CAPPELLINO INTRODUTTIVO
È sempre capitato, in ogni età della vita, anche a voi? Presumo di sì. Però io ho la vaga sensazione semiparanoide che a me capiti più spesso e sempre più spesso. Che se distrattamente dico o scrivo una mezza frase, che so, su Keith Richards o sui Joy Division o su Morganetto, e quella cosa infastidisce una persona che di loro ha una certa opinione, io quella persona me la sono giocata. E non necessariamente perché ne ho parlato male. Un amico mi ha informato di non avermi parlato per anni dopo una mia recensione positiva di un album di J-Ax. Questi, incidentalmente, si è sommamente risentito per la mia recensione negativa dell’album successivo, ma la sua reazione è certamente più lineare.
Forse la verità è che nel mio lavoro si finisce per ritrovarsi senza amici (“Seh, certo, dai la colpa al lavoro”). Però il tutto è compensato dal fatto che gradualmente ti ritrovi anche senza lavoro (LOL) – e uno dei motivi è che sotto sotto anche i capiredattori e direttori sono sensibili quanto i manager dei cantanti, e possono soffrire soffrimenti inauditi se gli discuti gli déi. Ma ora togliamoci questo cappellino e andiamo al sodo.
PARTE PRIMA CON AUTOBIOGRAFISMI (…saltatela pure, è solo il pretesto per la seconda parte in cui mi domando e dico)
Facciamo un salto indietro di tanti anni. Non troppi. Per capirci, c’erano già Renzi e Salvini e Grillo, e tutti e tre si erano messi sorprendentemente a fare politica. Una sera, incontro putacaso un amico che tra l’altro era anche doppiamente prezioso perché comproprietario di un albergo in località di gran diporto. Ed è in giro con la nuova fidanzata, e me la presenta, e “Mi ha parlato tanto di te” fa lei (“Oho”, faccio io) e insomma dai che andiamo a bere qualcosa – ma sì per Giove, ma sì per Diana, ma sì per Bacco.
E così cin cin, evviva, ma i tuoi articoli su MiticoVasco mi fanno tanto ridere, guarda, fanno tanto ridere anche lui, ahaha, ma davvero, ahaha, no scherzavo non lo fanno ridere per niente però io stravedo lo stesso per lui – e procedo a declamare a memoria canzoni di MiticoVasco provenienti da differenti ere glaciali. Ma che memoria, vorrei anch’io ricordarmi le parole delle canzoni così bene, quando canto ho paura di dimenticarle e devo avere il testo vicino per rassicurarmi. Sai, lei canta, CANTA!!!, annuisce adorante l’amante. Sento che c’è un mondo intimo del quale mi vogliono mettere a parte e chiedo con fare curioso di dirmi di più. E mi prefiguro tutta una gamma di possibilità, dal coro alpino al gruppo indie (o viceversa). Sicuramente, non mi aspetto quello che sta per dirmi.
“Sono una delle voci in una tribute band di Simon & Garfunkel”.
Ora, io vi conosco, a VOI. So che pensate che avreste gestito brillantemente la situazione, con qualche battuta sagace ascoltata in Mad Men. Ma non è vero. Come me, avreste emesso qualche vocale a caso. Però mi sono ripreso presto.
(e forse era meglio di no)
“Ma tu fai uno dei due in particolare?” “No, siamo in tre”.
In un mondo ideale, in quel momento un cameriere mi rovescia addosso un mojito oppure viene dato un rigore all’Inter e tutto il pub rumoreggia oppure si diffonde la voce incontrollata che ci sono Paola & Chiara nel locale. Invece non mi soccorre nessun diversivo di primo grado, e io ripeto, grullamente:
“In tre”.
“Sì, quello di Simon & Garfunkel è un mondo di armonie molto complesse, loro erano straordinari e le facevano in due, noi stiamo valutando se passare a quattro voci. Ma sul palco siamo già in sei”.
E io ripeto, grullamente.
“In sei”.
Questo è il momento in cui la serata inizia a scivolare lungo un declivio. Ma con una lentezza dolente che non si può sintetizzare in un testo scritto. Siccome nessuno vuole essere obbligato a leggere più di 6 minuti, salto la maggior parte delle parti di quello che fu un crescendo di controllata angustia a tre che a taluni potrebbe ricordare gli assoli a tre di Neil Young, Stephen Stills e David Crosby durante i tour in cui si volevano molto male e se lo comunicavano tra loro a colpi di plettrate rancorose.
E arrivo allo scambio che fece apparire la fatale e ad oggi definitiva biforcazione delle nostre strade.
