canticchiate, e in bell’inglese. Ah, quando c’era lui. Lui Morgan, intendo.
6. Morgan, Sgarbi, Cruciani. Dite, voi che carte potete opporre a questo tris d’assi? Inizialmente, leggendo solo i titoli dei giornali, mi era parso che allo sbarazzino programma di Radio 24 – i cui bilanci salutiamo sempre con simpatia – lo Sgarbiere avrebbe sostenuto che il Bowie di Monza era succube della compagna: «Morgan mi ha detto che Asia Argento lo dominava». Per un po’ mi sono chiesto dove stesse la notizia: potrei mettere Morgan nel mio acquario, e passerebbe un gran brutto quarto d’ora anche se togliessi Pescepigrone, ras del fondovasca. In realtà leggendo apprendo che il dominato era Weinstein: Morgan avrebbe rivelato che era un rapporto sadomaso e “Lei era soddisfatta delle prestazioni”. Morgan ha smentito?, vi chiederete. Non che una smentita di Morgan sarebbe presa granché sul serio, temo – però no, non ha smentito, ma d’altro canto Morganetto sogna che Sgarbi lo faccia assessore in Sicilia, che i due trasformeranno in locomotiva d’Italia – ah, regione fortunata.
7. Sempre in questo climettino, Bjork accusa di molestie “un regista danese”. Che ovviamente è Lars Von Trier, col quale visse un periodo termonucleare durante le riprese di Dancer in the dark, Palma d’Oro a Cannes nonché film sopra la media di quelli dell’affabile orsettone che qualche anno fa ha puntualizzato di non essere un nazista. Facendo un passo laterale, sorprende che non stia saltando fuori uno scandalo parallelo sugli abusi nel mondo della musica, perché anche solo in Italia si gonfierebbe una piena che nemmeno il Tanaro nel 1994. Strano, no? Oppure no.
8. Tom Petty, dato per morto prima che fosse morto. Polemica. Poi è morto.
9. Polemica un po’ di nicchia ma frizzante sulla classifica annuale dei migliori dj per i lettori unz del giornale veramente unz, sto parlando della DJ Mag Top 100 Djs 2017, che rivela per l’ennesima volta che l’Olanda con Martin Garrix e soci impazza perché ci ha il vivaio tipo il vecchio Ajax, mentre l’Italia che non ce l’ha arranca da anni. Noi arrancheremmo anche se la classifica riguardasse i migliori calciatori, scrittori, attori, forse persino stilisti, e secondo la Guida Michelin da noi non si mangia nemmeno troppo bene (mai quanto in Francia, naturalmente).
Forse non sappiamo far NIENTE?
(eccetto le polemiche)
Il punto è anche non avere le Guide Michelin. O anche: leticare invece che mettersi come fanno altrove a remare fischiettando tutti sinergici – o se non tutti insieme, almeno una maggioranza relativa che nasconda l’insofferenza reciproca (nel design in questo sono bravissimi). Invece gli altri ci spingono in periferia, dove noi, e daje e anvedi e mortacci e stica, alla fine ci troviamo bene e possiamo fare i bulletti del circondario concludendo che gli stranieri – oltre a essere migliori per nascita, come pensano alcuni dei nostri migliori intellettuali – godano di condizioni irripetibili qui. Alla fine ecco che abbiamo l’alibi e circolare, circolare, viziosamente. E per finire,
10. De Gregori senza barba e senza cappello. Con la moglie. Canta Anema e core.
Più che polemica, è una resa senza condizioni.

3 Risposte a “Polemistan 6 – Le migliori polemiche dell’ottobre 2017”

  1. Ciao Madeddu, ti leggo sempre molto volentieri e spero mi perdonerai questo mio “fuori tema” ma è una cosa che mi affrange parecchio in questo periodo e giacché la theclassifica manca, ho bisogno di strumenti. la mia domanda è questa:
    a prescindere dalla “theclassifica”, come si fa a capire se un disco sta funzionando? quali sono i termini del successo discografico oggi?

    perché a me sembra che escano dischi che durano una settimana di hype e poi non si sa più nulla.
    Contano ancora le radio?
    grazie e scusami

    1. Non è un argomento semplice. Più che una risposta ci vorrebbe un’inchiesta.
      Rispondendo in modo molto frettoloso, posso dire: sì, le radio contano ancora. Perché conta TUTTO. I parametri del successo si sono moltiplicati. Per strano che sembri, una canzone che non passa per radio, un gruppo che non fa sold out nei concerti, un disco che non vende, un pezzo che non viene ascoltato in streaming, non implicano un flop.

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