AMARGINE

Nessuno ha nostalgia dei Prodigy

Ho sempre ostentatamente schernito gli anniversari. Tranne quelli che vengono sostanzialmente ignorati. Quelli, sono interessanti.

In realtà nessun anniversario musicale viene mai completamente ignorato. Ma anche se il mestiere che faccio premia 1) chi arriva primo su un anniversario ma anche 2) chi si ricorda quei pochissimi che gli altri trascurano, la mia etica personale di marginalità mi impone di lasciarli passare – e POI, eventualmente, di pontificare tronfio, spacciando per virtuosa questa insana procedura.

Tutto è più facile quando l’industria o i festeggiati medesimi, a volte succede, non si peritano di celebrarsi con qualche prodotto. Sapete, le edizioni rivedute e miniate e quasi sempre, in fondo, deludenti (cosa che favorisce la creazione di aspettative per l’anniversario di 5 anni dopo).

Due mesi fa c’è stato il trentennale del secondo disco dei Prodigy, Music For The Jilted Generation, quello che li fece notare. N.1 nel Regno Unito, recensioni egregie, Voodoo People in rotazione su MTV – e riusciva a suonare aliena in una fase in cui il mainstream accoglieva di tutto e tutto sembrava convivere, dagli ultimi bagliori del grunge ai primi vagiti del britpop, dagli onnipresenti Aerosmith a Bjork, dagli Smashing Pumpkins a un giovane Snoop Dogg, da Beck ai Nine Inch Nails ai Beastie Boys di Sabotage. E in tutto questo, il gruppo più commerciale del momento erano (…che tempi invero bizzarri), i R.E.M.

In questi tempi in cui la reunion degli Oasis ha dato la stura a infinite discussioni e mareggiate di ricordi personali (un anno dopo che i Blur si sono esibiti a Glastonbury per cento miliardi di adulti con gli occhi lucidi e quindi blurati) non stupisce affatto che l’anniversario di quell’album sia stato quasi ignorato. E non solo in Italia dove il grande pubblico li aveva conosciuti con il successivo The Fat Of The Land, grazie anche all’arrivo della catalizzante smorfia di Keith Flint, non ancora entrato in scena in quella fase.

I tweet di Kerrang o Last FM hanno tirato su una trentina di like in tutto il pianeta, e pedalare. Quello di IndieForBunnies uno solo, malgrado l’apprezzabile, asciutto articolo di Giuseppe Loris Ienco che in poche frasi ricorda che la premessa del disco era che il non ancora 23enne Liam Howlett era sempre più tiepido riguardo alla scena rave ma favorevolmente impressionato da quello che stavano facendo i Rage Against The Machine.

Ma oggi cosa resta di tutto questo? Apparentemente, nella memoria collettiva, ben poco. È forse invecchiata male la musica dei Prodigy, che era così proiettata in avanti da far sembrare vecchissimi, all’epoca, i contemporanei Parklife (25 aprile 1994) e Definitely Maybe (29 agosto 1994)?

Nella Mia Umile Opinione, non è “invecchiata” – non è la parola giusta, perlomeno. Se provate ad ascoltarla in segreto, continua a essere viva, elettrizzante e minacciosa. Certo, magari a qualcuno suonerà stridente, anche se trovo che i suoi assalti sonori non offendano l’orecchio più dei singhiozzi autotunati delle masse di giovani urban bisognosi di brand.

È ovvio, parlando di giovani, che a loro possa sembrare di un’altra epoca, ma non perché oggi siano soliti ballare cose più audaci: tutt’altro. È semplicemente una questione di desuetudine, e forse anche di aspettative. Ogni tanto penso che più in là dei Prodigy non si poteva andare. Quindi, si è fatto dietro-front. Certe attitudini, linguaggi, impennate ritmiche e codici – sonori e no – sono stati completamente rimossi, così come quell’aria di sedizione underground: oggi nulla è realmente underground, tutto è strada, o perlomeno dice di esserlo, tutti noi sappiamo benissimo che non è strada, è una piattaforma, un tappeto di telefonini al quale una nuova Jilted Generation si aggrappa perché è tutto quello che vede, non c’è né underground né higher ground, The Machine non lo prevede e nessuno prova una rabbia particolare per questa faccenda.

Io personalmente, pur avendo donato un’inevitabile parte di gioventù a entrambi, non sento la mancanza di nuovi Oasis o nuovi Blur nella stessa misura in cui mi mancano dei nuovi Prodigy. Anche solo per quei concerti in cui il clima di eccitazione si mescolava a un senso di pericolo tipo il teatro della Fura Dels Baus. E ogni tanto mi capita di citarli in futili conversazioni sul tipo di musica che a differenza di tutte le altre che tornano di continuo, non torna davvero mai. Quanto meno a certi livelli di diffusione.

Però chi lo sa. Magari i 16enni di oggi, annoiati a morte dai ventenni almeno quanto i Sex Pistols erano annoiati dai 26enni Genesis, riscopriranno le gioie di una musica esplosiva. E quel vecchio scemo pronto a saltare in piedi per codesto prodigio – salvo poi simulare un dignitoso contegno – sarò io.