“Non sono contrario, sono semplicemente sorpreso: non pensavo che in Italia e in questo millennio potesse esistere una tribute band di Simon & Garfunkel. E che trovasse modo di fare concerti”.
“Sì perché tu come tutti pensi che siano mosci e zuccherosi”.
(vorrei tanto aver detto “No, quello è ciò che penso dei Sonic Youth”, ma la vita non è come le serie tv, non si ha mai la risposta tranchant che rende il nostro personaggio memorabile)
Devo precisare che non solo non l’ho mai realmente pensato. Anzi, se essi mi stanno leggendo oggi, in un’altra parte di questo secolo in cui non ci siamo più parlati, io affermo invero:
1) Non ho mai detto nulla, né quella sera né in altra occasione, a detrimento di Simon & Garfunkel.
2) Perché in effetti, QUANDO MAI ho detto o scritto qualcosa su Simon & Garfunkel?
Ed è proprio questo, che genera questa piccola saga mentale. In cui mi domando e dico.
PARTE SECONDA – Simon & Garfunkel. Mi domando e dico.
DOMANDA – Ti piacciono Simon & Garfunkel?
MICK JAGGER – Oh, per piacere.
(da un’ intervista dell’agosto 1968)
La verità è che io Paul Simon & Art Garfunkel non li conosco. Tutto quello che so – e non so nemmeno se sia tutto veramente vero – è che
– Vendevano tantissimi dischi, ma tanti tanti tanti, oh;
– A Mick Jagger non interessavano però Keith Richards teneva d’occhio Simon, mentre David Bowie, nei lunghi anni in cui tutti sfondavano nella musica tranne lui, provò a imitare ANCHE il loro stile (mettendo in piedi un duo con John Hutchinson);
– Oltre a essere un eccellente compositore, Paul Simon era considerato un ottimo chitarrista, perlomeno rispetto al livello dell’epoca;
– Ho scoperto che erano stati a Monterey ma non mi pare appaiano in molti altri festival storici degli anni 60 e forse non frequentavano i colleghi alternativi come facevano, per esempio, i Mamas & Papas. E alla fine forse queste cose le si pagava;
– Un’altra informazione che ho su di loro e che vi giro con spericolata imprudenza è che Paul Simon era considerato “il tipico ebreo pesante di New York”. Vi sto riferendo un giudizio di una persona italiana e di sinistrissima che lo ha incontrato, ed evidentemente si aspettava uno di quei tipici ebrei spassosi di New York. Sono totalmente disinformato in materia, ve la passo così come mi è arrivata;
– E poi ovviamente so che quasi 10 anni dopo lo scioglimento, hanno fatto questa reunion in Central Park e c’era un pastrocchio di gente e l’album che ne hanno ricavato si è venduto per anni e anni e anni. Poi, apparentemente, basta. Per quanto riguarda la loro storia a due, beninteso.
– E so infine – ed è una delle cose alla base di tutto questo spatafione – che per anni ho letto riviste musicali e siti musicali, ma di loro non si parlava praticamente MAI. Mai una copertina. A differenza di gente che era molto molto meno popolare di loro. È una cosa a cui ho fatto caso, ma non mi sono mai soffermato sul mistero. Alla fine, anche le riviste più prestigiose e venerabili del mondo anglosassone devono tenersi buoni
a) il loro pubblico
b) gli amici.
E boh, si vede che S&G non erano funzionali a queste necessità.
Ma anche se posso avere qualche alibi, posso dire che non ci sia del dolo da parte mia? Lo devo ammettere: so più cose su Chuck Berry, in auge molto prima che io nascessi, che non su Simon & Garfunkel, in auge poco prima che io nascessi. Ho una vaga idea della cronologia dei loro album, ma sono sicuro solamente del fatto che Bridge Over Troubled Water sia l’ultimo e Bookends il penultimo. Ho in casa il vinile di Paul Simon Songbook e mi piace molto (dura mezz’ora) ma non so quando lo abbia inciso. Potrei controllare tutto su wikipedia ma se non fossi totalmente onesto sulla mia insipienza questa riflessione ad ampio respiro non esisterebbe, okay?
PARTE TERZA – Paradosso dell’attualità di Garfunkel & Simon
In un’epoca in cui sappiamo (o siamo moralmente tenuti a sapere) tutto perché possiamo saperlo, io coltivo una certa nonconoscenza come segno di stima. Ci sono gruppi e cantanti che mi piacciono anche tanto, e sono riuscito a non sapere un cavolo di loro, né cosa ne pensa la gente. Non faccio nomi perché poi ho paura che animati dalla vostra turpitudine, me li possiate spoilerare. Ma conosco le loro canzoni più di quanto conosca le loro vicende. Come direbbe Pete Townshend, lo considero un affare, il migliore ch’io abbia mai fatto.
