Mentre il Paese cerca una cavolo di ipotesi su cui convergere, sembra che non ci sia nessun dubbio sull’ineluttabilità di Marco Mengoni. Dopo la consacrazione sanremese, con un pezzo piacevole e piacione, il suo album è andato al n.1 in classifica. Su di lui convergono praticamente tutti – tranne forse Fabri Fibra che si inalbera perché dice che è ricchione e dovrebbe dirlo (…buffamente, ora i due condividono un produttore: Michele Canova. Magari diventeranno amichetti). Ma dietro la faccia, che funziona parecchio – specie quando fa sparire gli occhi dietro le palpebre – chi cavolo è Mengoni? No, davvero.
Il suo nuovo disco #Prontoacorrere, con l’hashtag sbarazzino, vanta ben ventidue autori. Quasi la rosa dell’Inter. E quindi se fino a ieri era seguito da un team concentrato su di lui, tre autori e una manager che cercavano di lavorare alla sua personalità (vedi brani come Mangialanima o Come ti senti), oggi è mischione puro: autori italiani e stranieri, Ivano Fossati e Mark Owen dei Take That, Gianna Nannini e l’implacabile talent-man Roberto Casalino (abilissimo autore per Giusy, Emma, Annalisa, Virginio e Francesca, tutta gente che ha iniziato senza cognome), Cesare Cremonini e Steve Robson (solido autore per boyband, tra i quali Jonas Brothers e One Direction). Tirando le somme Mengoni è tornato il jukebox vivente che a X Factor passava da Helter skelter a Almeno tu nell’universo, dai Talking Heads a Michael Jackson, da Ornella Vanoni agli AC/DC in nome di quel mipiacetutto che è anche un ottimo sistema per lanciare l’esca da tutti i lati della barca.
Di conseguenza, in #Prontoacorrere si va dai ramazzottismi di Evitiamoci a un pezzo che Fossati potrebbe aver comodamente scritto per Loredana Berté trent’anni fa (Spari nel deserto); da una ballad con sospette velleità ligabuesche (Natale senza regali) a terrifiche bimbominkierie alla Modà come Un’altra botta (“Entri ed esci dal mio cuore con un clic, dalla mia testa vuota come un trip; ti porti via di tutto poi mi lasci qui, mentre fumo sognando”) (…scusate, bisognerebbe avvertire, prima di trascrivere certe cose).
E allora, di nuovo: chi è Mengoni? Si può davvero essere tutte queste cose insieme? A comporre tutti ‘sti nuovi spazi tutti insieme, non è che ci cade a pezzi?
Di fatto, che a funzionare sia il Mengoni in formato talent sembra evidente anche dal fatto che dei due pezzi portati a Sanremo, il pubblico ha televotato quello firmato dal succitato talentista Casalino e non quello scritto da Gianna Nannini. E’ abbastanza significativo (e un po’ ghignoso) anche il fatto che i giornali, non riuscendo a trovare qualcosa da dire, abbiano fatto ricorso, per i titoli, agli appigli forniti dai featuring. Per esempio, La Stampa (“Pronto a correre grazie all’aiuto di Fossati e Cremonini”) e il Corriere della Sera (“Fossati, Cremonini, Nannini e un Take That nel mio cd”). Altri hanno laconicamente ripreso il titolo del disco (Sorrisi e Canzoni: “Marco Mengoni è pronto a correre”; Il Giorno: “Il nuovo Mengoni è Pronto a correre”). Su Gazzetta dello Sport/Max, geniale colpo a cerchio e botte: “Mengoni è #Prontoacorrere – ma quanto invidio Cesare Cremonini…”). TGCom li sbaraglia, ricorrendo a uno dei pochi che non ha scritto canzoni per lui (“Marco Mengoni: “Sono ripartito da Lucio Dalla”). Vale la pena citare la disperazione di Vanity Fair, che si gioca un titolo-petardo scoppiettante (“Mengoni: «E dopo voglio fare l’amore») (…dopo, eh. Mica durante). Insomma nessuno sembra saper davvero cosa dire – a cominciare da Mengoni stesso, che nelle interviste parla a spintoni. Così, il titolo migliore sembra quello del Messaggero: “Pronto a correre ma senza una meta”. Uh, ma che palle, cosa importa se non ha una meta: ha le basette, i capelli sparati, i baffini. Che poi sono la prima, seconda e terza cosa che vengono in mente dell’artista Mengoni. La personalità del quale, ora come ora, sembra tutta lì.