AMARGINE

Ho intervistato Burt Bacharach e ne ho le prove. Ma non qui

PRIMA PARTE
Penso che ognuno abbia i suoi legittimi gusti, anche quando sono puramente una posa – e succede MOLTO spesso.
Davvero, accetto che a qualcuno non piaccia l’Etna o le Dolomiti o Venezia o il Duomo di Milano, o che opponga una sua obiezione soggettiva a qualcosa che a me sembra oggettivo. Tipo “Roma ok, però i romani, eh” (oppure “Torino, sì, però i torinesi”, quello che preferite).
Però alcune cose, SONO belle e buone. No?

Parlo di cose che a me danno la sensazione di poter mettere d’accordo tutti, perché d’accordo, magari Magritte o Boccioni non ti arrivano ma su Michelangelo, seriamente, puoi fare le smorfiette come fossi in televisione a farti guardare? E invece.
Poi in realtà c’è realmente qualcuno a cui non piace il cioccolato. E per qualcuno Maradona era scarso, e Messi pure. O qualcuno a cui i Peanuts, bah, non gli dicono niente. Stevenson, mmh, ah è quello di Moby Dick – che palle però, l’ho mollato dopo 30 pagine. C’era una volta in America iiih, che lungo, bro, fra, zio, raga.
Rimango spiazzato ma lo accetto, pur collegando la reazione a un’elaborazione, o a un approccio un po’ pregiudiziale.
Sulla musica però ho una certezza. Se qualcuno sentendo Raindrops keep fallin’ on my head o What the world needs now o Close to you o This guy’s in love with you – ecco, non dico che debba avvertire solennemente la presenza della bellezza, ma se istintivamente NON si sente tangibilmente meglio di prima di ascoltarle, io credo che ci sia qualcosa di terribile al lavoro in questa persona.

 

SECONDA PARTE
Dovete sapere che c’è stata una fase in cui i telefoni cellulari c’erano ma non registravano. E non ricordo quando i lettori mp3 (iPod, Creative) permisero l’opzione per l’audioregistrazione. So che a un certo punto comprai un registratore digitale Sony, che era molto comodo. Ma all’epoca dei fatti, io e molti colleghi sottopagati ci muovevamo ancora con un registratore a cassette, ultimo bagliore del walkman.

TERZA PARTE
Dovete sapere – cioè, non dovreste, perché sono anni che cerco di non mettere me stesso tra i piedi quando scrivo di musica. Ma con oggi cedo smaccatamente, per motivi che presto saranno evidenti.
Dicevo. Dovete sapere che sto cambiando casa. E se ci siete passati, sapete già tante cose. Una di queste è: “PRIMA, butta negli scatoloni. POI, pensa”.

QUARTA PARTE
Insomma, apprendo che Burt Bacharach è passato a miglior vita, il che è interessante, perché a quello che si dice, lui ha sempre fatto una miglior vita, sotto moltissimi aspetti. E quindi cosa può fare uno che ogni tanto intervista la gente, se non andare a ripescare la sua intervista?

Oppure è un modo di farsi notare? C’è stato un recente dibattito social tra colleghi, vista anche l’ondata di lutti di alto bordo. Non ricordo come sia finito il dibattito, ed essendo marginale non sono intervenuto. Personalmente ho sempre trovato abbastanza accettabile l’idea mettere a disposizione qualche elemento in più sul trapassato di cui tanto si parla. Perché quando qualcuno ci lascia, è sempre il momento in cui si dà un’occhiata abbastanza rispettosa al corteo funebre, e magari si ascolta qualche parola tra le orazioni, e si dice “Ah, ma guarda, questo non lo sapevo” oppure “Questo è interessante, non ci avevo pensato”.
Ah, di buone intenzioni è lastricata la strada per Sanremo. Ma il Destino, come il corvo sventuriero de La vita è meravigliosa di Frank Capra, era lì a guardare. Con un suo disegnino in mano, ed era diverso dal mio disegnino.