E se anche di Simon & Garfunkel so poco, ebbene, di loro penso un sacco di cose. E non so perché, in uno degli ultimi mesi del 2024, mi risultano interessanti, perché mi dicono qualcosa sul mondo com’era e com’è. Intendo dire…
Dopo una rapina da 25 dollari (e spicci) in un negozio, un giovane sente il peso del proprio fallimento alle 3 di notte di un mercoledì. Un signore che parla poco si suicida col gas nel suo appartamento, i vicini dicono peccato ma era un tipo strano. Un ragazzo sul cornicione sembra volersi buttare giù, la folla si raduna e in effetti un po’ ci spera. È la notte di Natale, santa notte – un giornale radio dice che i bombardamenti in Vietnam aumenteranno, che la Guardia Nazionale interverrà con la forza per impedire la dimostrazione indetta da Martin Luther King, che il sig. Richard Speck ha trucidato otto studentesse, che Lenny Bruce è morto – santa notte, tutto è calmo, tutto è santo. Un giovane immigrato arriva a New York, è poverissimo, non c’è molta scelta, la vita gli tira tutto il tempo cartoni in faccia e tanto vale prenderli facendo il pugile (…boom – lie-la-lie – boom) e insomma la vita è così e basta e i profeti scrivono le loro parole sui muri della metropolitana, e la gente prega il dio al neon che si è costruita.
…Ho reso l’idea?
Quello che sto cercando di dire è che per quanto rese piuttosto soavi dalla voce dorata di Garfunkel e dalla morbida chitarra folkie di Simon (che non approvò quella che sarebbe stata la sua fortuna, ovvero l’arbitraria aggiunta di una batteria e chitarre elettriche “beat” a Sounds Of Silence per farla arrivare ai giovani), e per quanto inclini ogni tanto al sermoncino (sto pensando a I Am A Rock, benché sostanzialmente impeccabile), le canzoni di S&G hanno un coefficiente “urban” altissimo, per di più rafforzato dalle copertine di diversi album che ritraggono la coppia in piena strada. E il concerto nel parco centrale di New York ribadisce questa vocazione, stranamente giustapposta ad armonie vocali da chierici, il cui picco è naturalmente il rapimento canoro di Scarborough Fair, nel quale i due ebrei del Queens sembrano più vicini a Tolkien di tutte le prog band celtiche avventuratesi tra le foreste.
Perché poi è evidente che in Simon la vocazione rock’n’roll è inferiore anche a quella di Bob Dylan, sua nemesi (come si evince anche da A Simple Desultory Philippic). Ed è questo che mi risulta importante in questa fase della musica in cui la narrazione di ciò che è “urbano” passa necessariamente per l’accettazione completa di suoni che sono ostentatamente prodotti (sia detto come aggettivo ma anche come sostantivo). La predilezione di Simon per la povertà della chitarra acustica e il modo in cui innesta i suoi temi di alienazione metropolitana su morbidi arpeggi folk sembrano sottolineare di proposito la frizione tra il mondo vecchio e il brave new world americano, e insomma che ne è stato di te, Joe Di Maggio?
Ma allo stesso modo, che ne è stato di Simon & Garfunkel? Se erano così avanti, come mai sono così indietro oggi, e così trascurati dalla Grande Macchina Verde del Revival? Forse perché erano terribilmente uncool? Perché piacevano anche alla gente sbagliata – tipo la gente che oggi ascolta i Coldplay? O perché Simon, a quanto pare, dava sui nervi a tutti (a partire da Garfunkel)? Perché ancora più dei Beatles, sono legati a doppia mandata alla loro epoca? Perché non hanno mai realmente inciso L’ALBUM? O perché a quanto pare, tanta gente li trova mosci e zuccherosi – la pensate così anche voi? No, non ve lo sto realmente domandando. Metti che poi litighiamo.
Però mi domando e dico.
C’era stato però, se non erro, un periodo a cavallo fra i 90 e gli 00 in cui grazie in particolare ai Kings Of Convenience avevano avuto un periodo di revival. Sbaglio? (Faccina pensosa)
Certo le affinità erano tante, però non saprei dire se si potesse parlare di “revival”. Faccina pensosa anch’io.
a parte la fase new acoustic (Kings of convenience etc), c’è un’ampia fetta di band americane degli anni ’10 (Vampire Weekend, Tuneyards, Ruby suns, dirty projectors etc) il cui obiettivo esistenziale era avvicinarsi a Graceland, discone capolavorone di Paul il newyorkese.