Ho iniziato a lavorare a margine della musica in un periodo in cui la discografia italiana era un ambiente in cui tutti erano splendidi. Ovunque vi giravate, gente che la sapeva lunghissima! Era magnifico ricevere ogni giorno disamine penetranti e lezioni di vita. Pochi anni dopo, malgrado i tanti uomini e donne di genio che affollavano l’ambiente, il comparto è andato un po’ sott’acqua – e lì tutti i giornalisti hanno preso a scrivere: “Ahaha!, quanta ottusa cecità in quell’ambiente, che incapacità di rispondere alle sfide della modernità” (…laddove invece, i giornalisti – beh, si sa).
Dico ciò perché da qualche tempo osservo con basita fascinazione certi elementi di razionalizzazione: altrove su questo sito marginale ho accennato alle strategie da blitzkrieg detro agli instore tour (mi immagino cantanti, manager e discografici nella Situation Room che spostano divisioni su una carta geografica); ora volevo mettervi a parte di un’altra faccia di questa spietata lotta per la vita: la Conquista di Novembre.
Dovete sapere che i dati di vendita suggeriscono che in Italia la musica si vende nelle stagioni dei cioccolatini. Coi primi caldi i dischi si sciolgono (tant’è che spesso d’estate sul mercato arriva direttamente la poltiglia). E apparentemente anche Spotify (anche se non lo confesseranno mai) (ma nemmeno lo confuteranno, pur di non rivelare nulla – quindi posso scriverlo) ha un calo di zuccheri.
Di norma, da gennaio ad aprile si vivacchia benino – con uno scompenso a febbraio, mese in cui qualcosa pare annichilire ogni piacere per la musica (qualcuno azzarda che l’epicentro sia una località in Liguria). Poi iniziano i guai. I dischi che vanno al n.1 da giugno a ottobre raramente fanno cassa: l’anno scorso Britney Spears, e nel 2015 Madman e Verdena sono andati al n.1 ad agosto e settembre ma con quelle vendite non sono riusciti a entrare tra i 100 album più venduti dell’anno. E a ottobre le cose non vanno meglio: Green Day ed Emis Killa, n.1 in quell’ottimo mese, sono poi rimasti fuori dalla top 50. Sicché, se come rimarca la FIMI il 30% delle vendite si ha sotto Natale, diventa fondamentale prendere posto tra gli scaffali a novembre. E farlo in una settimana in cui nessun altro rompa le scatole per il n.1. Ci si mette d’accordo (quando esistono solo tre major non è difficile) e se si ha l’accortezza di non pestarsi i piedi, tutti vanno a turno al n.1, cosa che garantisce un piccolo trionfo mediatico e socialmediatico e socialdemocratico.
21 ottobre Benji & Fede
28 ottobre Giorgia
4 novembre Laura Pausini
11 novembre Mina&Celentano
18 novembre Ligabue
25 novembre Marco Mengoni
2 dicembre Tiziano Ferro
L’8 e il 17 dicembre non è uscito nessuno. Nemmeno nomi minori di nicchie minori: troppo tardi.
Tutti gli album lassù sono effettivamente andati al n.1 con l’eccezione di Giorgia, alla quale gli outsider Benji & Fede non hanno ceduto il posto. Gosh.
Ma il bello è che quest’anno a metà aprile le star italiane hanno già iniziato a prenotare il tavolo del ristorante per novembre. Mettono le mani avanti. E gli altri, che facciano i loro calcoli coi loro spin doctor. Biagio Antonacci si è già preso il 10 novembre. Gianna Nannini ha optato per il 27 ottobre. Cesare Cremonini per il 24 novembre. Due slot novembrini sono ancora liberi, e anche il 1 dicembre – ma tutti sanno che in agguato ci sono le tre belve: Laura Pausini, MiticoVasco e Jovanotti. Davanti a loro, anche Emma, Modà e Negramaro esitano – e sperano che almeno gli ultimi due decidano di anticipare, anche perché se lo possono permettere (la Pausona viceversa per novembre ha un debole – e il disco, pare, è ancora un po’ indietro). Agli altri è consigliabile puntare su altre stagioni. Ma prima che arrivi il momento in cui la gente inizia a indossare indumenti leggeri, mantenere un’adeguata idratazione, ed evitare 1) l’attività fisica intensa 2) l’assunzione di bevande gassate 3) l’acquisto di dischi.