QUINTA PARTE
Vi ricordate quella faccenda delle cassette, del trasloco? Ecco. Due scatoloni pieni di cassette di vecchie interviste. In garage. Che già fa freddissimo in giro, e di sera – ma nel mio garage fa freddo il triplo. Sono andato a rovistare freneticamente. È saltato fuori di tutto. Cassette con interviste che non sapevo nemmeno di aver registrato, tipo Mariah Carey in sottoveste nella suite di un albergo (ho un testimone), Sting che mi avevano pregato di non registrarlo quindi mi sa che ho buttato il registratore acceso nello zainetto, Alan Sorrenti al telefono per di più sul lato B di un’intervista ai Radiohead, perché un’altra cosa fantastica sono gli abbinamenti forzati quando capitavano due interviste nello stesso giorno, e allora Trent Reznor dei Nine Inch Nails è sulla stessa cassetta di Shola Ama (!), Giorgia su quella delle Rockbitch (delle tipe che cantavano nude) (…ma si facevano intervistare vestite), i Red Hot Chili Peppers insieme ad Alessandro Graziano che se sta leggendo spero mi perdoni ma ho dovuto googlarlo e ho scoperto che alla fine ha avuto una discreta carriera. Ho anche trovato le registrazioni di Jean-Michel Jarre e Gomez, e quelle sono curioso di riascoltarle. Ho poi constatato di aver parlato MOLTE volte con Grignani e Morganetto, e mi perdonino gli innamoratissimi, ma sono un po’ meno curioso di riascoltarli.

Ma dopo un’ora di ricerche con le dita gelate, la cassetta con la scritta BURT BACHARACH non è saltata fuori.

SESTA PARTE – Parte prima
Quindi cosa faccio?
SESTA PARTE – Parte seconda
Perchè a questo punto non ho con me nessun documento che possa avere un qualche valore per i posteri.
Quindi immagino che sì, tutto questo che state leggendo, lungo quasi quanto C’era una volta in America, sia un dispiego di narcisismo.
SESTA PARTE – Parte il raggiro
A meno di non raccontare quel poco che mi ricordo. Sperando che prima o poi la cassetta salti fuori, permettendomi di produrla e riabilitarmi parzialmente di fronte a chi mi accuserà di pura millanteria (non di fronte a chi mi taccerà di inopportuno narcisismo).

L’INTERVISTA A BURT BACHARACH

In occasione della pubblicazione di At this time, tenne una conferenza stampa a Milano. Naturalmente raccontò il perché e il per come del disco, che lasciò tutti un po’ delusi. Alla fine gli addetti stampa chiesero ai non moltissimi presenti se qualcuno voleva qualche minuto per domande singole. Si prenotò meno gente di quel che mi aspettavo – io personalmente, avrei avuto abbastanza domande per scrivere una biografia e due documentari. Ovviamente non era possibile. Però mi fu concesso, se ricordo bene, almeno un quarto d’ora. Che ovviamente ho registrato. Ahaha.

Sono passati cent’anni. Ed è ovvio che mi ricordo qualcosa. Ma sono passati cent’anni.
Mi ricordo solo tre risposte. Naturalmente, non per filo e per segno. Quindi, non posso produrre virgolettati.

Gli ho chiesto se la musica pop avesse perso qualcosa per strada, rispetto a quando lui aveva cominciato
E lui, sorridendo gentilmente nonostante la domanda stupida, aveva detto. “È naturale”, al che per tentare di salvarmi avevo precisato
Se aveva perso in eleganza, in stile, visto che era quanto tutti gli riconoscevano come compositore,
E lui stavolta aveva annuito come se con questa aggiunta, considerasse la domanda ammissibile, però lo stesso aveva ricordato al fesso qui presente che mentre lui componeva i suoi brani di maggiore successo commerciale, il rock stava cercando di arrivare al pubblico in modo molto più diretto, evitando di vestirsi in modo troppo ricercato, ma questo non voleva dire che dal rock non fosse venuta musica fantastica, e di altrettanto grande successo commerciale. E aveva detto che per esempio i Beatles lo avevano impressionato da subito, anche prima che facessero cose elaborate come The long and winding road.

