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Fiona Apple, Pitchfork e la critica Concorde

Un giorno dopo che si è sparsa la notizia del massimo dei voti dato da Pitchfork al nuovo album di Fiona Apple, e a macchia d’olio i critici delle testate più autorevoli e i vostri amici più importanti si sono fiondati su Fetch The Bolt Cutters, il risultato su Spotify è interessante.

Quattromila ascolti per la prima traccia. E poco più di mille per l’ultima – come dire che di quelli che hanno colto l’epocale urgenza di ascoltare uno dei dischi più miracolosi del secolo, solo mille ce l’hanno fatta ad arrivare in fondo. Per ora sono numeri terrificanti. Certo, non stiamo parlando di Beyoncé. Ma già il fatto che abbia un contratto con la Epic ci dice che un certo potenziale commerciale, grazie a un pubblico raffinato, Fiona l’ha sempre avuto.

Naturalmente i numeri miglioreranno, ci mancherebbe.

E poi vale la pena fare un’altra ipotesi: la musica di Apple viene più ascoltata su Apple Music. Non è solo una battutina del cavolo – l’utenza della piattaforma a forma di mela è più adulta e affluente rispetto a quella verde nonché svedese. Su Apple trovereste meno rap, per esempio.

Ma con il mondo fermo e potenzialmente predisposto non solo a guardare serie tv ma anche (un pochino) ad ascoltare musica, e con Amazon temporaneamente in stand-by sui cd, io mi arrogo la facoltà di condurre questo test usando Spotify, della quale sono utente pagante. Ma perché un test? Perché, conoscendo gli album precedenti e avendo ascoltato questo, mi persuado che quello su Fetch etc è stato esattamente questo, fin dall’inizio.

Non è un caso che la recensione col “perfect 10” sia uscita pochi giorni dopo le rievocazioni del “perfect ten” ottenuto da Kid A dei Radiohead, con tanti siti musicali impegnati a riflettere

(vorrei mettere in evidenza il verbo riflettere, qui)

e a rievocare non tanto il disco, quanto lo spostamento (invariabilmente #epocale) dell’asse della critica operato da Pitchfork. Sul quale, se proprio volete, posso dare La Mia Umile Opinione a fondo pagina.

Comunque, una volta sensibilizzato il piccolo mondo deprimente di Quelli Che Ne Sanno di musica, è partita la Fase 2 del test sul potere attuale della Critica Musicale Straordinaria. E nessuno si prestava più della Salinger dei cantautori.

Volete sapere se chi sta scrivendo tutto questo apprezzi o detesti Fiona Apple? Non è cosa che riguardi questo articolo. Non è un particolare interessante. Lo è invece il fatto che il club si è mosso Rapido e Concorde, vroom – e dopo il 10 di Jenn Pelly su Pitchfork, Laura Barton su TheGuardian ha subito speso le sue cinque stelle. Su Stereogum, Tom Breihan parla di regalo selvaggio ed estatico per il quale dovremmo essere infinitamente grati. Les Inrocks non si è ancora pronunciato – e mi spiace, perché una voce autorevole e non imperiale sarebbe stata interessante – però è interessante anche il fatto che non si sia ancora pronunciato. Mentre da noi, sono scesi in campo due big come Claudio Todesco su Rolling Stone Italia e Michele Boroni su Rockol; il primo parla di capolavoro, il secondo mi sembra più prudente – infatti, si limita a quattro stelle e mezza. Ma già ieri Francesco Farabegoli, presagendo il dibattito montante ed essendo per qualche motivo che non so (e non gli chiedo) orfano di Bastonate, non è riuscito a resistere e ha emesso una serie di tweet nei quali il punto centrale è, appunto, la critica musicale – che gli piace anche più della musica. Io spesso deploro entrambe, quello che affascina ME sono i numeri, e il loro #storytelling brutale. E i numeri dicono che per ora ad ascoltare il disco sono solo i critici musicali. E forse anche qualcuno che ama la musica. Ed eventualmente, una decina di persone che fanno parte di entrambe le categorie (qualcuna esiste).

Ok, dimenticavo i fan di Fiona Apple. Immagino che anche loro esistano.

In ogni caso, qualcosa non ha funzionato. Cosa?

Non lo so ancora. Non ho fretta di emettere giudizi, e nessuna testata me lo chiede, per fortuna. E ribadisco, magari nel weekend ci sarà un boom di ascolti per Fiona. E sicuramente i cultori del vinile le renderanno giustizia più di noi rozzi Spotifiers. Quindi, in quel caso il club avrà dimostrato che la sua presa è ancora salda. Comunque vada, prometto che terrò d’occhio la Fase 3.

Appendice: La Mia Umile Opinione su Pitchfork

All’inizio di questo secolo il sito del forcone ha definitivamente sottratto le recensioni al mondo delle riviste musicali, spostandole verso i blog – ma non solo: tendenzialmente, la critica musicale pensosa e impegnativa è migrata dove poteva agganciare lettori più intellettuali di noi bruti della musica – faccio un po’ di nomi puramente indicativi: The Guardian, il NewYorker, ilPost, Wired. Trovo significativo il fatto che sia la recensione di Pitchfork che quella di The Guardian citino un profilo di Fiona Apple pubblicato dal NewYorker, come a rimarcare che i club più esclusivi dell’Impero fanno cartello e si legittimano l’un l’altro, chiunque ne faccia parte (e non sempre i tesserati sono gente stupenda – ma il mondo si fida del brand, giusto?).

Naturalmente lo scossone di Pitchfork è stato innegabile, anche perché andava a ricreare un’antica illusione, quella del critico alternativo che parla di musica alternativa a lettori alternativi – Creem nell’era dei blog e di Napster. La legittimazione di una deliziata pesantezza stilistica e dell’immancabile tour guidato nel proprio ombelico hanno fatto scuola, e anche se da qualche anno pare in difficoltà (anche per la mancanza di carburante: la produzione musicale che alimentava il tutto è passata a una dieta frugivora, se capite cosa intendo) abbiamo tutti dovuto farci i conti. Io personalmente depreco lo stile-Pitchfork e i suoi imitatori: sia nell’era indie che in questa in cui fa parte (non a caso) del mondo Condé Nast, ogni volta che mi sono rassegnato a leggerne una recensione, dopo tre righe ho sentito il bisogno del forcone solo perché mi sentivo immerso da un getto montante di letame fetido e deliziato delle vette della propria scrittura. Se mi sono macchiato dello stesso crimine non è su qualche testata che mi remunera con danaro – è solo qui, in un blog, che è agratis e si rivolge a poche decine di persone che considero miei amici.

Naturalmente, se non lo siete, non ditemelo.

 

3 Risposte a “Fiona Apple, Pitchfork e la critica Concorde”

  1. Spotify ci mette un po’ ad aggiornare il contatore e i parziali che vengono visualizzati nelle prime ore dalla release non sono mai granché affidabili, si bloccano su cifre piuttosto basse. I dati che abbiamo ci dicono che negli Stati Uniti cinque brani del disco sono entrati nella top 200 di Spotify nel giorno di debutto:

    65 I Want You To Love Me, 403,876 stream
    73 Shameika, 364,419 stream
    106. Fetch The Bolt Cutters, 304,241 stream
    140 Under The Table 264,842 stream
    162 Relay by Fiona Apple, 239,264 stream

    Non so se e quanto questi numeri siano buoni, per la tipologia di artista in questione e considerando il battaglione di critici adoranti, ma la premessa dell’articolo è sbagliata.

    Su Pitchfork non posso che concordare, sono tuo amico anche io.

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