(ora che mi ricordo, mi aveva raccontato che la serata di gala in cui John Lennon invitò le prime file a tintinnare i gioielli come segno di approvazione, lui era lì, per esibirsi in un altro momento dello spettacolo) (non so se sia vero) (ma onestamente non riesco a immaginare che Burt Bacharach indulgesse nella pura millanteria narcisista – io di qua, io di là, come un giornalista musicale)

E quindi concluse il discorso dicendo che i musicisti sono sempre stati degli artigiani, che cercano di produrre quello che sarà gradito al pubblico, e lui tra Brill Building e colonne sonore aveva sempre lavorato in un ambiente dove ci si aspettava un certo tipo di sartoria (di nuovo l’immagine del sarto, che tutto sommato gli si adattava molto, e riportava a quella faccenda dell’eleganza). Ma non si considerava molto diverso da musicisti di altri generi come Elvis Costello o Dr. Dre, con cui aveva collaborato.

E infine, rispondendo a una mia domanda che NON rammento,
Disse che il vero problema che gli poneva la musica pop dell’epoca era che per uno col suo nome e la sua età, era praticamente impossibile fare musica per un pubblico più giovane. A meno di non usare uno pseudonimo.
Gli chiesi se stava pensando di farlo – di fare musica pop per i giovani usando uno pseudonimo.
Forse l’ho già fatto, mi disse. E mi fece il penultimo sorriso marpione. Chissà se salterà fuori che era – boh. Deadmaus? 😮

L’ultimo sorriso marpione lo fece quando gli chiesi se poteva fare un saluto nel registratore a mia sorella, per il suo compleanno: sarebbe stato di sicuro l’augurio più ineguagliabile della sua vita. Rise e mi chiese il nome, poi disse, con un impeccabile italiese e voce suadente: “Hello, XXXX, io sono Burt Bacharach, I wish you molto bene”.

(…bene, ora ho pure tirato dentro la famiglia. Tutto quello che mi rende insopportabile un giornalista musicale è in questo pezzo che forse avete letto fino alla fine. Forse è un mio modo di arrendermi. Se Burt Bacharach ha deciso di lasciare la musica, chi sono io per continuare. Ci devo pensare. Ho pensato che una specie di capraecavolismo potrebbe essere inaugurare su questo blog una sezione in cui avverto: guardate che parlerò tanto di IO, quindi il mio consiglio è di stare alla larga) (forse lo farò) (al momento però sto pensando soprattutto che se c’è un Paradiso, il vecchio marpione Burt si sentirà strano – perché credetemi, se esiste, dev’esserci della musica, e se c’è musica in Paradiso, sono sicuro che da decenni quei santarellini stanno smaccatamente copiando la sua, e quando toccherà a voi seguirlo sulla strada per San Josè, ricordatevi chi vi aveva messo sull’avviso quaggiù)

PS: …Catatonia. Venivano dal Galles. Piacevano al New Musical Express. Bah.

5 Risposte a “Ho intervistato Burt Bacharach e ne ho le prove. Ma non qui”

  1. “Ho pensato che una specie di capraecavolismo potrebbe essere inaugurare su questo blog una sezione in cui avverto: guardate che parlerò tanto di IO, quindi il mio consiglio è di stare alla larga…”

    Ecco, sì.
    Personalmente non starò alla larga.

    1. Grazie Meriggio, e scusa se non ho risposto lo stesso meriggio in cui hai scritto, sono distratto da cose.
      (“cose”) (generico)

  2. Guarda, davvero uno dei più bei momenti di questo blog, che seguo (io, e spero molti altri, aldilà del sempre apprezzato understatement).
    Quindi mi unisco, se apri una rubrichina che parla di Io, non starò alla larga
    Un abbraccio, Madeddone

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